(17 Novembre 1997 - P. Giancarlo GOLA)
Stasera ci occuperemo di una parte amplissima (circa il 40%) del Vangelo di Luca; è molto per una singola sera e pertanto non ne potremo leggere che piccoli brani, poiché per leggerla tutta ci metteremmo più di mezza ora. Questo fatto è un guaio, perché è sempre importante leggere il testo, per non parlarne in astratto. Comunque leggeremo solo alcune cose nodali, fondamentali.
Dapprima incorniceremo superficialmente la struttura, la dinamica interna di questa parte, inserita in tutto il Vangelo di Luca; faremo poi una immersione nel testo cercando di vedere la sua struttura vera e propria. Successivamente assumeremo due chiavi di lettura, per scendere ancora più in profondità: la parola "Padre" e la parola "volto" (di Gesù). Infine, dopo la esegesi e la lettura spirituale, daremo posto ad una risonanza, più che lasciare spazio a domande ed a curiosità varie. Vedremo così come la Parola tocchi la nostra esistenza, il nostro cuore.
Se volessimo sintetizzare la struttura generale del Vangelo di Luca, potremmo fare una tabella di tale tipo:
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Due preludi:L’infanzia 1,5-2,52
L’inizio 3,1-4,13
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Il Ministero 4,14-9,50·
Il Viaggio 9,51-19,28·
Passione e Morte 19,29-24,53Come si può vedere ci sono due preludi introduttivi: l’Infanzia e poi l’Inizio (l’Archè come viene detta in greco) con il trittico classico dei sinottici: Battista, Battesimo, Tentazioni.
L’Infanzia si conclude con Gesù a Gerusalemme nel Tempio: un Gesù dodicenne "resiste" a Gerusalemme.
L’Archè si conclude con le Tentazioni sul pinnacolo del Tempio; anche qui il Tempio.
Rispetto a Matteo, Luca sposta l’ordine delle Tentazioni per concludere col Tempio, cioè con Gerusalemme.
Dopo i due preludi c’è il corpo del Vangelo (il Ministero di Gesù) che comincia in Galilea (infatti l’annuncio del Regno comincia dalla Galilea), poi il grande Viaggio (la nostra grande pericope di stasera) ed infine il Vangelo si conclude con la Passione e Morte in Gerusalemme.
In Luca le manifestazioni del Risorto sono in Gerusalemme e non in Galilea come per Matteo.
Guardando a tutto il complesso dell’opera lucana in due volumi si può osservare che con gli Atti si ricomincia da Gerusalemme e si va fino agli estremi confini della terra.
Pertanto Gerusalemme è al centro di tutta l’opera lucana.
Il racconto stesso del Vangelo si apre a Gerusalemme (Zaccaria nel Tempio) e si chiude nel Tempio dove i discepoli, dopo l’Ascensione vanno a lodare Dio.
Luca evita, inoltre, di far uscire Gesù in territorio pagano, puntando tutto al territorio palestinese.
Il Viaggio è enorme (il 40% di tutto il Vangelo, come abbiamo già detto) e Luca vi inserisce il grande inciso, una parte enorme di materiale che non è marciana: dalla "Quelle" e dalla sua fonte propria.
Per chi volesse approfondire, si consiglia di leggere: Silvano Fausti - "Una comunità legge il Vangelo di Luca", che presenta una traduzione più letterale, più grezza.
Vediamone ad esempio i primi versetti, relativi al Viaggio (9,51-56):
"Ora avvenne: mentre stavano per compiersi i giorni del suo essere levato, allora egli indurì il volto per camminare verso Gerusalemme. E inviò angeli davanti al suo volto. E, camminando, entrarono in un villaggio di samaritani per preparare per lui. E non lo accolsero, perché il suo volto era in cammino verso Gerusalemme. Ora, visto, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: "Signore, vuoi che diciamo che un fuoco scenda dal cielo e li distrugga? ". Ora, voltatosi, li sgridò: "Non sapete di che spirito siete: il Figlio dell’uomo non venne a perdere le vite degli uomini, ma a salvarle ". E camminarono verso un altro villaggio."
Risuona per quattro volte il termine "volto"; la decisione di andare a Gerusalemme è resa da "indurì il volto".
Ci sono reminiscenze bibliche: il profeta che con coraggio affronta un uditorio ostile "indurisce il volto"; inoltre il termine "levato" fa pensare all’Ascensione.
Gesù viene respinto da un villaggio samaritano.
Questo episodio fa pendant a quello di Gesù a Nazaret nella sinagoga col rifiuto dei galileiani, il terzo rifiuto sarà la condanna a morte a Gerusalemme.
