HOME
GALACTIC
EVENTS
HOLONET
STORIES
Ian Coog
Travis Denial
Duncan De
Vries
Minn D'Hriftin
Lyla Halet
Keruac
Gothar
Palpatine
Oderisi
Pendragon
Etain Rueel
Garad Shitzgul
Gary Tranc
Vexena
Trelune
CRONOLOGIA
LINK
GRAZIE A...
NEWS |
di Fabrizio Casu
Garad proseguì lungo
le strade di Arnoon scortato dai truppi. Nessuno badava al suo passaggio
o forse stavano tutti facendo finta di non vedere. I truppi non parlavano,
proseguivano come automi e non aprivano bocca. Arrivarono ad un ufficio
e condussero Garad nel grande atrio. Davanti al giovane si parò
un giovane ufficiale Imperiale, dai scintillanti capelli biondi e dalla
dentatura immacolata. Le due guardie si disposero ai lati e, sempre senza
dire nulla, gli consegnarono il disco. Questi lo osservò con gli
occhi che gli si illuminarono e sorrise estasiato:
“Perfetto. Qual è il
tuo nome?” chiese rivolgendosi a Garad.
“Garad Shitzgul” rispose lui
cercando di sorridere in maniera amichevole. Il solo risultato che ottenne
fu di stirarsi i muscoli facciali.
“Tu sai cosa contiene questo
dischetto?”
“No, ma sono disposto a darvi
tutto l’appoggio richiesto per risolvere questo inconveniente…” rispose
sempre più sorridente e rimpiangendo di non conoscere la marcia
Imperiale per l’occasione.
“Come ne sei venuto
in possesso?”
“Me lo ha consegnato un vecchio
che non ho mai visto.”
Cominciava a spazientarsi
e nella mente gli si stava già formulando un piano. La sua cintura
conteneva un forte flash capace di abbagliare una persona per qualche secondo.
Lo avrebbe sfruttato a suo vantaggio. In quel momento vennero raggiunti
da una Guardia Imperiale che bisbigliò qualcosa al Capitano, lui
annuì e disse:
“Bene sarà meglio terminarlo…”
cominciò indicando Garad.
Appena tutti ebbero lo sguardo
su di lui premette velocemente la fibbia e chiuse gli occhi. Il Capitano
lanciò un urlo mentre la luce si sprigionava potente dalla fibbia.
Garad riaprì gli occhi e colpì duramente il Capitano allo
stomaco, poi gli diede una ginocchiata al volto, mandandolo a terra, gli
diede un ultimo calcio alle costole, per sicurezza. Poi recuperò
il dischetto e il blaster dell’Imperiale. Si voltò e sparò
contro uno dei truppi uccidendolo. Il secondo era già in piedi con
il suo fucile pronto a fare fuoco, il giovane ruotò su se stesso
e sparò all’arma del truppo facendogliela saltare di mano. Doveva
uscire e aveva visto come fare: alle spalle del truppo c’era un’enorme
vetrata che dava sulla strada. Si scagliò contro di lui con un urlo,
lo urtò e proseguì trascinandolo con sé, poi si fermò
e lo scaraventò in avanti. Il pesante corpo frantumò il vetro
con un rumore assordante. Garad non attese altro tempo e corse fuori con
la velocità di un missile. Poteva prendere il primo volo per Boonta
se si dava una mossa.
Tranquillità. Ecco
di cosa aveva bisogno. Doveva stare tranquillo e rilassarsi. Concentrarsi
su cose positive come una bella vacanza o un bicchiere di liquore. Non
pensare al rollio di quella dannata astronave, al suo movimento oscillante
che faceva su e giù. Su e giù. Su e giù.
Garad balzò a sedere
sulla poltrona, aprì velocemente il sacchetto e vomitò dentro
con violenza. Rimase piegato su se stesso in silenzio, la fronte imperlata
di sudore e il fiato corto.
Le tempia gli pulsavano dolorosamente
e
sapeva che dopo due ore e mezza di vomito tutto ciò che gli restava
in corpo erano solo succhi gastrici. Lo stomaco gli doleva e lui non vedeva
l’ora di scendere. Perché aveva scelto proprio Boonta? Perché
non un viaggio più breve?
Respirò a fondo ancora
un paio di volte e riaprì gli occhi:
“Come stai?” chiese una voce
al suo fianco.
Lui ruotò leggermente
la testa e vide una bambina bionda, dai lunghi capelli, doveva avere sei
anni, sembrava un angelo e lo scrutava incuriosita:
“Sto benissimo, mocciosa.
