(3 Novembre 1997 - D. Marco VIRONDA)
Esamineremo stasera principalmente i primi due capitoli del Vangelo di Luca.
Leggiamo Lc 2,16-18:
"Andarono dunque senz’indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro, Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano."
Chi legge il Vangelo però non deve stupirsi; c’è differenza infatti tra i personaggi del racconto ed il lettore.
Luca si rivolge a chi ha ricevuto il primo annuncio, a chi è stato già catechizzato, e vuole mostrargli la solidità degli insegnamenti ricevuti; infatti all’inizio del Vangelo scrive (Lc 1,3-4):
"Così ho deciso anch’io di fare ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi e di scriverne un resoconto ordinato, illustre Teofilo, perché ti possa rendere conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto."
Per il cristiano quindi non c’è nulla di nuovo; la novità consiste proprio nell’approfondimento del primo annuncio.
Parliamo dei primi due capitoli di Luca; si vuole offrire stasera qualche chiave di lettura, affinché la lettura sia più comprensiva.
Dopo la conferenza, però, bisognerà rileggere i primi due capitoli e forse anche qualcos’altro in più per meglio fissare i concetti.
C’è una differenza tra i primi capitoli del Vangelo (infanzia di Gesù) e quelli successivi (maturità di Gesù) sia nel modo di raccontare, che nell’atmosfera che si percepisce; inoltre la differenza è anche nella base storica, scientificamente parlando.
Per tutti gli eventi, infatti, del ministero di Gesù si pensa a testimoni oculari, invece qui per l’infanzia non ci sono testimoni oculari, perché i personaggi del racconto o scompaiono definitivamente dopo essere apparsi o, anche se ritornano, sembrano non ricordarsi più nulla di quanto accaduto precedentemente.
Di fronte ad una parte che si distingue dal resto del racconto ci chiediamo:
Perché sono stati scritti?
Perché sono stati inseriti proprio qui e non da qualche altra parte?
In un film poliziesco, ad esempio, lo spettatore conosce i fatti del passato man mano che l’investigatore li scopre; raccontare in ordine cronologico i fatti significherebbe far scoprire il colpevole fin dall’inizio del film e quindi sarebbe controproducente ai fini della narrazione.
Qui invece si sa già quello che si dice; non è questa la novità.
Questi capitoli non si trovano in Marco ed in Giovanni. Perché?
Matteo e Luca hanno avuto la esigenza di aumentare all’indietro il racconto della vita di Gesù.
Per rispondere alla domanda ci allacciamo alla storia della fede ed alla riflessione delle prime comunità. In un primo tempo dopo la Morte-Risurrezione e prima dei Vangeli scritti (il tempo circa delle lettere autentiche di Paolo) per evidenziare l’identità di Gesù si guardava al mistero pasquale.
Ci si chiedeva, infatti: Chi è Gesù? Il Figlio di Dio.
Cosa può fare per noi? Essere il nostro Salvatore.
Per conoscere quindi l’identità di Gesù ci si rivolgeva insomma alla Morte-Risurrezione, evento che aveva cambiato non solo la vita di Gesù, ma anche quella della comunità.
I primi cristiani hanno fissato la loro attenzione sul mistero pasquale, con il quale Dio aveva proclamato, costituito Signore e Messia quell’uomo (Gesù) che aveva camminato per le strade della Palestina e che era stato crocifisso.
Paolo scrive (Rm 1,1-4):
"Paolo, servo di Gesù Cristo, apostolo per vocazione, prescelto per annunziare il vangelo di Dio, che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture, riguardo al Figlio suo, nato dalla stirpe di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti, Gesù Cristo, nostro Signore."
Gesù era dunque uno a cui Dio teneva tanto da dargli la vita eterna mediante la Risurrezione.
L’attenzione era fissata quindi dapprima sulla Risurrezione.
Poi si è riconosciuto nella fede che colui che era risorto e si era manifestato come Figlio di Dio doveva esserlo già prima della Risurrezione quando camminava per le strade della Palestina e proclamava il regno di Dio; era Messia, dunque, già prima.
Confrontiamo i tre brani dei sinottici della professione di fede di Pietro.
Mc 9,29:
"Ma egli replicò: "E voi chi dite che io sia? ". Pietro gli rispose: "Tu sei il Cristo"."
