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L'Arcidiavolo


La Storia "svista" dai giornali
di Giambattista Scirè

Questa rubrica nasce da una riflessione che ci è stata stimolata dalla “lettura” della storia riportata sui giornali, soprattutto quotidiani e settimanali, e che richiama da vicino il rapporto tra storia e mass media nella società odierna.
Si è assistito, infatti, negli ultimi anni, ad una vera e propria affermazione pubblica (o popolare) della storia, intesa come un settore della cultura ; basta dare uno sguardo rapido alla stampa, ai libri, alle riviste, alla tv per rendersene facilmente conto. Un tale successo però reca in sé diversi pericoli che incombono e dai quali occorre stare in guardia, uno su tutti, il rischio di trattare la storia in modo superficiale e poco scientifico - una specie di storia “usa e getta”, da leggiucchiare quasi per distrarsi un po’.
E come se non bastasse costringe a rivedere in termini nuovi il rapporto tra storia e politica, visto che spesso e volentieri i giornali (molti) tendono ad usare la storia stessa come una clava politica per far leva sui propri lettori. Ma questo è un discorso che andrà affrontato in altra sede.
Per quel che concerne, invece, lo scopo della rubrica, va detto, in primis, che si ispira idealmente a riprendere, seppure con le dovute differenze, l’idea della storica rivista “di varia umanità”, nota come “Belfagor” e diretta da Luigi Russo (i più arguti avranno notato che il titolo riprende la sigla, di machiavelliana memoria, che si faceva voce nella rivista nascondendo i veri autori delle “malefatte”), ovvero cogliere nella grande ammuchiata presente quotidianamente sulle “terzepagine” dei maggiori giornali italiani, ma anche di importanti settimanali, le increspature, gli “svarioni”, le letture forzate che hanno per oggetto la storia, soprattutto quella contemporanea, derivate, a volte, dalla leggerezza degli “addetti alla cultura” (sob), altre, dalla personalità del direttore o dagli interessi particolari dell’editore, ecc. Per fugare ogni eventuale dubbio, va detto che, in questa nostra iniziativa, non c’è alcun intento presuntuoso di “fare le scarpe” ai giornalisti, ma solo la certezza di compiere (anche se solo per gioco) un lavoro utile per i nostri lettori, i quali, se possibile, ci aiuteranno, con suggerimenti, a portare a termine una siffatta (e ardua) “missione”.
A dimostrazione della nostra buonafede, abbiamo pensato di iniziare quest’ avventura con una specie di “indagine” a tappeto, per renderci conto dello spazio che i maggiori quotidiani italiani dedicano, giorno per giorno, al tema della storia, cercando di non entrare nel merito, almeno per adesso , di ciò che vi abbiamo trovato scritto. Ovviamente, di fronte a certe letture o interpretazioni, quantomeno stravaganti (per non dire altro), la nostra attenzione non poteva non essere attirata, e quindi troverete già da ora alcune anticipazioni di come si strutturerà la rubrica nel corso del tempo.
Il risultato della nostra analisi, che ha cercato di tenere in considerazione un ampio ventaglio di quotidiani (i quali vanno da sinistra a destra passando per il centro) durante tutto il mese di aprile, è presto detto : in un’ipotetica classifica di merito sul trattamento riservato al tema della storia, troviamo in testa “Il Corriere della Sera”, seguito da “L’Unità”, poi distaccati “La Stampa”, “Il Giornale”, “La Repubblica”, “Il Tirreno”, e ancor più lontani “Il Manifesto”, “La Nazione” e “L’Osservatore Romano”. Sia chiaro che questa è una classificazione che non entra nel merito dei contenuti degli articoli di storia medesimi, ma è un dato di fatto che i quotidiani che mostrano di avere un occhio di riguardo per la storia sono “Il Corriere” e “L’Unità”, alle cui spalle vi sta, appunto, una “lunga storia”. E’ chiaro che una semplice enumerazione di “articoli storici”, con la quale stilare una teorica classifica, non potrà bastare per tirare le somme, a favore o contro questo o quel giornale.
Per questo, entrando più nello specifico, ci sembra doveroso sottolineare quali sono i temi storici che i quotidiani da noi “visionati” affrontano più spesso. E allora scopriamo che mentre “Il Corriere” dà ampio spazio al tema del fascismo, “L’Unità” invece incentra la sua attenzione sul comunismo e sul nazismo, dedicando, di volta in volta, uno spazio per la storia sociale. Ben distanziati, almeno sulla quantità di spazio storico, troviamo poi “La Stampa” , che pur non destando un particolare interesse per la storia, quantomeno si differenzia sui temi e tratta spesso e volentieri la questione “repubblicana” e costituzionale (4) ; poi “Il Giornale” , in cui il tema principe è rappresentato (a sorpresa) dal comunismo, ma che qualche volta scade in toni un po’ troppo politicizzati ; “La Repubblica” che esce malconcia da questo ideale confronto sulla storia, e che si divide