71. Ippocrate, Antica medicina. Il giuramento del medico
Testo greco a fronte
Antica Medicina, da molti considerata come il "manifesto" metodologico della medicina ippocratica, e' uno dei testi piu' significativi del pensiero del V secolo, tanto scientifico quanto filosofico. Esso presenta una forte rivendicazione dell'autonomia della medicina di fronte alle pretese dogmatiche della filosofia della natura. Il metodo della medicina viene definito come fondato sull'osservazione empirica da una parte, sul ragionamento causale dall'altra; l'opera presenta inoltre un'eccezionale consapevolezza della storicita' del progresso scientifico.
Mario Vegetti, nato a Milano nel 1937, insegna Storia della filosofia antica presso l'universita' di Pavia. Ha tradotto e commentato le opere di Ippocrate e Galeno. E' autore di ricerche sul rapporto tra scienza e filosofia nel pensiero greco (Il coltello e lo stilo, Milano 1966) e sull'etica antica (L'etica degli antichi, RomaBari 1996). E' oggi in Italia il maggior conoscitore della medicina greca antica.
72. W. Dilthey, L'essenza della filosofia
Testo tedesco a fronte
L'essenza della filosofia di Dilthey fu composta nel 1907. Del filosofo riassume e conclude l'imponente opera, un essenziale sviluppo e un contributo decisivo per la definizione dello status epistemologico delle scienze umane (le Geisteswissenschaften, "scienze dello spirito" o "scienze morali"). In una prospettiva "postmoderna", L'essenza e' inoltre la premessa per la comprensione dell'attuale problematica relativa alla "ermeneutica" intesa come "scienza dell'interpretazione" ed oggi rappresentata da Gadamer e Ricoeur, con riferimento diretto a Heidegger.
Entro lo sviluppo del pensiero diltheyano, L'essenza costituisce la tappa finale del passaggio da un tentativo di fondazione psicologica del sapere antropologicofilosofico a quello di una fondazione più ampia e matura, riferita all'essenza della realtà storicosociale e per essa a tutta la cultura nel suo complesso, segnatamente alla sfera del sapere religioso ed esteticoletterario. Per questo valore di sintesi, aperta ad ogni ulteriore prospettiva storica, essa si presenta come un ripensamento non dialettico e non rigidamente sistematico del progetto hegeliano di "enciclopedia delle scienze filosofiche", e insieme come superamento non ancora irrazionalistico dello scientismo positivistico.
Giancarlo Penati ha attentamente riscontrato sul testo originale la traduzione da lui edita nel 1971, tenendo presente la precedente traduzione di Paola Rossi, in Critica della ragione storica (1954), e la letteratura successiva dedicata a Dilthey, anche in connessione con gli ulteriori sviluppi del pensiero di Husserl e Heidegger e dell'ermeneutica, e con le istanze attuali della cultura "postmoderna", rispetto alla quale il fermo proposito e il significato dell'opera diltheyana e' di rinvenire comunque, pur attraverso la messa in questione di ogni dogmatismo e di ogni eccessiva chiusura sistematica e logicistica, una fondazione metodicocritica di valori non riducibili al loro pur reale mutare ed approfondirsi storico, come attesta senza possibili equivoci la conclusione dei presente scritto.
73. G.W. Leibniz, Discorso di Metafisica. Verita' prime
Testo francese a fronte del Discorso
"Ho composto recentemente un petit discours de Métaphysique, a proposito del quale sarei ben lieto di conoscere il parere del signor Arnauld. Le questioni della Grazia, del concorso di Dio con le creature, della natura dei miracoli, della causa del peccato e dell'origine del male, dell'immortalita' dell'anima, delle Idee, ecc., sono trattate in un modo che sembra offrire nuove aperture capaci di chiarire difficolta' molto gravi." Nel febbraio 1686, e' in questi termini che Leibniz (16461716) annuncia al langravio Ernst von Hessen-Rheinfels il Discorso di metafisica - una delle opere piu' interessanti della sua filosofia e dell'intera tradizione metafisica. Qui, mediante l'introduzione di una nuova teoria della Sostanza - con cui secondo Heidegger "la metafisica della Soggettivita' compie il suo inizio decisivo" - e il recupero delle cause finali gia' indagate da Platone, e' contenuto in nuce il sistema speculativo di Leibniz; qui si trova esposto il suo tenace e mirabile tentativo di conciliare la philosophia perennis (l'espressione da lui coniata per indicare le acquisizioni fondamentali della filosofia antica e medievale) con le piu' significative scoperte dei philosophi novi, cioe' dei "moderni" filosofi e scienziati. Unitamente al Discorso, questo volume presenta il testo (probabilmente coevo) delle Verita' prime; si tratta di un opuscoletto che, nel riassumere in una successione coerente di tesi l'intera metafisica leibniziana, e' un esempio emblematico di come nella speculazione di Leibniz logica e metafisica si compenetrino perfettamente.
