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di Fiorenzo Delle Rupi
Raramente Gothar Palpatine
trovava riposo nel sonno. Le ambizioni, le perversioni e i ricordi frammentati
della sua mente contorta, tenuti a bada puramente tramite forza di volontà
da sveglio, nel sonno potevano scatenasi liberamente infuriando nella mente
spenta del dignitario e incarnandosi in incubi tanto allucinanti quanto
mostruosi. E, a volte tra un delirio di conquista e una vendetta portata
a termine, nel sonno affioravano anche frammenti del suo passato, ricordi
sopravvissuti alla mente che gli era stata cancellata quando era stato
espulso dall'Impero. Tracce e indizi che, invece di svelare, infittivano
ancor di più il mistero del suo passato.
"Tu mi hai fatto questo?
Sto morendo!"
Nel sogno si vedeva davanti
all'Imperatore, la prima volta in cui il suo corpo, proprio come quello
dell'Imperatore, aveva ceduto alle devastazioni del Lato Oscuro e invecchiava
velocemente. Fissava il monarca incappucciato, e vedeva di fronte a sé
un'immagine riflessa, il monito di ciò che tra qualche anno egli
stesso sarebbe diventato.
"Sì" era semplice risposta
del suo maestro di un tempo.
"Perché?!" si vedeva
gridare con violenza, sorprendendosi a scaricare odio e delusione verso
il maestro che fino ad allora aveva solo desiderato servire ed emulare.
"Perché così
è per me," aveva risposto il maestro in un sogghigno. "Perché
se un giorno intendevi prendere il mio posto, avresti dovuto dimostrarti
degno di superare ogni ostacolo, anche il decadimento del corpo. Io
ci sono riuscito. Avresti dovuto dimostrarti degno facendo altrettanto."
Nelle parole dell'Imperatore
era implicato ben più di quanto veniva detto. "Intendevi...Avresti?"
"Sì." Annuì
il sovrano. "Tutto questo appartiene al passato, mio giovane apprendista.
Ormai sei sorpassato e insoddisfacente. Non credo di aver più bisogno
dei tuoi servigi. Altri, più dotati, sapranno prendere il tuo posto."
L'annuncio, sussurrato, era
come un urlo nella sua mente. "Non ti ho mai deluso!" si vedeva gridare
con ulteriore violenza.
"Allora lascia che sia io
a deluderti," era la risposta secca dell'Imperatore. "Da adesso, Gothar,
tu non sei più parte del mio Impero. E mi riprendo tutto ciò
che ti ho dato." Gli occhi gialli infuocati parevano affondare nella sua
stessa mente, e passando bruciavano via un ricordo dopo l'altro, lasciando
nella mente un vuoto nero che andava ad unirsi a quello che già
c'era nel suo cuore e privandolo di anni di vita che non erano poi mai
stati suoi.
"Gothar..." una voce lo riscosse
dal suo incubo. Aprì di scatto gli occhi, e si trovò nella
cuccetta del Silver Bolt. Mark Todd lo scuoteva per una spalla. "Stiamo
per arrivare a Kardelan, vieni."
"Penso che così potrebbe
andare, " annunciò Todd esaminando il terminale e mordendosi un
labbro. "Non mi intendo molto di computer, ma avevi ragione. Il minerale
estratto viene spedito quasi tutto tramite chiatte di trasporto automatizzate.
Ho cambiato il codice di destinazione, e almeno una delle chiatte, al momento
di saltare in iperspazio, dovrebbe cambiare direzione e venire al punto
d'incontro che hai fissato."
"Una chiatta sarà più
che sufficiente," mormorò Gothar. Tutto era andato secondo i piani.
Avevano oltrepassato l'ultima barriera difensiva del complesso minerario
di Kardelan con relativa facilità, occhieggiando con apprensione
il codice di riconoscimento che De Vries gli aveva fornito, ma tutto era
andato per il verso giusto. Avevano attraccato in quella parte della città
che era rimasta aperta per i civili, ed erano riusciti a raggiungere un
terminale per effettuare lo scambio. Non un singolo allarme suonato, né
una parola fuori posto. Stava forse andando tutto troppo liscio? A sua
memoria (e cioè non da molto) mai un piano era andato come programmato,
quindi, che diavolo, prima o poi era anche giusto che la sorte girasse
a suo favore. Nel giro di una mezzora erano di nuovo fuori del complesso
cittadino e si apprestavano a raggiungere il Silver Bolt.
"Fantastico, Gothar, cosa
pensi di farci con tutto quel Nergon 14?" Todd era entusiasta della sua
infiltrazione nella rete computistica Imperiale.
"Soltanto come puro valore
economico, avremo tra le mani una fortuna... Ma quella è l'ultima
spiaggia. Se trovo le apparecchiature necessarie intendo utilizzare il
Nergon per energizzare un nuovo laboratorio..."
Todd non aveva la più
pallida idea di cosa fosse o a cosa servisse il laboratorio, ma annuì
soddisfatto. Se andava bene a lui...
"Senti..."iniziò incerto,
poco avvezzo a fare richieste indirette. "Io pensavo...se non abbiamo impegni
e se sei d’accordo...Ecco...Quando siamo fuori di qui...Io, insomma, mi
sarebbe piaciuto molto poter andare a Boonta."
Gothar aggrottò la
fronte rugosa. "Boonta? Che diavolo di posto è?"
Un sorriso entusiasta si dipinse
sulla faccia del giovane pilota. "É un pianetino tranquillo sulla
fascia esterna, ci fanno una gara di corsa degli speeder. Io, ecco, ne
ho sempre sentito parlare ma non ho mai avuto occasione di farlo. Ora,
una mia amica mi iscriverebbe alla gara e mi procurerebbe uno speeder,
per cui pensavo che..."
Il dignitario tagliò
corto. "Non abbiamo tempo da perdere con gare o sciocchezze simili. Dobbiamo
andare subito al punto d'incontro e rilevare la chiatta."
"Oh" annuì Todd con
la faccia di un cane bastonato. "Capisco. Va bene, non era poi così
importante."
Fu quando raggiunsero la nave
che tutto accadde improvvisamente. Gothar si portò le mani alla
testa, massaggiandosi le tempie. "Che diavolo...? C'è qualcosa che
non va qui."