Mt 16,15-16:
"Disse loro: "Voi chi dite che io sia?". Rispose Simon Pietro gli rispose: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente"."
Lc 9,20:
"Allora domandò: "Ma voi chi dite che io sia? ". Pietro, prendendo la parola, rispose: "Il Cristo di Dio "."
Il Vangelo di Marco è la storia di colui che non viene riconosciuto neppure dai discepoli fino a quando non risorge; con Marco ecco il passo dalla Risurrezione alla vita precedente, dal mistero pasquale alla vita adulta di Gesù.
Successivamente con Matteo e con Luca da una parte i discepoli riconoscono oltre che lui è il Messia e lo chiamano Signore, anche che è il Figlio di Dio e quindi la ricerca della sua identità si sposta ancora più indietro. Si guarda pertanto alla sua nascita, al suo concepimento.
Questo è il risultato dello sforzo e della riflessione della comunità cristiana: riconoscere tutto questo (Gesù = Cristo = Messia) sin dall’inizio. Matteo e Luca dichiarano sin dall’inizio chi sia il protagonista, mentre Marco deve aspettare il Battesimo.
Giovanni sposta ancora più indietro il tempo, perché Gesù è il Verbo, esistente addirittura prima della creazione, anzi è lui la Parola creatrice.
C’è uno spostamento quindi sempre più a ritroso nel tempo.
I racconti quindi si trovano solo in alcuni testi.
Paolo ne parla poco; dice solo (Gal 4,4): "nato da donna", che non è un riferimento a Maria, ma solo all’umanità di Gesù.
Se possiamo dire chi è Gesù già dalla nascita, allora anche questi racconti sono "Vangelo", cioè sono una buona notizia.
Matteo fa anche la interpretazione del nome di Gesù (= Dio salva) ricollegandolo alla profezia di Isaia (Mt 1,22-23):
"Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio
che sarà chiamato Emmanuele,
che significa Dio con noi."
Dio è con noi (=Emmanuele) e quindi ci salva (=Gesù).
Questi racconti sulla persona di Gesù diventano un pezzo di Vangelo, anzi uno studioso, il Brown, dice: "sono l’essenza della storia del Vangelo, in miniatura".
In parte abbiamo risposto al perché questi racconti siano stati introdotti da Matteo e da Luca: per approfondire la riflessione su Gesù.
Ma ci sono altre motivazioni: una comprensibile curiosità sulla persona di Gesù.
Che cosa ha fatto prima della sua missione? Come si chiamano i genitori?
Di quale discendenza è? Dove è nato?
Non sono curiosità storiche, ma teologiche; infatti che sia discendente di Davide dice qualcosa sul Messia e così anche il fatto che sia nato a Betlemme; infatti Matteo riporta la profezia di Michea (Mt 2,5-6):
"E tu, Betlemme, terra di Giuda,
non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda;
da te uscirà infatti un capo
che pascerà il mio popolo, Israele."
Il fatto del concepimento verginale poi, senza un padre umano, è per sottolineare il rapporto speciale che Gesù ha con Dio: sarà chiamato Figlio di Dio.
E’ un tentativo di leggere sin dall’inizio la meraviglia della sua esistenza.
Il fatto di descrivere la sua nascita significa che è sicuramente un uomo; nel Credo diciamo di Gesù che è "Dio vero .... si è fatto uomo".
Ricordiamo che tra le eresie dei primi secoli ce n’era una che lo voleva solo Dio.
Anche noi diciamo spesso, a nostra giustificazione, che Lui sì che poteva (perdonare, amare i nemici etc.) perché era Dio; noi invece non lo siamo e quindi siamo esentati. La scusa è puerile!
Lui è stato curato, fasciato, nutrito come è successo ad ognuno di noi: era un uomo esattamente come noi.
Si può notare un parallelo tra la storia di Giuseppe, il padre putativo di Gesù, e Giuseppe, figlio di Giacobbe: entrambi fuggono in Egitto.
Un altro parallellismo è tra la storia di Mosè e la vicenda di Gesù: entrambi sfuggono alla minaccia di eliminare tutti i figli maschi; si dice inoltre che Gesù è il nuovo Mosè che dà la nuova Legge e fonda la Nuova Alleanza (=Testamento).
Tutte queste riflessioni servivano alla comunità cristiana per comprendere chi fosse Gesù, la sua identità e la sua missione.
