John h. macgregor.
La tessitrice di merletti. Una storia sui rapporti tra arte e psichiatria agli albori della psicoanalisi

http://www.rawvision.com/current/currentissue.html

titolo originale: THE LACE MAKER
By John H. MacGregor, Ph.D. - Raw Vision Magazine # 26, 1999 - una storia dai contorni steinbeckiani raccolta al St. Elizabeth's Hospital di Washington negli anni venti.



il merletto - originale"Non è affatto una novità nella storia culturale dell'umanità che le opere d'arte possano essere salutate come capolavori durante un certo periodo, per essere dimenticate nel secolo successivo e, di nuovo, dopo che un pò di tempo è passato, siano riscoperte e celebrate, spesso per ragioni molto diverse. Questo fenomeno è occorso ad artisti che hanno conosciuto cicli di fama radiosa e di completa eclissi. Vale per tutti l'esempio del pittore olandese Johannes Vermeer di Delft (1632-75), il cui dipinto dal titolo "La tessitrice di merletti" sprofondò - insieme con le altre sue opere - in una relativa oscurità, solo per essere riportato alla luce durante il diciannovesimo secolo, per assurgere ad uno dei capolavori del Museo del Louvre nel ventesimo. Può darsi la possibilità che una simile situazione si presenti per opere catalogate nell'ancora breve storia dell'Art Brut?

Questo saggio intende presentare un capolavoro "minore" della più alta qualità riscoperto di recente, un piccolo pizzo accolto al National Museum of Health and Medicine di Washington. Ho usato il termine "riscoperto" perchè questo merletto godette un periodo di fama, e venne in seguito dimenticato. Questo articolo tenta anche di riportare alla luce una artista/paziente il cui nome, acclamato per un breve periodo, è caduto nel dimenticatoio: la chiameremo "la tessitrice di merletti". Infine, propone il recupero di un importante contributo clinico risalente agli esordi del rapporto tra psicoanalisi ed arte psicotica, rapporto cha alla maggior parte dei giovani psichiatri, oggi, è ignoto.

Nonostante la maggioranza delle produzioni artistiche dei pazienti che risiedevano nelle prime istituzioni psichiatriche sia andata perduta, talvolta riemergono alcuni pezzi significativi dal punto di vista storico. In generale, manufatti e rappresentazioni di questo genere sono state conservate, non tanto perché fosse attribuito loro il valore di opera d'arte, quanto come prova a supporto di una diagnosi o di una teoria psichiatrica.

Troppo spesso l'identità di un artista è celata dietro uno pseudonimo. In questo caso il nome fittizio "Virginia Hall" fu impiegato per proteggere l'anonimato di una paziente del St. Elizabeth's Hospital di Washington. Realizzato nella primavera del 1917, lo scampolo di pizzo, ricamato durante la degenza in un reparto ospedaliero, è unico, nel senso che costituisce il primo esempio di vera "arte minore" studiato fin nel minimo dettaglio, e da una prospettiva psicoanalitica. Sebbene non si attribuisse a questo merletto il significato di opera d'arte nel pieno significato del termine, di sicuro lo si prese in attenta considerazione come riflesso dei più profondi bisogni e desideri della sua creatrice.

Nel 1917 la psicoanalisi era appena sbarcata in America. Il St. Elizabeth's fu una delle sue prime roccaforti. Il suo direttore, dal 1903 al 1937, fu il dott. William Alanson White, uno dei pionieri della psicoanalisi in America ed uno dei primi psichiatri ad esplorare sistematicamente l'applicazione della psicoanalisi ai pazienti psicotici. Il dott. White fondò, nel 1913, la "Psychoanalytic Review", il primo giornale in lingua inglese dedicato a questa nuova teoria. Il merletto fu pubblicato in questo giornale nel 1918, ma non da parte del dott. White. Fu uno psichiatra donna a prendere così sul serio l'arte di un paziente donna da volerne indagare i significati. Il medico era la dottoressa Arrah B. Evarts, una delle prime psichiatre al St. Elizabeth's. Il suo studio sul merletto era intitolato: "Un lavoro al pizzo che rivela una fantasia incestuosa" - sorprendentemente, per il 1918, furono dedicate due pagine intere alla illustrazione, fronte e retro, del merletto. L'esame della dottoressa Evarts fu fortemente influenzato dalla psicoanalisi. Ciò ebbe implicazioni positive e negative. Solo l'innovativa atmosfera culturale offerta dalla psicoanalisi poteva render conto della sua radicale decisione di pubblicare uno studio esteso sull'opera d'arte di una paziente psicotica, il che prevedeva l'illustrazione, senza censure, dei genitali femminili e maschili, oltre ad una esplicita discussione sulle fantasie incestuose di una donna. Per la prima volta, un medico rivolgeva la propria attenzione con serietà alle spiegazioni rese dalla paziente circa il significato del suo lavoro: le sue ricche e dettagliate associazioni, per quanto oscure, rivestono ancora, per noi, un certo interesse, nonostante siano trascorsi ottant'anni. Se le consideriamo estrapolate dall'analisi della dottoressa Evart, queste elaborazioni verbali,  rese a pezzi e bocconi dalla stessa artista, ci introducono nella trama del merletto, rivelando la straordinaria profondità dei significati incorporati nella sua fragile struttura.