Todd non vide nulla di strano,
ma si mise in guardia ed estrasse il blaster. "Che succede?"
"Succede che la vostra breve
carriera di infiltrati finisce qui," disse una voce raffinata e casuale.
Da dietro il Silver Bolt emerse una figura alta e slanciata. Vestito in
eleganti vesti di velluto verde, con una spada laser al fianco, lunghi
e fluenti capelli neri e il volto sottile e raffinato incorniciato da barba
e baffetti ben curati: Trevor Cassadyne, Jedi Oscuro al servizio
dell'Inquisizione Imperiale, mondano, corrotto e spietato, prima metà
della Tecnoforce. "Per ordine dell'Impero, Gothar Palpatine e...e complice,
siete in arresto. Non opponete resistenza o saremo costretti ad abbattervi."
intimò con voce disinvolta, come se parlasse a un amico invece
che a una vittima.
"Bastardo di un De Vries,"
pensò Gothar. "Io non vengo da nessuna parte," fu la brusca risposta
del dignitario. Alzò le mani verso Trevor per attaccarlo attraverso
la Forza, ma fu allora che la seconda parte della Technoforce colpì.
L'universo attorno a Gothar si fece buio e confuso. Un fischio lancinante
che solo lui poteva udire gli penetrò la testa. Tutta la Forza che
scorreva in lui si dissipò fino a svanire. L'unica cosa che udì
fu la voce beffarda di Cassadyne che lo apostrofava. "Conosci già
Zero, vero? Unità cyborg di livello 8, dotata, tra le altre cose,
di un campo disruptore che sconvolge la Forza a lui circostante... Un compagno
di pessima conversazione, forse, ma estremamente utile nel mio lavoro..."
L'unica risposta fu un urlo
strozzato di dolore di Gothar, che crollò a terra in preda al dolore.
Dietro di lui una figura imponente, che a prima vista poteva essere scambiata
per un gigantesco droide, era emersa dal nulla. "Sono d'accordo con te,"
annuì sorridendo Trevor "allontanati, Zero, e lasciamelo finire."
Accanto a Gothar, Todd contemplò
a bocca spalancata la figura che li aveva assaliti alle spalle. Alta poco
più di due metri, completamente meccanica, con cavi e luci che percorrevano
la superficie del corpo, pareva in tutto e per tutto un droide. Eppure
un quarto del volto rimaneva scoperto, e lasciava intravedere un cranio
bianchiccio privo di vita, e un occhio vacuo e privo di ogni espressione,
che aveva perso ormai da tempo immemorabile ogni traccia di umanità.
Il corpo meccanico pareva pericolosamente carico di blaster automatici,
lanciafiamme, campi di protezione e Dio solo sa cos'altro. Nonostante tutte
le implicazioni del mondo, Todd non ci stette a pensare su. Era quell'affare
che aveva ridotto Gothar a un fagotto urlante che si contorceva a terra,
quindi addosso. Con uno scatto repentino si buttò addosso a Zero.
I due rotolarono a terra,
Zero con un sinistro canglore metallico. Trevor osservò lo
spettacolo divertito. "Simpatico," ridacchiò osservando la scena.
"Lasciane un pezzo intero per l'identificazione, Zero." Poi avanzò
verso Gothar, che era ancora steso a terra scosso da fremiti di dolore.
"Il termine tecnico è 'abbattuto durante resistenza all'arresto.'
E non ti nascondo che lo effettuo con un certo piacere." Un gesto della
mano e una morsa invisibile si strinse attorno al collo del dignitario,
bloccandogli il respiro già irregolare. "Addio, Gothar Palpatine."
Più lontano, Mark Todd
e Zero erano avvinghiati in colluttazione. Il giovane pilota scoprì
presto che non aveva punti del corpo del nemico da colpire, e che ogni
suo pugno si scontrava su una corazza impenetrabile e molto, molto dolorosa.
E inoltre Zero sapeva avvalersi della sua potenza fisica. Sfruttando il
peso del suo corpo corazzato, presto bloccò Todd a terra sotto di
lui, schiacciandolo con la sua stessa armatura. Todd tentò invano
di divincolarsi: poi, con orrore, vide da uno degli scompartimenti pettorali
di Zero affiorare una letale sega circolare avvicinarsi lentamente alla
sua faccia. Tentò ancora di liberarsi. Niente da fare. La lama rotante
si avvicinò ancora, scarmigliandogli i capelli biondi.
Fu allora che, con un ultimo
spasmo, fece leva con le proprie gambe sul corpo di Zero. Digrignando i
denti per lo sforzo, spinse il corpo del cacciatore di taglie cyborg e
lo fece volare all'indietro. Zero volò all'indietro per qualche
metro per poi barcollare a terra...e finire addosso a Trevor Cassadyne.
La morsa attorno al collo
di Gothar si interruppe di colpo, e stavolta fu il turno di Trevor di gridare:
il campo disruptore di Zero ora agiva anche su di lui. Todd si chiese perché
tutti gridavano quando Zero si avvicinava, considerato che lui non sentiva
altro che un lontano fischio alla testa, ma deciso che non era il momento
di perdersi in domande complicate. Approfittando dell'improvviso crollo
di Cassadyne afferrò Gothar caricandoselo in spalla e sfrecciando
su per la rampa del Silver Bolt.
Cassadyne digrignò
tra il dolore. "Allontanati da me, idiota! E fermali!" Ma l'unità
Zero pur allontanandosi da Trevor Cassadyne fino a lasciarlo fuori dal
suo campo inibitore, non fece nulla per fermare la nave. Si limitò
ad osservarla con il suo unico occhio umano e coi suoi molti sensori mentre
decollava e sfrecciava nel cielo diventando presto un punto luminoso tra
i tanti.
Sul Silver Bolt, Gothar si
riprendeva lentamente. "Va tutto bene?" chiese Todd genuinamente preoccupato.
Gothar sospirò. "Sì, più o meno...Quella era la Technoforce
in persona, la squadra di sterminio dell'Inquisizione Imperiale. Quel serpente
di De Vries deve averli avvertiti."