I rifiuti però non chiudono mai alla speranza; i discepoli vogliono invocare la distruzione del villaggio, ma Gesù si oppone, poiché lui è venuto per salvare non per perdere gli uomini.
Sulla croce la sua morte sarà l’inizio della conversione (Lc 23,48):
"Anche tutte le folle che erano accorse a questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornavano percuotendosi il petto."
Il rifiuto non interrompe il cammino della salvezza.
A metà viaggio ritroviamo l’apostrofe su Gerusalemme (Lc 13,31-35):
"In quel momento si avvicinarono alcuni farisei a dirgli: "Parti e vattene di qui, perché Erode ti vuole uccidere ". Egli rispose: "Andate a dire a quella volpe: Ecco, io scaccio i demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno avrò finito. Però è necessario che oggi domani e il giorno seguente io vada per la mia strada, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme.
Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa vi viene lasciata deserta! Vi dico infatti che non mi vedrete più fino al tempo in cui direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore! "."
A metà viaggio, dicevamo, c’è l’apostrofe a Gerusalemme, ma c’è anche la speranza rappresentata dall’invocazione di benedizione del Salmo 118; l’accecamento non è quindi definitivo, il dramma del rifiuto è assieme alla speranza.
Uno dei temi centrali è il rapporto tra Gesù ed Israele incredulo: questo rapporto è rappresentato dalle controversie che si alternano alle istruzioni ai discepoli. Il tema del rapporto Gesù-Israele-Pagani-Chiesa si risolverà solo alla fine degli Atti.
In questo rifiuto emerge il rapporto Gesù-Israele.
Altro aspetto ecclesiale è il rapporto Gesù-Discepoli, in cui Gesù insegna; c’è la trasparenza narrativa, cioè nella pericope (episodio di allora, del tempo in cui Gesù insegnava) traspare la situazione di oggi (tempo in cui scrive Luca): la comunità è in cammino verso il Regno, come lo era Gesù verso Gerusalemme.
Subito dopo la sezione letta dell’inizio del Viaggio ci sono tre brevi episodi di vocazioni (molto duri):
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"Ti seguirò dovunque tu vada" (Lc 9,57)·
"Seguimi" (Lc 9,59)·
"Ti seguirò, Signore" (Lc 9,61)Viene poi la missione dei settantadue (Lc 10,1), che fa da doppione alla missione precedente dei dodici (Lc 9,1-2), simboleggiando la apertura ai pagani; è un annuncio vero e proprio.
Vocazione e missione ci immettono in una dimensione ecclesiale.
L’insegnamento parenetico (esortativo) è con una serie di temi:
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l’amore verso il prossimo (Lc 10,29-37) Parabola del buon Samaritano·
l’ascolto della Parola (Lc 10,38-42) Marta e Maria·
l’umiltà (Lc 17,7-10) I servi inutili (=senza diritti)I due temi che però interessano di più a Luca sono:
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la preghiera (Lc 11,1-13) Il Padre Nostro(Lc 18,1-8) Il giudice iniquo e la vedova importuna
(Lc 18,9-14) Il fariseo ed il pubblicano
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la condivisione, l’amore verso i poveri (che occupa tutta una parte del capitolo 12e poi ancora nei capitoli 16,18 e 19.)
Alla fine c’è una serie di figure negative:
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il ricco stolto (Lc 12,16-21)·
l’epulone (Lc 16,19,31)·
il giovane ricco (Lc 18,18-23)e, finalmente in positivo, il ricco che si salva condividendo:
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Zaccheo (Lc 19,1-10)La preghiera più che kerigmatica è parenetica, di istruzione, esortativa, come nella sinagoga di Nazaret (Lc 4,21):
"oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi."
All’immagine della visita di Dio (amicizia) si sostituisce quella del cammino; non bisogna però forzare questi schemi.
Cosa muove nel Viaggio?
La polemica con Israele incredulo.
Cerchiamo di andare più a fondo. Per strutturare meglio la sezione del Viaggio, potremmo cercare lì dove è detto esplicitamente che Gesù cammina verso Gerusalemme:
"Si diresse decisamente verso Gerusalemme" (Lc 9,51)
"Mentre camminava verso Gerusalemme" (Lc 13,22)
"Durante il viaggio verso Gerusalemme" (Lc 17,11)
"Salendo verso Gerusalemme" (Lc 19,28)
Queste quattro affermazioni dividono tre sezioni che in seguito indicheremo per comodità con A,B e C.
