GLI UFO DEL 3° REICH

a cura di Marco Sbrana
(Responsabile Sezione"Odissea 2001"di Pisa)

marcosbrana@interfree.it

(1^ parte)

Nell’ambito della moderna ricerca ufologica quello degli ufo nazisti e uno degli argomenti più controversi e mistificati.
In Italia se n’è parlato e se ne parla appena, nei paesi anglosassoni troppo e spesso, a sproposito (tanto da produrre anche degli ottimi fumetti sull’argomento). E’ sicuramente vero che da noi e in Germania l’argomento risulti scottante per il passato dittatoriale di entrambi i paesi, ed è anche certo che, nella seconda, questo tipo di ricerca, è divenuto appannaggio quasi esclusivo, di deliranti gruppi neonazisti.
Il non addetto ai lavori è sicuramente portato a pensare che si tratti di una bufala colossale, per altro implicazioni di politica spicciola, tendono ad avvallare tale interpretazione, eppure ricercatori seri, da oltre cinquant’anni, stanno cercando di ricostruire un percorso che, senza nulla togliere all’ufologia tradizionale, aiuterebbe a dare una serie di risposte ad uno dei più grandi enigmi di tutti i tempi.
Se questo tipo di ricerca si distanzia per molti aspetti dalle altre branchie dell’ufologia, è sicuramente accomunata da una costante che investe tutta la materia; il depistaggio, il discredito e il cover up.
In Italia se ne comincia a parlare già nel 1948, in pieno clima elettorale, uscì infatti, un libretto quanto mai anomalo e inusuale, era scritto da un certo Darius Caasy, ed aveva un titolo quantomeno inquietante, “La distruzione del Mondo? Hitler prepara….., Romaedizioni Rores, 1948.Considerando il momento e l’incertezza che all’ora aleggiava sulla fine di Hitler, è comprensibile il putiferio e “le speranze” che, provocò nel ristretto ambiente in cui riuscì a circolare. Il testo, raccontava sommariamente che, i nazisti erano riusciti a depositare una serie di armi segrete rivoluzionarie in varie parti del mondo e che si sarebbero accinti alla riscossa, non appena il momento sarebbe stato propizio.
Come ho detto la diffusione fu ristretta, ma l’effetto dirompente, venne però ben presto dimenticato a favore dei nuovi dischi volanti che imperversavano i cieli di tutto il mondo.
Se ne parlò nuovamente nei primi anni cinquanta in pieno delirio ufologico (di cui il più autorevole interprete italiano fu l’asso militare console Perego), allor quando, sul quotidiano Il Giornale d’Italia, l’ingegner Giuseppe Belluzzo, rilasciò dichiarazioni circa la sua partecipazione, negli anni della guerra, alla costruzione di dischi volanti in Germania, le V7. Queste dichiarazioni pur provenendo da un illustre accademico, vennero però accolte con indifferenza e superficialità, semplicemente perché, colui che ne parlava, era segnato dall’allora infamante marchio, di aver aderito alla Repubblica Sociale.
L’argomento fu ripreso successivamente negli anni sessanta e novanta (nei secondi non in Italia) in una serie di volumi da l’esperto aeronautico RenatoVesco. Il più noto di questi è sicuramente “Intercettateli senza Sparare, Mursia 1968”, questi però al di là del clamore iniziale che produssero, caddero, pur essendo portatori di nuovi elementi e nuove teorie, ben presto nel dimenticatoio.

Da gli anni settanta in poi, tutti i più grandi esperti nazionali in materia ufologica, R. Pinotti compreso, (Ufo con la svastica, Arcani, 04-1979) hanno scritto il loro bravo articolino sulla materia, senza però approfondire niente. Oggi che negli Usa l’argomento è di dominio pubblico e le pubblicazioni abbondano, compresa un’opera monumentale dello stesso Vesco, (Man Made Ufos 1944 – 1994) da noi se ne occupa seriamente e caparbiamente, indipendentemente dall’ostracismo cui e soggetto, solo l’ufologo milanese e caro amico Massimo Ferrante.