Adoro vomitare nei sacchetti di carta…”rispose sarcastico.
“Spoon! Non disturbare il
signore!” la rimproverò una donna seduta al suo fianco.
Lei si mordicchiò il
labbro e continuò a fissarlo. Lui si rimise diritto, poggiando la
schiena alla poltrona. Sospirò e chiese: “Quanto manca ancora?”
La bambina aprì la
piccola mano:
“Cinquanta minuti…”
Bene. Ancora poco e quella
tortura sarebbe finita. Si passò una manica sulla fronte per asciugarla:
“Come fai a soffrire il mal d’aria?” chiese la piccola con voce squillante.
“È così bello viaggiare! A me piace un sacco! Sentire il
ronzio dell’astronave, il mezzo che vola. Adoro i buchi d’aria! E poi…”
La mano di Garad le tappò
la bocca:
“Moc-ciosa…por…portami un
altro…sacchetto…”
Poi si piegò su se
stesso e vomitò ancora.
Atterrarono su Boonta, Garad
non vedeva l’ora di andarsene da quell’astronave. Vide che la signora era
in difficoltà con le valige e decise di aiutarla. Lei prese la piccola,
che si era addormentata, in braccio e gli fece strada. Giunsero all’entrata
dello spazioporto, quando due truppi si pararono davanti a loro due. Il
giovane si sentì perduto, ma non lo degnarono, guardarono la donna:
“Lady Hover? Dovrebbe seguirci,
per favore.”
La donna sorrise nervosamente
e dopo una frazione di secondo si voltò verso Garad porgendogli
la piccola:
“Sarebbe così gentile
da tenermela per un po’?”
“No…devo andare…” cominciò
Garad.
“La prego, solo per poco,
posso pagarla se vuole…”
Garad si morse il labbro:
“Va bene…”
Prese in braccio la piccola
e osservò la donna che entrava in un buio vicoletto con i due. Poco
dopo la vide uscire di corsa, il volto contorto in una maschera carica
di paura. Non si allontanò di molto: dei colpi da arma da fuoco
la presero alla schiena scagliandola a terra. Il giovane non pensò
neanche per un attimo, girò i tacchi e prese a scappare più
velocemente che poteva. Un quarto d’ora dopo si trovava in un vicolo, poggiò
la piccola al muro e poi sbirciò per le strade. Nessuno. Un gemito
lo raggiunse. Si voltò e guardò la piccola che si svegliava,
doveva liberarsi di lei, rischiava di essere preso:
“Dov’è la mamma?” chiese
lei guardandolo seria.
“Tua mamma …arriva subito”
mentì. “Mi ha detto: ‘Dì a…’ come diavolo ti chiami?”
“Spoon.”
“ ‘Dì a Spoon che vengo
subito.’ Già quindi resta qui e arrivederci.”
Si voltò e cominciò
ad allontanarsi a grandi passi.Il cielo cominciò a versare acqua,
la pioggia lo investì ricorndandogli quanto fosse dura la vita di
strada. Si voltò e la vide ferma, sotto la pioggia:
“No, Garad, non è affar
tuo!” si disse.
Lei è sola adesso,
come te. Disse una voce dentro di lui. Doveva sapere…
Si avvicinò e si inginocchiò
alla sua altezza:
“Senti dov’è tuo padre?”
“Se n’è andato…”
Garad piegò il capo
di lato:
“È morto.” Chiarì
la piccola crudamente. Troppo per una bambina di sei anni.
“Non hai qualcuno da cui andare?
Un parente, un qualche amico… di tua madre?”
Lei scosse la testa vigorosamente:
“Mamma è morta, vero?”
chiese mogia.
Lui annuì, incapace
di parlare. Lei non disse nulla, serrò solamente le labbra:
“Hai bisogno di piangere?”
chiese lui imbarazzato.
Lei scosse ancora la testa:
“No, mamma non vuole, dice
che devo essere forte…”
Era una cosa giusta, ma lei
aveva solo sei anni:
“Va bene, ma io non sono tua
madre e se vuoi piangere…”
Lei non disse niente, poi
cominciò a piangere, il corpo sconvolto dai singhiozzi, tremante.
Garad l’abbracciò e
rimasero così, sotto la pioggia, confortati dalla presenza l’uno
dell’altro.
Garad guardò la figura
nell’Holocom, si trattava di un ragazzo dai capelli neri e sporchi, aveva
una benda intorno alla fronte e gli mancava un occhio. Era molto nervoso
nei suoi gesti:
“Mi dispiace Garad, ma arrivi
in un brutto momento…L’Impero ha eseguito una pulizia di fino da poco tempo.
