Prima di entrare nel dettaglio di tali strumenti è bene accennare al fatto che esistono altri contratti scambiati nei mercati finanziari che, da alcuni punti di vista, possono essere assimilati ai futures. Ci si riferisce ai forward ed alle opzioni (options).
Accenniamo brevemente agli aspetti salienti che contraddistinguono i futures da questi due strumenti. Iniziamo dai forward.
Questi, come i futures, rappresentano un accordo per lo scambio ad una certa data e ad un certo prezzo fissato, di un titolo, una valuta o qualsiasi altro strumento finanziario. Entrambi devono essere esercitati, se in vita, alla data di scadenza dell'accordo. Ma le differenze tra i due strumenti sono fondamentali. I contratti futures sono strumenti standardizzati ed omogenei mentre, nel caso dei forward, i termini del contratto sono fissati bilateralmente. Ne deriva che i contratti forward sono raramente trasferibili prima della scadenza in quanto le loro specificità contrattuali non consentono di trovare facilmente controparti interessate a subentrare nel contratto.
Per effetto della non trasferibilità dei contratti forward, questo mercato è caratterizzato da una scarsa liquidità, mentre così non avviene per i futures.
Inoltre un aspetto essenziale è quello relativo alla funzione informativa che consegue all'utilizzo dei due strumenti. Nel caso dei futures sono disponibili quotazioni ufficiali, diversamente da quanto avviene generalmente per i forward.
Per operare nei mercati futures vengono richiesti, a garanzia della solidità dei partecipanti al mercato nonché della stessa ch, margini iniziali e di variazione, mentre nessun deposito è richiesto nel caso dei forward.
Per finire, operare sui forward comporta un rischio di insolvenza della controparte, rischio inesistente invece nel caso dei futures per l'interposizione della ch.
In sostanza, la differenza che esiste tra un contratto forward ed un future è più formale che sostanziale.
I futures sono contratti standardizzati e negoziati in una borsa specializzata con liquidazione giornaliera, mentre i forward sono costruiti ad hoc con regolazione definitiva a scadenza. Veniamo ora alle opzioni.
Le opzioni che vengono negoziate sono di due tipi: l'opzione americana e l'opzione europea. L'opzione americana può essere esercitata in qualsiasi momento nel corso della sua durata, mentre l'opzione europea può essere esercitata solamente alla scadenza della serie di opzioni.
L'opzione è uno strumento di investimento molto sofisticato e può rendere agli operatori guadagni considerevoli, partendo da un esborso di capitale relativamente basso.
Le opzioni possono essere negoziate al posto di contratti futures se si hanno determinate attese di mercato e se l'operatore desidera limitare il proprio rischio. Esistono due tipi di opzioni che vengono negoziate nelle borse di tutto il mondo: l'opzione call (di acquisto) e l'opzione put (di vendita).
L'opzione di acquisto call è un'opzione che dà il diritto, ma non l'obbligo, di acquistare il titolo o il contratto future prenotato ad un determinato prezzo per un periodo di tempo, fino alla data di scadenza di una particolare serie di opzioni.
L'opzione di vendita put è invece un'opzione che dà diritto, ma non obbliga a vendere il titolo o il contratto future prenotato ad un determinato prezzo per un periodo di tempo, fino alla data di scadenza di una particolare serie di opzioni.
Come i futures, anche le opzioni sono negoziate come contratti standardizzati in borse organizzate, hanno scadenze fisse e sono assistite dal meccanismo di garanzia di una ch. I due strumenti si differenziano soprattutto sotto due aspetti: la sequenza di flussi finanziari e i risultati in termini di rendimento - rischio.
Per quanto riguarda i flussi finanziari, nel caso delle opzioni, gli utili e le perdite vengono liquidate quando il contratto viene esercitato o viene chiuso con un'operazione di segno opposto. Nel caso dei futures, tramite il già citato meccanismo del marking to the market, utili e perdite vengono liquidate giornalmente.
Relativamente ai risultati in termini di rendimento - rischio si può dire che una posizione in acquisto (vendita) su strumenti futures, realizzerà utili se il prezzo del contratto salirà (scenderà) rispetto al valore che lo strumento aveva al momento dell'apertura della posizione. In caso contrario si subiranno invece perdite.
