LA CERAMICA DI VIETRI
Da circa cinque secoli a Vietri il tempo è scandito dallandamento
ritmico del piede sulla ruota del tornio per modellare largilla. La
storia della ceramica di Vietri sul Mare risale infatti al 1400, secolo in
cui nacquero le prime botteghe in un casale di Cava dei Tirreni, cittadina
poco distante dal Comune amalfitano, amministrato dallAbbazia benedettina
della Santissima Trinità. Tra i pionieri di questantica arte
ricordiamo Matteo Cassetta, Angelillo Loffredo e Mazzeo Di Stasio che nella
seconda metà del Cinquecento fu lunico vietrese a ricevere la
qualifica di pittore. Nella sua lunga attività di ceramista il Di Stasio
produsse numerosi lavori destinati ai Monasteri. Ricordiamo, ad esempio, i
3000 'quatrelli de creta' lavorati per il Monastero di San Severino di Napoli
ed il pavimento per il Monastero di San Giorgio di Salerno. Oggi, a parte
un catino medioevale custodito nellAbbazia di Cava, il manufatto ceramico
più antico è, molto probabilmente, una targa devozionale del
1627, murata in località Raito, rappresentante un Crocifisso con accanto
San Francesco dAssisi e SantAntonio da Padova. Nel corso dei secoli
uno dei periodi più fiorenti per la ceramica vietrese si ebbe negli
anni Venti e Trenta quando soggiornarono nella piccola località costiera,
fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, numerosi artisti del centro
Europa che lavorarono nelle botteghe dei ceramisti locali dando vita al cosiddetto:periodo
tedesco. In questi anni artisti come Gunther Stuedemann, Richard Dolker, Margarethe
Tewalt e Irene Kowaliska si trovarono gomito a gomito con artigiani del posto
producendo numerose opere dinestimabile valore. Oggi leredità
di questantica arte continua nelle numerose botteghe di artigiani come
Salvatore Autuori, Biagino Cassetta, e tanti altri. E grazie alloperato
di questi artisti oggi Vietri può fregiarsi, per legge dello Stato
italiano, del titolo di Comune di antica tradizione ceramica.
Ma la storia della ceramica di Vietri è scritta anche nel paesaggio
sulle mattonelle inserite nelle murature esterne ed interne delle case o incastonate
nelle viuzze tortuose e talora nascoste dei paesi della costiera. Vietri e
gli altri centri della zona diventano così un museo all'aria aperta,
scandito dalla presenza delle numerose botteghe che testimoniano di un'attività
ancora oggi molto vitale.
I CESTI DI TRAMONTI
I cesti di Tramonti realizzati intrecciando i rami teneri degli alberi di
castagno, sono famosi in tutta la Costiera. L'industria è antichissima
e risale al XII secolo. Negli anni '50 le piccole imprese tramontane erano
unite in una coperativa che esportava i cesti in tutto il mondo.Oggi purtroppo
restano solo pochi artigiani, tutti concentrati nelle frazioni di Corsano,
Figlino e Cesarano.
IL FERRO
In località Ferriera si lavorava il ferro, grazie alla presenza del
fiume Satrono la maggior parte dei mastri ferrari producevano le centrelle,
chiodini di ferro per fissare le suole delle scarpe dei montanari.Nella stessa
località oggi un artigiano lavora il ferro con la stessa abilità
di un tempo creando opere di particolare bellezza.
LA CARTA DI AMALFI
La lavorazione della Carta a mano, prodotta nella Valle dei Mulini e distribuita
nelle altre città campane, era una delle più floride e antiche
attività degli Amalfitani. Le prime notizie di carta amalfitana risalgono
al XIII sec; bisogna ritenere che le cartiere siano sorte molto prima, con
ogni probabilità quando Amalfi raggiunse il massimo splendore. Gli
Arabi importarono e diffusero in Occidente l'uso e la fabbricazione della
carta che essi avevano appreso dai Cinesi. Gli Amalfitani ebbero intensi rapporti
con il mondo arabo e quindi furono i primi europei ad avere conoscenza della
carta nei luoghi originari della sua produzione. La produzione della carta
richiedeva poco tempo; essa era necessaria per le esigenze della vita e gli
Amalfitani pensarono di produrla in patria, sfruttando l'energia idraulica
del fiume Canneto che nasce dai Monti Lattari. La carta a quei tempi veniva
chiamata Charta Bambagina. Secondo un'ipotesi il termine deriva dalla città
araba El Mambig, o secondo un'altra dal nome greco Bambax che significa cotone.
La carta "Bambagina" fu nel 1220 proibita da Federico II ai notai
curiali, il quale impose l'uso della pergamena perché era più
duratura. Nella Valle dei Mulini, alla fine del '700, si contavano 16 cartiere
situate tra agrumeti e cascate d'acqua. Esse sono state un continuo richiamo
per artisti e poeti stranieri che nel corso dell'800 hanno esaltato le bellezze
naturali di questo paesaggio.