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![]() estratto dalla tesi di laurea "Riqualificazione ambientale: percorsi e corridoi ecologici" dell'Ing. Francesca GOSTINELLI |
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Il Progetto MichelucciDel recupero della zona si parla già da qualche anno e con maggiore risonanza da quando l'architetto Michelucci presentò il suo progetto di riqualificazione e riuso nel 1990. Il panorama da lui descritto nella relazione generale al progetto è a dir poco desolante: giudica l'edilizia che ha soffocato l'area come la più brutta della seconda metà del secolo e dipinge la zona dei Renai come una seriale ripetizione di cavi, macchinari arrugginiti e impianti abbandonati tra campi coltivati, tubazioni e pompe, residui di frutteti, alberi, piccole discariche abusive. A tutti gli effetti lo scenario non è cambiato di molto in questi 7 anni : le moto d'acqua, lo sci nautico e la pesca sono le sole attività in qualche modo nuove rispetto a quanto detto dal Michelucci. L'architetto si rifà alla destinazione di area di tutela assegnata alla zona dal P.R.G. del Comune di Signa redatto nel 1980 individuandone le norme appunto di tutela nel quadro delle vocazioni più consone quali quelle turistico-ricettive, sportive e per il tempo libero. L'idea principale del suo progetto consiste infatti nel dotare i Renai di un campo di regata regolamentare, dando vita così ad un impianto sportivo in grado di ospitare una disciplina con forte tradizione e presenza associativa nella zona fiorentina ancora sprovvista di un tale bacino. Tale intento prendeva forma con la realizzazione di un invaso unico orientato per lunghezza in direzione NE-SW e ottenuto dal collegamento tra i vari laghetti dei Renai, costruito a scopi sportivi ma anche come bacino disponibile per l'approvvigionamento idrico del Comune di Signa. L'impianto, inoltre, veniva corredato da edifici adibiti alla rimessa delle imbarcazioni, al club velico, all'Amministrazione, al ristoro e lo spazio rimanente aveva lo scopo di costituire un parco urbano di dimensioni finalmente maggiori dei parchi urbani che ormai i progettisti sono costretti a ritagliare tra gli edifici. Il Michelucci si dichiarava infatti contrario alle separazioni nelle funzioni cittadine; in altri termini voleva evitare la specializzazione delle zone: città universitaria, città dei parchi, città delle società. Al contrario si auspicava l'integrazione di ogni porzione di territorio nell'ambiente circostante con gli usi ad esso più confacenti : costruire qualcosa di innovativo come un centro per le regate, ma associano ad un recupero di verde pubblico usufruibile da ogni categoria di cittadini, handicappati compresi, ristabilendo un rapporto sano con la natura. Il Parco non deve costituire ne' una monumentalità sportiva, né un luogo destinato ad attività specialistiche, né deve essere come uno stadio che si svuota al termine del match: lo spazio pubblico deve essere progettato per essere usato d'estate come d'inverno, di giorno come di sera, quando possibile. Il bacino era pensato in modo da coprire una superficie di 84 ha circa, avere una profondità media di 5 m e, quindi, capace di un invaso massimo pari a 4.200.000 mc di acqua. In sintesi le operazioni venivano ad assumere la seguente forma:
Nella progettazione dell'invaso complessivo, si era tenuto conto di molti fattori idrogeologici : il lago aveva una forma più stretta per vari tratti onde facilitare il rapporto lago/falda in modo da avere sempre un livello accettabile dell'acqua e tenere sotto controllo il fenomeno dell'evapotraspirazione. Si sconsigliava la presenza di laghetti nei pressi del bacino più grande per evitare contatti con acque stagnanti che certamente si andrebbero formando nella zona naturalistica limitrofa. Ci si rivolgeva ai metodi di ingegneria naturalistica per il miglioramento del processo della filtrazione arginale: posa in opera di canneti, eliminazione di sostanze impermeabilizzanti sugli argini, utilizzazione dei laghetti vicini come bacini di pre-sedimentazione e di sgrossatura.
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