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Luci ed ombre di Spirador
di Sonia Delle Rupi

    Dalle vetrate dei corridoi ora del nuovo governo spiccavano nel buio esterno le luci della grande città. Gli uffici vicini e le sedi dei terminali di informazioni provenienti da tutto il settore, più lontano le officine di riparazione dei caccia e delle navi più grandi, poi le baie d’attracco; allontanandosi dal centro le industrie, le abitazioni gli hotel e la periferia, dove le luci diradavano ma erano ancora presenti fino all’orizzonte.
    Luci. Casa. Lyla sorrise tra sé: bel posto da chiamare casa  il posto forse più precario e pericoloso della Galassia, che poteva diventare da un momento all’altro oggetto di una feroce rappresaglia. Eppure per lei in quel momento lo era. Percorreva i corridoi nell’atmosfera serale ma non per questo più tranquilla del Palazzo Centrale del Governo di Spirador dove l’andirivieni di soldati, droidi e dei parecchi addetti ai controlli o alle informazioni si calmava un po’ solo a notte fonda.
    Era stata convocata nell’ufficio di Xivan stesso, dell’uomo che aveva compiuto, poco tempo prima, il miracolo di aver liberato il settore dal dominio Imperiale, quello stesso che veniva definito, a seconda dei casi, un eroe o un arrivista senza scrupoli, i cui metodi ricordavano molto quelli Imperiali stessi. L’ordine e la simmetria regolare della città pianificati dall’Impero che erano rimasti immutati e se possibile accresciuti dopo il cambio di governo ricordarono alla ragazza la stessa metodica e regolare disposizione che aveva trovato quando, ad una dei  primi incontri aveva sondato il futuro nuovo governatore. C’erano indubbiamente molte cose che lasciavano perplessa la giovane Jedi  di tutta l’organizzazione, ed altre che non poteva approvare; ma quando l’ultima base Ribelle sulla quale si trovava venne distrutta a causa di un traditore, l’unico posto  che era riuscita a trovare, assieme a qualche amico fuggiasco come lei, era stata una base segreta persino all’Alleanza, con a capo un uomo dai molti progetti. L’impatto all’inizio li aveva sconcertati: i bruschi metodi, l’organizzazione rigida e le procedure strettamente burocratiche e militaresche avevano portato la ragazza a chiedersi quali fossero le differenze fra loro e i loro nemici. Malgrado tutto ciò, però, i risultati non potevano essere negati: in breve tempo i progetti di espansione si erano  concretizzati, potenti alleanze strette e il settore liberato. Xivan si era guadagnato la fiducia e l’ammirazione di tutti i suoi uomini, assieme a gran parte della popolazione del settore stesso e, anche se la simpatia non era una sua naturale prerogativa Lyla riconosceva i suoi meriti e si fidava della sua razionalità.
    Del resto la vita non era facile per quelli aperti alla Forza, in quel periodo rischiava di essere una maledizione più che un dono.
    Era intanto arrivata di fronte all’ufficio ed entrò. Dopo qualche secondo l’uomo seduto alla scrivania a semicerchio alzò gli occhi dal computer. Era circa sulla cinquantina, calvo, occhi neri penetranti, espressione seria e impassibile.
    “Ho una missione da affidarle” Nella stanza erano soli. “Strano” pensò “andare in missione da sola.”
    “Su Boonta ci sarà probabilmente una persona con cui prendere contatto. Ho una proposta di collaborazione con lui che riferirà da parte mia, i dettagli in questo dischetto.” Non sprecava certo parole…Lyla pensò che avesse programmato anche i secondi necessari per spiegarle la missione.
    “Potrò avere un mezzo mio?” chiese. Arrivare su Boonta con un caccia, dopo tutte le lezioni di volo prese…
    “Non c’è necessità che abbia un mezzo proprio, è importante non dare nell’occhio. Esistono mezzi pubblici per l’occasione in abbondanza.”
    Oh, beh, figurarsi… Stava per salutare ed andarsene, ma…
    “Lei è stata scelta per questa missione per un motivo: le sarà sicuramente più facile che ad altri individuare quella persona, si tratta di un Jedi oscuro.”
    Un Jedi…e manda ME a contattarlo?
    “Ma signore” si affrettò a dire “io non sono preparata…voglio dire, non ho mai…insomma, potrebbe danneggiare la mia preparazione!”
    Non aveva bisogno di sondarlo per capire il suo scetticismo sulla propria “preparazione”.
    “Non vedo come parlare a questa persona e riferirgli un semplice messaggio possa influire sul suo addestramento. Deve solo trovarlo, non dovrebbe essere difficile. Se non c’è altro…”
    “No, signore, mi preparo alla partenza” rispose con rassegnazione.
    “Accidenti a lui,” pensò tornando al suo alloggio “non è mica colpa mia se non ho mai trovato un maestro…Vuole un Jedi Oscuro qui! Non posso crederci.”
    Nell’ufficio intanto si stava svolgendo un secondo colloquio. Xivan parlava con il suo imponente secondo, Bevan, alto circa due metri, scuro, fisico robusto, i capelli divisi in numerose minuscole trecce.
    “Per quelli che vanno su Boonta gli ordini sono di non mostrarsi assieme a lei per nessun motivo: deve apparire sola agli occhi di tutti. L’obiettivo ha priorità assoluta e la confusione li favorirà. Solo una volta conseguito se dovesse trovarsi nei guai potranno intervenire. È tutto chiaro?”
    “Chiarissimo” Fu la laconica risposta. Bevan uscì dall’ufficio e la mente di Spirador tornò ad occuparsi del suo computer.
 