Todd annuì. "Sì
il tipo con l'armatura era pesante. Brutto avversario."
"Anche l'altro non è
da meno. Come sapevi che il campo di forza di Zero avrebbe annullato i
poteri di Trevor?"
"Il campo di che?" chiese
Todd.
"Non fa niente." grugnì
Gothar. "Pensa ad inserire la rotta."
"Va bene. Vado alla chiatta?"
Gli occhi gialli di Gothar
si fissarono altrove, per non guardare direttamente lo stupido pilota che
continuava a cavarlo dai guai ogni volta. "No...se la Technoforce ci cerca
è meglio far calmare un po' le acque prima di andare a reclamare
il Nergon 14. Andiamo in un posto tranquillo...Che so, quel Boonta di cui
mi dicevi può andar bene."
Todd si illuminò come
un bambino che riceve un giocattolo nuovo. "Fantastico! Lo sapevo che ci
saresti venuto! Ti piacerà, vedrai è la gara migliore della
galassia, ci vengono da tutte le parti per poterci partecipare, pensa che
l'anno scorso..."
Gothar non seguì la
telecronaca interminabile in cui Todd si era tuffato, e di limitò
a meditare fissando lo spazio esterno.
"Perché li hai lasciati
andare?" Chiese Cassadyne spolverando le sue vesti di velluto e riaggiustandosi
il mantello sulle spalle. Anche i lunghi capelli neri erano fuori posto,
e pareva essere la cosa che più lo sconvolgeva al momento.
"Unità Trevor non pienamente
operativa al momento." fu la risposta che uscì da un qualche microfono
applicato sul corpo di Zero.
"Saresti bastato da solo a
fermarli se volevi... Ne hai presi di ben peggiori. Siamo arrivati tardi.
Avremmo dovuto colpire prima che atterrassero sul pianeta. Chissà
cosa avranno fatto qui...Quell'imbecille di De Vries ci ha avvertiti troppo
tardi."
La voce elettronica ribatté
imperturbabile. "Irrilevante."
Cassadyne alzò un sopracciglio
interrogativo "Ah, sì?"
"Esatto. Unità Zero
detiene ubicazione di arrivo di nave fuorilegge Silver Bolt. Congegno tracciante
piazzato sulla nave prima dell'attacco. Segnale ricevuto nitido e preciso.
Destinazione iperspaziale: sistema di Boonta."
Cassadyne riacquistò
di colpo la sua calma e il suo savoir-faire. "Ah, ottimo. Davvero ottimo.
Dimmi, Zero, ti piacciono le corse?"

di Fiorenzo Delle Rupi
Gothar Palpatine contemplava
la strada principale della città di Boonta dal tetto del palazzo
dell’anonima taverna dove aveva preso alloggio con Todd in attesa della
gara. Lo spettacolo era, tutto sommato, impressionante. Tutta la città
brulicava di vita, piccole figure di ogni colore e forma riempivano le
strade sottostanti, che pulsavano di umani, alieni e droidi. In lontananza
un boato prolungato possente echeggiava dal velodromo di Boonta, dove il
giorno dopo avrebbero avuto luogo le gare. Un posto interessante, disse
a sé stesso. Un tempo avrebbe giudicato uno spettacolo come quello
provinciale e di infima categoria, ma dopo il suo esilio dall’Impero aveva
vissuto così a lungo nascosto e appartato, che un’immersione nella
folla, pur se non ad un avvenimento a scala Imperiale , era per lui un
cambiamento, che riportava ricordi dei vecchi tempi.
“Un tempo avrei supervisionato
alla gara come ospite d’onore. Mi sarei seduto sul palco delle autorità
e avrei anche probabilmente presenziato alla cerimonia d’apertura…”
Ah, tutto questo doveva essere mio, dovrebbe
essere mio, dovrà di nuovo tornare ad essere
mio! L’Impero con questa storia della legge marziale è sull’orlo
di un baratro rischioso…Quell’idiota di Lord Tion rischia di trasformare
l’intera galassia in un gigantesco campo di battaglia. Non sono questi
i piani che io avevo per l’Impero…Che avrei per l’Impero. Scrutò
il cielo sopra di lui. Da qualche parte, nascosto in un punto imprecisato
dello spazio, c’era il carico di Nergon 14 che aveva rubato.
“Con quello farò soldi
a sufficienza da permettermi di costruire un laboratorio…E allora potrò
ricominciare a sperimentare. E allora non ci vorrà molto prima che
una delle mie meravigliose creazioni mi garantisca potere,
fama…E non si riveli una risorsa irrinunciabile per l’Impero…”
Le sue riflessioni furono
interrotte da un piccolo tafferuglio nella strada sottostante. In mezzo
ai suoni roboanti della strada gli era giunto anche il rumore attutito
di un colpo di fulminatore. Tanti minuscoli ometti, nella strada sottostante,
parevano raggrupparsi attorno ad un punto preciso. Qualcuno di importante
doveva aver avuto dei guai…Si chiese se non fosse qualcosa su cui valesse
la pena di indagare. Giunti sul pianeta aveva percepito due o tre vibrazioni
nella Forza. Nulla di epocale, ma forse qualcuno con poteri latenti- o
talmente abile da dissimularsi- era sul pianeta. Valeva la pena di controllare.
Magari i notiziari locali avrebbero saputo dirgli qualcosa. I media coprivano
la corsa in tutti gli aspetti, trasmettevano telecronache mondane, sportive
e d’informazione per tutta la giornata…
Mark Todd e Minn lasciarono
lo speeder ai box del velodromo. Mark finì di ripulirsi le mani
sporche d’olio con un o straccio poi raggiunse Minn, che lo attendeva appena
fuori del complesso del velodromo.
“Abbiamo fatto un buon lavoro,”
disse Mark soddisfatto. “Ho paura che lo speeder abbia perso un po’
in eleganza con quei giganteschi alettoni che gli abbiamo saldato sopra,
ma vedrai che ci guadagneremo in velocità.”
“Benissimo” disse Minn entusiasta
di vedere Mark soddisfatto. “Ora che abbiamo finito di lavorare pensavo
di andare al centro di olosimulatori di combattimento che abbiamo passato
venendo qua, così mi fai vedere come si spara e…”
Sul volto di Todd, che già
stava reagendo con entusiasmo, passò una velata ombra di preoccupazione.