C’è poi la memoria degli eventi accaduti; non sono solo riflessioni, ci sono anche le basi storiche; questi dati però non coincidono col dettaglio dei racconti dell’infanzia di Gesù.
Nella scena dell’annunciazione a Zaccaria (Lc 1,5) si legge:
"Al tempo di Erode, re della Giudea";
sei mesi dopo c’è l’annunciazione a Maria e dopo altri nove mesi c’è la nascita di Gesù, quindi era passato in tutto poco più di un anno, quando leggiamo (Lc 2,1-2):
"in quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio."
Ora storicamente sappiamo che Quirinio era governatore della Siria dieci anni dopo la morte di Erode e quindi i dati non coincidono.
Si conferma così che quando Luca vuole assicurarci della solidità della sua narrazione, questo non significa che tutti i dettagli che riporta siano storicamente attendibili.
La solidità della nostra fede non dipende di dettagli, altrimenti poiché Matteo riporta in modo differente, noi diciamo: "Chi ha detto la verità ? ".
Il messaggio non è quello del dettaglio; ma allora ci si può chiedere perché ci sia il dettaglio.
La risposta è semplice: la scenografia vuole la sua parte!
I dettagli servono per dare un senso teologico, che quello che Luca vuole far scoprire al suo lettore. Anche noi dobbiamo arrivare a questo senso teologico.
Come per il resto del Vangelo, anche per questi capitoli Luca aveva le tradizioni precedenti (orali), da cui attingeva per annunciare il Vangelo. Elaborando tali tradizioni, Luca ha composto il suo Vangelo.
Anche per questi due capitoli ci sono dunque alcune tradizioni che risalgono ad un tempo anteriore; ci sono alcuni dati che difficilmente, diremmo impossibilmente, sono invenzioni di Luca ed infatti sono uguali in Matteo.
Maria è la madre di Gesù per i quattro evangelisti, ma che Giuseppe non sia il padre effettivo lo dicono solo Matteo e Luca.
La nascita a Betlemme e la discendenza davidica hanno buone probabilità di essere dati storici: Luca li ha ricevuti dalla tradizione e li ha elaborati.
Si collega così Gesù al suo popolo: Gesù è colui che nella sua persona rivive tutta la storia di Israele. E’ lui il compimento delle Scritture, delle attese, delle promesse.
Vediamo tutti i vari episodi di questi capitoli dell’infanzia.
Il primo è l’annunciazione a Zaccaria; pare che il nome dei genitori di Giovanni sia giunto dalla tradizione. Successivamente non vengono più richiamati; potrebbero essere un’invenzione se fossero poi utilizzati dal racconto.
Viene posta in rilievo, per confronto, la figura di Gesù; Giovanni, il suo precursore, era di stirpe sacerdotale e rappresenta la consapevolezza di Israele della attesa di Gesù.
Negli Atti si dice che si convertirono un certo numero di sacerdoti; già prima dice Luca alcuni hanno preparato la sua venuta: Zaccaria, Elisabetta, Giovanni.
La annunciazione a Zaccaria è presentata in quel modo per la abilità di Luca; egli sa dall’Antico Testamento che così si fanno gli annunci.
L’annuncio a Zaccaria è ispirato dall’annuncio a Maria, per costruire un parallellismo.
In questi primi capitoli si nota infatti un parallelo tra Giovanni e Gesù.
La scena dell’annunciazione a Zaccaria è seguita da quella dell’annunciazione a Maria; così poi nascita, circoncisione, imposizione del nome e scena di chi si rallegra per l’evento sono tutte scene che valgono sia per Giovanni che per Gesù. Perché?
Per mettere a confronto i due personaggi, per far emergere somiglianze e differenze: Giovanni è venuto a preparare, Gesù a compiere.
Il modo in cui Luca ha raccontato questi annunci è preso dall’Antico testamento, ma ci sono elementi nuovi: la nascita verginale è una di queste novità.
Anche la descrizione delle azioni future del bambino è una novità, infatti non c’è nulla di simile nell’Antico Testamento (vedi le nascite di Ismaele, Isacco, Sansone).
I Cantici
Ci sono nei primi due capitoli dei Cantici:
1.Il Magnificat (Annunciazione)
2.Il Benedictus (Visitazione)
3.Il Gloria (Annuncio ai pastori)
4.Il Nunc dimittis (Presentazione al Tempio)
Uno dei quattro è addirittura in bocca agli angeli (il Gloria):
""Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e pace in terra agli uomini di buona volontà "."