Anche altre volte si dice che Gesù che Gesù cammina o si nomina Gerusalemme, ma i testi dove si dice che Gesù va verso Gerusalemme sono solo questi.
La sezione A (Lc 9,51-13,21)
La prima sezione (A), con il rifiuto del villaggio samaritano, trova il suo fulcro nel termine "essere figlio".
Il testo chiave è (Lc 10,17-42), in modo particolare l’inno di giubilo (Lc 10,21-22):
"In quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: "Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli.
Sì, Padre, perché così è a te piaciuto. Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare. "."
C’è questa rivelazione del Figlio e del Padre, del loro rapporto che prova l’esultanza di Gesù, inoltre c’è una affermazione a favore degli "infanti" (letteralmente cioè di quelli che non sanno ancora parlare) o per i discepoli che possono entrare anche loro nella figliolanza.
Il testo continua nella sezione del grande comandamento (Lc 10,25):
"Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?"
Dalla risposta che per entrare nella figliolanza bisogna amare Dio ed il prossimo nasce la parabola del buon samaritano per chiarire il concetto di prossimo.
Non è solo l’indicazione su chi sia il prossimo; lo spiazzamento che opera Gesù è:
"Va’ e anche tu fa lo stesso.", come a dire: "Tu fatti prossimo!
In trasparenza c’è il vivere l’esperienza di essere io l’uomo mezzo morto e qualcuno (Gesù) mi si è fatto vicino (prossimo) per compassione. L’interpretazione è patristica.
Nel testo greco di Luca troviamo letteralmente: "E a me chi mi è vicino?".
Gesù mi apre alla fraternità in questo testo.
La sezione continua con una parte sulla preghiera preannunciata dall’episodio di Marta e Maria.
La preghiera dove mi fa entrare?
Nella figliolanza (la sezione comincia col "Padre") e nella fraternità ("Nostro").
La preghiera ci libera dal demonio (Beelzebùl) muto che ci impedisce di vivere la figliolanza.
In 11,23 troviamo: "Chi non è con me, è contro di me".
Non ci può essere via di mezzo, o vivere la figliolanza oppure no!
La preghiera diventa luogo di discernimento (Lc 11,14) fino alla fine del capitolo (Lc 11,54).
La parte successiva, che va da 12,1 fino a 13,21 , è l’insegnamento a vivere la figliolanza in rapporto alle cose; questa parte è una "inclusione" (pezzo riconoscibile da inizio e fine eguali, con la stessa parola) sul "lievito" dei farisei
"Guardatevi dal lievito dei farisei che è l’ipocrisia"
e sul "lievito" del Regno
"A che cosa rassomiglierò il regno di Dio? E’ simile al lievito che una donna ha preso e nascosto in tre staia di farina, finché sia tutta fermentata."
L’essere figli lo vedi da come ti rapporti ai soldi: c’è inoltre una contrapposizione tra l’ipocrisia ed il lievito che fermenta.
Poi c’è la guarigione della donna curva (Lc 13,10-17); l’uomo curvo, che vive secondo la logica dei farisei, contrapposto all’uomo mosso dal lievito del Regno. In questo brano c’è un riquadro con un primo gesto di liberazione (tipico di Luca) da parte di Gesù che guarisce la donna curva.
Finisce qui la sezione A; ricapitolandola:
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9,51-10,42 La figliolanza·
11,1-13 La preghiera (che ci fa entrare nella figliolanza e nella fraternità)·
11,14-54 La liberazione ed il discernimento·
12,1-13,21 L’insegnamento a vivere la figliolanza in rapporto alle coseLa sezione B (Lc 13,22-17,11)
In questa sezione la chiave è l’immagine del banchetto (ce ne sono due; banchetto si lega a casa in cui si fa il banchetto) e l’immagine della misericordia.
Una prima parte si aggancia abbastanza alla figliolanza, cioè vivere la figliolanza nel tempo come occasione per convertirci.
C’è l’immagine di una sala in cui si mangia il pane del regno. All’inizio del capitolo 14 un capo dei farisei lo invita a pranzo e Gesù parla del banchetto: l’accoglienza, il banchetto del regno diventa in 14,15: "Beato chi mangerà il pane nel regno di Dio".
Culmina così nel banchetto escatologico; questo è il banchetto per il figlio perduto, banchetto in cui il padre vuole che tutti entrino.
Ma come entrare in questa sala?
Passando per la porta stretta.
In questa sezione B si descrive la lotta per entrarci.
Nel capitolo 14 c’è una tensione tra la necessità di entrare e l’impossibilità di farlo.