“Mi…mi piacerebbe, ma adesso sarà meglio che mi faccia vedere da
Gothar…è tutto il giorno che lavoro allo speeder, potrebbe aver
bisogno di qualcosa.”
Minn rimase contrariata, aveva
sperato in una bella sparatoria simulata in compagnia di Mark, ma decise
di non darlo a vedere. “Chi è Gothar?” si informò.
“È un mio amico” disse
Todd accelerando il passo. “Sono qui con lui. Anzi, è lui che ha
acconsentito a farmi venire qui alle gare.”
“Un tuo amico?” rispose Minn
con un sorriso solare. “Caspita! Me lo fai conoscere? Che tipo è?”
“Beh, stiamo appunto andando
da lui…È un pezzo grosso, credo, o almeno un tempo lo era. Un diplomatico,
un dignitario, o qualcosa del genere. È impegnatissimo In un sacco
di progetti, e io gli do una mano quando posso…”
“Caspita è fantastico!
Non vedo l’ora di incontrarlo.”
Mark esitò un attimo.
“Beh, sai… È bene che ti avverta…A chi non lo conosce potrebbe apparire
un po’ strano…”
Minn scrollò le spalle.
“Sciocchezze. Non sono mica una novellina.” Cercò di formarsi un’immagine
dell’amico di Todd. Suo amico e quindi, sicuramente, un tipo affascinante
e in gamba. E poi un dignitario…Di sicuro una persona raffinata, di quelle
acute e penetranti che si esprimono per sfumature ed allusioni, calcolatrici,
lungimiranti e controllate…
“No! No! Noooooooooo!”
fu l’urlo che accolse Minn e Mark sulla soglia della camera d’albergo.
I due, impietriti sulla porta, avevano appena visto volare una scultura
in Cyax a basso costo contro il proiettore olografico della camera, che
adesso trasmetteva una chiazza di colore indistinta. Dall’altro lato della
stanza Gothar Palpatine digrignava i denti e teneva gli occhi sgranati
fissi sul proiettore, ansimando pesantemente.
“G-Gothar…Che succede?” chiese
Mark con un filo di voce. Non sapeva mai come reagire agli improvvisi
scatti di paranoia del compagno.
“È qui! E qui, su questo
pianeta! Respira la stessa aria che respiro io, e cammina per le stesse
strade! Come può il destino essere tanto crudele?”
Todd emise un gemito. Perché
non capiva mai di cosa Gothar stesse parlando? “Chi è qui?”
“TION!” rispose Gothar con un ruggito da vornskr.
“Quella rovina della mia esistenza, quella squallida caricatura di un dignitario,
quella…quella! E non è tutto! Hanno appena commesso un attentato.”
Todd stavolta ci rifletté
bene, prima di rispondere. Ma poi decise che la sua era una domanda legittima.
“E…non è un bene?”
“No!” urlò Gothar alzando
le braccia al cielo. “Perché è sfuggito illeso. L’anno salvato.
Si può sapere che ho fatto di male per meritarmi un destino tale?
Possibile che per qualche esperimento genetico fuori dalla norma io debba
subire un’intera vita di ingiustizie adesso? È ancora peggio capisci?
Mi dà l’illusione che potrebbe rimanerci secco e poi invece ne esce
senza nemmeno un graffio! Lo ha fatto apposta! Scommetto che ha organizzato
l’intero attentato apposta per farmi un dispetto!”
“Mi…mi sembra improbabile…”
mormorò Todd. Fu allora che Gothar notò per la prima volta
Minn, che lo stava fissando come si fissa uno scarafaggio arkaniano nel
piatto. “E questa chi è?” chiese il dignitario Imperiale indicando
Minn ma rivolgendosi a Todd.
Mark decise di ricorrere a
tutta la sua buona volontà. “È una mia amica, l’ho conosciuta
oggi. Mi ha dato una mano a trovare uno speeder, piloterà con me.”
Gothar la scrutò un attimo. Minn si sentì rivoltata come
un guanto da quegli occhi gialli. “Ottimo potenziale, ma consapevolezza
zero. Non ho né tempo né voglia di stare dietro ad un’altra
marmocchia viziata. Mi basta Syd. Mandala via.”
Todd socchiuse gli occhi aspettando
l’inevitabile reazione della ragazza, che arrivò puntuale come aspettato.
“Senti tu, vecchio, sgorbio ed esagitato di un pazzo megalomane.”
Todd decise che sarebbero
ripassati più tardi, spinse via Minn verso la porta. “B-Buona Minn,
è un brutto momento ma quando sarà calmo sarà tutta
un’altra cosa…”
Fu allora che il dignitario
sgranò ancora di più gli occhi sulfurei e spalancò
la bocca in quella che sarebbe potuta essere una reazione di stupore e
forse anche di paura. Minn si congratulò con sé stessa per
l’effetto della sfuriata. Ma Gothar non stava guardando lei. Stava osservando
il proiettore olografico, che aveva ripreso a funzionare, e che, in un
servizio sul dopoattentato, stava riprendendo le nuove misure di sicurezza
adottate su Boonta. E tra i nuovi arrivi allo spazioporto Gothar era sicuro
di aver visto una sagoma elegante e raffinata vestita di verde seguita
da quello che pareva un gigantesco automa ricoperto di cavi e appendici.
Fu questione di un istante.
Un attimo dopo Gothar era tranquillo e sereno e aveva sfoderato il suo
miglior sorriso, che comunque lo faceva sembrare una specie di teschio,
e aveva allungato una mano scarna verso Minn. “Aspetta…”
Avanzò verso le mani
e mise le mani fraternamente sulle spalle dei due. “Scusatemi…Scusatemi
davvero, ero molto nervoso.” Rivolse un altro sorriso da squalo, e snocciolò
un tono mellifluo talmente esagerato che non ingannò Minn neanche
per un secondo. “Naturalmente sei la benvenuta, piccola cara…Anzi, poco
fa dicevo giusto a Todd che avremmo bisogno di un’altra compagnia più
giovane…Come hai detto che ti chiami?”