L'edizione dei due testi e' stata curata da Salvatore Cariati (Universita' di Messina), profondo studioso del pensiero leibniziano. La sua introduzione, oltre a esporre in modo chiaro ed efficace la genesi e il contenuto del Discorso di metafisica, saggia il platonismo di fondo che innerva la speculazione di Leibniz. Le note, le parole chiave e una traduzione chiara e scorrevole offrono anche al lettore non specialista un approccio all'opera di immediata intelligibilita'. I testi dei due scritti (francese del Discorso, latino delle Verita' prime) si basano, rispettivamente, sulle ormai classiche edizioni critiche di Lestienne (1929) e di Couturat (1903).
74. G.W.F. Hegel, Aristotele
Testo tedesco a fronte
Le lezioni di Hegel su Aristotele, al pari di quelle su Platone, costituiscono un'autentica monografia che va considerata in assoluto come una delle migliori esposizioni della filosofia aristotelica. Anche se non e' del tutto agevole fissare con sicurezza il momento in cui Hegel ha cominciato a studiare Aristotele in greco, ne' le tappe secondo cui si e' scandito il suo ripensamento dei filosofemi aristotelici fondamentali, e' tuttavia impossibile sottovalutare l'importanza che lo Stagirita ha avuto per la formazione e la configurazione definitiva del pensiero hegeliano. In particolare, sulla differenza aristotelica tra potenza e atto Hegel ha modulato una delle distinzioni capitali della propria dialettica, quella tra An-sich e Für-sich, tra l'Inse' e il Perse'. Nell'Introduzione alle Lezioni sulla storia della Filosofia si trova infatti il seguente importante passo: "La natura dell'Idea e' essenzialmente quella di svilupparsi e di comprendere se stessa solo mediante lo sviluppo, di divenire cio' che essa e'... Per capire che cosa sia lo sviluppo bisogna distinguere, per cosi' dire, due stati. Il primo e' noto come "disposizione", "potenza" come l'Essereinse' (cosi' lo chiamo io), potentia, dynamis. La seconda determinazione e' I'Essereperse', la Realta' (actus, energheia)". A partire da qui si comprende meglio perche' l'intera trattazione hegeliana su Aristotele sia imperniata su questi due concetti: si tratta, fra l'altro, proprio dei plessi speculativi di cui Hegel e' maggiormente debitore ad Aristotele.
L'edizione e' curata da Vincenzo Cicero, che di Hegel ha gia' tradotto in italiano per questa collana la Fenomenologia dello Spirito, la Filosofia del Diritto, l'Enciclopedia delle scienze filosofiche (1830), e le Lezioni su Platone, e che ha inoltre al proprio attivo alcuni studi su Aristotele. Il testo tedesco riprodotto a fronte e' basato - ma con una sistematica revisione critica - sull'Aristoteles della 1ª edizione Michelet delle hegeliane Vorlesungen über die Geschichte der Philosophie (1833), mai tradotta in italiano; veste redazionale e apparato critico consentono un confronto pressoche' completo con l'Aristoteles dell'edizione critica Garniron-Jaeschke di queste Vorlesungen, pubblicata nel 1996 presso l'editore Meiner di Amburgo. Un'autentica novita' nel panorama filosofico internazionale.
75. Filone, Vita di Mosè
Testo greco a fronte
La vita di Mosè di Filone di Alessandria - filosofo, massimo esponente dei Giudaismo alessandrino, vissuto tra il 1 sec. a.C. e il 1 sec. d.C. - ci presenta una biografia filosofica nella quale si intrecciano saldamente tradizione greca e tradizione giudaica. Il trattato e' suddiviso in due libri: allo schema cronologico della vita di Mosè, dalla sua nascita ed educazione sino alla fuga dall'Egitto e alla permanenza nel deserto, di cui si occupa il primo, fa seguito, nel secondo, un'ampia trattazione delle principali virtu' di Mosè, considerato quale re, legislatore, sacerdote e profeta. In Mosè Filone riconosce il suo ideale di re filosofo e tramite la sua figura esprime il proprio punto di vista sulla regalita', nozione problematica e discussa in eta' ellenistica.
Per Filone la Legge unica, universale, e' quella del suo popolo, e Mosè, che ne e' il fondatore, costituisce il paradigma ideale del sovrano perfetto. Egli e' la guida intellettuale degli Ebrei, colui che reca nel suo intelletto l'impronta divina, il vero "uomo di Dio", che, in quanto ideale etico, diviene fertile terreno d'incontro tra componente giudaica e greca. Opera filoniana tra le piu' note e lette sino alla tarda antichita', come recenti studi hanno dimostrato, La vita di Mosè ci offre un profilo di Mosè rivisitato alla luce della filosofia greca e, nel contempo, un affascinante esercizio di interpretazione e rilettura dei fondamenti della Legge giudaica.
La presente edizione e' la prima completa in italiano. Essa e' stata curata da Paola Graffigna, dottore di ricerca in filologia greca e latina, studiosa del pensiero filosofico di eta' ellenistica e tardoantica. Comprende un'introduzione, che ricostruisce la storia dell'opera e della sua interpretazione e ne mette in luce le principali tematiche; un puntuale commento, volto a chiarire i passi piu' controversi e difficili, partendo dal testo greco; una sezione di parole-chiave, che rappresentano un valido aiuto per impadronirsi rapidamente dei concetti piu' significativi; una bibliografla aggiornata.