Quindi i flussi di utili o perdite nei mercati futures, dipendono simmetricamente dall'andamento del prezzo del sottostante strumento.
Le posizioni nel mercato delle opzioni sono invece caratterizzate dalla separazione del rischio per l'acquirente del contratto. Questo, perchè acquistando una call (put), si acquisiscono potenzialmente i profitti che conseguono all'eventuale rialzo (ribasso) del prezzo dello strumento sottostante.
Se però l'andamento dei prezzi non si dimostrasse favorevole all'operatore, la sua perdita sarebbe limitata esclusivamente al premio pagato.
Nel caso di vendita di un'opzione invece, non esiste la limitazione del rischio descritta a proposito dell'acquirente.
Infatti il venditore potrà considerare come profitto certo quello derivatogli dal premio incassato ma le sue perdite, nella peggiore delle ipotesi, sono teoricamente illimitate (nel caso della call) o pari al prezzo di esercizio dell'opzione (nel caso della put).
I futures, per concludere, sono da utilizzare per la copertura dei rischi, mentre le opzioni sono strumenti utilizzabili per la limitazione dei rischi o per incrementare la redditività delle posizioni detenute nei mercati a pronti.nnnnnn
Veniamo ora ad esaminare alcuni aspetti tecnici relativi allo strumento future. Esigenze di sintesi richiedono che l'analisi riguardi solo alcune fondamentali caratteristiche che possono facilitare la comprensione del funzionamento di tali strumenti. La maggior parte dei meccanismi esaminati si riferisce ai futures sui tassi di interesse, di gran lunga i più utilizzati.
3.2 IL MECCANISMO DEI MARGINI
Una delle ragioni che hanno determinato il successo dei futures è quella per cui operare su tali strumenti consente di assumere posizioni a termine con un esborso iniziale notevolmente inferiore rispetto al valore effettivo del contratto sottostante in caso di esecuzione a scadenza.
Questo genera un forte "effetto leva" che rende i futures estremamente interessanti per speculatori, hedgers ed arbitraggisti. Infatti la peculiarità di questo strumento, cioè l'insolita combinazione tra alto "effetto leva" e basso rischio di inadempienza, è una proprietà che deriva dal meccanismo dei margini.
La ragione per cui è necessario versare margini a fronte delle transazioni che si vogliono effettuare deriva, come è già stato accennato precedentemente, dall'esigenza della ch di tutelarsi contro eventuali inadempienze delle proprie controparti.
I margini dovuti alla ch sono da questa determinati in relazione a:
- numero dei contratti oggetto dell'operazione;
- loro valore unitario;
- tipologia del contratto e sua volatilità.
Materialmente i versamenti avvengono:
1) all'atto della stipulazione del contratto (il cosiddetto margine iniziale);
2) giornalmente, nel caso dei clearing members, per liquidare le perdite o i profitti che derivano dalla posizione dell'operatore, al termine di ogni giornata di contrattazioni (il margine di variazione);
3) nel caso di operatori non clearing members, ogni qualvolta il margine del cliente presso il broker scenda al di sotto di un certo livello prestabilito (il margine di mantenimento).
Il sistema dei margini è rappresentabile come una struttura (vedi figura), che assume due configurazioni differenti a seconda che riguardi:
a) i rapporti tra la ch ed i propri membri;
b) il rapporto tra i membri e la clientela per conto della quale operano.
Questo sistema è strutturato in modo tale che eventuali inadempienze in qualche comparto non condizionino il totale dei margini che deve giungere comunque alla ch. Ad esempio, se a seguito di un rialzo dei prezzi il cliente 3, in posizione di vendita, che opera nel mercato tramite il broker 2 non saldasse il proprio debito, il broker dovrebbe in ogni caso provvedere alla copertura utilizzando il margine iniziale già versato dal cliente o fondi propri.
Il flusso dei margini.
Per esigenza di sintesi si esporranno solo i margini richiesti dalla ch.
Ciascuna ch, a seconda delle regole vigenti, può esigere il pagamento dei margini da parte dei membri tramite:
1) pagamento in contanti;
2) titoli di Stato depositati presso banche autorizzate;
3) fidejussioni provenienti da banche abilitate;
4) acquisto di azioni della società di Clearing, in base alle valutazioni di esse effettuate dalla stessa ch. (1)
I margini sono di due tipi:
- margini iniziali, da versare ogni qualvolta una posizione venga aperta o incrementata;
- margini di variazione, calcolati giornalmente e da saldare generalmente entro la mattina successiva all'apertura della nuova giornata di contrattazione.