Minn cercò di togliere
disgustata lo sguardo dalla faccia ghignante davanti a lei. Cercò
aiuto verso Todd, ma lo vide con lo sguardo assente verso il pavimento
di chi sa che sta per capitare qualcosa di brutto ma non può farci
nulla…

di Fiorenzo Delle Rupi
La locanda era strapiena di
umani e alieni di ogni tipo. Risultava evidente che il locale normalmente
non si estendeva per tutte quelle sale, ma che era stato fatto uso della
stanze contigue per ampliare la cantina in occasione delle corse. L'aria
era satura di fumo e di odore di alcolici, e insieme agli odori esotici
di cibi pesanti e speziati viaggiava il brusio altrettanto viaregato
di altrettanti linguaggi. Nello spazio centrale del locale, dove si era
radunata la folla, era stato installato un gigantesco proiettore olografico
che trasmetteva in diretta tutte le fasi eliminatorie delle corse.
Lì attorno, spettatori,
tifosi e scommettitori che esultavano e imprecavano, incitando il proprio
speeder favorito. Per il resto del locale, sparsi per gli anfratti più
tranquilli e nascosti, i pochi refrattari all'euforia generale delle corse
si impegnavano ostinatamente in partite di Sabacc o nella degustazione
di ampi boccali.
Era proprio tra questi uomini
che, seduto in tavolo d'angolo, sprofondato in una cappa nera talmente
ampia che pareva avere inghiottito l'indossatore, stava Gothar Palpatine.
Non erano state ore improduttive...Anche se doveva ammettere di sentirsi
un po' stordito. Tutto sommato, da quando ricordava (il che non era poi
così tanto) non erano state molte le volte in cui si era mescolato
in mezzo alla folla. Del poco che ricordava prima dell'esilio, le folle
era abituato a vederle dall'alto di un palco riservato o nei saloni del
Palazzo Imperiale. Dopo l'esilio, era stato un continuo susseguirsi di
pianeti sperduti, basi nascoste, rifugi abbandonati e missioni in incognito,
quindi l'esperienza era piuttosto limitata su quel fronte. Faceva bene
anche ai suoi poteri della Forza, tutto sommato. Immerso in un'aura così
densa di vita, di pensieri e di emozioni, la sua percezione andava risvegliandosi
(oppure era l'effetto della birra Kirana):
Ne aveva sapute parecchie,
nel giro di poche ore. De Vries non era in giro, ma probabilmente c'era
un suo scagnozzo sul pianeta al momento. Tion (ahimè) era vivo e
stava bene. Probabilmente il fallito attentato aveva anche aumentato la
sua popolarità e focalizzato l'attenzione pubblica sulla sua causa
della Legge Marziale...Quasi un colpo di genio, se non fosse che di sicuro
Tion non era così sottile da concepire un piano del genere.
Ancora una volta quella squallida creatura si trovava a prosperare esclusivamente
grazie alla buona sorte e all'operato altrui. Bah. Inutile arrovelarcisi
sopra, al momento. Cassadyne era in città, ma da quel debosciato
che era, probabilmente adesso si stava godendo gli spettacoli
indetti per le corse, fiducioso dell'operato della controparte Zero nelle
ricerche. Era a Zero che doveva stare attento...Meno male che un Cyborg
di due metri e con le funzioni umane ridotte a Zero (la birra Kirana ispirava
anche giochi di parole di quarta categoria) non passava molto inosservato...Avrebbe
avuto modo di vederlo arrivare. Anzi, a dir la verità...Forse si
poteva utilizzare quella insignificante marmocchietta, Minn, per creare
un diversivo. Era aperta alla Forza... E quindi era un dovere della Technoforce
sopprimerla. Se un segnalatore anonimo (ih, ih) gliel'avesse fatta presente,
i due mastini dell'Impero si sarebbero gettati su di lei lasciando in pace
un povero e innocuo dignitario Imperiale rinnegato. Un piano semplice,
diretto ed efficace. Non poteva fallire.
E poi sarebbe andato a recuperare
il suo carico di Nergon 14, col ricavato avrebbe allestito un laboratorio,
col laboratorio avrebbe concepito- ne era certo- una creazione definitiva
e geniale da consegnare all'Imperatore, e avrebbe riavuto il suo posto
a Palazzo.
Fu forse perché aveva
terminato- al solito modo- le riflessioni, o forse perché aveva
terminato la birra Kirana (non era notevole come dei semplici popolani
avesse potuto concepire una bevanda di tale buon gusto?) che si accorse
di non essere solo. Qualcun altro si era seduto al suo tavolo.
Alzò gli occhi gialli,
e fece un po' di fatica per mettere a fuoco l'immagine- di sicuro era colpa
delle percezioni della Forza, che stavano tornando veementemente- ma quando
ci riuscì trovò a fissarlo un volto sconosciuto. Capello
biondi slavati, rigorosamente allisciati all'indietro, volto pallido, occhi
azzurri glaciali e un'espressione imperturbabile completavano l'immagine.
Vestito di tutto punto di un'uniforme bianco latte irrealmente impeccabile,
sembrava quasi un'apparizione innaturale nel caos della cantina.
“Permette?” disse con voce
esageratamente cortese e un sorriso di circostanza sull'angolo sinistro
delle labbra. E appoggiò sul tavolo due nuove, enormi caraffe di
birra Kirana.
Gothar lo squadrò come
un insetto. «Veramente no. L'idea di base è che volevo rimanere
solo.»
Lo straniero non si lasciò
minimamente intimorire. «Scusate la mia confidenza. É solo
che non mi piace vedere facce tristi, qui in giro. Vedete, ho appena vinto
una grossissima somma alle scommesse, Joben ha tagliato il traguardo per
primo alle semifinali di oggi, e così sto offrendo un giro da bere
a tutti.»
Gothar occhieggiò l'invitante
boccale che lo straniero gli spingeva davanti. «Non...non avete l'aria
dello scommettitore.»
«Non lo sono, infatti. Ho cominciato a
giocare solo due giorni fa, in occasione delle corse. La fortuna del principiante,
suppongo. Siete anche voi qui per le corse, vero?»
