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LA QUESTIONE LINGUISTICA LA LETTERATURA
LA MUSICA CARTA GEOGRAFICA

La croce rappresenta "Occitania". Il nome "Occitania" deriva da "oc", che significa "sì" nella lingua provenzale antica. Pertanto, l'Occitania è il territorio, identificabile attraverso l'applicazione di criteri linguistici, dove è sorta e si è sviluppata la lingua d'oc. Questa lingua è un gruppo di dialetti usati nei territori a sud della Loira, mentre a nord si espandeva la cosiddetta "lingua d'oil". "Oc" dà il nome alla provincia della Linguadoca, ma la sua area di diffusione è molto più ampia. Talvolta anche il catalano, il corso ed il nizzardo sono inclusi nella lingua d'Oc, anche se tra gli specialisti il dibattito al proposito è acceso.
La bandiera rappresenta il simbolo dei conti di Tolosa. Si può dire che rappresenta tutta l'Occitania solo perchè essi erano i nobili più potenti della regione. La croce occitana è stata usata soprattutto durante le manifestazioni nazionaliste degli anni settanta, svoltesi, in alleanza con il movimento catalano, prevalentemente in Linguadoca. L'etnia occitanica non ha mai costituito un proprio Stato nazionale unitario - fatta eccezione per un periodo in massima parte fortuito, della durata di pochi mesi, durante l'anno 1213 - ed ha subito, nel corso della Storia, genocidi fisici, economici e  culturali, a partire dalla persecuzione dei Catàri, durante la cosiddetta "Crociata degli Albigesi", e particolarmente accaniti nei confronti delle popolazioni valligiane.

LA LINGUA

La lingua d'oc è, dunque, uno dei tre idiomi (oc, oil, italiano) in cui si classificano le parlate neo-latine o romanze, dalle quali si differenzia per numerosi criteri linguistici, per un lessico estremamente originale, per una particolare ricchezza sintattica e per le buoni doti di resistenza che le hanno consentito di trasferire alcune sue caratteristiche nel francese e nell'italiano, e di permanere, dall'undicesimo secolo ad oggi, nonostante le imposizioni e le normalizzazioni provenienti dall'esterno e le divisioni interne. I primi documenti in lingua d'oc risalgono all'undicesimo secolo. Nei cento anni successivi comparvero le poesie dei trovatori, con le quali cominciò il più fiorente periodo della lingua e della letteratura d'Occitania, idioma colto di tutta l'Europa meridionale, primo modello di lingua volgare universale, koiné sovradialettale di una classe sociale egemone, depositaria di uno specifico sistema di ideali e valori, - tra i quali quelli della tolleranza e della mescolanza etnica e culturale - non di rado rivoluzionari e fonte di insegnamento per l'uomo del ventesimo secolo . L'Occitania medioevale e rinascimentale elaborò, infatti, una civiltà di sintesi tra la cultura occidentale e quella orientale, contaminandole, tanto al più alto livello intellettuale quanto a quello della vita quotidiana, con le eredità dei progenitori celto-liguri e le eredità mediterranee portate dai Greci e dai Saraceni. "Le due culture erano a contatto fisico, ed anche le guerre e le crociate in Oriente furono, per le genti occitane, occasione di scambio. La mediazione degli ebrei presenti ed attivi nelle corti e nelle città contribuì all'osmosi tra le due culture".(Sergio Salvi)

Che ne dicono gli odierni cultori del crossover culturale?