Per quanto riguarda i margini iniziali essi:
1. Sono da considerarsi come depositi di garanzia che devono restare presso la ch e che sono da quest'ultima utilizzabili in caso di mancato saldo delle posizioni debitorie dell'intestatario. Non si tratta quindi di una cifra da annoverare tra i costi da sostenere per poter agire nel mercato futures, perchè viene restituita in caso di chiusura delle operazioni effettuate;
2. Sono stabiliti dalla ch e sono espressi in termini percentuali sul valore nominale. Ad esempio:
- il liffe per il contratto Italian Government Bond richiede il 1.6% del nominale;
- il cbt per il Treasury Bond richiede il 4.5% del valore nominale;
- il matif per il contratto Italie Long Terme richiede un deposito pari all'1,5% del valore nominale.
Può accadere poi, che per difficoltà contingenti relative all'attività di altri mercati futures, l'autorità di borsa riduca il margine richiesto.(2)
La ch si riserva il diritto di aumentare questo margine senza preavviso quando, in periodi (anche molto brevi) di elevata instabilità del mercato, la sua integrità finanziaria corra il rischio di venire compromessa. Tale decisione della ch potrà anche essere selettiva non coinvolgendo necessariamente tutti gli operatori e interessando invece solo coloro, che secondo il giudizio della ch, sono in posizione particolarmente a rischio.
Alcune operazioni godono poi di un trattamento particolarmente favorevole per quanto riguarda il deposito dei margini iniziali, in quanto per la ch sono praticamente esenti da rischio. Infatti, ad esempio, un'operazione di acquisto e vendita simultanea di un numero identico di contratti della stessa scadenza, non richiede alcun margine iniziale.
Per quanto riguarda invece i margini di variazione si è già osservato quale sia la loro finalità.
La ch, al termine di ogni giornata di contrattazioni, riporta su un proprio registro tutte le operazioni effettuate da ogni operatore ed il prezzo al quale sono state concluse. Inoltre, per ogni mese di scadenza di ciascun contratto future trattato, la ch calcola un prezzo di compensazione che è il prezzo di chiusura del mercato. La differenza tra il prezzo al quale l'operatore ha concluso il suo contratto e il prezzo di compensazione, è il fattore che insieme alla variazione del volume di operazioni della giornata, determina il livello del margine ossia, il suo debito/credito nei confronti della ch.
Tutti i mercati a termine stabiliscono che le variazioni dei contratti vengano recepite nelle quotazioni ufficiali e quindi nelle transazioni, soltanto quando corrispondono ad un punto base (basis point) denominato tick che è commisurato convenzionalmente allo 0,01% annuale del valore nominale del contratto cui si riferisce, rapportato alla base temporale dello stesso.
Il margine, viene solitamente calcolato attraverso il metodo dei ticks.
Per esempio il tick dell'Italian Government Bond quotato al liffe equivale a £ 20,000 ossia, allo 0.01% del suo valore nominale che è pari a £ 200,000,000.
Calcolare il margine in base ai ticks, vuol dire semplicemente esprimere in tick la differenza tra il prezzo al quale è stato concluso il contratto ed il prezzo di compensazione. Moltiplicando il numero ottenuto per il valore unitario di un tick si ottiene il saldo monetario giornaliero relativo al contratto monetario in questione. (3)
I margini richiesti dalla ch possono essere lordi o netti, a seconda che il calcolo dei depositi si basi sulla somma di tutte le long e le short positions (margini lordi), oppure che il calcolo avvenga unicamente sulla posizione netta dell'operatore (margini netti).
La maggior parte delle principali borse internazionali utilizza per convenzione il margine netto, tranne il Chicago Mercantile Exchange e il New York Mercantile Exchange, che usano normalmente il margine lordo.
