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Da Arnoon a Boonta
di Fabrizio Casu

    Garad proseguì lungo le strade di Arnoon scortato dai truppi. Nessuno badava al suo passaggio o forse stavano tutti facendo finta di non vedere. I truppi non parlavano, proseguivano come automi e non aprivano bocca. Arrivarono ad un ufficio e condussero Garad nel grande atrio. Davanti al giovane si parò un giovane ufficiale Imperiale, dai scintillanti capelli biondi e dalla dentatura immacolata. Le due guardie si disposero ai lati e, sempre senza dire nulla, gli consegnarono il disco. Questi lo osservò con gli occhi che gli si illuminarono e sorrise estasiato:
    “Perfetto. Qual è il tuo nome?” chiese rivolgendosi a Garad.
    “Garad Shitzgul” rispose lui cercando di sorridere in maniera amichevole. Il solo risultato che ottenne fu di stirarsi i  muscoli facciali.
    “Tu sai cosa contiene questo dischetto?”
    “No, ma sono disposto a darvi tutto l’appoggio richiesto per risolvere questo inconveniente…” rispose sempre più sorridente e rimpiangendo di non conoscere la marcia Imperiale per l’occasione.
    “Come ne sei venuto  in possesso?”
    “Me lo ha consegnato un vecchio che non ho mai visto.”
    Cominciava a spazientarsi e nella mente gli si stava già formulando un piano. La sua cintura conteneva un forte flash capace di abbagliare una persona per qualche secondo. Lo avrebbe sfruttato a suo vantaggio. In quel  momento vennero raggiunti da una Guardia Imperiale che bisbigliò qualcosa al Capitano, lui annuì e disse:
    “Bene sarà meglio terminarlo…” cominciò indicando Garad.
    Appena tutti ebbero lo sguardo su di lui premette velocemente la fibbia e chiuse gli occhi. Il Capitano lanciò un urlo mentre la luce si sprigionava potente dalla fibbia. Garad riaprì gli occhi e colpì duramente il Capitano allo stomaco, poi gli diede una ginocchiata al volto, mandandolo a terra, gli diede un ultimo calcio alle costole, per sicurezza. Poi recuperò il dischetto e il blaster dell’Imperiale. Si voltò e sparò contro uno dei truppi uccidendolo. Il secondo era già in piedi con il suo fucile pronto a fare fuoco, il giovane ruotò su se stesso e sparò all’arma del truppo facendogliela saltare di mano. Doveva uscire e aveva visto come fare: alle spalle del truppo c’era un’enorme vetrata che dava sulla strada. Si scagliò contro di lui con un urlo, lo urtò e proseguì trascinandolo con sé, poi si fermò e lo scaraventò in avanti. Il pesante corpo frantumò il vetro con un rumore assordante. Garad non attese altro tempo e corse fuori con la velocità di un missile. Poteva prendere il primo volo per Boonta se si dava una mossa.
    Tranquillità. Ecco di cosa aveva bisogno. Doveva stare tranquillo e rilassarsi. Concentrarsi su cose positive come una bella vacanza o un bicchiere di liquore. Non pensare al rollio di quella dannata astronave, al suo movimento oscillante che faceva su e giù. Su e giù. Su e giù.
    Garad balzò a sedere sulla poltrona, aprì velocemente il sacchetto e vomitò dentro con violenza. Rimase piegato su se stesso in silenzio, la fronte imperlata di sudore e il fiato corto.
    Le tempia gli pulsavano dolorosamente e sapeva che dopo due ore e mezza di vomito tutto ciò che gli restava in corpo erano solo succhi gastrici. Lo stomaco gli doleva e lui non vedeva l’ora di scendere. Perché aveva scelto proprio Boonta? Perché non un viaggio più breve?
    Respirò a fondo ancora un paio di volte e riaprì gli occhi:
    “Come stai?” chiese una voce al suo fianco.
    Lui ruotò leggermente la testa e vide una bambina bionda, dai lunghi capelli, doveva avere sei anni, sembrava un angelo e lo scrutava incuriosita:
    “Sto benissimo, mocciosa. Adoro vomitare nei sacchetti di carta…”rispose sarcastico.
    “Spoon! Non disturbare il signore!” la rimproverò una donna seduta al suo fianco.
    Lei si mordicchiò il labbro e continuò a fissarlo. Lui si rimise diritto, poggiando la schiena alla poltrona. Sospirò e chiese: “Quanto manca ancora?”
    La bambina aprì la piccola mano:
    “Cinquanta minuti…”
    Bene. Ancora poco e quella tortura sarebbe finita. Si passò una manica sulla fronte per asciugarla: “Come fai a soffrire il mal d’aria?” chiese la piccola con voce squillante. “È così bello viaggiare! A me piace un sacco! Sentire il ronzio dell’astronave, il mezzo che vola. Adoro i buchi d’aria! E poi…”
    La mano di Garad le tappò la bocca:
    “Moc-ciosa…por…portami un altro…sacchetto…”
    Poi si piegò su se stesso e vomitò ancora.
    Atterrarono su Boonta, Garad non vedeva l’ora di andarsene da quell’astronave. Vide che la signora era in difficoltà con le valige e decise di aiutarla. Lei prese la piccola, che si era addormentata, in braccio e gli fece strada. Giunsero all’entrata dello spazioporto, quando due truppi si pararono davanti a loro due. Il giovane si sentì perduto, ma non lo degnarono, guardarono la donna:
    “Lady Hover? Dovrebbe seguirci, per favore.”
    La donna sorrise nervosamente e dopo una frazione di secondo si voltò verso Garad porgendogli la piccola:
    “Sarebbe così gentile da tenermela per un po’?”
    “No…devo andare…” cominciò Garad.
    “La prego, solo per poco, posso pagarla se vuole…”
    Garad si morse il labbro:
    “Va bene…”
    Prese in braccio la piccola e osservò la donna che entrava in un buio vicoletto con i due. Poco dopo la vide uscire di corsa, il volto contorto in una maschera carica di paura. Non si allontanò di molto: dei colpi da arma da fuoco la presero alla schiena scagliandola a terra. Il giovane non pensò neanche per un attimo, girò i tacchi e prese a scappare più velocemente che poteva. Un quarto d’ora dopo si trovava in un vicolo, poggiò la piccola al muro e poi sbirciò per le strade. Nessuno. Un gemito lo raggiunse. Si voltò e guardò la piccola che si svegliava, doveva liberarsi di lei, rischiava di essere preso:
    “Dov’è la mamma?” chiese lei guardandolo seria.
    “Tua mamma …arriva subito” mentì. “Mi ha detto: ‘Dì a…’ come diavolo ti chiami?”
    “Spoon.”
    “ ‘Dì a Spoon che vengo subito.’ Già quindi resta qui e arrivederci.”
    Si voltò e cominciò ad allontanarsi a grandi passi.Il cielo cominciò a versare acqua, la pioggia lo investì ricorndandogli quanto fosse dura la vita di strada. Si voltò e la vide ferma, sotto la pioggia:
    “No, Garad, non è affar tuo!” si disse.
    Lei è sola adesso, come te. Disse una voce dentro di lui. Doveva sapere…
    Si avvicinò e si inginocchiò alla sua altezza:
    “Senti dov’è tuo padre?”
    “Se n’è andato…”
    Garad piegò il capo di lato:
    “È morto.” Chiarì la piccola crudamente. Troppo per una bambina di sei anni.
    “Non hai qualcuno da cui andare? Un parente, un qualche amico… di tua madre?”
    Lei scosse la testa vigorosamente:
    “Mamma è morta, vero?” chiese mogia.
    Lui annuì, incapace di parlare. Lei non disse nulla, serrò solamente le labbra:
    “Hai bisogno di piangere?” chiese lui imbarazzato.
    Lei scosse ancora la testa:
    “No, mamma non vuole, dice che devo essere forte…”
    Era una cosa giusta, ma lei aveva solo sei anni:
    “Va bene, ma io non sono tua madre e se vuoi piangere…”
    Lei non disse niente, poi cominciò a piangere, il corpo sconvolto dai singhiozzi, tremante.
    Garad l’abbracciò e rimasero così, sotto la pioggia, confortati dalla presenza l’uno dell’altro.