TRA REALTA’ E LEGGENDA

Ma vediamo di fare un po’ di chiarezza cercando di dividere ciò che è storicamente accertato da quello che rientra nell’ambito della leggenda.
Hitler e l’entourage nazista erano fortemente condizionati da visioni esoteriche e mistiche della storia, tanto che, secondo lo scrittore TrevorRavenscroft il futuro capo del movimento nazionalsocialista, capì quale fosse la sua missione, quando rimase folgorato dalla vista, nel 1909, di un oggetto particolare. L’oggetto in questione a tutt’oggi conservato nel museo Hofburg di Vienna è quello che la leggenda vuole che sia, la lancia che, il centurione romano Caio Cassio passato alla storia con il nome di Longino, inflisse come atto di estrema misericordia, nel costato del Cristo agonizzante sulla croce. Al di là di questo, è comunque certo che, membri influenti del partito nazista quali R. Hess e E. Himmler, erano adepti della società esoterica Thule e di altre meno note, (Golden Down) ma certo non meno influenti.
Non stupisce quindi che dal 1937, il movimento nazista abbia sguinzagliato agenti delle SS per tutto il mondo in cerca degli oggetti più leggendari, quali Excalibur, il santo Graal, l’arca dell’Alleanza, (ante Spilberg) Agarthi ecc. Nel 1938 furono inviate due missioni in estremo oriente (missioni Ahnenerbe) una in Tibet alla ricerca delle origini dell’arianesimo e per altri imprecisati fini esoterici e una in India, per cercare di carpire i segreti dei testi Veda e delle mitiche Vimana Shatra. Questo a dimostrare l’interesse che fin dall’origine il Reich ebbe per mezzi volantinonconvenzionali ed alternativi.
In quegli stessi anni imperversava per la Germania, importata dall’oriente dal docente di geopolitica Prof. Haushofer, grande vecchio del nazismo e propugnatore dello spazio vitale, quella che era definita la “DottrinaEsoterica Segreta”. Secondo tale teoria, circa 12.000 anni fa, esisteva una civiltà superiore ariana, gli Atlantidi che, era poi stata distrutta da un immane cataclisma, raccontato da tutte le più antiche religioni (il diluvio universale della Bibbia). I pochi superstiti erano divenuti i padri delle nuove civiltà affermatisi successivamente, lasciando tracce della loro antica tecnologia.
Non stupisce quindi che gli scienziati messi al bando dal mondo accademico, propugnatori delle teorie più estreme, fossero accolti con grande favore e dotati di abbondanti mezzi di ricerca, dal regime nazista.
E’ comunque nei primi anni di guerra che cominciarono a fiorirono gli studi sugli aerei discoidali, che, presero la forma di progetti veri e propri solo quando però, le sorti della guerra cominciarono a mostrarsi negative, ci si appellò quindi, a questi nuovi mezzi rivoluzionari, come estremo strumento per raggiungere la vittoria. Una vittoria che non sarebbe stata solo militare, ma più prettamente colturale, dove il sistema sociale vincente avrebbe irrimediabilmente annientato tutti gli altri.

Già nel 1938 e 39 erano, infatti, in corso avanzati studi su aeroplani di forma circolare e sulla levitazione degli oggetti, (uno dei gadget tipici che si potevano incontrare nell’ex Unione Sovietica dei primi anni novanta erano proprio delle Matriosche?, apparentemente senza peso, fluttuanti a diversi centimetri da terra)
(a buon intenditor poche parole) come già detto, solo però intorno al 1941, si cominciò a costruire e a collaudare quelle che passeranno alla storia come le V7. Il fatto stesso che avessero, tra le armi segrete, come numero consequenziale il 7, la dice lunga sull’importanza che inizialmente fu data a questi progetti. La denominazione V7 ha finito con il tempo per divenire sinonimo di disco volante nazista, in realtà questo è improprio, perché nella nomenclatura originale indicava solo alcuni progetti dalle caratteristiche ben determinate, chiamate anche in gergo “Ruote Volanti”. Gli altri dischi avevano invece nomi altisonanti legati alla mitologia nordica, quali Vril, Haunebu ecc.
I prototipi delle V7 vere e proprie si rifacevano agli studi del prof. Shauberger relativi ad apparecchi volanti dotati di ugelli orientabili che producevano quello che venne denominato effetto “Coanda” che rende possibile la salita verticale del disco.