Se il calcolo dei margini, lordo e netto, fornisse il medesimo risultato ed i membri della ch potessero scegliere quale utilizzare, certamente opterebbero per il margine netto poichè il costo opportunità del capitale impiegato sarebbe minore. Questo infatti permetterebbe ai brokers di trattenere presso di sé la maggior parte dei saldi dei conti della clientela (per i quali non sostengono alcun costo) quindi di percepire gli interessi versati dalla ch.(4)
Si consideri un broker che il 16 gennaio 1992 abbia acquistato 10 contratti ad un prezzo di 98.40. Le caratteristiche tecniche di questo contratto riguardo agli esborsi che richiede sono:
- valore nominale £ 200,000,000, cedola 12%;
- deposito iniziale 1,6% del valore nominale per ciascun contratto (£ 3,200,000);
- unità minima di variazione dei corsi 0.01%, ovvero £ 20,000 per contratto (valore di un tick).
Si supponga inoltre che l'operatore venda il suo contratto
il 24 gennaio al prezzo di 98.85 e si osservi ora l'andamento degli utili
e delle perdite in seguito alle oscillazioni delle quotazioni a partire
dal prezzo di chiusura del giorno in cui il contratto è stato stipulato
(vedi tabella). Tali variazioni del valore delle posizioni si traducono
in movimenti a valere sul margine di variazione (variation margin).
L'esborso iniziale dell'operazione ammonta a £ 200,000,000 x 10 x
1,6% = £ 32,000,000. Il favorevole andamento dei prezzi si è
tradotto in un profitto di £ 9,000,000.
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* R = prezzo di regolamento; * C = prezzo di chiusura
A conclusione del paragrafo, sempre relativamente al funzionamento del deposito cauzionale e del margine di oscillazione si consideri, a titolo di esempio, una operazione effettuata presso il liffe sui contratti di deposito a tre mesi in sterline.(5) A fronte del valore nominale del contratto (£ 250,000), il deposito cauzionale richiesto è previsto in £ 500 (0.2% del valore del singolo contratto).
Al perfezionamento dell'operazione il compratore ed il venditore a termine del contratto, oggetto di scambio, devono versare entrambi l'importo indicato.
Nel corso della successiva giornata di contrattazioni, il valore del contratto negoziato si riduce di 50 ticks. In questo caso, l'acquirente subisce una perdita potenziale di £ 312.50 (50 ticks x £ 6.25), esattamente corrispondente al profitto potenziale del venditore. In seguito all'andamento dei prezzi della giornata, l'importo indicato viene addebitato sul conto corrente intrattenuto dall'acquirente presso la ch, mentre viene accreditato sul conto corrente del venditore.
Questi vanta così un credito nei confronti della CH di £ 812.5 (£ 500 + £312.50), mentre il credito dell'acquirente è ridotto a £ 187.50.
Il venditore può di conseguenza prelevare £ 312.50 in contanti dal proprio conto corrente.
Per contro, il compratore deve effettuare entro la giornata successiva, un versamento integrativo per ricostituire il deposito iniziale o, se diverso, il livello di mantenimento.
3.4 IL TITOLO NOZIONALE
Quando si parla in generale di contratti futures, si fa riferimento ad una particolare merce identificata da qualità ben precise che viene contrattata per consegna ad una data precisa e per la quale, di conseguenza, viene espresso un prezzo che rappresenta il valore attribuito alla sua futura disponibilità.
E' ad esempio il caso dei futures valutari, dove l'oggetto del contratto è una quantità determinata di una certa valuta. Se invece il bene sottostante questo contratto, fosse per sua natura destinato a cambiare nel tempo le sue caratteristiche rilevanti per l'acquirente, si arriverebbe ad una situazione di indeterminatezza dell'oggetto di valutazione e quindi, ad una scarsa significatività del prezzo.
In concreto, se un titolo obbligazionario (poniamo a scadenza medio/lunga) fosse individuato con precisione fra tutte le emissioni presenti sul mercato, ci si troverebbe nella situazione di dover confrontare il valore future con quello di uno strumento finanziario con vita residua pari a quella che l'obbligazione quotata avrà alla scadenza del future.
Questo comporterebbe che con il trascorrere del tempo, il future sullo stesso titolo sarebbe uno strumento sempre diverso, relativo alla copertura del rischio di tasso su un orizzonte temporale sempre più limitato. Questo fino al momento in cui si dovrebbe decidere di toglierlo dalla quotazione per sostituirlo con un titolo di più recente emissione. Ciò condurrebbe ad una situazione di continuo cambiamento e di proliferazione di contratti.