Hanno portato via un sacco di persone in gamba e anche Rethem.”
“Sì, va bene, ma io
ho bisogno di un hacker per alcuni dischetti e ne ho urgente bisogno!”
chiarì lui.
Il ragazzo diede una scossa
di spalle: “Non saprei chi indicarti.”
“Va bene, va bene, lascia
stare.”
Chiuse la comunicazione ed
imprecò pesantemente. Poi pensò che c’era la piccola vicino,
abbassò lo sguardo; Spoon si era riparata dal freddo sotto il suo
impermeabile. Non doveva averlo sentito, perché non aveva alzato
lo sguardo. Si sentì più rilassato e pensò al da farsi.
Vagò con lo sguardo
per la strada e vide un manifesto che attirò la sua attenzione.
Si avvicinò lentamente e lo lesse:
“Etain Rueel, scomparsa. Età…bla
bla bla..niente ricompensa. Peccato.”
Spoon gli diede un colpetto
alla gamba: “Senti, io ho fame…”
Anche il suo stomaco non era
proprio in forma, ma sentiva anche lui fame. Aveva ancora un po’ di soldi,
le passò pensosamente una mano sui capelli e rispose:
“Va bene, andiamo a mangiare
qualche cosa.(Poi cercher…)”
Sentiva il corpo debole e il
mondo ruotava e vorticava intorno a lei. Però non poteva permettersi
debolezze, doveva assolutamente ribellarsi. Di sicuro c’era qualcuno di
guardia, doveva liberarsene subito.
Garad guardò il vicolo
buio a sua volta e chiese: “Bè? Cosa ti accade?”
La bambina parlò con
voce strana, quasi innaturale: “C’è qualcuno lì dentro…ha
bisogno di aiuto…”
Garad fece scivolare la mano
sulla sua arma: “Sei sicura?” chiese dubbioso.
La piccola annuì senza
distogliere lo sguardo dal vicolo. Garad respirò a fondo e decise
di entrare. Si fermò dopo qualche passo e i suoi occhi si abituarono
all’oscurità. Vide qualcuno appoggiato al muro, una figura piccola
e sinuosa. Si avvicinò lentamente: “Ehi, tu!”
Etain alzò lo sguardo
e lo guardò: ecco uno dei maledetti che l’aveva imprigionata. Fece
un passo verso di lui, ma perse l’equilibrio e cadde in avanti. Garad la
acchiappò al volo e la sorresse, poi la rimise in piedi e la guardò:
“Stai bene?”
La giovane ragazza aveva lo
sguardo abbassato. Poi di colpo lo guardò con occhi furenti ed un
pugno prese il ragazzo in pieno volto. Garad ruotò su se stesso
e finì in ginocchio davanti alla ragazza. Questa senza tanti complimenti
lo colpì violentemente con una ginocchiata al lato del viso, lui
cadde a terra con un gemito. Etain ora doveva scappare, si mosse con passo
veloce verso la luce davanti a lei, mentre sentiva ritornare il possesso
delle sue facoltà. Uscì dal vicolo e si trovò davanti
una strada abbastanza affollata. Dove diavolo era? Davanti a lei una piccola
bambina la guardava con occhi profondi e indagatori.
Garad si rialzò gemente
e la raggiunse alle spalle, le poggiò una mano sulla schiena: “Ehi!”
esclamò.
Etain ruotò su se stessa
e lo colpì con un secondo pugno al volto. Garad si piegò
sotto la forza del colpo, sentendo il sapore del sangue in bocca.
Poi decise di reagire: acchiappò la ragazza per i polsi e la fermò.
Sorrise trionfante: “Sei mia!”
Il ginocchio che lo
prese all’inguine gli cancellò il sorriso dalla faccia. Cadde in
ginocchio e rimase silenzioso mentre salutava i suoi sogni di discendenza.
Etain si voltò sentendo la bambina che urlava un nome del tipo:
“Garad! Ferma!”
La rabbia di Etain sbollì
di colpo, si sentiva più rilassata e meno propensa a massacrare
quel tipo: “Toccami ancora e ti ammazzo!” sibilò a quel ragazzo.
“E chi ti tocca!” sbottò
lui “Dannazione a me e al mio buon cuore! Vattene! Io volevo solo aiutarti
stupida…stupida…donna!” concluse indeciso su che dire.
Etain lo scrutò colpita.
Chi era quell’idiota?