 

Luci ed ombre di Spirador

Su e giù per Boonta City
di Sonia Delle Rupi

    Dall'alto di una gradinata dell'enorme pista sulla quale si stava svolgendo una delle tante eliminatorie, circondata da una folla eterogenea e chiassosa, Lyla stava facendo il punto della situazione (che non sembrava per niente rosea).
    Arrivare a Boonta, trovare un alloggio e incominciare a muoversi per impratichirsi del posto non aveva dato problemi; quelli erano arrivati quando, da un anonimo giardinetto del centro aveva sondato la città alla ricerca di presenze nella Forza. Nonostante non riuscisse a ricordare quante volte, facendolo si fosse rivelata ad altri più potenti con gli immancabili conseguenti guai, non c'era altro da fare per cercare Gothar Palpatine. Nel dischetto di Xivan aveva trovato il messaggio da comunicargli ed anche una sua immagine ma, visto l'affollamento era impensabile cercarlo con metodi tradizionali; così si era seduta su di una panchina ed osservando i giochi d'acqua di una fontana aveva lasciato che la Forza entrasse in lei; la prima sensazione fu stupore: c'erano più presenze di quanto si aspettasse, alcune anche del lato chiaro, poi un paio decisamente oscure, una delle quali sospettava del dignitario che stava cercando e l'altra con qualcosa di conosciuto; ma lo shock venne da quella che sovrastava tutte. Appena l'aveva avvertita era fuggita sia dal contatto con la Forza, sia fisicamente dal giardino. Per diversi minuti, irrazionalmente, si era diretta verso lo spazioporto, desiderando solo sfuggire da quella gelida potenza, quel muro di oscurità, una sdegnosa sicurezza mortale che non si curava neanche di occultarsi e che ora, per quanto breve fosse stato il contatto, sapeva della sua esistenza.
    Quando l'ondata di panico era diminuita aveva cominciato a camminare senza meta, cercando di riprendere il controllo di sé e razionalmente decidere cosa fare.
    "Resterò ancora qualche ora" pensò "magari è qui per cose più importanti che dare la caccia a me...che direbbe Xivan se tornassi senza neanche provare a svolgere la mia la mia missione solo perché ho percepito sul pianeta l'aura di qualcuno potente ed oscuro?"
    Mentre saliva automaticamente su un mezzo pubblico, qualcosa dentro di lei disse che la ragione disse che la ragione sarebbe stata più che sufficiente. Sospirando scese dopo poco, e cambiò con un altro.
    "Come se servisse a qualcosa" disse ancora la vocina interiore "se volesse trovarti basterebbero pochi minuti..."
    "Insomma basta" decise poi "solo qualche ora, il tempo di controllare le altre due presenze." una spersa chissà dove in una parte della città, l'altra nei pressi dell'arena.
    In mezzo alla folla si sentiva un po' più protetta, ma questo non risolveva il problema del dignitario, tanto valeva cercare un granello di sabbia nel deserto. Scese dalla gradinata e andò a prendere una bibita al chiosco poco lontano.
    "Allora, zuccherino, posso offrirti qualcos'altro oltre quello sciroppo drovaniano?" Il ragazzo del chiosco le sorrideva in modo invitante nella sua divisa rossa.