La soluzione a questo problema è concettualmente semplice, anche se la sua realizzazione comporta una complicazione ulteriore rispetto allo strumento future tradizionale. Invece di basare le valutazioni su un titolo reale, per sua natura destinato a scadere, queste vengono effettuate rispetto ad un titolo astratto che rappresenta lo strumento "ideale" al quale assimilare tutti gli altri titoli con caratteristiche non più uguali, ma soltanto simili.
Pertanto, nel caso di un future su titoli a lunga scadenza, il contratto è convenzionalmente riferito ad un titolo nozionale identificato solo dalla scadenza e dal livello e periodicità di cedola, in base a cui il mercato esprimerà le proprie valutazioni.
Definito il titolo convenzionale utilizzato per la quotazione, rimane da risolvere un problema: se il contratto non viene liquidato dal suo possessore prima della sua scadenza, si arriva a dover consegnare (o ricevere, a seconda che il future sia venduto o acquistato) titoli che di fatto non esistono sul mercato.
Poichè, ovviamente, possono essere consegnati (e ricevuti) soltanto titoli esistenti, è stato ideato un meccanismo per mantenere un collegamento fra il future generico ed i titoli reali, basato sull'individuazione di un paniere di titoli consegnabili (delivery basket) e sulla fissazione, per ciascuno di essi, di fattori di conversione (price factor) rispetto al titolo nozionale.
La definizione, per ciascun contratto, delle caratteristiche dei titoli ammessi alla consegna contribuisce (assieme alle caratteristiche del titolo nozionale) a definire l'identità del contratto future.
Infatti l'ampiezza dell'arco di scadenze degli strumenti finanziari considerati idonei a rappresentare il nozionale, come pure la possibilità (consentita da alcune borse come il liffe) di ammettere anche titoli emessi poco tempo prima della scadenza del contratto, è indice della volontà delle istituzioni di tali mercati di creare uno strumento che possa riflettere l'evoluzione più recente del mercato.
3.5 IL FATTORE DI CONVERSIONE
Analizziamo ora la logica e la tecnica attraverso cui si riesce a confrontare strumenti con caratteristiche e scadenze diverse, anche se compresi nel delivery basket. L'obiettivo è quello di collegare la quotazione a termine di un titolo reale, con quella di un generico strumento obbligazionario che non risenta però dei limiti esaminati trattando del titolo nozionale. Questo obiettivo viene ottenuto calcolando un fattore di conversione che intende esprimere il valore relativo del titolo reale rispetto a quello nozionale.
Il calcolo del fattore di conversione consente di stabilire quanti contratti a termine devono essere attivati per coprire i rapporti sottostanti nel mercato del disponibile, che sono in genere riferiti a scadenze e a rendimenti nominali differenti da quelli previsti per i contratti a termine.
Una versione semplificata della formula per calcolare il fattore di conversione è:
dove n è il numero degli anni mancanti alla scadenza del titolo, c il valore delle cedole annuali, i il tasso nominale di interesse del titolo nozionale.(6) Il calcolo del controvalore da consegnare alla scadenza per ciascuno dei possibili titoli nel paniere, è effettuato tramite il fattore di conversione.
In pratica questa formula attualizza i flussi finanziari futuri attesi di un dato titolo, in base al tasso di rendimento del titolo nozionale di riferimento.
Di conseguenza, il valore di consegna è diverso dal prezzo di mercato. Alla luce del rapporto esistente tra i prezzi di mercato dei titoli e dei rispettivi valori di consegna, si determina quello che risulta più conveniente consegnare (cheapest to deliver). Ne consegue che il consegnatario fruisce di una quality option, dovuta al fatto che il bene consegnato non è identico a quello a cui si riferisce il contratto (Banca d'Italia, 1991, p.58).
I vari mercati finanziari pubblicano proprie tabelle che indicano i fattori di conversione fra i contratti futures negoziati e le varie combinazioni di rapporti finanziari a medio e a lungo termine configurabili nel mercato del disponibile.