La bambina si avvicinò
a lui e lo abbracciò protettiva fulminandola con lo sguardo. Garad
decise che si sentiva pronto. Si alzò in piedi e soffocò
un grido di dolore. Lei lo guardò e chiese:
“Ma…dove sono?” chiese lei.
“Come dove sei? Sei su Boonta,
ovviamente!” rispose acido Garad mentre Spoon gli accarezzava il capo.
“Ti manda l’Impero?” chiese
cauta Etain.
“L’Imp…ma dì un po’
sei drogata? Ma mi hai visto? Ho la faccia da Imperiale? Al diavolo, andiamo
via, mocciosa.”
“Mi dispiace…” mormorò
Etain.
Garad scosse la testa e chiese:
“Che facevi in quel vicolo?”
“Ho avuto dei problemi…mi
sono sentita male…” rispose lei per nulla convinta. Non sapeva di preciso
cosa le era successo. La sua mente era molto annebbiata, doveva assolutamente
riposarsi un attimo.
Garad si incamminò
lungo la strada: “Vieni mocciosa, andiamo a mangiare.”
Lei si aggrappò all’impermeabile
e lo seguì nel suo cammino. Fatti venti passi Garad si fermò
e si voltò, la ragazza era sempre ferma che li osservava con occhio
critico. Non era certo un’Imperiale e da quello che aveva visto (e sentito)
sapeva combattere. Forse poteva essergli utile:
“Bè, cosa fai? Vieni?”
esclamò rivolgendosi a lei.
Etain rimase interdetta. Ma
era troppo stanca per fare la scontrosa, doveva sapere dov’era e doveva
mettere qualcosa nello stomaco e se qualcuno poteva pagarle da mangiare
non c’erano problemi. Annuì e raggiunse quella strana coppia:
“Mi chiamo Garad Shitzgul
e lei è Spoon.”
“Io sono Etain Rueel.”
Garad sentì una scarica
di adrenalina attraversargli il corpo.

di Fabrizio Casu
Garad prese in braccio la piccola
e si fermò davanti alla porta. Lanciò uno sguardo ad Etain,
rivolgendole una silenziosa preghiera affinché non rompesse il muso
a nessuno dei presenti. Poi respirò a fondo e aprì
la porta. Il club di Shana non era cambiato per niente, c'era sempre quell'atmosfera
da posto di lusso misto a bettola di quart'ordine che Garad aveva sempre
detestato con tutte le sue forze...
Shana aveva sempre cercato
di farne un posto di classe, ma non ci era mai riuscita. Il giovane allungò
il passo e si diresse dritto verso il bancone, seguito dagli sguardi degli
avventori, umani ed alieni, presenti. Sul palco un gruppo di suonatori
si stava esibendo in un pezzo di blues corelliano e qualcuno ballava in
mezzo alla pista. Giunto al bancone diede una pacca al grosso barista che
gli volgeva le spalle:
"Ehi! Cerco Shana!"
Questi si voltò, se
la sua mole di oltre una tonnellata non avesse impressionato lo spettatore
occasionale un effetto ben peggiore lo avrebbe potuto ottenere la metà
sinistra della sua faccia, tutta ricoperta di squame, sulla quale si poteva
notare un occhio rosso brillante. Questi squadrò Garad poi esclamò:
"Ragazzo! Sei tornato a farci
visita!"
"Ciao Kong..." rispose lui.
"Come stai?" guardò
Etain e Spoon "E' la tua famiglia?"
Garad strabuzzò gli
occhi:
"No, no, assolutamente. Si
tratti di..."
"Sapevo che saresti tornato
un giorno." disse una voce femminile alle sue spalle.
Etain sobbalzò, pronta
a colpire, Garad mise giù Spoon e poi si voltò per
guardare Shana. Era bella come se la ricordava, i suoi pensieri corsero
ai tre mesi di vita passati insieme a lei e a tutto quello che avevano
diviso:
"Ciao Garad..." disse lei
con un sorriso.
"Ciao Shona..." rispose lui.
Etain osservò la donna,
doveva avere una trentina di anni ed era molto bella, dei bei capelli biondi
le cadevano sulla spalla, leggermente ondulati ed un fisico ben modellato
era fasciato in un lungo vestito di stoffa preziosa. Diede un colpo di
tosse, i due si risvegliarono dal loro mutismo e poi, dopo le presentazioni,
si sedettero ad un tavolo.
"...e quindi avrei bisogno
di un po' di materiale per decifrare il contenuto." spiegò lui.
"Cosa contiene il disco?"