    "No, grazie, basta bere...ma se avessi dei sorbetti Bimm..."
    "Quelli più tardi, dolcezza, ora devo fare il giro della tribuna." Fece un gesto verso sinistra e lei si girò per seguire l'indicazione: una grande struttura coperta permetteva di seguire le corse con qualche comodità in più.
    "E chi c'è lì dentro?"
    "Tutti quelli che contano...quelli che hanno un invito per entrare. E' roba per pochi." contento di spiegare l'importanza della cosa.
    "Oohh! Davvero tu puoi entrare?"
    "Come ti chiami tesoro?"
    "Susan"
    "Beh, Susie, hai davanti a te Jerome Tool, l'unico fornitore autorizzato di quei pezzi grossi...piacerebbe a molti poter vendere lì dentro, ma solo io posso entrarci."
    "Oh, non è incredibile? Ti prego non sarebbe possibile...Pensa quando lo racconterò..."
    Cinque minuti dopo entrava nella tribuna dietro Jerome, carica di frittelle, sciroppi drovaniani e sorbetti Bimm, guardandosi attorno. "Se fossi un dignitario Imperiale, sarebbe questo il posto dal quale guarderei le corse." Sedute sulle comode poltroncine circa trecento persone parlavano fra loro in un'atmosfera rilassata e seguivano le gare; c'erano pochi alieni, molti uomini in alta uniforme, parecchi dei quali con relative accompagnatrici eleganti e ingioiellate. Jerome aveva dato alla ragazza la divisa di gala dei venditori, pantaloncini e casacca rossi con relativo cappellino sistemato sui capelli biondo chiaro. Svolgendo missioni per la Ribellione lei aveva imparato a sfruttare il proprio aspetto fisico: si era accorta quanto poteva essere utile essere considerata una graziosa ochetta bionda svampita,  piuttosto che una Ribelle con aspirazioni Jedi; non funzionava sempre, ma a volte le dava un vantaggio che compensava la sua scarsa aggressività. Era quindi nel pieno della sua recitazione porgendo bicchieri pieni e rispondendo alle battute dei clienti quando, invece della pallida e scarna faccia di Gothar che sperava di vedere, notò i lunghi capelli che incorniciavano il bel volto di Trevor Cassadyne.
    L'inquisitore si era già imbattuto in lei tempo addietro durante una missione e i suoi compagni avevano dovuto faticare parecchio per impedirgli di portarla via. Si affrettò ad allontanarsi ma, non ce n'era un gran bisogno il cacciatore di Jedi in quel momento stava dividendo la propria attenzione tra un'esile bruna con un'acconciatura complicata alla sua destra e un uomo in uniforme da Generale alla sua sinistra, con il quale stava discutendo del piazzamento di un certo Big Spike.
    Un quarto d'ora dopo, finito il giro e salutato Jerome, era già in viaggio per l'altra metà della città, dove aveva avvertito l'altra presenza. Un breve contatto con la Forza le disse che incredibilmente non si era mosso; però, un po' perché riuscì a perdersi un paio di volte, un po' perché si fermò a controllare qualche albergo di lusso, "E' pur sempre un dignitario Imperiale!", pensava, solo al crepuscolo arrivò ad una piazza dall'altra parte della quale vide una locanda.
    "Finalmente! Ora entro, spiego al locandiere che voglio fare una sorpresa ad un mio amico e poi..."