3.6 IL NUMERO DEI TITOLI DA NEGOZIARE
Da quanto si è osservato nella pagine precedenti, le perdite e gli utili derivano da variazioni di prezzo che sono diverse per la posizione a pronti e per quella future. Pertanto, chi vuole coprirsi deve definire il rapporto fra quantità di titoli da coprire e quantità di futures da vendere o acquistare.(7)
Per far ciò è necessario conoscere il numero dei titoli futures. Questo deriva dalla valutazione congiunta di quattro elementi:
a. l'ammontare del rischio da coprire;
b. la determinazione dell'equivalenza monetaria;
c. il grado di correlazione fra le serie di prezzi dei contratti negoziati a termine e quelli dei sottostanti rapporti intrattenuti nel mercato del disponibile;
d. il grado di equivalenza, in termini di scadenza e di rendimento, fra i contratti standardizzati per la copertura a termine dei rischi di oscillazione dei saggi di interesse a medio e lungo termine, e quelli oggetto di copertura nel mercato del disponibile. E' in altri termini il fattore di conversione di cui si è detto in precedenza.
Tralasciando il problema dell'ammontare del rischio da coprire, che non presenta particolari difficoltà,(8) a proposito della determinazione dell'equivalenza monetaria di cui al punto b, possiamo dire che tale situazione si presenta ogni qualvolta le posizioni nei due mercati abbiano scadenze differenti.
In questo caso è necessario calcolare il numero dei contratti a termine necessari per stabilire la perfetta identità fra la variazione globale di valore (perdita o profitto), realizzata nel mercato a termine, e quella (profitto o perdita), che si manifesta nel mercato del disponibile. Ciò in quanto, la variazione di valore di un contratto finanziario è determinata dalla variazione dei saggi di interesse ed è direttamente correlata alla scadenza di questo.
Per fare un esempio, prendiamo il contratto di deposito in eurodollari a tre mesi (valore nominale del contratto $ 1,000,000) avente un valore del tick, espresso in unità monetarie, di $ 25 (0.01% x 3/12 x $ 1,000,000).
La corrispondente variazione, riferita ad un arco temporale di 6 mesi, sarà pari a $ 50. Di conseguenza, per coprire un'esposizione di 6 mesi nel mercato del disponibile, ricorrendo a contratti a termine a tre mesi, sarà necessario negoziare 2 contratti nel mercato futures. Ma non basta.
Per determinare il numero dei contratti da attivare nel mercato a termine è inoltre necessario conoscere la variazione dei prezzi del contratto detenuto nel disponibile, a fronte di una variazione data degli stessi per il contratto a termine, e viceversa. Tale relazione è espressa dal coefficiente di regressione.
Da quanto detto si può indicare nella formulazione che segue, la modalità per il calcolo del numero dei contratti che devono essere negoziati per effettuare un intervento di copertura attraverso i mercati a termine dei saggi di interesse.
dove:
- A = esposizione al rischio nel mercato del disponibile.
- B = valore nominale del contratto future scelto per la copertura.
- C = durata dell'esposizione al rischio (mesi o giorni).
- D = durata del contratto di copertura (mesi o giorni).
- C.R. = coefficiente di regressione.
Veniamo ora al grado di equivalenza indicato al punto d.
Questo fattore, detto fattore di conversione, si rende necessario quando ci si proponga di assumere posizioni di copertura contro la variazione dei saggi di interesse a medio o a lungo termine. Si è detto infatti, che i relativi contratti futures sono standardizzati per scadenza e per rendimento nominale.
Il calcolo del fattore di conversione consente di stabilire quanti contratti futures devono essere attivati per coprire i rapporti sottostanti nel mercato del disponibile, che sono in genere riferiti a scadenze e a rendimenti nominali differenti da quelli previsti per i contratti a termine.
Noto il coefficiente di conversione, il numero dei contratti futures necessario per realizzare la copertura di una predeterminata esposizione al rischio nel mercato del disponibile è dato da:
dove F.C. indica il fattore di conversione.
Tali tecniche trasformano una posizione a pronti con rischi bidirezionali (si può perdere ma anche guadagnare) in una con virtuale assenza di rischio.
La copertura in senso stretto si differenzia da quella che si può definire "immunizzazione contingente", che ha invece come obiettivo la difesa di un valore minimo del portafoglio (quindi la limitazione della massima perdita) senza limitare il potenziale guadagno. Questo tipo di immunizzazione viene raggiunta attraverso la negoziazione di opzioni.