In questo banchetto è difficile entrare, ma bisogna farlo: è questione di vita o di morte!.
Da una parte la porta è stretta, dall’altra il Signore vuole che la casa si riempia.
C’è una impasse!
Qua si colloca la seconda guarigione (l’idropico); gonfio d’acqua non riesce ad entrare per la porta stretta, allora Gesù sgonfia l’idropico!
Al capitolo 15 la tensione si scioglie e il padre imbandisce il banchetto per il figlio perduto e ritrovato ed invita anche il figlio maggiore. Entrerà anche lui? Forse no.
Questo è il cuore della misericordia (gioia del padre); la parabola è per scribi e farisei che non vogliono entrare.
Nel capitolo 14 c’era la gratuità del banchetto nuziale, in cui sono invitati i poveri; tutto tende al capitolo 15 che è il centro del Vangelo di Luca.
Il capitolo 16 è ancora una spiegazione ai discepoli su come vivere la misericordia, sperimentata nella loro vita; prima era detta a scribi e farisei, ora alla comunità.
In 17,1-10 si vede come la misericordia sia l’anima della comunità, sia nei rapporti interni che in quelli esterni.
Nel capitolo 16 la misericordia aveva toccato il rapporto coi beni, inglobato nelle parabole dell’amministratore astuto contrapposto all’uso stolto dei beni, Lazzaro contrapposto al ricco epulone; la misericordia diventa il rapporto coi beni.
C’è una logica profonda che lega la figliolanza alla misericordia e poi questa all’uso dei beni, cioè trovare la misericordia all’interno della comunità.
La sezione C (Lc 17,11-19,28)
Vediamo l’ultima parte; qua si punta decisamente su Gerusalemme.
Nella prima tappa che ci porta a Gerico emerge più che mai che solo Gesù può compiere questo viaggio. Per noi è impraticabile!
C’è un ulteriore gesto di liberazione a favore di dieci lebbrosi di cui solo uno torna a ringraziare: è un samaritano.
Già il Salmo 24 diceva che solo i puri (di cuore) possono andare a Gerusalemme; Gesù invece manda i lebbrosi a Gerusalemme già prima di guarirli.
E’ lui il samaritano che viene a prendersi addosso la nostra lebbra e permette a noi di andare a Gerusalemme.
E’ la prima volta che qualcuno (in Luca) chiama Gesù per nome.
In questa pericope siamo chiamati, nonostante il fatto che noi siamo lebbrosi, a diventare bambini o siamo chiamati a tramutarci da farisei a pubblicani o da ricchi a Zaccheo.
La guarigione dei lebbrosi fa venire in mente la guarigione, ad opera di Eliseo, di Nàaman la cui carne diventa come quella di un giovinetto (2 Re 5,14).
E così poi anche Zaccheo si converte.
La povertà gioca un ruolo profondo.
Al centro tra il giovane ricco e Zaccheo si inserisce l’ultimo dei segni: la guarigione del cieco (Lc 19,35-43); è l’unico cieco di Luca, mentre in Marco ci sono due ciechi guariti: uno a Betsàida (Mc 8,22-26), l’altro a Gèrico (Mc 10,46-52).
Il cieco è il secondo che chiama Gesù per nome; l’episodio è preceduto da due accecamenti: il giovane ricco ed i discepoli che si chiudono all’annuncio della passione.
Zaccheo è il cieco guarito ( = come il cieco viene guarito dalla sua infermità fisica, così Zaccheo viene guarito dalla sua infermità morale e si converte).
L’altra pericope (Lc 19,11-28) è quella dei talenti: il regno viene oggi per chi come Zaccheo si converte alla misericordia ed accoglie il suo Salvatore.
Ricordiamo le quattro guarigioni incastonate in questo Viaggio: la donna curva, l’idropico, i dieci lebbrosi ed il cieco.
Questi ultimi (uno dei dieci lebbrosi ed cieco) lo chiamano per nome come farà sulla croce anche il buon ladrone.
La sezione C qui finisce; questo è il pezzo decisivo di strada per Gerusalemme.
La parola "Padre"
Nel Vangelo di Luca la parola "Padre" fa da inclusione a tutto il Vangelo.
Le prime parole che Gesù (dodicenne che "resistette" nel Tempio tra i dottori della Legge) dice sono (Lc 2,49):
"Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?"
(letteralmente "Non sapevate che nelle cose del Padre mio bisogna che io sia?)
Le ultime parole sulla croce sono (Lc 23,46):
"Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito.
Prima ancora, sempre sulla croce, aveva detto (Lc23,34):
"Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno."