Etain stava per rispondere,
ma Garad fu più veloce di lei:
"Una rotta...una rotta commerciale
dimenticata dove trovare i resti di un cargo con del materiale vendibile..."
Etain lo guardò stupita.
Shana non disse nulla e lo osservò a lungo, poi chiese:
Etain prese la parola:
"Ho bisogno di una unità
C1 settata per il parallelo e dotata di programmi che leggano e traducano
i codici binari in codici a quattro uscite, inoltre se è dotata
di un chip ZX-88 è meglio."
Shona ci pensò su poi
chiese:
"Cosa ci guadagno?"
"Un quarto dei proventi" rispose
semplicemente Garad.
"La metà" rispose lei
"o non se ne fa niente."
Garad sorrise: "Va bene" poi
vide che Spoon era caduta addormentata con la faccia sopra il tavolo. "Forse
sarebbe meglio andare a dormire..."
"Certo" rispose subito Shona
"Avrete immediatamente delle stanze...tu vuoi dormire con me?"
Garad tossì ed esclamò:
"Meglio se faccio compagnia
alla piccola, eh?"
Etain lo guardò disgustata
e pensò: "Ma che gridi, scemo?"
Era ancora lì, quella
ragazza era in ginocchio davanti a lui e lui le puntava addosso una arma.
Ed era inutile che lo implorasse lui avrebbe premuto il grilletto. Ma poi
quella fitta dolorosissima alla nuca e Garad si risvegliò all'improvviso.
Era in un bagno di sudore, aveva il fiato corto e la sensazione di essere
più stanco di quando era andato a dormire.
Si osservò intorno
e vide Spoon che dormiva, le mise una coperta addosso ed uscì dalla
stanza. Andò al bar, ormai chiuso e prese una bottiglia di liquore,
ne bevve due o tre sorsate e poi si diresse nella stanza di Etain. Bussò
ed aprì la porta. Lei era seduta alla scrivania mentre lavorava
al computer, al suo fianco una unità C1 collegata al terminale stava
cigolando: "Non dormi?" chiese.
Etain continuò il suo
lavoro: "Ho quasi finito di impostare il programma, ora l'unità
C1 cercherà tutti i possibili codici confrontandoli con quelli scartati
e alla fine penetrerà queste difese." spiegò dando un ultimo
colpo alla tastiera. Sullo schermo cominciarono a scorrere sequenze numeriche
sempre più complesse. Lei si alzò e lui le porse la bottiglia,
lei bevve lasciando che il liquore le scaldasse il sangue nelle vene: "Perché
hai mentito alla tua amica?" chiese poi.
"Shona si è creata
un piccolo impero qui su Boonta, ha tanti contatti e molti sono imperiali..."
"E allora perché siamo
venuti?" chiese prima di bere ancora.
Garad si passò una
mano sulla faccia, cominciava a sentirsi intontito: "Perché è
l'unica persona che conosco che possa aiutarmi..."
Si sedettero davanti ad un
tavolino: "E non conosci nessun altro con il lavoro che fai?"
"Faccio questo lavoro da un
anno...tutto il resto della mia vita è persa...non ricordo più
nulla..."
Lei bevve ancora, cominciava
a sentirsi molto rilassata e a sentire la voce di Garad distante:
"Hai perso la memoria? Bé...non
deve essere così grave..."
"Non hai una vita...non sai
nulla...nulla ti appartiene..." spiegò lui.
"Sì, ma tanti ricordi
brutti non ci sono più..."
"Potrebbero essere anche i
peggiori di questo universo, ma sarebbero i miei..."
Bevvero ancora, Garad si tolse
l'impermeabile e si sedette per terra, con la schiena poggiata al muro,
Etain gli passò la bottiglia, poi, con voce impastata, chiese:
"Anche io ho dei problemi...ma
almeno tiro avanti...non mi arrendo..."
"Fai bene...mai arrendersi..."
Etain si alzò in piedi
per raggiungere una bottiglia di vino che aveva visto su una mensola, perse
l'equilibrio e cadde per terra. Tutti e due cominciarono a ridere,
poi lei disse: "Credo che mi metterò a dormire...un paio di minuti
poi possiamo parlare ancora..."
Lui annuì e diede fondo
alla bottiglia. La stanza gli vorticò intorno, poi lanciò
uno sguardo ad Etain e, prima di addormentarsi, mormorò:
"Almeno avessi qualcuno..."
Cadde addormentato. Era ancora
lì. Quella ragazza era in ginocchio davanti a lui e lui le puntava
addosso una pistola.

  
|