L’EFFETTO COANDA

Henry Coanda era un ingegnere meccanico rumeno, passato all’aeronautica ai primi del 1900. Trasferitosi a Parigi, nel 1910, durante il collaudo di una macchina volante da lui costruita, osservo delle fiamme espulse da un motore di sua invenzione che si diramavano intorno al piatto protettivo della convergenza della macchina. In seguito lo studio del problema gli permise di scoprire un primo fenomeno fisico fino ad allora ignoto; “quando un fluido si muove ad alta velocità, avvicinandosi ad una superficie curva, assume questa forma adattandosi completamente, una conseguenza pratica di questo principio la possiamo notare prendendo una lastra di vetro e spruzzandola con dell’acqua, noteremo che il liquido si aggrappa alle pareti lasciando dietro di se una scia scorrevole. Più è alta la densità del liquido e più è evidente il fenomeno. Dopo diversi esperimenti Coanda brevettò, tre nuovi sistemi di propulsione basati su questo effetto, uno di questi venne brevettato il 15 febbraio 1938, recante il numero di brevetto 2.108.652 e riguardante l’accelerazione del flusso d’aria rilevante la zona periferica di un disco concavo. Durante l’occupazione tedesca della Francia le idee dell’ingegnere fino ad allora quasi del tutto ignorate assunsero improvvisamente l’interesse delle autorità d’occupazione, come già detto sensibili ad ogni nuova teoria alternativa.
Coanda progetto pertanto una strana macchina lenticolare con un diametro diventi metri, usando dodici motori a turbogetto installati in maniera radiale alla periferia estrema dell’oggetto, convogliando il tutto in una forma forcale unita da tre tubi terminanti nella parte cubica dell’anello esterno. Una volta messa in moto l’apparecchiatura, l’accelerazione di una parte dei motori consentiva all’oggetto di sollevarsi e inclinarsi nella direzione desiderata. Sfortunatamente per Coanda questi studi rimasero tali, anche se vennero ripresi e amplificati per più evoluti progetti successivi quali appunto le V7.

IL PROGETTO DI BELLUZZO:

Le V7 tedesche non hanno quindi un unico padre, esse risultano piuttosto il risultato di una somma di studi, studi che vennero però interpretati ed elaborati in maniera profondamente diversa, da i quattro maggiori scienziati che nella Germania hitleriana si occuparono di apparecchi discoidali pilotati; Schriever, Habermohl, Miethe e Belluzzo.
Dei quattro l’unico straniero era proprio l’italiano Giuseppe Belluzzo. Nato a Milano nel 1876, Belluzzo (nei paesi anglosassoni inspiegabilmente chiamato Bellonzo), fu un brillante insegnante del politecnico, con un adesione al fascismo dettata da esclusivi motivi di convenienza, guadagnò una rapida carriera, divenendo senatore accademico d’Italia e ministro di stato. Belluzzo era un geniale sperimentatore di turbine a gas, (i suoi manuali in materia, hanno fatto scuola a generazioni di studenti) e della loro applicabilità ad apparecchi volanti.
Le notizie bibliografiche sulla sua vita abbondanti e dettagliate si interrompono bruscamente per gli anni 1943 – 1945 che, trascorse verosimilmente nei laboratori sotterranei segreti presso Breslau dove lavorava anche Miethe. Qua l’ingegnere, superata l’iniziale e naturale diffidenza che, i nazisti riservarono ad un uomo proveniente e rappresentante un paese, da loro ritenuto traditore, potè continuare gli studi iniziati in Italia. Riprendendo le proprie teorie e quelle di Coanda e rielaborandole abbondantemente entrambe, riuscì a produrre un progetto di un disco volante vero e proprio. Il prototipo era dotato di reattori alle estremità del disco che ne permettevano il movimento in senso verticale e orizzontale, questo studio di massima, ancora lontano da qualcosa di definitivo, dette comunque incoraggianti risultati, ma l’andamento della guerra e l’arrivo degli alleati interruppero ogni altra sperimentazione e il prototipo venne distrutto.
Risultati più estesi, anche per maggior tempo di sperimentazione, gli ottennero gli altri progettisti….


 

Continua...

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