Anche tutta la crocifissione è un’inclusione.
Al centro del Vangelo c’è la parabola del Padre (Lc 15,11-32); qua la parola "Padre" viene fuori dodici volte.
Dove si rivolge a Dio chiamandolo Padre?
Lo abbiamo già letto nella relazione Padre-Figlio (Lc 10,21-22); è la prima volta che lo fa (direttamente rivolgendosi a lui) e lo fa cinque volte.
Poi c’è il Padre nostro (Lc 11,2).
Tutto questo ci permette di vedere che tutto il Vangelo è una andata al Padre; il cammino verso Gerusalemme è una ricerca del "perduto", perché tutti siano nel banchetto, perché le case siano piene, perché tutti siano ritrovati.
E per trovare tutti si perde Gesù!
Anche il malfattore sulla croce viene ritrovato, proprio al tempo in cui chiama Gesù per nome.
Anche la parabola del buon samaritano è un andare in cerca del figlio perduto per portarlo alla locanda (il "pandocheiòn = che tutti accoglie).
Gesù se lo carica come un asino; è Gesù l’asino, asino che troviamo nella natività e nell’ingresso a Gerusalemme.
Questo aspetto del Padre si trova innanzitutto in 9,51-10,42 (nel Padre nostro, nei gigli del campo etc.), poi massicciamente nel capitolo 15 con le tre parabole della misericordia (la pecora perduta, la dracma perduta e il figlio perduto) ed infine nel termine "bambini" che ci rimandano al Padre dei bambini.
La parola "volto"
Ricordiamo il testo letto all’inizio con la traduzione letterale ("indurì il volto").
Queste due grandi sezioni fino al capitolo 9 sono state interpretate come la catechesi dell’ascolto e della visione.
Nella prima parte Gesù cerca di parlare, cerca di essere un maestro che parla, a cui corrisponde l’ascolto.
Luca, che è medico, cerca di guarirci le orecchie; ma c’è un blocco in 9.51 .
In 9,43-45 c’è un annuncio di Passione, ma c’è il rifiuto dei discepoli che non vogliono capire.
L’ascolto è grippato; non si riesce a guarire le orecchie.
A questo punto emerge il "volto".
In questa situazione puoi trasformarti in spettatore e guardare il "volto" (di Gesù), in cui puoi vedere l’ascolto (Lui sì che ascolta!) e puoi vedere che nell’ascolto Gesù è il Figlio obbediente (infatti "obbedire" da "ob-audire" significa etimologicamente ascoltare bene).
Il Figlio è colui che ascolta, che obbedisce.
Il "volto" si trasfigura.
Il cammino va verso la passione; l’ascolto di Gesù è un accogliere questo cammino.
E noi spettatori possiamo vedere questo ascolto, possiamo vedere il suo "volto" illuminato.
La seconda parte è parenetica, cerca di modificare il comportamento.
La vita cristiana scaturisce dalla visione di questo "volto".
Guardandolo diventi capace anche tu, come Gesù, di ascoltare Dio Padre.
Il "volto" si illumina di un sorriso; qua è la prima volta che lo chiama Padre.
Quindi in questa parte "volto" di chi, Figlio, ascolta il Padre e si apre al sorriso.
Il suo "volto" anche guardando i piccoli si illumina di un sorriso.
Nell’apostrofe a Gerusalemme (Lc 13,31-35) "volto" che si commuove in un lamento per la impossibilità di fare qualcosa per la città.
Poi (Lc 19,29-44), immediatamente dopo l’ingresso in Gerusalemme, "volto" che piange.
Queste lacrime del "volto" sono da contemplare!
In tutta la Passione Gesù è il "piangente" (suda anche sangue!) e il pianto di Pietro fa da pendant.
Il "volto" velato, picchiato, sputato ci presenta un’altra dimensione: dopo il sorriso viene il lamento ed il pianto.
Questo ci apre alla vergogna.
Gesù appare come l’innocente che si vergogna, perché è annoverato coi malfattori, è solidale coi malfattori.
E’ schierato dalla parte sbagliata, caricato della stessa nostra vergogna, come già nel Battesimo.
Proprio perché si vergogna, stabilisce un rapporto con noi: lo scopro fratello e lo posso chiamare per nome come fa il ladrone (che non è "buono", è cattivo come l’altro, ma si lascia commuovere dal "volto" di Gesù).
La Morte si conclude con lo Spirito (23,46); siamo risucchiati nello Spirito, nel rapporto Padre-Figlio, nella relazione di ascolto e di obbedienza.
E’ la forza nuova dello Spirito.