La biografia e la diagnosi.

La paziente che qui abbiamo chiamato "la tessitrice di merletti" nacque in Virginia nel 1863, ottava di una famiglia di nove figli. Fino a poco tempo fa, non ero ancora riuscito a scoprirne la vera identità. Dal momento che questo merletto costituisce l'unica sua pretesa di immortalità, è della massima importanza che vi si possa associare il suo vero nome. Grazie alle zelanti indagini di William R. Creech, un archivista degli Archivi Nazionali di Washington, ora sappiamo che il suo vero nome era Adelaide V. Hall - cartella clinica n. 19250.  Purtroppo, la cartella, compresa la fotografia che probabilmente conteneva, è andata in gran parte distrutta. Sopravvive solo l'annotazione del suo ingresso, riportata in un vecchio registro dell'ospedale che la descrive come tessitrice, nubile ed indigente. Sua madre, della quale ella non aveva ricordo, morì di tubercolosi quando Adelaide era ancora bambina. Per alcuni anni una sorella più anziana si fece carico della famiglia, svolgendo il ruolo di madre per i fratelli più piccoli. Ma gli altri fratelli e sorelle non svolgono un ruolo significativo nel resoconto dell'infanzia di Adelaide, fatta eccezione per un fratello, che aveva condiviso il letto con il padre e lei stessa. E fu proprio il padre a rivestire un ruolo di importanza fondamentale, lungo tutta la sua vita, nel suo mondo interiore. Quest'uomo era un alcolizzato,  e quando era ubriaco diventava violento e turpe. Uno dei primi ricordi di Adelaide riguardava un incidente occorso in una delle occasioni nelle quali lei aveva bagnato il letto. Il padre "la sbattè fuori dal letto, le tolse i vestiti e la percosse con una cinghia fino a farla sanguinare". Adelaide continuò a dividere il letto con il padre fino all'età di tredici anni. La sorella maggiore nel frattempo si era sposata e trasferita in un'altra casa; Adelaide, ancora bambina, aveva tentato di portare avanti il resto della famiglia, che abitava in una specie di baracca, adattata alla bell'e meglio allo scopo. Quando raggiunse i tredici anni, fu tolta al padre ed affidata alla famiglia della sorella: non lo rivide più, sebbene negli anni successivi ella contribuisse al suo mantenimento.
La tessitrice di merletti era considerata una donna intelligente. Ricevette "una educazione scolastica adeguata" e fu indirizzata ad una scuola di cucito, attività che gradì  e nella quale ottenne risultati non comuni, tanto da consentirsi autonomia finanziaria ed indipendenza abitativa. Peraltro, questa indipendenza fu resa probabilmente necessaria dal fatto che Adelaide si innamorò del cognato, che, negli anni successivi, dichiarava essere "l'unico uomo che io abbia mai amato". Adelaide, infatti, non si sposò mai, benché si fosse legata a diversi uomini, lavorando come governante per alcuni di loro. Uno di questi uomini le trasmise l'infezione luetica; per alcuni anni, Adelaide fu morfino-dipendente.