La traduzione è infelice, perché la "buona volontà" è quella di Dio; significa "agli uomini che Dio ama".
I cantici si staccano dal contesto perché interrompono il fluire del racconto; essi sono stati originati dalla comunità cristiana che li cantava durante le cerimonie liturgiche per esaltare i fatti di Gesù.
Luca li assume e li mette nei racconti dell’infanzia. Perché?
Sono come per i discorsi degli Atti, che spiegano ciò che è successo precedentemente.
Maria esulta e spiega cosa Dio ha fatto; così per Zaccaria, per gli, angeli e per Simeone.
Abbiamo fatto divagazioni storiche, parlando delle tradizioni orali e delle successive elaborazioni. Chiediamoci ora quale ruolo abbiano questi capitoli nell’intero Vangelo ed in tutta l’opera di Luca. Se li togliamo, cambia qualcosa?
Potremmo semplicisticamente rispondere che sarebbe come il Vangelo di Marco che non parla dell’infanzia di Gesù; ma la vera risposta è più complessa.
Riprendiamo il confronto tra Giovanni e Gesù, ricordando la tecnica dell’ottimo narratore Luca.
Non possiamo leggere il Vangelo come un articolo di sport e non solo per il rispetto che dobbiamo al Vangelo, rispetto che dovrebbe essere esattamente lo stesso di quello che portiamo all’Eucaristia.
Non possiamo, dicevamo, anche per il modo in cui Luca ne parla; infatti, se ti obbliga a fare un confronto, significa che Luca vuole un dialogo con te, vuole che tu faccia una lettura attiva, altrimenti non stai al gioco di Luca.
Egli vuole farci riflettere: il confronto tra Giovanni e Gesù serve alla tua riflessione. Luca non ci dice che Gesù è più grande di Giovanni; sei tu lettore che lo devi capire da come Luca racconta.
Luca ha articolato i primi due capitoli con una doppia successione di sette scene parallele.
Prima serie:
1. La presentazione dei genitori
2. La apparizione dell’angelo
3. Il senso di inquietudine
4. Il discorso dell’angelo sul bambino
5. La domanda
6. La risposta dell’angelo
7. La reazione di gioia della madre
Dopo una scena cerniera con la Visitazione ed il Magnificat c’è un altro ciclo di sette scene:
1. La nascita
2. La reazione della gente che si rallegra
3. La reazione di stupore e di paura
4. La circoncisione
5. L’inno o profezia
6. L’accenno alla crescita del bambino
7. L’accenno al luogo di abitazione (che per Gesù viene ampliato)
Il parallellismo continua nei capitoli successivi; ad esempio nel capitolo terzo c’è la presentazione di Giovanni e di Gesù (con la sua genealogia), la loro missione (con le tentazioni per Gesù). Il Vangelo di Luca pone in parallelo le due figure ben oltre i primi due capitoli e va fino a Lc 4,13 .
A che servono questi quattro capitoli scarsi?
Essi non solo pongono all’attenzione del lettore il confronto tra Giovanni e Gesù, ma gli ricapitolano tutto quello che il lettore ha conosciuto su Gesù durante la sua catechesi.
Il lettore sa che Gesù è il Figlio di Dio e nasce da Maria, sa chi è il popolo di Gesù, sa che Gesù toglie (=si assume) i peccati del mondo, etc. .
Luca richiama alla mente del lettore tutto ciò che questi ha già appreso nella catechesi.
Tutto il racconto di Luca è la realizzazione delle promesse o delle predizioni; viene portato avanti uno schema di questo tipo:
Promessa ® Realizzazione
Questo a tutti i livelli.
Rispetto all’Antico Testamento: gli eventi si presentano come la realizzazione delle profezie; ad esempio gli annunci a Zaccaria ed a Maria sono fatti con parole prese dall’Antico Testamento. Le citazioni si possono riconoscere benissimo (vedere le referenze marginali, i rimandi laterali, della Bibbia di Gerusalemme).
L’angelo viene a dire che le profezie ora si compiono in colui che nascerà da te.
Lo stesso vale per il resto del Vangelo; lo stesso risorto dice (Lc 24,25-26):
"Ed egli disse loro: "Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti ! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?""