    Movimenti alla sua sinistra. Brevi discussioni, poi silenzio ed alcuni ordini secchi, poi...
    "FERMA!"
    Due Truppe d'Assalto Imperiali rivolte a lei. Non mosse un passo, sorpresa, solo aprì le mani e disse, come era vero:
"Sono disarmata"
    I due si avvicinarono, uno puntava il blaster.
    "Lyla Halet. Identificata accusata di attività sovversive. Siete in arresto."
    Si guardò rapidamente intorno: nella piazza otto Truppe d'Assalto stavano fermando delle persone agli ordini di un impettito Tenente alto e baffuto. Sgranò gli occhi, apparendo molto spaventata (non che dovesse sforzarsi troppo)
    "Ma io, io non...ecco, la mia tessera di identificazione..."lentamente tirò fuori dalla tasca una piccola tessera "Deve esserci un equivoco..." disse porgendola al primo "Io sono Syla Mallet..."
    Questi prese la tessera (di un noto pub-dancing di Boonta) e la porse al secondo deciso:
    "E' vero, è un errore, lei non è Lyla Halet!"
    I due soldati si guardarono l'un l'altro e poi entrambi la tessera per qualche secondo; secondi che bastarono alla ragazza a far volare con un gesto il blaster del primo nelle proprie mani e quello del secondo in mezzo alla piazza. Poi schizzò via nel primo vicolo laterale con dietro un'altra guardia e l'Ufficiale. Sentì un colpo passarle vicino e si fermò ad un angolo per rispondere al fuoco, mancando totalmente il bersaglio.
    "Ecco, lo sapevo, lo sapevo..."pensò freneticamente appiattendosi al muro per evitare un altro colpo "Io detesto i blaster...e poi non sono un'arma Jedi!"
    Alla base tutti la prendevano in giro per la sua avversione alle armi e alla violenza in genere. Un altro gesto e il soldato si portò le mani agli occhi, sull'elmo, momentaneamente accecato; prima di continuare a fuggire incrociò un momento lo sguardo con l'Ufficiale, rimasto leggermente indietro, che la scrutava con occhi freddi e distaccati ma con una certa curiosità. Riprese a correre, chiedendosi perché non avesse fatto nulla per fermarla, ma ormai sbucò dall'altra parte del vicolo, finendo quasi addosso ad uno swoop con sopra qualcuno di conosciuto quanto inaspettato.
    "Halet, si può sapere cosa stai combinando...non hai ancora imparato nemmeno a sparare in modo decente?"
    Sì...voce sprezzante, massa enorme, treccioline...era proprio Bevan.
    "Cosa fai qui?" chiese mentre lo swoop correva. Nessuna risposta. Poi notò che stavano uscendo dalla città.
    "Dove stiamo andando?"
    "Allo spazioporto. Ho finito su Boonta."
    "Ma io no! L'avevo appena rintracciato...mi basta pochissimo, ormai!"
    Il secondo di Xivan fermò il mezzo e le puntò un dito contro.
    "Tre ore, Halet. Baia 419. Poi torno a casa. Non verrò di nuovo a toglierti dai guai."
    Lei rimase a terra, mordendosi un labbro. "Un giorno o  l'altro" pensò "buffone presuntuoso, sarò io a doverti togliere dai guai, e quel giorno..."
    "Ah, un'altra cosa" disse l'altro mentre partiva senza voltarsi "pare che in città ci sia Darth Vader in persona" e scomparve.
    Ah. Ecco chi era. Grazie mille, Bevan. Erano almeno quindici minuti che riuscivo a non pensarci.
 