Sulla scorta delle considerazioni fin qui svolte, si può sostenere che il successo di un qualsiasi intervento realizzato nei mercati futures, deriva dalla capacità degli operatori di valutare correttamente le circostanze che possono determinare le variazioni dei prezzi.
L'elemento che caratterizza gli interventi in tale mercato è tuttavia rappresentato dalla necessità di prevedere tali variazioni in diretta relazione con l'evoluzione attesa dei prezzi per le stesse attività detenute nel disponibile. In questo contesto, assume rilevanza particolare il grado di correlazione. Le proprietà statistiche dei prezzi futures sono elementi essenziali nella determinazione delle posizioni di copertura. Nelle pagine precedenti (vedi par. 1.1.3) si è visto che in genere non è possibile eliminare completamente il rischio di fluttuazione di valore della posizione coperta, per la presenza di rischi residuali. Fra questi si possono evidenziare:
1. il rischio di correlazione. Questo rischio scaturisce dal fatto che lo strumento finanziario sottostante il contratto future, può anche non essere il titolo finanziario dalle cui variazioni di valore ci si intende coprire. Poichè i due strumenti finanziari non hanno le stesse caratteristiche, le fluttuazioni dei loro corsi possono non coincidere. Si porrà dunque per l'operatore il problema della scelta di strumenti finanziari che evidenzino la maggior correlazione con il titolo detenuto.
2. il rischio di stima (basis risk) che è di tipo statistico. Come si è visto l'operatore determina un rapporto che permette di conoscere il numero dei contratti necessari alla copertura richiesta (9). Il rapporto ottimale fra i valori nominali delle posizioni a pronti e futures è dato da
In pratica, un metodo per la stima di questo rapporto, si basa sulla regressione delle variazioni di prezzo del titolo da coprire rispetto alla variazione del prezzo future. In tal caso n è dato da
dove sS e sF sono rispettivamente le deviazioni standard delle variazioni nel valore della posizione a pronti e futures, mentre r è il coefficiente di correlazione tra le due variabili.
Secondo questo metodo n è interpretabile come coefficiente della retta di regressione, ottenuta interpolando le differenze di prezzo (manifestate nei due mercati) dello strumento da coprire rispetto a quelle dello strumento di copertura. Ciò, sia nel caso di copertura diretta, ossia quando il contratto a termine è rappresentato dagli stessi contratti detenuti nel disponibile, e sopratutto nel caso di una copertura incrociata,(10) ovvero la determinazione della migliore opportunità di copertura nel mercato a termine di una attività negoziata nel disponibile, il cui contratto a termine non sia negoziato nel corrispondente mercato.
A parità di altre circostanze, la scelta del contratto utile per la copertura dovrà cadere sul contratto future i cui prezzi abbiano manifestato il maggior grado di correlazione con quelli del contratto del disponibile oggetto di copertura.
La considerazione che una copertura diretta manifesterà una maggiore correlazione statistica dei prezzi rilevati nei due mercati, rispetto al caso di una copertura incrociata, non significa però che la copertura diretta debba sempre essere preferita a quella incrociata. Si devono considerare infatti altri elementi fra cui il principale sembra essere il grado di liquidità dello strumento future alle varie scadenze.(11)
3.7.1 I FUTURES NEI MERCATI VALUTARI
I primi strumenti finanziari a termine che hanno trovato ampio favore nei mercati dei capitali sono stati, come è noto, i futures sulle valute (currency futures).
Le motivazioni che hanno portato alla loro nascita e alla rapida diffusione sono già state ricordate nella parte introduttiva.
La moneta, considerata quale materia prima per eccellenza, subisce una variazione del suo prezzo quando questo venga espresso in funzione del prezzo di un'altra valuta. Di conseguenza, qualunque operatore commerciale o finanziario che svolga la sua attività sui mercati internazionali, necessita di una protezione dal rischio di cambio.
La maggior parte dei contratti futures sulle valute adottano un sistema di quotazione riferito al rapporto tra il cambio in dollari e la valuta in oggetto o, per meglio dire, i prezzi futures esprimono l'ammontare di dollari per unità di valuta.
Gran parte del volume di trading nel mercato mondiale dei currency futures, è costituita da contratti su sterlina, marco, yen e franco svizzero.
Vediamo ora un esempio particolare di copertura del rischio di cambio.