Quindi: Promessa (A.T.) ® Realizzazione (Vangelo)
Il lettore è costretto a fare un confronto; bisognerà accertarsi della solidità delle promesse.
Anche all’interno del Vangelo si trova lo stesso schema: Promessa ® Realizzazione .
Questa prima parte del Vangelo ( dall’inizio fino a 4,13) presenta Gesù, il protagonista, al lettore; la seconda parte (da 4,13 alla fine) è il compimento, la realizzazione della prima.
Dapprima le promesse nei primi capitoli, poi il compimento in tutti quelli successivi.
"Doveva accadere così" dice Gesù.
Nell’inno di Simeone (Nunc dimittis) c’è un riferimento alla salvezza.
Ma chi si avvicina a Gesù? Quelli che incontra sulle strade della Palestina, quelli vicini geograficamente; solo dopo nella storia si raggiungono "gli estremi confini della terra" (At 1,8).
Lo stesso vale per le citazioni (Lc 3,6) di Giovanni Battista:
"Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio",
quindi il risorto è venuto per tutti.
Gesù viene presentato nei primi capitoli come un "segno" di salvezza; l’angelo dice ai pastori (Lc 2,12):
""Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia",
mentre Simeone dice a Maria (Lc 3,34):
"Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione ".
Lo stesso Gesù si presenta come un segno (Lc 11,30):
"" Poiché come Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione."
Si rafforza così lo schema: Promessa ® Realizzazione.
Anche la mangiatoia finisce per fare da segno; così anche la collocazione cronologica del suo ministero (Lc 3,1-2):
"Nell’anno decimo quinto dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa".
I riferimenti sono per il lettore cristiano che conosce già i fatti e gli attori; essi gettano un’ombra tragica sugli avvenimenti, ricordandoci la morte di Gesù con un rimando al futuro.
Anche dopo le tentazioni del deserto troviamo questo schema (Lc 4,12):
"Il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato",
ed infatti è lui che ispira il tradimento (Lc 22,3):
"Allora satana entrò in Giuda, detto Iscariota, che era nel numero dei Dodici."
La storia di Gesù non è la storia prodotta dalle scelte degli uomini, ma quella pensata da Dio.
La stessa genealogia va fino a Dio (Lc 3,38):
"figlio di Enos, figlio di Set, figlio di Adamo, figlio di Dio."
Anche gli interventi degli angeli sono in questo senso e Gesù stesso riconosce che:
"deve accadere", riconosce cioè il piano di Dio.
Anche qui ci possiamo chiedere: "Perché?".
Torniamo allo schema: Promessa ® Compimento.
Chi è Gesù: questo è l’inizio, la promessa.
Abbiamo il compimento quando si descrive come si manifesta Gesù.
Il lettore è invitato a confrontare le due parti: quella della promessa e quella del compimento: questo confronto fa crescere il lettore nella solidità della fede in cui è stato catechizzato.
Tutto passa per la vita di Gesù: il suo ministero, le sue sofferenze.
Questo è il processo che Luca vuole instaurare col suo lettore: questi è invitato a riconoscere che il Messia, che doveva essere come descritto dall’Antico Testamento e dai primi capitoli del Vangelo, è Gesù di Nazaret. Il lettore deve riconoscere questa identità.
Leggiamo Lc 7,18-23:
"Anche Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutti questi avvenimenti. Giovanni chiamò due di essi e li mandò a dire al Signore: "Sei tu colui che viene, o dobbiamo aspettare un altro?". Venuti da lui, quegli uomini dissero: "Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: Sei tu colui che viene, o dobbiamo aspettare un altro?". In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. Poi diede loro questa risposta: "Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunziata la buona novella. E beato è chiunque non sarà scandalizzato di me! "."
La domanda è profonda; Gesù poteva rispondere semplicemente con un "sì"; i discepoli di Giovanni potevano tornare da Giovanni e dire: "Ha detto sì! ".
Ma anche loro devono riflettere come fa il lettore; Gesù riporta solo L’Antico Testamento e non tira una conclusione, così lascia che le tiriamo noi.
Le profezie dicono questo; Gesù ha fatto questo.
Quindi Gesù è il Messia, è cioè quello di cui si dice nei primi capitoli del Vangelo; nella sua vita Gesù appare, si manifesta come si dice nei primi capitoli del Vangelo.
Tutti noi siamo invitati a fare questo collegamento.