 

Su e giù per Boonta City

Di Dame in pericolo e di Bianchi Cavalieri
di Sonia Delle Rupi

    Lo speeder nero, chiuso e oscurato si muoveva lentamente nel traffico, molto più di quanto sarebbe piaciuto al pilota: il centro di Boonta City con le strade intasate e rumorose non era il posto più indicato per il suo potente veicolo. Il disappunto rimaneva però inespresso, al pilota non passava nemmeno per la testa di comunicarlo al passeggero: alto, magro, corti capelli neri, vestito di nero con tunica e mantello, un’arma cilindrica al fianco, con modi poco militareschi era qualcuno di insolito anche per lui, abituato a freddi ma più ordinari ufficiali Imperiali.
    “Non posso procedere più velocemente” disse il pilota.
    L’altro volse la testa brevemente con indifferenza.
    “Non ha importanza. Non potremmo perderla nemmeno volendo…” –un piccolo ghigno gli apparve sul volto “Sta lasciando una scia così chiara che potrebbe seguirla anche un’apprendista.”
    “Devo chiamare il resto della squadra?”
    “Non occorre, non ancora. Sono curioso di sapere il motivo di tutti questi spostamenti…forse ci porterà da qualcuno di interessante…possiamo attendere ancora.”
    L’uomo sembrò immergersi ancora in qualche suo pensiero limitandosi a segnalare brevemente a volte un cambio di direzione. Neanche uno come lui poteva rimanere indifferente all’incontro di poco prima, quando, nel Palazzo Governativo di Boonta, Lord Vader lo squadrava dall’alto facendo pesare tutta la sua autorità. Gli aveva impartito brevissime istruzioni riguardo un incarico poi, senza attendere che uscisse dalla stanza, era tornato ad occuparsi di altri affari. Era la prima volta che lo incontrava di persona e l’impressione avuta confermava tutto quello che aveva sentito su di lui, specialmente la freddezza e il senso di minaccia appena trattenuta.
    In realtà lui non poteva saperlo, ma l’Oscuro Signore non aveva molta simpatia per questi cacciatori di Jedi che giudicava arroganti e presuntuosi, gente che voleva fregiarsi del titolo di Jedi Oscuro solo perché capace di individuare e spaventare qualche minorenne scoperto aperto alla Forza. Inoltre c’erano affari più importanti ad attenderlo, non voleva attardarsi ancora sul pianeta né tantomeno mettersi a correre per le strade della città dietro a giovani usufruitori della Forza; su Byss l’Imperatore spendeva tempo e denaro per l’addestramento di questi inquisitori: che dimostrassero di saper fare il loro lavoro.