Adelaide entrò la prima volta al St. Elizabeth all'età di trentotto anni. Non è questa la sede per una approfondita discussione dei disturbi psichici che la condussero a questa famosa istituzione psichiatrica in due occasioni, nel 1901 e nel 1910 - data oltre la quale non ne venne più dimessa. La diagnosi all'ammissione fu "melancolia semplice", la causa ipotizzata "preoccupazioni". I recenti tentativi, condotti da due miei colleghi psichiatri,  di sottoporre a valutazione clinica i numerosi sintomi descritti nell'articolo del 1918 hanno prodotto una diagnosi probabile di malattia bipolare; in particolare, una psicosi depressiva con sporadiche manifestazioni maniacali, verosimilmente complicata dai sintomi di una sifilide non trattata. Profondamente depressa e delirante, Adelaide descriveva ombre che la inseguivano e stimolazioni elettriche provocatele da misteriosi sconosciuti che si prendevano gioco di lei. Allucinata, riferiva di sentire la voce di un fratello morto che le si rivolgeva. Talvolta diventava profondamente ritirata ed interrompeva completamente la comunicazione con gli altri; altre volte era selvaggiamente eccitata, violenta, distruttiva. Ma presentava anche periodi di lucidità più o meno completa.

Questa storia clinica presenta un aspetto tragico. Sebbene dal resoconto della vita di Adelaide emerga in maniera più che evidente il fatto che ella fosse stata sottoposta ad abusi sessuali da parte del padre (e probabilmente anche del fratello),  la dottoressa Evarts rifiutava di riconosce l'incesto come un evento realmente occorso. Piuttosto, la psichiatra preferiva collocare l'esperienza di Adelaide, in ossequio al dogma psicoanalitico,  nell'ambito dei fatti immaginari, esplicitamente come "fantasie incestuose". Questo nonostante il fatto che Adelaide parlasse di suo padre come di "Mr. Hall", "il vecchio Jim Hall, l'uomo con cui vivevo e che si diceva fosse mio padre" e "il primo uomo con il quale ho dormito". Un aspetto qualificante della sua confusione mentale era dato dal fatto che tutti gli uomini che aveva conosciuto tendevano a confondersi l'uno con l'altro, per assumere le sembianze di "Mr. Hall". Questi uomini, ma anche vari altri uomini dell'ambiente ospedaliero, "erano tutti, sempre, ed ogni volta...il vecchio uomo della lontana Virginia".

Non ebbe figli. In ospedale manifestava fantasie di gravidanza, e spesso preparava abiti per i figli che diceva di aspettare. Ad un certo punto fece una bambola alla cui cura si dedicava con intenso piacere. Infine, durante la primavera del 1917, intraprese il lavoro al merletto che rappresentava la sua autobiografia.
Seguiamo, allora, la storia di Adelaide così come emerge dalla trama del pizzo.
Si tratta di un lavoro molto complicato, nonostante il fatto che abbia le dimensioni di un fazzoletto da tasca. Lo stampo incorpora sedici personaggi separati. Nulla indica che il pezzo abbia una cima od un fondo. Piuttosto, è come se le figure isolate, più piccole, e le coppie, di dimensioni maggiori, siano state còlte, nella trama, più o meno a caso. Il lavoro ebbe inizio a partire dalle raffigurazioni del quadrante superiore sinistro, nove piccoli esseri alti poco più di un pollice, del tutto sparsi in un pizzo molto irregolare. Tuttavia, ciascuno era ben identificato e descritto da Adelaide. Essi rappresentavano i nove figli della famiglia Hall, compresa Adelaide stessa; ma altre volte potevano anche essere i figli da lei fantasticati. Alcune delle sue associazioni riguardanti queste figure derivavano da fiabe e ninna-nanne che conobbe da piccola.
il meletto - riproduzione

Una parte della meraviglia che questo merletto riveste per noi è il processo di "scoperta" che coinvolge la localizzazione di ciascuna figura. Si tratta di qualcosa che dev'essere molto vicino all'eccitante processo creativo che Adelaide sperimentava mentre le sue dita davano forma a queste figure. Nessuna di loro è compiuta. Parecchie hanno braccia e mani con lunghe dita che si diramano distendendosi fino a fondersi con le cordicelle del pizzo. Altre hanno molte gambe. Anche il sesso talora è incerto, con raffigurazioni alternativamente interpretate come maschi o femmine. Un disegno è indicato con il nome di "Annina naso rosso" ed illustrerebbe, secondo Adelaide, un enigma, un indovinello, ovvia indicazione di un significato nascosto.

