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Creato da Marzia Possenti
LA STORIA DI KEROUAC
di Marzia Possenti
Chi l’avrebbe mai detto che una come me potesse finire
in mezzo ad una tale raccolta di “primi della classe”? Detesto i Ribelli
almeno quanto gli Imperiali! Come se ci fosse poi tanta differenza fra
le due fazioni.
Dove sono nata non esistevano tutte queste complicazioni
e nessuno si sentiva obbligato a scegliere da che parte stare, almeno finché
l’Alleanza non era ora di “svegliare le menti assorte” del pianeta Xeril,
una vecchia colonia di Ithor. Così furono inviati alcuni “esploratori”
per sondare le opinioni e, soprattutto, le potenzialità dei miei
fratelli Ithoriani… Alcuni dei miei amici più cari furono scelti
dagli “esploratori”, cercavano menti speciali, dotate di “luce cristallina”,
così erano definiti i poteri che si manifestavano così frequentemente
tra le genti di Xeril. Ora so che si trattavano di manifestazioni rudimentali
della Forza. Mia madre e mio padre aborrivano tali poteri, ricordo che
ne parlavano come dell’ “oscurità cristallina”, una guida sicura
verso la rovina e la decadenza. Per questo motivo fecero sì che
mia sorella, mio fratello ed io, non uscissimo di casa che il minimo indispensabile:
le nostre menti avevano tutte qualcosa di speciale e qualcuno avrebbe potuto
scoprirlo. La Forza maggiore emanava da mio fratello Koran; fin da piccolo
le sue capacità avevano stupito i miei genitori e spaventato gli
amici cui Koran di divertiva a fare scherzi. Koran fu il primo a lasciarci,
i Ribelli lo esaltarono con folli discorsi di eroiche battaglie e gloriose
vittorie, e un giorno al suo posto nel letto un breve messaggio di addio.
Lo porto ancora con me dopo tanti anni, non ho mai smesso di cercarlo.
Poi fu la volta di mia sorella. Anche in lei la
Forza scorreva potente come un fiume in piena, ed altrettanto incontrollabile.
Maya non fu “fortunata” come Koran, furono gli Imperiali a scoprire le
sue capacità ed uno di loro, un inviato di Gothar Palpatine, la
spinse con l’inganno a seguirlo. Maya si fidava di lui, si illudeva che
l’avrebbe aiutata, che le avrebbe insegnato a controllare quei poteri che
le sfuggivano di tra le dita della mente, ogni giorno più forti
mentre lei diveniva ogni giorno più debole. Soltanto dopo molto
tempo venni a sapere che Gothar se ne era servito per alcuni esperimenti
sulla natura della Forza. Non so neppure se sia ancora viva. Dopo qualche
tempo i miei genitori reagirono al dolore, tornando ad essere parte integrante
della nostra comunità, ma io non potevo più accettare un
tipo di vita fatto soltanto di attesa passiva, sapevo che la Forza scorreva
anche in me, forse potente come nei miei fratelli. Fino ad allora tutto
ciò che ero riuscita a fare era proiettare immagini nella mia mente
di chi mi era vicino. Potevo far vedere un piatto di minestre d’erbe
sulla tavola così come una nave-città ithoriana sulla loro
testa. Ma ormai avevo capito che la Forza non serviva soltanto a divertirsi
a spese di qualche sciocco malcapitato, ora sapevo che il mio potere, sapientemente
sviluppato, mi avrebbe dato un giorno la possibilità di fare grandi
cose. Molti, fra la mia gente, avevano le mie stesse capacità, che
avrebbero potuto salvare il nostro pianeta dalla rovina di una lotta continua
e snervante che andava dilagando per l’intero universo. Non sarebbe stato
facile, ma avremmo potuto allontanare tutti gli intrusi dal pianeta e poi
farne perdere per sempre il ricordo, l’avremmo cancellato perfino dalle
mappe stellari, se necessario.
Così partii alla ricerca di qualcuno che
mi insegnasse cos’è veramente la Forza e come controllarla. In una
delle mie innumerevoli peregrinazioni, per una incredibile e crudele coincidenza,
mi ritrovai nello stesso gruppo di Gothar Palpatine. Il mio primo impulso
fu quello di ucciderlo a sangue freddo: quando lo guardai negli occhi mi
resi conto che non si ricordava neppure di me. In fondo ero soltanto una
sciocca Ithoriana, un’altra cavia per i suoi esperimenti.
Poi, col tempo, imparai a conoscerlo, o meglio fu
giocoforza che accadesse, e capii che anche lui non era che una misera
pedina nello spietato gioco del potere, ormai tutto quello che provo è
una profonda pena. Per lui e per tutti quelli che hanno combattuto e combattono
in questa guerra infinita senza capire che la loro morte non servirà
a far trionfare un ideale, qualunque esso sia, ma soltanto ad accrescere
il potere di pochi.
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