Il dignitario bevve una lunga
sorsata dal nuovo boccale. Non era sicuro che le parole del nuovo venuto
gli fossero arrivate tutte al cervello, ma era meglio non abbassare la
guardia. «Proprio così...Ho un amico che è iscritto
a correre.»
«Ah,» annuì
accondiscendente l'altro. «Non sembrate molto interessato ai suoi
progressi...»
«In effetti...»
concesse Gothar. «Sono molto impegnato. Sto pianificando il mio futuro.»
L'uomo dai capello biondi
fece un cenno di comprensione col capo. «Vedo...Come dicono i Coreliani,
i momenti più gloriosi della Galassia nascono sempre sul tavolo
di una cantina.»
Gothar diede un pugno sul
tavolo. «Esatto. Ve ne intendete, signor...?»
Quello alzò un sopracciglio.
«Genesis. Mi chiamo Genesis.»
Gothar, che stava ancora attingendo
dal boccale dovette reprimere un sorriso. «Che razza di nome è?»
L'altro, ancora una volta,
non si scompose. «Vi capisco...Vedete, mio padre è una persona
molto anziana...Quasi arcaica. Ama molto queste cose pompose e d'altri
tempi.»
Il dignitario fece un cenno
con la mano, a capire che aveva inteso. «Non me ne parlate. Anche
il mio tutore è...era una persona vecchissima, ostinata e altezzosa.»
Genesis socchiuse le palpebre.
«Era...? É morto?»
Gothar scosse la testa. «Ultimamente
no...Non mi pare. É solo che non sono più il suo discepolo.»
Genesis sembrò accondiscendere.
«Ah...Ve ne siete andato?»
«No...No. Dovevo un
giorno diventare il suo erede...Avevo un vero e proprio Impero nelle mie
mani...Ma sono stato tradito.»
L'altro sembrò inorridire.
«Che cosa tremenda.»
Gothar arricciò il
naso. «Beh, la prima volta sì...Ma dopo la quinta o la sesta
ci si fa l'abitudine.» Il dignitario era stupefatto di come stesse
riuscendo a far rivelare preziose rivelazioni all'altro. Piazza la gente
davanti ad un boccale di birra e ti dirà tutto, pensò. Era
bello vedere che era ancora lui il più furbo in circolazione. «Ma
si tratta di una questione temporanea. Intendo tornare presto, e reclamare
ciò che è mio. Mi servono solo i mezzi.»
Genesis annuì pensoso.
«Che storia triste...Mi piacerebbe saperne di più.»
Gothar si ritrasse all'indietro,
con un gesto esageratamente brusco che fece sussultare sul tavolo i due
boccali, uno pieno e l'altro vuoto. «Ah! Non ci pensare nemmeno!
Non è mia abitudine andare in giro a raccontare certi segreti alla
gente!»
Genesis assunse l'espressione
di un cucciolo bastonato. «Oh, no, non intendevo assolutamente nulla
di simile. Mi avete frainteso. Il fatto è che, vedete, come vi dicevo
prima ho vinto questa enorme somma alle corse, ma non so assolutamente
come investirla. Io non sono molto pratico di come va il mondo fuori di
Boonta...»
Gothar si tranquillizzò,
e fece un sorriso da squalo. Caspita, che colpo di fortuna essersi imbattuto
in uno sprovveduto simile. Era anche ora che il Fato restituisse con gli
interessi diversi mesi di sventura nera. «Beh, se la mettete su questo
piano...Io ho una discreta esperienza su come va la Galassia...Potrei esservi
utile.» Ebbe poi uno scatto. «Ma chi mi dice che questa non
sia una truffa e che la somma esista veramente?»
Di nuovo quell'espressione
da cucciolo ferito. «Ma...l'ho vinta mezzora fa alle corse, ve l'ho
detto. É ancora allo sportello del bookmaker, credetemi. Se volete
possiamo andare a ritirarla insieme.»
Per i Sith, un vero pollo,
pensò Gothar. «Hm. Sì, se li vedo potrebbe bastare.
Potrei davvero farvi ricco e potente, amico mio.»
Genesis sembrò tranquillizzato.
«Caspita, sarebbe una bella fortuna per me. Vogliamo andare subito?»
Gothar sembrava soddisfatto,
addirittura impaziente. «Certo. Strada facendo vi parlerò
dei miei progetti.» Fece per alzarsi dal tavolo, ma si accorse che
il pavimento si era fatto piuttosto irregolare e ondeggiante. Genesis fu
pronto a sostenerlo. «Venite, vi aiuto. Forse avete bevuto un po'
troppo.»
Gothar scosse il capo. «Io?
Noo...Voi, piuttosto, fate più attenzione. Mi avete raccontato tutto
della vostra vincita così spontaneamente. Avete trovato me, e vi
è andata bene...Ma chissà nelle mani di chi potevate finire.»
Genesis continuò a
sostenerlo e a guidarlo verso l'uscita.
«Avete proprio ragione,
amico mio.»
Gothar percepiva assai poco
della strada o di chi era attorno a lui. Al frastuono della Cantina si
era sostituito il silenzio, e quel poco che gli occhi gli lasciavano vedere
del mondo esterno erano chiazze danzanti di colore. Sì, forse la
birra della locanda gli aveva fatto effetto, dopotutto, ma era meglio non
lasciarlo vedere a Genesis. Del resto, la mente era ancora lucidissima.
Non sapeva neanche dire se Genesis lo stava ancora guidando o meno, ma
supponeva di sì, perché si sentiva spinto e indirizzato in
una direzione precisa. Fu dopo circa dieci minuti di cammino che a turbare
la sua perfetta tranquillità venne una voce lontana, sgradevole
e ostile. «Guarda dove metti i piedi, sgorbio, se non vuoi che-hey!»
Gothar decise che non aveva
tempo per queste cose. Ci mancava solo un tagliagole di bassa categoria
a intralciare i suoi piani. Quell'ingenuo di Genesis rischiava di farsi
derubare ancor prima di aver riscosso il premio. Meno male che c'era lui.
«Vattene subito o rimani e preparati a morire.»
Da lontano venne l'eco di
una risata. «Per mano tua? Ma se non ti reggi nemmeno in piedi!»