È cosa nota che la lingua d’òc, esattamente come già lo fu quella greca, era, al tempo dei trovatori, ed è, tuttoggi, divisa in un gran numero di dialetti e sottodialetti. Se ne possono contare molti, distribuiti in due aree linguistiche: quella nord-occitana e quella sud-occitana. La prima comprende: Limosino, Alverniese, e quella moltitudine ingente di parlate conosciute col nome di Delfinese, o di Provenzale Alpino; la seconda: il Guascone, il Linguadocico e il Provenzale. Ciascuno di questi dialetti permette d’essere suddiviso in una pluralità di forme sottodialettali. Ad esempio si può prendere il Provenzale propriamente detto: come dialetto del sud-occitano, al suo interno conosce piú forme sottodialettali (rodanese, marittimo, nizzardo). Queste sono, a loro volta, suddivisibili. Il marsigliese è un linguaggio facente parte del Provenzale marittimo...A questo proposito c'è, tra i cultori della materia, chi parla di Occitania e chi preferisce usare il termine Provenza Alpina in riferimento alle valli cuneesi e torinesi comprese nella terra d'Oc. Esiste infatti, all'interno della cultura occitana, la dialettica tra due correnti, il felibrismo e l'alibertismo, relativamente alla seguente questione: qual'è la trascrizione ortografica che unifica una così ampia diversità di dialetti? I felibristi, fedeli al movimento letterario, ed in parte esoterico, detto Felibrige, sorto nella seconda metà dell'800, trascrivono, con grafia prevalentemente fonetica, sull'esempio del francese, le pronuncie tipiche della pianura tra Arles ed Avignone, ossia del Basso Rodano. In questa ortografia si espresse, in prevalenza, il premio Nobel Frederì Mistral. I felibristi non parlano di Occitania, bensì di Provenza per definire l'intero territorio al quale ci stiamo riferendo, da loro diviso in provincie dette escolo. Una di queste è l'Escolo dou Po, fondata negli anni sessanta, attorno al poeta cuneese Gaetano di Salis, allo scopo di promuovere l'incontro fra gli scrittori provenzali dei due versanti alpini. L'ortografia alibertina, invece, privilegia il dialetto linguadociano, più vicino all'antica lingua dei trovatori, più centrale rispetto ai vari dialetti e, soprattutto, di impostazione etimologica, e quindi indipendente dal francese: per questi motivi, è ritenuta la grafia della nazione occitana ed è quella che prevale all'interno della Società di Studi Occitani, fondata a Tolosa nel 1936 ed evoluta nel dopoguerra nell'Institut d'Estudis Occitans, la principale struttura per la difesa e lo sviluppo della lingua.

D'altronde, anche se, nel medioevo, i trovatori tentarono d’esprimersi tramite una koiné comprensibile alla maggioranza degli occitanofoni, la maggior parte di essi scrisse in Limosino (koiné limosina, da cui il nome di lingua limosina dato, dai Catalani, all’Occitan(ic)o, piú corretto se paragonato a quello di provenzale datogli dagl’Italiani), mentre una minor parte lo fece in Provenzale, o in Alverniese. Pochi furono gli altri.

La ricchezza lessicale della lingua, da un lato, e, dall’altro, una tradizione manoscritta sovrabbondante e, per certi versi, sofferta, densa di varianti testuali tra loro irriducibili, rende difficoltose, ai piú, sia la lettura sia la comprensione dei testi trobadorici (alcuni sono rintracciabili in Rete attaverso i links che vi segnalo). Più semplice:

Lo nostre Paire qu'es als cels,
lo teo nom sia sanctifica,
lo teo regne vegne.
La toa volonta sia faita, enaima es faita
en cel sia faita en terra.
Dona-nos lo nostre pan quotidian enchoi.
Pardonna a nos li nostre debit o pecca,
coma nos perdonnam a li nostre debitors o offendadors
non nos amenar en tantacion
mas desliora nos dal Mal!
Amen.

