Una questione di tempo
di Vincenzo Rossi
Forse non siamo ancora pronti a capire quella che può essere la nostra natura. Cosa vuol dire essere omosessuali alle soglie del Duemila, quando sarebbe ora di distruggere certe ghettizzazioni? E poi ha senso dividersi ancora tra omosessuali ed eterosessuali? Non è certo mio compito rispondere a queste domande in maniera definitiva, nessuno riuscirebbe mai a farlo in maniera esauriente, i nostri pensieri sono rivolti per la maggior parte alla componente "politica" dell'essere omosessuali, alle battaglie per i diritti civili e tutte quelle cose che fanno parte di uno stereotipo ormai consolidato. A mio parere c'è una battaglia ancora più grossa, che la maggior parte di noi ha paura di affrontare, il fatto di essere veramente visibili, di non rappresentare più la pietra della scandalo in questa società, e per fare questo dobbiamo combattere contro la nostra stessa natura, quella natura che ci porta a frequentare determinati posti, a mettere il sesso al primo posto, per inserirci definitivamente in questo mondo. E' una vera e propria prova di sopravvivenza, per la maggior parte di noi, e non è facile superare i nostri stessi stereotipi, che si consolidano sempre più col passare del tempo. Il mondo omosessuale ha sempre avuto una sorta di tragica ispirazione rifacendosi sempre a modelli negativi, e facendo martiri di persone suicide o malate, lasciando in disparte tutto ciò che poteva essere considerato positivo e dimenticando che ci sono persone che lottano per dare un'immagine più solare a questo mondo; e il collettivo gaylesbico continua le sue marce piangenti e la sua beatificazione di idoli, perso in un mare di problemi senza riuscire a venirne a capo. E' vero che i presupposti per l'unione del cosiddetto movimento omosessuale sono molto flebili, cosa può accomunare le persone al di là di una stessa attrazione sessuale, per esempio?, non bisogna però dimenticare i tentativi che le associazioni stanno facendo per focalizzare i problemi e i punti di discussione in una collettività dispersiva come è quella gaylesbica. Tutti noi abbiamo un'opinione, ed il mio punto di vista è che l'omosessualità è un problema "personale", se proprio vogliamo definirlo così: non una bandiera da sventolare solo alle manifestazioni di piazza, bensì una sensazione da vivere nel nostro intimo, una collocazione di spazio e tempo nella quale ci siamo ritrovati, una pura e semplice sensazione interiore, e mi sento di definirla anche problema perché in ogni caso questo nostro modo di essere non può che scontrarsi con il mondo circostante. E quindi andiamo a rifugiarci nei luoghi deputati, illusi di vivere la nostra vita felicemente al riparo da sguardi intimidatori. Ma anche lì le differenze tra ognuno di noi spuntano, e si fanno sempre più consistenti, proprio perché non riusciamo a capire che l'universo gaylesbico è in realtà un microcosmo, una rappresentazione esatta del mondo circostante in scala ridotta, con tutte le variazioni del caso, dal giovane musicofilo al vegliardo in cerca di ragazzini imberbi. E' chiaro che far convivere questi tipi di persone così diverse è quasi impossibile, gli stessi estremi non possono comunicare. Ma allora che cosa può unire questo variegato microcosmo di sensazioni e pulsioni "diverse"? La consapevolezza di essere calati nel mondo circostante nella maniera più assoluta e la volontà di viverci dentro, senza gabbie, senza freni inibitori, con tutti i grattacapi e le spigolosità che ciò potrà comportare. Solo così riusciremo a far accettare l'omosessualità, facendo capire agli altri che anche noi siamo come loro, solo un po più strani .
JOY, Collettivo universitario gaylesbico
Il c.u. JOY è aperto tutti i lunedì e venerdì - 15.30/17.30 - nell'aula A dell'Università degli studi di Milano, via Festa del perdono 3.