Beh, un altro che c'era cascato: credeva anche lui che fosse ubriaco. Avrebbe
pagata cara questa sottovalutazione. Si sentì spintonare o afferrare
per un braccio. Questo era troppo. Portò la mano alla cintura e
la strinse attorno all'impugnatura dell'arma laser. L'attivò immediatamente:
due strisce rosse balenarono nel buio davanti a lui con la velocità
e la ferocia che solo l’ebbrezza del liquore potevano dargli, e vide una
sagoma accasciarsi.
Stava per annuire soddisfatto,
quando lo raggiunse mentalmente l'orribile e arcana sensazione della Forza
che defluiva in dosi massicce fuori dal corpo appena squarciato. Troppa
Forza per un semplice umano. Decise che era il caso di concentrarsi e di
usare la Forza per disintossicarsi dagli effetti dell'alcol. Meglio essere
a piena efficienza, stava succedendo qualcosa.
Quando la vista si focalizzò
attorno a lui, intuì la sinistra verità del suo pensiero.
Non c'era traccia attorno a lui di Genesis...Ma almeno una ventina di passanti
inorriditi tenevano lo sguardo fisso su di lui, e insieme a loro uno squadrone
di Truppe d'Assalto. Strinse con più forza l'impugnatura dell'arma
e vide che grondava di sangue.
Forse era brutto correre ad
affrettate conclusioni pessimistiche, ma aveva proprio l'impressione di
aver massacrato l'inquisitore Imperiale Trevor Cassadyne davanti ad un
plotone di truppe.

di Fiorenzo Delle Rupi
Le tempie gli pulsavano all'impazzata.
Il cuore gli stava per saltare in gola. Ansimava tanto da far invidia a
Darth Vader. Le ossa, i polmoni e i pochi muscoli che aveva gridavano pietà.
Gothar non ce la faceva più a correre.
Si voltò e con sommo
sconforto vide che non solo le Truppe d'Assalto gli stavano ancora addosso,
ma che aveva fatto sì e no un chilometro dal corpo apparentemente
senza vita di Trevor Cassadyne.
Beh, non è colpa mia
se non ho mai dovuto correre prima d'ora, si autoassolse. Dubitava tuttavia
che gli stormtroopers gli avrebbero sportivamente concesso un vantaggio
o una mezz'ora di riposo e meditazione. Meditazione...L'immane sforzo se
non altro gli aveva schiarito la testa e le percezioni. Riprese a correre,
muovendosi maldestramente nella tunica nera troppo ampia (era ricalcata
sulla stessa tunica che portava l'Imperatore, e di solito ne andava fiero,
ma del resto l'Imperatore non era mai dovuto scappare da una squadra dei
suoi stormtrooper e non aveva certo pensato all'agilità). Concitate
esplosioni di colpi laser detonavano tutt’intorno a lui, e si augurò
quasi che uno andasse a segno e ponesse fine a quell'agonizzante inseguimento.
Tanto sicuro non poteva fare più male del massacro che stava infliggendo
ai suoi polmoni e ai suoi muscoli.
"E' tutta colpa di Todd,"
pensò "Non c'è mai quando serve. Scommetto che in questo
momento sta a divertirsi alle corse con quella mocciosetta smorfiosa e
insieme se la spassano un mondo mentre io rischio la pelle."
Un altro colpo di blaster
lo raggiunse di striscio alla spalla. Sentì l'odore acre della tunica
bruciata, ma fortunatamente il braccio non venne raggiunto. Doveva assolutamente
scrollarsi di dosso quegli stupidi truppi. Svoltò bruscamente a
destra in un vicolo laterale: per le strade secondarie sarebbe forse stato
più facile far perdere le proprie tracce...Una folata di vento sbatté
le maniche e il cappuccio della tunica attorno a lui, stava per piovere,
e il cielo sembrava farsi scuro e minaccioso. Si sforzò di correre
ancora per qualche passo, poi si sarebbe potuto fermare...
Oh-oh. Si sarebbe fermato
subito. Lanciò un'imprecazione assai poco nobiliare all'urbanista
di Boonta City: il vicolo finiva a strapiombo su un condotto alto oltre
venti metri, e la città continuava due livelli più sotto.
Diede una rapida occhiata intorno: un traliccio di manutenzione, cavi di
comunicazione...Puah. Tutta roba per Todd: lui avrebbe avuto qualche trovata
improponibile e di pessimo gusto tipo saltare, aggrapparsi, gettarsi nel
vuoto e così via. Ma Gothar considerava già un traguardo
notevole riuscire a stare in piedi, al momento. Che poteva fare?
Era meglio farsi venire in
mente qualcosa subito: le truppe d'assalto lo avevano rintracciato quasi
subito (com'è che, quando lui era nell'Impero e gli stormtrooper
erano ai suoi ordini non riuscivano neanche a colpire un Gundark in un
corridoio, e ora invece svettavano in efficienza?). Due soldati in armatura
bianca comparvero in fondo al vicolo.
"Eccolo lì!"
"Fermo o spariamo!"
Gothar non ebbe dubbi mosse
qualche rapido passo verso di loro, e subito volarono raggi fiammeggianti
verdi verso di lui. Il primo e il secondo lo mancarono di poco. Il terzo
lo raggiunse.
Il suo corpo si piegò
in due e cadde a terra, senza vita.
Si spazzolò la tunica
dalla polvere, trasse un profondo sospiro e uscì soddisfatto dal
vicolo. Ora capiva perché i Ribelli avessero la meglio tante volte
contro l'Impero: le situazioni disperate aguzzano l'ingegno. Sissignore,
Todd o qualcun altro cosiddetto avventuriero Ribelle non avrebbe saputo
fare di meglio. Quando il colpo lo aveva raggiunto, per fortuna di striscio
(secondo lui c'era qualche oscuro e inconfessabile segreto dietro la pessima
mira delle truppe d'assalto) si era gettato per terra e aveva finto la
morte, rallentando le funzioni vitali al minimo - uno dei pochi poteri
della Forza che ricordava ancora e che sapeva usare. I soldati, soddisfatti
del loro lavoro, erano partiti per prendere uno speeder e uno lettiga per
recuperare il corpo, lasciando solo un uomo di guardia al "cadavere". Costui
aveva ora seri problemi alla trachea, e giaceva al posto del cadavere da
sorvegliare.