 

 

 

"Little Nannie Red Nose,                   "Annina naso rosso
The longer she stands                          più sta in piedi
The shorter she grows."                       più lentamente cresce"

Una delle inusuali caratteristiche delle figure maschili disegnate da Adelaide è un persistente errore nella forma dei genitali: i testicoli sono sistemati superiormente ed a ciascun lato di un pene flaccido. Questa collocazione è singolarmente simile allo schema che ella usa nel dare forma agli occhi ed al naso. L'enigma della filastrocca fanciullesca sarebbe dunque risolto dall'equazione
naso rosso = pene.
Più avanti, Adelaide indicò la figura vestita da femmina, ma dotata di un pene, con il nome "Little Boy Blue", suggerendo che un minuscolo pezzetto di filo attaccato al viso rappresentasse una trombetta, od un corno.
In genere, le rappresentazioni hanno molteplici e contemporanei significati. Per esempio, Adelaide spiegava che la figura chiaramente ed enfaticamente maschile rappresentasse Mr. Gibson, uno dei suoi amanti. Il lavoro ad ago qui è microscopico, con le caratteristiche del volto molto delineate, i piccoli genitali perfetti ed in rilievo. La mano destra, che ha la forma di un casco di banane, sproporzionata, è densa di significati, che rinviano ai traumi sessuali di Adelaide bambina. L'acconciatura triangolare ed a raggera di Mr. Gibson deriva forse dalle esperienze allucinatorie di Adelaide più che da stranezze sue proprie.

Adelaide stessa è presente tra le nove figurine come "la donna che sbuccia le mele". Il suo grembo, pieno di mele, evocava la prosperità del suo seno. Tuttavia, la dottoressa Evarts spiegava che "le mele hanno un forte e costante significato sessuale per lei, simboleggiando i testicoli". Ella stessa si riferisce a sé qui come "La Donna", "La sola donna che ci sia mai stata", "La prima donna". In maniera non sorprendente, un serpente davvero realistico attraversa il pizzo, sorpassa il braccio di Mr. Gibson e si insinua sussurrante in un'orecchio di Adelaide.

Jack e Gill.
Purtroppo, non ci possiamo soffermare a prendere in esame i significati associati ad ogni singola raffigurazione o a spiegare le loro corrispondenze con la vita di Adelaide. Man mano che crescono in dimensione, esse tendono a comparire in coppia ed incorporano sorprendenti ed espliciti simbolismi sessuali, dei quali Adelaide parlava apertamente. Una di queste coppie è denominata "Jack e Gill", espressione gergale anglosassone che significa "i fidanzati",  e rimanda ad una storiella nella quale Adelaide descrive i due fidanzati che  si inerpicano su una collina per andare ad attingere acqua ad un pozzo. Nella raffigurazione di Adelaide, Jack tiene il secchio sopra la sua testa ed entrambi poggiano una mano sulla fune, circondati da rose tra le quali circolano le api - i loro pungiglioni rivestivano un chiaro significato sessuale per Adelaide.
Sotto il profilo tecnico il lavoro ad ago è straordinariamente creativo. Le raffigurazioni hanno nette caratteristiche anatomiche, eseguite in straordinari dettagli tridimensionali e tuttavia tenacemente incorporati nella trama. I visi sono piccoli ritratti scultorei. Jill indossa un abitino trasparente che rivela più di quanto copra, compresi gli organi genitali ben descritti. Come una autentica "femme fatale", Jill indossa anche un cappello assai elaborato, scarpe col tacco alto e giarrettiere, un abbigliamento insolito per una scampagnata. Il giovane Jack, più realistico, è praticamente nudo, le mani di dimensioni esagerate ed i genitali assolutamente ben delineati.

Il signor e la signora Hub Smith
Chiaramente una coppia di coniugi, il signor  e la signora Hub Smith si tengono per mano. Non ci è fornita nessuna spiegazione circa eventuali persone reali che esse rappresentino. Adelaide spiegava soltanto che il braccialetto che la signora Smith indossa al polso sinistro indica la sua unione matrimoniale e che, in qualità di donna sposata, i suoi genitali sono pudicamente coperti da un ventaglio
(n.d.t. può valer la pena rammentare al lettore che, in manicomio, era abitudine non far indossare alle ricoverate indumenti intimi sotto le pesanti "divise" fornite loro dall'ospedale, non chiedetemi il motivo!). L'ombrello che ripara la coppia era detto, da Adelaide, un simbolo della protezione divina che univa la coppia dei coniugi Smith. Compaiono di nuovo le api, ma questa volta le associazioni di Adelaide vanno in un'altra direzione: "Oh, Morte, dove è il tuo assillo, o Tomba, dove è il tuo trionfo?" A differenza di Jack e Gill, dal punto di vista della tecnica le figure dei coniugi Smith sono molto più solide, come se ciò rappresentasse una evoluzione dell'abilità di Adelaide..."

