Signori della Notte tornano dunque ad attraversare gli schermi cinematografici,
Non è facile parlare di questo filone. Da quali precedenti
storici partire: dal libro Dracula di Bram
Stoker del 1897, dal film Nosferatu, una sinfonia dell'orrore
di Murnau del 1922 o, a ritroso, dal recente Vampires
di Carpenter? Intersecare questi livelli e rimbalzare da uno all'altro:
interpretazione di uno stesso archetipo - le opere invitano al gioco
sottile del confronto fondato su rapporti di quantità e/o di
qualità che ne accertino analogie e differenze.
Il vampiro non è solo un personaggio, è una maschera:
né vivente, né cadavere, (che nella lingua rumena vale
"non-morto", "non-finito",
"non-consumato") è un'entità inafferrabile alla logica
dell'esclusione (vero/falso, vivo/morto) e come tale tanto più
inquietante in questi tempi di crisi della Ragione. La sua mostruosità
non è solo orrore e brutalità: la suzione del sangue
rimanda per facile analogia a quella estenuante dell'erotismo ai suoi
diversi stadi di sviluppo, fino a quella che i francesi chiamano appunto
la "petit mort" che si rinnova ogni volta nell'uomo. La costante,
sia nel vampiro letterario di Bram Stoker che in quelli cinematografici
come Nosferatu di Murnau (1922), Dracula di Tod Browning
(1930) o Dracula di Terence Fisher (1958), Dracula di
John Badham (1979), Nosferatu di Herzog (1979), Dracula
di Bram Stocker di Francis Ford Coppola (1992), Intervista
con il vampiro di Neil Jordan (1994) è (pensate!) una certa
delicatezza, o quanto meno un'educazione raffinata: Dracula sotto
qualsiasi pseudonimo si celi, rimane un conte! La sua "morte" o rovina
avviene sempre quando si innamora della sua vittima, dunque per eccesso
di sentimento. (Anche se vi sono significative eccezioni, vedi
Dal tramonto all'alba di Robert
Rodriguez, 1996; n.d.r.).
Il vampiro è il diverso, vive di notte, tempo della confusione
e dell'incertezza, quando tutto è sfumato nel buio e i contorni
degli oggetti non sono più definiti e l'ordine sociale sembra
annullarsi temporaneamente. Pur essendo isolato, un escluso, fa in
continuazione progetti per conquistare il mondo.
Fin dalla prima apparizione del volto cereo di Nosferatu, Murnau
volle creare la sensazione orrorifica di un'atmosfera spirituale,
con elementi che pur non essendo pienamente espressionisti, certamente
si avvalgono delle tecniche e delle atmosfere care a quel movimento.
La paurosa avventura, in cui si intrecciano demonicamente immagini
di topi, di navi appestate. di cripte oscure e di neri carri tirati
da veloci cavalli, si sottrae per principio ad ogni interpretazione
naturalistica. Murnau ne sottolinea il carattere irreale, ricorrendo
a visioni stilisticamente perfette, e raggiunge l'effetto di un terrore
che la natura non è in grado di trasmettere.
Il vampiro, creatura delle tenebre e del male, prelude a rivolgimenti
burrascosi, alla liberazione degli istinti repressi, al sorgere di
una nuova era preannunciata dallo svuotamento delle leggi morali e
degli ordinamenti istituzionali. L'anarchia come premessa ad un nuovo
riassetto. La storia ha dimostrato, che "contraddizione", "utopia",
"negazione" non riescono a coesistere e che l'ultima (la negazione)
vince alla fine ma non appartiene, di per sé, né al
capitale né al lavoro. Per negare il cinema bisogna saperne
organizzare la morte, e ciò può avvenire soltanto attraversandolo
in tutto il suo spettro. Un modo di produzione non può essere
negato dall'esterno; dentro la dimensione globale dell'apparato, un
modo di produzione è negato nella misura in cui viene superato
in un altro modo di produzione. Non ci si può sottrarre all'immaginario
collettivo; sarebbe solo illudersi di poter produrre in un deserto.
"La fine della produzione", alla Baudrillard? In un sistema simbolico
dominato dall'"iperrealtà del codice e della simulazione",
in un sistema nel quale la realtà è naufragata, dice
Baudrillard, "l'unica strategia è catastrofica, e niente affatto
dialettica". Dove A è uguale ad A e, ineluttabilmente, due
più due è uguale a quattro, è necessario "spingere
le cose al limite, dove del tutto naturalmente esse si capovolgono
e si sfasciano", dove, in altri termini, alla morte è possibile
opporre niente altro che la morte: la morte del cinema e, infine,
la morte simbolica - la morte del vampiro che viaggia verso l'amore,
alla fine sempre più simile ad un testardo robot, o ad un epifenomeno
del paesaggio.
Tutto il film di Murnau contraddiceva la sua stessa morale: "L'amore
e la luce disperdono fantasmi e terrori". Murnau creava l'atmosfera
di spavento e di orrore con movimenti diretti nettamente verso la
mdp: la forma terrificante del vampiro avanzava, con lentezza esasperante,
dall'estrema profondità di un piano verso un altro, dove diventava
improvvisamente gigantesca. Murnau aveva compreso tutta la potenza
visuale che emana da concatenamento di piani, dosando l'avvicinarsi
del vampiro col mostrare per qualche secondo l'effetto prodotto dalla
sua vista sul giovane atterrito. La visione cinematografica per Murnau
non era mai il risultato del solo sforzo di stilizzazione decorativa:
altra è la fonte della sua fredda armonia compositiva. Egli
ha creato, così, alcune immagini più sconvolgenti, più
lucidamente aggressive dello schermo.
Nel suo Nosferatu la natura partecipava al dramma: con un
raffinato montaggio, la corsa delle onde lasciava prevedere l'avvicinarsi
del vampiro, l'imminenza del destino che avrebbe colpito la città.
Su tutto il paesaggio - colline fosche, fitte foreste, cieli dalle
nuvole frastagliate annuncianti la tempesta - scendeva la nozione
del superumano, malgrado fosse poi un paesaggio straordinariamente,
iperrealmente naturale. Era la grandiosa messa in scena di tutto l'artificio
cinematografico da parte di un regista. Carpenter è il degno
erede, è l'ultimo vero regista dei generi, insofferente all'abuso
degli effetti speciali e al montaggio su computer. Continua a fare
cinema con gli ingredienti più tradizionali ed è l'unico
che sappia dirigere come si faceva una volta: un mito popolare (i
vampiri) e tutta la storia del cinema dell'horror. E' necessario a
questo punto esplicitarlo? - profondamente nietzschiano. Remake: "Le
stesse cose ritornano".