    Lyla si sentiva decisamente scoraggiata: c’era voluto del tempo per tornare alla piazza con la locanda dove aveva individuato Gothar Palpatine prima che gli Imperiali la costringessero a fuggire, ma al suo arrivo il dignitario non si trovava più lì. Aveva così continuato a girare per la città con la speranza di un po’ di fortuna ed ad un certo momento aveva anche avvertito tre potenti presenze nello stesso punto, ma era troppo lontana e quando raggiunse il luogo non c’era più  traccia di nessuno. Ormai da un po’ era buio e aveva cominciato a piovere; sospirando guardò l’ora: era la sua ultima possibilità di raggiungere la Baia 419 e partire per Bevan per tornare a Spirador senza essere riuscita nella sua missione. Non c’era scelta: però, già era un miracolo che gl’Imperiali non l’avessero catturata; ormai rassegnata salì su un mezzo pubblico che andava allo spazioporto, almeno sarebbe stata al riparo dalla pioggia.
    “Richiamate la squadra” disse calmo l’uomo a bordo dello speeder che seguiva da vicino il mezzo.“ La prenderemo allo spazioporto, spera ancora di potersene andare.”
    Appena scesa dal mezzo si rese conto dell’anormalità della situazione: in giro solo soldati Imperiali, baie d’attracco e corridoi deserti, nessuna nave che decollava. In compenso la nave scendeva sempre più fitta, il temporale sfogava tutta la sua potenza. Tra lampi e tuoni, allarmata, si chiese che ne fosse dei suoi: era probabile che fossero riusciti a partire prima del blocco, se non si erano fermati ad aspettarla; decise comunque di raggiungere la baia 419 e controllare. Camminava con cautela, evitando le pattuglie, avvertendo la loro presenza, trovando tratti deserti cominciò a correre, unici rumori quello dei suoi passi e quello del temporale. Ad una svolta si bloccò, sorpresa da una figura che non aveva percepito, vestita con tunica e mantello neri che rimase immobile un paio di secondi, poi le sorrise e accese una spada laser rossa.
    “Miss Halet” disse “ho il piacere di portarle l’invito di Lord Vader.”
    Lei si volse e corse via dalla parte opposta, ma fatti pochi passi sentì il respiro bloccarsi, dalla gola non entrava più aria; gli occhi si velarono, cadde in ginocchio. Quando riuscì di nuovo a respirare ed ad alzare la testa si accorse di essere circondata da soldati Imperiali che la tenevano sotto  mira. Si guardò intorno: l’inquisitore si stava avvicinando, dietro di lui la baia era completamente vuota a parte loro. Nessuna speranza di aiuto. Come se non bastasse dal fondo della baia spuntò anche un pallido ufficiale, con i corti capelli biondi sotto il cappello che si muoveva tranquillamente verso di loro. L’uomo in nero allungò una mano, sfiorandole un braccio. Lei fece un gesto cercando di respingerlo telecineticamente, ma lui era più forte.
    “Non c’è da aver paura…vogliamo solo che stia tranquilla durante il viaggio.”
    Al suo tocco un dolore intenso tese tutto il suo corpo e perse i sensi.
    L’altro diede ordine a due soldati di raccogliere il corpo, poi si volse e incrociò lo sguardo con l’ufficiale; insieme si staccarono dal gruppo di qualche passo e scambiarono alcune parole. L’ufficiale indicò una direzione e l’altro ordinò al gruppo di seguirla. Arrivarono davanti ad una nave dorata, brillante, di forma elegante e affusolata. I soldati la guardarono perplessi, mentre l’ufficiale apriva i portelli. L’inquisitore serissimo e con lo sguardo fisso davanti a sé ordinò di  portare a bordo la prigioniera poi, con la stessa espressione, guidò i soldati fuori dello spazioporto.
    L’ufficiale a bordo chiuse i portelli, comunicò per radio un codice ed ottenne il permesso di decollare; uscì dalla baia e seguì una rotta per allontanarsi dal pianeta. Inserì intanto delle coordinate iperspaziali e appena possibile effettuò il balzo, allora uscì dall’abitacolo e raggiunse la propria cabina dove si sbarazzò dell’uniforme Imperiale e la sostituì con una bianchissima.
    Raggiunse la cuccetta dove Lyla era sdraiata ancora svenuta e si chinò su di lei con un piccolo apparecchio; tornato nella sua cabina fece uscire da una paratia uno scomparto con dei contenitori cilindrici, da una borsa al fianco tirò fuori due fialette con del liquido che infilò nei contenitori, poi prese una terza fiala dall’apparecchio usato poco prima e la mise accanto alle altre due. Guardò un momento le tre fiale contrassegnate da dei numeri e sorrise leggermente:
    “Halet, Cassadyne … e perfino una traccia per la linea genetica Krugar…Boonta è stata proficua, peccato di non aver raggiunto anche gli altri…ma ci sarà tempo.”
    Sì, ci sarebbe stato tempo per tutti gli altri, e poi per altri ancora…il suo Signore non aveva fretta. Il corso del tempo era per lui come una scacchiera sulla quale disporre e muovere molti pezzi, dei quali lui era uno dei più importanti…e poco lontano c’era un’altra pedina da aggiungere al gioco.
    Premendo un pulsante richiuse lo scomparto e si avviò verso la ragazza.
 


Di Dame in pericolo e Bianchi Cavalieri


 



 
 
 
 
 
 
 
 
 

       

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