    Garad guardò la figura nell’Holocom, si trattava di un ragazzo dai capelli neri e sporchi, aveva una benda intorno alla fronte e gli mancava un occhio. Era molto nervoso nei suoi gesti:
    “Mi dispiace Garad, ma arrivi in un brutto momento…L’Impero ha eseguito una pulizia di fino da poco tempo. Hanno portato via un sacco di persone in gamba e anche Rethem.”
    “Sì, va bene, ma io ho bisogno di un hacker per alcuni dischetti e ne ho urgente bisogno!” chiarì lui.
    Il ragazzo diede una scossa di spalle: “Non saprei chi indicarti.”
    “Va bene, va bene, lascia stare.”
    Chiuse la comunicazione ed imprecò pesantemente. Poi pensò che c’era la piccola vicino, abbassò lo sguardo; Spoon si era riparata dal freddo sotto il suo impermeabile. Non doveva averlo sentito, perché non aveva alzato lo sguardo. Si sentì più rilassato e pensò al da farsi.
    Vagò con lo sguardo per la strada e vide un manifesto che attirò la sua attenzione. Si avvicinò lentamente e lo lesse:
    “Etain Rueel, scomparsa. Età…bla bla bla..niente ricompensa. Peccato.”
    Spoon gli diede un colpetto alla gamba: “Senti, io ho fame…”
    Anche il suo stomaco non era proprio in forma, ma sentiva anche lui fame. Aveva ancora un po’ di soldi, le passò pensosamente una mano sui capelli e rispose:
    “Va bene, andiamo a mangiare qualche cosa.(Poi cercher…)”