Il testo greco a fronte riproduce l'edizione critica di L. Colui e P. Wendland (Berlino 1962), con alcune correzioni.
76. Tommaso d'Aquino, Il male
Testo latino a fronte
Il problema dei male e' stato il problema dei problemi. Esso ha assillato uomini di tutti i tempi. Al riguardo un filosofo della levatura di Platone dichiaro' in una lettera: "Gran parte della mia attivita' e' stata rivolta a chiarire questo problema". Non c'e' stato filosofo che non ne abbia trattato. Con l'argomento dell'esistenza dei male Epicuro nego' la Provvidenza Divina. Tommaso lo mette sulla bocca dell'insipiens per negare l'esistenza di Dio. L'Angelico risponde alle argomentazioni d'Epicuro con il Commento del libro di Giobbe. Risponde all'insipiens occasionalmente in varie opere, ma in forma organica nella Quaestio disputata de Malo, scritta a 4/5 anni dalla morte (1274), in un periodo in cui aveva raggiunto "un elevato standard logico-speculativo" (Torrel-Zanatta). La trattazione fu tale che la teologia cattolica, scrive il Masson nel Dictionnaire de théologie catholique, "ha creduto trovare nella sintesi tommasiana un corpo di dottrina sufficientemente solido e completo e non ha voluto distaccarsene. I secoli successivi non hanno apportato nulla che meriti una menzione particolare". L'insegnamento che se ne puo' ricavare e' sempre attuale: la causa del male, anche di quello fisico, che e' una conseguenza voluta da Dio per ristabilire l'ordine violato della giustizia attraverso il peccato, risiede solo nell'uomo, di cui pero' non potra' distruggere completamente la volonta'. L'uomo non ha nessuna valida ragione per disperare. Egli puo' guardare al suo futuro con la certezza di chi sa che potra' vincere il male, se s'impegnera' a rispettare l'ordine delle cose, che corrisponde ad un preciso piano divino e che egli e' in grado di conoscere mediante la ragione.
Il traduttore, docente di Filosofia delle religioni all'Universita' di Lecce per diversi anni, autore fra l'altro di un importante lavoro su Filosofia e religione in S. Tommaso e Kant (Napoli 1997), profondo conoscitore della filosofia di san Tommaso, ha cercato di attenersi piu' fedelmente possibile al pensiero e al testo, che per la prima volta appare tradotto per intero in italiano. La sua notevole fatica, data la mole dell'opera, e' stata sorretta dalla speranza d'offrire un testo validissimo a tutti coloro che sentono fortemente il problema del male e vanno in cerca d'una risposta che li soddisfi pienamente.
77. G. d'Ockham, Il filosofo e la politica: Otto questioni circa il potere del papa
Testo latino a fronte
Disponibilita' ai dialogo e al confronto, sincerita' e coraggio, caratterizzano le Octo quaestiones de potestate papae di Guglielmo d'Ockham, un'opera che e' anche un agile compendio delle differenti opinioni e dei diversi orientamenti politici dei XIV secolo. La franca e aspra polemica contro il papato avignonese che il "Venerabilis Inceptor" sostiene con indubbia maestria nel corso degli ultimi vent'anni della sua vita, con l'intento di demolire la dottrina ierocratica, non si traduce in stizzite e incontrollate dispute verbali o in preconcette e astiose invettive contro gli avversari. La volonta' di non arrendersi alle pratiche correnti, di non concedere nulla al conformismo e di non ridurre la politica ad arte della simulazione corrotta e corruttrice, non indulge ad atteggiamenti di narcisismo erudito e di moralismo estetizzante, ma esplicita rigore, incisivita' e onesta' intellettuale.
Il filosofo francescano, che vive la stagione dello scontro politico e dottrinario tra i papi di Avignone e l'imperatore Ludovico il Bavaro, affronta l'annoso e controverso problema dei rapporto tra Stato e Chiesa con il chiaro intento di introdurre nuovi elementi di riflessione: la poverta' come solidarieta', l'equita' naturale, la legge evangelica, il diritto naturale e la liberta' individuale fanno organicamente parte di una filosofia politica che non si limita a criticare la pienezza dei potere papale e a legittimare la piena autonomia dei potere regio o imperiale, ma insiste sulla necessita' di soddisfare istanze soggettive e comunitarie.
Quest'edizione e' curata da Francesco Camastra, che insegna filosofia e storia presso il Liceo Scientifico Annibale Calini di Brescia. Ha pubblicato: Bonaventura da Bagnoregio. Il libero arbitrio, Treviso 1978; La disgregazione dell'Impero carolingio. Teoria e prassi politica nel IV secolo, Brescia 1983; Libido dominandi. La teoria politica da Gregorio Magno a Gregorio VII, Milano 1991.
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