Aveva considerato per un attimo
l'idea di indossare l'uniforme del soldato per scoprire cosa stava succedendo
in giro, ma aveva subito storto il naso: roba sa disperati, il genere di
cose che farebbe Todd. No, ormai Boonta era bruciata. Era venuto qui nella
speranza di stare tranquillo, e invece si era trovato addosso di tutto,
dalle marmocchie aperte alla Forza a Lord Darth Vader! Le idee di Todd!
Ormai la cosa migliore da
fare era sgombrare il pianeta al più presto e trovarsi un nuovo
nascondiglio. Magari recuperando il carico di Nergon 14.
Prima però c'era una
cosa che voleva fare.
Si diresse in un altro vicolo,
uno quasi interamente occupato da due pesanti, rumorosi e puzzolenti generatori
energetici. Bene. Qui nessuno l'avrebbe disturbato. Voleva ricapitolare
bene cosa fosse successo, i ricordi della locanda, specie quelli relativi
all'uomo vestito di bianco, gli davano una brutta sensazione...
Trasse profondo respiro e
si concentrò, immergendosi nella Forza.
Ottimizzazione della memoria
a breve termine: era un esercizio che faceva spessissimo nei rari momenti
di tranquillità, gli serviva per cercare di ricostruire la propria
memoria devastata e recuperare qualche ricordo rimosso. Non che avesse
mai avuto grandi successi, di solito otteneva solo flash momentanei o ricordi
di eventi e momenti insignificanti, ma stavolta, utilizzandolo per un
evento avvenuto neanche un'ora fa, e di cui lui stesso aveva un aggancio
(quasi) cosciente, avrebbe dovuto dimostrarsi utile.
Fece scorrere come in una
serie di fotogrammi al rallentatore al suo ingresso nella taverna. Ora
che lo cercava specificatamente lo vide: in piedi, vicino alla porta, che
attendeva probabilmente proprio il suo ingresso. La strana e sgradevole
sensazione che irradiava nella Forza si fece più nitida: ricca,
potente, eppure negativa. Non Oscura, quello non era un problema, ma forzata,
innaturale. Come se in lui scorresse un'energia che anche il Lato Oscuro
della Forza trovava aberrante.
Magari concentrandosi sulla
figura di Genesis- così aveva detto di chiamarsi- ne avrebbe saputo
di più. Pericoloso, perché se era ancora in circolazione,
e nelle vicinanze, avrebbe avvertito l'"invasione" di un intruso. Ma voleva
tentare.
Evocò la Forza al meglio
delle sue possibilità, e la convogliò con violenza sull'immagine
mentale dell'individuo biondo e pallido che manteneva viva nella mente.
Il muro difensivo in cui si
scontrò fu quasi un pugno nello stomaco. Qualunque lettura stesse
per effettuare, non la portò mai a termine: pareti mentali d'acciaio
e una volontà totalmente inumana lo tagliarono fuori e lo scacciarono
dal piano mentale. Dolorante e sconfitto, Gothar ritrasse in fretta la
mente, non prima però di raccattare una manciata di immagini singole
che la scansione mentale aveva cominciato a procurargli.
Genesis a colloquio con altri
individui aperti alla Forza.
La stessa sensazione innaturale
di prima.
Un'ombra nera che sovrasta
ogni visione.
Le fauci spalancate di un
drago immenso e alieno, grande quasi quanto un Distruttore Stellare.
Occhi rossi senza pupille
che brillano nell'Oscurità.
Una figura che Genesis acclama
come il suo Signore.
Il contatto si interruppe definitivamente
e Gothar si ritrovò a fissare i generatori del vicolo. Aveva la
tremenda impressione di essersi imbattuto in qualcosa che avrebbe rimpianto
di conoscere. Un lampo un illuminò il vicolo in maniera spettrale
e il cielo sembrò urlare di rabbia con un tuono.
Sempre in giro di nicchia in
anfratto, sotto la pioggia ormai battente, aveva raggiunto il settore dello
spazioporto. Peggio di così non poteva andare. Sorveglianza allo
stato massimo, stato d'allarme e squadroni che fermavano e perquisivano
chiunque. Tutte le partenze non autorizzate bloccate e rinviate fino a
nuovo ordine. E adesso? Inutile cercare Todd adesso: si sarebbe esposto
troppo...E poi perché preoccuparsi per lui? Certo, era ingenuo,
disarmante, disgustosamente altruista e irrimediabilmente stupido...Ma
in un modo o nell'altro riusciva a cavarsela anche meglio di lui, quindi
perché preoccuparsi? No, doveva semplicemente trovare il modo di
filarsela da Boonta alla svelta. Se solo...
Hmmm. Cos'era stato?
Un'altra presenza nella Forza.
Questa molto più gradevole e brillante. Niente affatto lontana.
Si diresse verso la direzione
della percezione, fece capolino da dietro un cumulo di detriti meccanici
ed osservò. La ragazza, probabilmente la fonte della presenza nella
Forza, aveva capelli corti e indossava una tuta verde e una semplice tunica.
Lui, invece, era un tipo dall'età imprecisata, giovane, comunque,
dalla capigliatura quanto mai grottesca che ricordava vagamente una medusa.
Li ascoltò per qualche minuto: più che altro era lui a parlare,
e lo sentì vantarsi a lungo sulla conoscenza della vita della strada,
della libertà delle rotte spaziali indipendenti, della furbizia
necessaria per sopravvivere nei bassifondi, e così via. Molto probabilmente
tutto pompato ad arte per far colpo sulla ragazza, pensò Gothar,
però il tipo aveva indubbiamente l'aria di chi sapeva il fatto suo.
Si scoprì a sorridere
di un ghigno contorto. La pioggia continuava a cadere scrosciante.
"Ma certo." Si disse soddisfatto.
"Ecco il mio passaporto per andarmene da Boonta!" annuì compiaciuto
scrutando dalle ombre circostanti la coppia. Oltre la notte e il temporale,
l'oscurità del vicolo parve farsi ancora più fitta.

  
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