equamente (e sporadicamente) questi temi; poi ancora “Il Tirreno” (lieta sorpresa) che però mostra un forte sbilanciamento a favore del tema comunismo (un 7 su 10, media da far invidia anche al miglior Michael Jordan ). Infine, passando ai cosiddetti “dietro la lavagna”, troviamo “L’Osservatore Romano”, i cui articoli sulla storia si sbilanciano verso il divino tema ... provate solo ad immaginare quale... poi “Il Manifesto” che, pur essendo in teoria più che un quotidiano un foglio culturale, a dispetto di ciò, dedica pochissimo spazio alla storia (solo quando presenta la medesima rubrica) e quando lo fa, va’ spesso e volentieri fuori dalle righe ; infine “La Nazione”, alla quale va il titolo di peggior quotidiano “della storia”, che sembra scambiare il termine cultura per Tv e spettacoli (non c’è altro !) o forse per sport (va be’ che la cultura in senso lato può abbracciare anche lo sport, ma due pagine dedicate a Batistuta e neppure un trafiletto per la storia, ci sembra scadere nel ridicolo).
A questo punto, come detto, ci pare necessario ricordare, nel torpore generale in cui affondano la maggior parte di questi interventi storici, alla portata di tutti, quelli che, in un certo qual modo, si salvano dal naufragio, ma anche sottolineare quelli che, invece, non avremmo mai voluto leggere. Tra i primi possiamo collocare decisamente i seguenti : uno di Sandro Gerbi (“Il Corriere”) intitolato “E l’Italia scaricò il duce” in riferimento alla recensione del libro di Cavallo “Italiani in guerra. Sentimenti e immagini dal 1940 al 1943”, puntuale negli accenni storiografici ; uno di Dario Fertilio (“Il Corriere”) intitolato “Tutte le crepe del Minculpop” su un saggio di Berardelli tratto da “Storia d’Italia”(Laterza), che ripropone in maniera equilibrata la distinzione in due fasi, una “solo” vessatoria e autoritaria, l’altra invece totalitaria, dell’azione del ministero della cultura popolare fascista ; uno di Guerra (“L’Unità”) intitolato “Quando in Urss si giurava sulla bibbia di Stalin” su un libro di Bettarin che ha per tema il partito guida in Urss e l’uso totalitario della storia impostato da Stalin (con la pubblicazione del noto “Storia del Pc bolscevico del 1931) ; e infine un’intervista (“L’Unità”) a Braudel, intitolata “Come Braudel divenne Braudel in un campo di prigionia tedesco”, chiamato in causa a sproposito da Galli della Loggia, come punto di riferimento negativo dei futuri manuali per le superiori approntati dalla riforma ministeriale : nell’articolo si fa notare, giustamente, come il suo metodo storiografico ribalti la concezione di Marx (tra l’altro è stato lo storico francese ad affermare che “è la storia che fa gli uomini”). Come si può notare quotidiani come “Il Corriere” e “L’Unità” non sanno dare vita solo a sterili dibattiti di presunta storiografia, ma meglio sarebbe dire “politici” (di cui i vari Tranfaglia, Galli della Loggia sono assidui protagonisti), ma ogni tanto anche ad analisi di maggiori (e migliori) contenuti scientifici.
Per concludere, ci sembra giusto passare in rassegna anche qualche esempio negativo di articolo di storia. Tra questi segnaliamo : uno su “L’osservatore romano” che ha per tema l’attualità di De Nicola (e vabbe’), inondato di retorica a fiumi, e la cui unica frase degna di nota è nientepopodimeno che “ognuno nel passato ricerca la memoria di ciò che gli manca nel presente”; uno di Matteucci (“Il Giornale”) intitolato “Il socialismo reale ? Un errore fatale”, pieno di luoghi comuni ed esasperato politicamente ; uno di Zavaglia (“Il Giornale”) intitolato “La politica del Pci e il doppio binario” che mostra di dire, storiograficamente, nulla di nuovo, ma che invece è pieno di spinte affermazioni ideologiche ; uno su “Il Manifesto” che ha per tema Gramsci, considerato un grande inattuale, e a cui rimandiamo alla nostra rubrica per una lettura, speriamo, un po’ più seria ; un’altro di Nardi (“La Nazione”) ancora su Gramsci, intitolato “Il rigore e l’idea a 60 anni dalla sua morte”, compendio perfetto... di tutte le menzogne possibili e immaginabili sul pensatore sardo ; infine uno, apparso su “Il Tirreno”, sempre su Gramsci, ma in relazione al convegno organizzato a Cagliari dall’Istituto Gramsci, in cui, oltre a far riferimento ai malumori per l’esclusione di studiosi eccellenti, si parla di una presunta “lucida e completa” analisi di Enzo Siciliano. Toh, guardacaso, abbiamo tra le mani la relazione incriminata (che abbiamo avuto durante la permanenza all’Istituto Gramsci di Roma), che, chissà perché, a noi pare tutt’altro che completa, anzi alquanto striminzita vista la mole che non supera le 3 pagine. Glissiamo su questi “svarioni” e terminiamo invitando i più curiosi a richiederla alla redazione come prova della deformazione della realtà da parte della Stampa (rigorosamente con la S maiuscola).

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