LA LETTERATURA

Le origini della letteratura occitanica risalgono ai secoli X° e XI°, alba della cultura romanza. I primi testi letterari scritti in lingua d'oc provengono da un manoscritto composto nell'abbazia di San Marziale a Limoges, uno dei centri più alti della cultura europea dell'epoca, sede di un autonomo ducato attraversato dalla sola via di comunicazione allora esistente tra nord e sud della Loira. Il periodo aureo, coincidente con la nascita del primo movimento letterario nella storia delle lingue romanze, va dalla fine dell'XI° secolo all'inizio del XIII°, con la comparsa dei trovatori, compositori di melodie e liriche di canti ornati (tropi) che, solitamente, erano eseguiti da giullari. Dal primo, Guilhelm IX de Peitieus, attraverso Bernard de Ventadorn, Jaufre Rudel, Arnaut Daniel, Peire Vidal, è una successione di cantori dell'amore, ora spirituale, ora incarnato. Le origini della lirica trovadorica affondano, probabilmente, nel canto ecclesiastico cristiano e nelle strofe dello zajal arabo-andaluso, a riprova della ammirevole sintesi culturale realizzata da questi autori, provenienti da ogni classe sociale e da differenti paesi, ma al di fuori di ogni separazione, in nome di una serie comune di valori che affratellavano olte censo e casta. Questi valori - il pretz, ossia la riconoscenza pubblica delle proprie qualità, la largueza, o generosità d'animo, l'humiltat, la convivencia, ossia la tolleranza, la jovent, il privilegio della giovinezza di spirito - si precisavano, così, in un atteggiamento generale, definito paratge, autentica novità sociale apportata dal movimento trovadorico, che investiva ogni comportamento dell'individuo e la sua concezione etica, definiti mezura e cortezia ed esaltati nel rapporto amoroso sublimato, la fin'amor, estrapolazione del rapporto feudale a quello uomo-donna. La grande varietà di temi, stili e generi, la ricchezza dei valori espressi, la forma musicale dei testi, una raffinata tecnica letteraria promossero la diffusione della lirica trovadorica ben al di là dei limiti dell'Occitania, fino ad influenzare i trouvéres francesi, i Minnesinger tedeschi, i poeti di Galizia e Portogallo, la scuola siciliana ed il "dolce stil novo". Lo stesso Dante incontra un trovatore in ognuna delle regioni ultraterrene che attraversa con la sua Commedia. Ma l'oppressione economica e la persecuzione politica di cui furono fatte oggetto le corti occitane, spesso ammantate da motivi religiosi (la Crociata contro l'eresia catara), segnarono la rapida fine della civiltà trovadorica e la francesizzazione del Midi, ormai evidenti alle soglie del XIV° secolo. Salvo sporadici tentativi di rinascita, soprattutto nel tardo XVI° secolo, la letteratura occitana dovrà attendere il rinnovato interesse accordatole dalla Mode troubadour del Romaniticismo per un primo, autentico "risveglio". Il gusto erudito per il folclore e per la cultura medioevale e l'intensità politica e moralistica derivanti dalla rivoluzione promuovono, soprattutto nella regione delle Bouches du Rhône, la prima vera rinascita consapevole della letteratura occitana, dapprima attraverso il già citato Felibrige e poi con l'opera di Frederic Mistral, premiato con il premio Nobel per la letteratura nel 1904.
In parallelo con il progressivo ritiro della lingua dalla vita quotidiana e dalle città verso la montagna, il ventesimo secolo vede proseguire questa rinascita letteraria, sia come produzione poetica, sia come ricerca linguistica. Nasce la Società di Studi Occitani ed una nuova generazione di autori si rende protagonista di una produzione letteraria intensa e variegata, non più ristretta all'ambito poetico ed associata all'azione sociale ispirata dal desiderio di riconquista delle proprie radici, su entrambi i versanti alpini.
Attualmente, l'occitanico è parlato, nelle sue varie forme dialettali, in tutto il territorio, sebbene da una minoranza composta da persone anziane e contadini: mentre il suo uso è quasi del tutto scomparso nelle località con più di ventimila abitanti, l'occitanico è tuttora fruito, a livello domestico e nei mercati rurali, nella pianura guascone e nelle valli montane. Robert Lafont, il più autorevole esponente dell'occitanismo letterario e militante del dopoguerra, ha calcolato in poco più di un milione i fruitori "a tempo pieno" della lingua occitana, ed in sei milioni il numero delle persone in grado di comprenderlo, principalmente nella forma standard ufficializzata dall'Istituto parigino di Studi Occitani. Il 10%, quindi, della popolazione usa la propria lingua nazionale, ed il 50% la comprende. Non ci sono dati certi circa la situazione particolare della "piccola Occitania" italiana, dove il recupero della lingua è affidato a diversi gruppi di occitanisti e di giovani appassionati, prevalentemente in val Grana (dove opera il Centre Provençal de Coumboscuro, fedele in massima parte al felibrismo mistraliano ed alla Escolo dou Po), in valle Varaita (dove opera la casa editrice Ousitanio Vivo, aderente in prevalenza alla lessicografia alibertina) e nelle valli del pinerolese (Chisone, Germanasca e Pellice). Questo recupero avviene prevalentemente attraverso la forma cantata e la lirica; sporadici sono i tentativi di reintrodurre l'occitanico nei documenti dei consigli comunali, nelle chiese, nelle scuole. Va segnalata l'opera condotta in Val Maira, dove il comune di Roccabruna nel corso del 1998 ha tradotto in occitanico la toponomastica delle borgate che lo compongono, e dove è stato avviato il progetto Occitan lenga viva per la messa in pratica di scambi didattici con le istituzioni occitaniche d'Oltralpe. Qui mi preme segnalare l'opera di Davi Arneodo, del Centre Prouvençal de Coumboscuro, fra i curatori di un importante Museo Etnografico, persona affabile, guida appassionata degli itinerari culturali occitani e musicista: sue sono le musiche originali e gli adattamenti di brani tradizionali de Li Troubaires de Coumboscuro e degli Henno de Rose, titolari di due bellissimi album.