    Sentiva il corpo debole e il mondo ruotava e vorticava intorno a lei. Però non poteva permettersi debolezze, doveva assolutamente ribellarsi. Di sicuro c’era qualcuno di guardia, doveva liberarsene subito.
    Garad guardò il vicolo buio a sua volta e chiese: “Bè? Cosa ti accade?”
    La bambina parlò con voce strana, quasi innaturale: “C’è qualcuno lì dentro…ha bisogno di aiuto…”
    Garad fece scivolare la mano sulla sua arma: “Sei sicura?” chiese dubbioso.
    La piccola annuì senza distogliere lo sguardo dal vicolo. Garad respirò a fondo e decise di entrare. Si fermò dopo qualche passo e i suoi occhi si abituarono all’oscurità. Vide qualcuno appoggiato al muro, una figura piccola e sinuosa. Si avvicinò lentamente: “Ehi, tu!”
    Etain alzò lo sguardo e lo guardò: ecco uno dei maledetti che l’aveva imprigionata. Fece un passo verso di lui, ma perse l’equilibrio e cadde in avanti. Garad la acchiappò al volo e la sorresse, poi la rimise in piedi e la guardò: “Stai bene?”
    La giovane ragazza aveva lo sguardo abbassato. Poi di colpo lo guardò con occhi furenti ed un pugno prese il ragazzo in pieno volto. Garad ruotò su se stesso e finì in ginocchio davanti alla ragazza. Questa senza tanti complimenti lo colpì violentemente con una ginocchiata al lato del viso, lui cadde a terra con un gemito. Etain ora doveva scappare, si mosse con passo veloce verso la luce davanti a lei, mentre sentiva ritornare il possesso delle sue facoltà. Uscì dal vicolo e si trovò davanti una strada abbastanza affollata. Dove diavolo era? Davanti a lei una piccola bambina la  guardava con occhi profondi e indagatori.
    Garad si rialzò gemente e la raggiunse alle spalle, le poggiò una mano sulla schiena: “Ehi!” esclamò.
    Etain ruotò su se stessa e lo colpì con un secondo pugno al volto. Garad si piegò sotto la forza del colpo, sentendo il sapore del sangue in  bocca. Poi decise di reagire: acchiappò la ragazza per i polsi e la fermò. Sorrise trionfante: “Sei mia!”
    Il ginocchio che  lo prese all’inguine gli cancellò il sorriso dalla faccia. Cadde in ginocchio e rimase silenzioso mentre salutava i suoi sogni di discendenza. Etain si voltò sentendo la bambina che urlava un nome del tipo: “Garad! Ferma!”
    La rabbia di Etain sbollì di colpo, si sentiva più rilassata e meno propensa a massacrare quel tipo: “Toccami ancora e ti ammazzo!” sibilò a quel ragazzo.
    “E chi ti tocca!” sbottò lui “Dannazione a me e al mio buon cuore! Vattene! Io volevo solo aiutarti stupida…stupida…donna!” concluse indeciso su che dire.
    Etain lo scrutò colpita. Chi era quell’idiota?
    La bambina si avvicinò a lui e lo abbracciò protettiva fulminandola con lo sguardo. Garad decise che si sentiva pronto. Si alzò in piedi e soffocò un grido di dolore. Lei lo guardò e chiese:
    “Ma…dove sono?” chiese lei.
    “Come dove sei? Sei su Boonta, ovviamente!” rispose acido Garad mentre Spoon gli accarezzava il capo.
    “Ti manda l’Impero?” chiese cauta Etain.
    “L’Imp…ma dì un po’ sei drogata? Ma mi hai visto? Ho la faccia da Imperiale? Al diavolo, andiamo via, mocciosa.”
    “Mi dispiace…” mormorò Etain.
    Garad scosse la testa e chiese:
    “Che facevi in quel vicolo?”
    “Ho avuto dei problemi…mi sono sentita male…” rispose lei per nulla convinta. Non sapeva di preciso cosa le era successo. La sua mente era molto annebbiata, doveva assolutamente riposarsi un attimo.
    Garad si incamminò lungo la strada: “Vieni mocciosa, andiamo a mangiare.”
    Lei si aggrappò all’impermeabile e lo seguì nel suo cammino. Fatti venti passi Garad si fermò e si voltò, la ragazza era sempre ferma che li osservava con occhio critico. Non era certo un’Imperiale e da quello che aveva visto (e sentito) sapeva combattere. Forse poteva essergli utile:
    “Bè, cosa fai? Vieni?” esclamò rivolgendosi a lei.
    Etain rimase interdetta. Ma era troppo stanca per fare la scontrosa, doveva sapere dov’era e doveva mettere qualcosa nello stomaco e se qualcuno poteva pagarle da mangiare non c’erano problemi. Annuì e raggiunse quella strana coppia:
    “Mi chiamo Garad Shitzgul e lei è Spoon.”
    “Io sono Etain Rueel.”
    Garad sentì una scarica di adrenalina attraversargli il corpo.
 