Commento del traduttore

A questo punto, al lettore meno attento potrebbe riuscire difficile controllare quella che con una certa esattezza si potrebbe chiamare "apprensione annoiata". A parte un certo tedio generico per essere messo di fronte a documenti che tentano una sorta di "psichiatria applicata", in un momento in cui urgenti problemi clinici e tecnici richiederebbero invece tutta la nostra attenzione, sarei incline a giustificare lo scetticismo del lettore in due modi: quale contributo può tentare di offrire uno psichiatra alla scarna biografia di una ricoverata di un manicomio di settanta anni fa? questo tentativo potrà anche stabilire rapporti preziosi tra l'opera dell'artista e la sua biografia, ma alla fine gran parte dei problemi rimarranno irrisolti: qual'é stata la funzione specifica di quest'opera nella dinamica dei suoi conflitti personali? e quanto è stato indotto dalla condizione di ricoverata, oltretutto durante un'epoca di sostanziale impotenza terapeutica e prevalente custodialismo?

In secondo luogo, condivido l'opinione, espressa da altri, secondo la quale il caso dell'artista "normale" o nevrotico è in certa misura diverso da quello dell'artista psicotico. Essi differiscono almeno sotto un aspetto: nel corso della regressione, la catena delle motivazioni individuali, pur rimanendo significativa, sembra diventare meno pressante. I meccanismi del delirio sono soggetti ad una differenziazione culturale e individuale in misura minore rispetto ai meccanismi che intervengono nella formazione di altri sintomi. In altre parole: la "follia" è più universale che non la nevrosi e la normalità. Il problema del grado e del modo in cui i meccanismi psicotici possono influenzare l'attività creativa, della misura in cui possono fondersi con la parte intatta della personalità, e riflettersi nell'attività espressiva di sé del paziente, mi sembra ancora più rilevante oggi, nel momento in cui decretiamo la fine dell'intrattenimento, per usare la felice locuzione di Saraceno, e recuperiamo i significati più autenticamente riabilitativi (e non meramente occupazionali) delle tecniche di produzione creativa - realizzate oggi anche con l'aiuto del computer - alle quali indirizziamo i pazienti in trattamento integrato. Ed allora emerge intatto il valore dei dati provenienti da ogni caso che prometta una risposta alle nostre attuali domande.


clessidra02.gif (8952 byte) Ogni ricerca su Internet richiede pazienza! Nel frattempo, leggetevi   la versione originale dell'estratto; il testo integrale è disponibile nella versione cartacea della rivista.


La rivista RAW VISION è stata fondata più di sette anni fa, semestrale a basso budget per pochi appassionati di outsider art. Da allora si è gradualmente imposta come una delle pubblicazioni più interessanti del settore, fino a diventare un appuntamento bimestrale, in una elegante veste editoriale interamente a colori,  per tutti i cultori dell'arte, con una crescente base di abbonati. É rintracciabile dappertutto negli States, presso le principali librerie dei centri metropolitani come nelle grandi malls di provincia; attualmente è diffusa anche in Gran Bretagna ed in  Giappone, e da quest'anno ne esiste una edizione francese, oltre, naturalmente, alla versione diffusa via Internet.


L'esposizione prosegue con la presentazione della Galleria d'Arte "First Street Center" di Claremont, California, un centro che si occupa della  produzione artistica (pittura, ceramica, collage, scrittura e stampa) di adulti portatori di disabilità dello sviluppo.
                                                                                 First Street Center


Alessandro Vallarino, 1999 - http://www.geocities.com/Athens/Styx/7684
Quaderno in Rete di uno psichiatra
Prima sala | Seconda sala | Terza sala | Quarta sala | La merlettaia | First Street Gallery Art Center | Palagonia | Wölfli | Hauser | Gironella | L'arte su Internet? | Links | Un intervento autorevole |
Homepage | Mappa del sito | Psichiatria |
1