LA MUSICA

A proposito: da alcuni anni sono attivi diverse formazioni che propongono un recupero della musica occitanico-provenzale, musica antichissima, medioevale, quanto la lirica dei Trovatori e, come quella, raffinata, aristocratica, misteriosa. Li Troubaires de Coumboscuro, un ensemble di otto musicisti, propone arrangiamenti di liriche tradizionali dal XIV° al XVI° secolo e  brani originali a quelle ispirati, con l'utilizzo di una strumentazione classica - violino, violoncello, flauti-, tradizionale ed elettrica. A loro va il grande merito, tra gli altri, di aver saputo suscitare l'interesse di musicisti affermati nel settore della musica di ricerca etnica - la cosiddetta world music -, come Alan Stivell, Gabriel Yacoub, Fabrizio de André ed i Tazenda, che hanno partecipato alle registrazioni dell'album "A toun soulei" realizzato nel 1995. Un nuovo album ed il corrispondente spettacolo dal vivo sono in fase di preparazione, attesi per la prossima estate. Il gruppo "cugino" Henno de Rose - vi militano Davi e Clareto Arneodo, chitarrista/compositore e voce de Li Troubaires - è l'unica formazione italiana che esegue esclusivamente il repertorio natalizio provenzale, elaborando, nell'album "Noël en Provence", un personalissimo linguaggio con il solo uso di strumenti tradizionali - ghironda, galoubet tambourin - e folk - dulcimer, mandola, flauti, rebecca. Entrambi i Cd, dalle atmosfere evocative e dalle dolci melodie, costituiscono suggestivi viaggi musicali tra le Alpi ed il Rodano. Accanto a queste formulazioni, se vogliamo, più colte, seppur fruibilissime, troviamo il recupero della ricca tradizione coreutica, qualificata dalle danze occitane - rigoudoun, scottish, valser, farandola ecc. - riproposte attraverso contaminazioni più o meno ardite, con risultati spesso entusiasmanti - è il caso soprattutto degli ormai famosi Lou Dalfin.

Le prossime pagine ed il sito Occitania contengono notizie più approfondite su questi temi. La mia cassetta postale è a disposizione di chiunque per informazioni.

E le istituzioni che cosa dicono? Presso il sito Internet della Regione Piemonte ho trovato la seguente nota:

da Informazioni Piemonte - sito www della Regione Piemonte

Valorizzazione delle lingue del Piemonte

"Borse di studio e premi annuali per tesi laurea e ricerche che riguardino la storia, la cultura le lingue storiche del Piemonte, il piemontese, l'occitano, il franco-provenzale ed il walser; la promozione di una cattedra di storia, cultura e lingua piemontese presso le Università del Piemonte, corsi di formazione ed aggiornamento per gli insegnanti, d'intesa con i Provveditorati agli studi e, sopraprattuto, l'impegno a favorire l'attuazione di trasmissioni culturali e di informazione anche in lingua piemontese e nelle lingue locali con la collaborazione delle emittenti pubbliche e private che operano sul territorio regionale.
Questi i punti cardine della nuova legge sulla tutela, valorizzazione e promozione della conoscenza dell'originale patrimonio linguistico del Piemonte approvata mercoledì 21 maggio ad ampia maggioranza dal Consiglio regionale con 39 voti favorevoli e 6 astenuti, e che prevede per quest'anno una disponibilità finanziaria di un miliardo e mezzo di lire.
Il nuovo testo che modifica la l.r. 26/'90 sul medesimo argomento, nato da una proposta di legge della Lega Nord presentata ad inizio legislatura ed emendata nel lavoro di commisione e dell'Aula (relatore il capogruppo della Lega Roberto Rosso), ha trovato molti consensi e qualche critica, in particolare da Rifondazione Comunista, e alcuni distinguo da parte di Alleanza Nazionale."

Il 17 giugno 1998 la Camera dei Deputati ha finalmente approvato una legge quadro per la tutela delle minoranze linguistiche, tra le quali è citata la comunità occitanica, come disposto dalla Costituzione cinquanta anni fa. Ora si attende il responso del Senato.

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Alessandro Vallarino - Escartari Ousitan
Questa pagina è stata realizzata il 1 marzo 1999
La maggior parte delle informazioni qui contenute è tratta dai seguenti testi, ai quali si rimanda per i necessari approfondimenti:
Sergio Salvi: Occitania, 1998, Luigi Colli Editore
Mauro Bertolino: Literatura Occitana, 1998 Edizioni Ousitanio Vivo
Fausta Garavini: La letteratura occitanica moderna, 1980 Sansoni
Luciana Borghi Cedrini: La letteratura occitanica, in "Storia della civiltà letteraria francese", UTET, 1993

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