 



 
 
Continua nel racconto: Incursione

Quella piccola taverna su Boonta
di Fabrizio Casu

    Garad prese in braccio la piccola e si fermò davanti alla porta. Lanciò uno sguardo ad Etain, rivolgendole una silenziosa preghiera affinché non rompesse il muso a nessuno dei presenti. Poi respirò a fondo  e aprì la porta. Il club di Shana non era cambiato per niente, c'era sempre quell'atmosfera da posto di lusso misto a bettola di quart'ordine che Garad aveva sempre detestato con tutte le sue forze...
    Shana aveva sempre cercato di farne un posto di classe, ma non ci era mai riuscita. Il giovane allungò il passo e si diresse dritto verso il bancone, seguito dagli sguardi degli avventori, umani ed alieni, presenti. Sul palco un gruppo di suonatori si stava esibendo in un pezzo di blues corelliano e qualcuno ballava in mezzo alla pista. Giunto al bancone diede una pacca al grosso barista che gli volgeva le spalle:
    "Ehi! Cerco Shana!"
    Questi si voltò, se la sua mole di oltre una tonnellata non avesse impressionato lo spettatore occasionale un effetto ben peggiore lo avrebbe potuto ottenere la metà sinistra della sua faccia, tutta ricoperta di squame, sulla quale si poteva notare un occhio rosso brillante. Questi squadrò Garad poi esclamò:
    "Ragazzo! Sei tornato a farci visita!"
    "Ciao Kong..." rispose lui.
    "Come stai?" guardò Etain e Spoon "E' la tua famiglia?"
    Garad strabuzzò gli occhi:
    "No, no, assolutamente. Si tratti di..."
    "Sapevo che saresti tornato un giorno." disse una voce femminile alle sue spalle.
    Etain sobbalzò, pronta a colpire, Garad mise giù Spoon e poi  si voltò per guardare Shana. Era bella come se la ricordava, i suoi pensieri corsero ai tre mesi di vita passati insieme a lei e a tutto quello che avevano diviso:
    "Ciao Garad..." disse lei con un sorriso.
    "Ciao Shona..." rispose lui.
    Etain osservò la donna, doveva avere una trentina di anni ed era molto bella, dei bei capelli biondi le cadevano sulla spalla, leggermente ondulati ed un fisico ben modellato era fasciato in un lungo vestito di stoffa preziosa. Diede un colpo di tosse, i due si risvegliarono dal loro mutismo e poi, dopo le presentazioni, si sedettero ad un tavolo.
    "...e quindi avrei bisogno di un po' di materiale per decifrare il contenuto." spiegò lui.
    "Cosa contiene il disco?"
    Etain stava per rispondere, ma Garad fu più veloce di lei:
    "Una rotta...una rotta commerciale dimenticata dove trovare i resti di un cargo con del materiale vendibile..."
    Etain lo guardò stupita. Shana non disse nulla e lo osservò a lungo, poi chiese:
    Etain prese la parola:
    "Ho bisogno di una unità C1 settata per il parallelo e dotata di programmi che leggano e traducano i codici binari in codici a quattro uscite, inoltre se è dotata di un chip ZX-88 è meglio."
    Shona ci pensò su poi chiese:
    "Cosa ci guadagno?"
    "Un quarto dei proventi" rispose semplicemente Garad.
    "La metà" rispose lei "o non se ne fa niente."
    Garad sorrise: "Va bene" poi vide che Spoon era caduta addormentata con la faccia sopra il tavolo. "Forse sarebbe meglio andare a dormire..."
    "Certo" rispose subito Shona "Avrete immediatamente delle stanze...tu vuoi dormire con me?"
    Garad tossì ed esclamò:
    "Meglio se faccio compagnia alla piccola, eh?"
    Etain lo guardò disgustata e pensò: "Ma che gridi, scemo?"

    Era ancora lì, quella ragazza era in ginocchio davanti a lui e lui le puntava addosso una arma. Ed era inutile che lo implorasse lui avrebbe premuto il grilletto. Ma poi quella fitta dolorosissima alla nuca e Garad si risvegliò all'improvviso. Era in un bagno di sudore, aveva il fiato corto e la sensazione di essere più stanco di quando era andato a dormire.
    Si osservò intorno e vide Spoon che dormiva, le mise una coperta addosso ed uscì dalla stanza. Andò al bar, ormai chiuso e prese una bottiglia di liquore, ne bevve due o tre sorsate e poi si diresse nella stanza di Etain. Bussò ed aprì la porta. Lei era seduta alla scrivania mentre lavorava al computer, al suo fianco una unità C1 collegata al terminale stava cigolando: "Non dormi?" chiese.
    Etain continuò il suo lavoro: "Ho quasi finito di impostare il programma, ora l'unità C1 cercherà tutti i possibili codici confrontandoli con quelli scartati e alla fine penetrerà queste difese." spiegò dando un ultimo colpo alla tastiera. Sullo schermo cominciarono a scorrere sequenze numeriche sempre più complesse. Lei si alzò e lui le porse la bottiglia, lei bevve lasciando che il liquore le scaldasse il sangue nelle vene: "Perché hai mentito alla tua amica?" chiese poi.
    "Shona si è creata un piccolo impero qui su Boonta, ha tanti contatti e molti sono imperiali..."
    "E allora perché siamo venuti?" chiese prima di bere ancora.
    Garad si passò una mano sulla faccia, cominciava a sentirsi intontito: "Perché è l'unica persona che conosco che possa aiutarmi..."
    Si sedettero davanti ad un tavolino: "E non conosci nessun altro con il lavoro che fai?"
    "Faccio questo lavoro da un anno...tutto il resto della mia vita è persa...non ricordo più nulla..."
    Lei bevve ancora, cominciava a sentirsi molto rilassata e a sentire la voce di Garad distante:
    "Hai perso la memoria? Bé...non deve essere così grave..."
    "Non hai una vita...non sai nulla...nulla ti appartiene..." spiegò lui.
    "Sì, ma tanti ricordi brutti non ci sono più..."
    "Potrebbero essere anche i peggiori di questo universo, ma sarebbero i miei..."
    Bevvero ancora, Garad si tolse l'impermeabile e si sedette per terra, con la schiena poggiata al muro, Etain gli passò la bottiglia, poi, con voce impastata, chiese:
    "Anche io ho dei problemi...ma almeno tiro avanti...non mi arrendo..."
    "Fai bene...mai arrendersi..."
    Etain si alzò in piedi per raggiungere una bottiglia di vino che aveva visto su una mensola, perse l'equilibrio e cadde per terra.  Tutti e due cominciarono a ridere, poi lei disse: "Credo che mi metterò a dormire...un paio di minuti poi possiamo parlare ancora..."
    Lui annuì e diede fondo alla bottiglia. La stanza gli vorticò intorno, poi lanciò uno sguardo ad Etain e, prima di addormentarsi, mormorò:
    "Almeno avessi qualcuno..."
    Cadde addormentato. Era ancora lì. Quella ragazza era in ginocchio davanti a lui e lui le puntava addosso una pistola.
 
 

Quella piccola taverna di Boonta


 



 
 
Continua nei racconti: In viaggio
Alla Corte del Re...

 
 


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