Si ipotizzi che un operatore italiano acquisti il 30 settembre 1992 materie prime dagli Stati Uniti e che il regolamento dell'operazione sia fissato in dollari con pagamento a tre mesi. L'operatore teme che la quotazione del dollaro nel dicembre '92 possa aumentare.
Per proteggersi dal rischio di cambio, egli dovrà attivare una posizione d'acquisto (long), acquistando contratti futures sul dollaro.
Supponiamo che esista la possibilità di trattare un contratto lira/dollaro con le seguenti caratteristiche:
contratti prezzi futures valore del contratto
lira/dollaro $ 10,000
settembre 1992 1.070 Lit. 10.700.000
dicembre 1992 1.090 Lit. 10.900.000
Si ipotizzi inoltre che il contratto stipulato dall'operatore italiano ammonti a $ 200,000. L'attivazione della posizione future consisterà nell'acquisto di 20 contratti con un cambio fissato a 1.070.
Supponiamo ora che, contrariamente alle previsioni, il cambio manifesti alla scadenza del contratto un recupero della lira tale che la situazione si possa così evidenziare:
cambio a pronti cambio/prezzo future contratto dic. 1992
1.060 1.063
L'operatore a questo punto sarà interessato a chiudere la posizione future e ad acquistare a pronti la valuta necessaria per provvedere al pagamento.
In conseguenza dell'andamento dei cambi l'operatore, attivando una posizione nel mercato futures, subisce una perdita di 7 punti per contratto, mentre nel mercato a pronti si è sostenuto un costo minore di quello che l'operatore avrebbe subito secondo il cambio vigente alla data di perfezionamento del contratto.
Il costo della copertura (7 x 10,000 x 20 = 1,400,000) andrà di certo a ridurre i vantaggi globali che l'operatore avrebbe ottenuto dal deprezzamento del dollaro se non si fosse coperto, ma così facendo stabilizza comunque la propria posizione tutelandosi dal rischio, che un andamento opposto dei cambi avrebbe certamente creato.
3.7.2 I FUTURES NEI MERCATI AZIONARI
I futures sugli indici azionari (stock index futures) sono apparsi solo di recente nella realtà dei mercati a termine.
La circostanza che di fatto sta alla base della loro creazione, si ritrova nella definizione di rischio sistematico. Con ciò si intende il rischio determinato dall'evoluzione della congiuntura sul valore di un portafoglio di titoli azionari.
A differenza del rischio non sistematico, che deriva dalla valutazione che il mercato attribuisce ad un singolo titolo, questo non è gestibile attraverso la diversificazione del portafoglio dalla quale viene per contro accentuato.
L'unica protezione contro il rischio sistematico, infatti, si potrebbe realizzare concentrando gli investimenti su titoli che abbiano ridotta sensitività alle variazioni della congiuntura. Tale comportamento tuttavia, pur riducendo il rischio sistematico, concorrerebbe ad accrescere quello non sistematico per effetto della conseguente minore diversificazione del portafoglio.
Ecco allora, che se gli operatori con posizioni in titoli azionari non possono proteggersi dal rischio di mercato, cioè dalla volatilità del titolo che consegue ai movimenti generali dell'economia, diventa indispensabile l'utilizzo di strumenti idonei a gestire questo rischio.
I futures sugli indici azionari sono strumenti finanziari che non hanno un'effettiva esistenza nel mercato dei valori azionari. Come abbiamo visto nella parte introduttiva infatti, l'indice azionario più quotato in assoluto, lo Standard & Poor's 500, è un contratto rappresentativo di un ampio e diversificato portafoglio composto da 500 titoli, che consente pertanto di cogliere la quasi totalità delle variazioni dei mercati azionari.
La negoziazione di uno strumento così strutturato permette la gestione del rischio sistematico.
Il metodo di ponderazione prevalentemente utilizzato consiste nel valutare ogni titolo incluso nell'indice non solo in base al suo prezzo, ma anche per la quantità dei titoli trattati sul mercato.
Non avendo gli stock index futures un'effettiva esistenza nel sottostante mercato a pronti, ne consegue che un tale contratto non potrà mai essere chiuso con la consegna materiale dello strumento, ma solo con il meccanismo del marking to the market originando così un flusso monetario tra gli operatori.
Ciò evidenzia come tali strumenti sono trattati per agevolare la gestione del rischio e non invece per sostituirsi alle funzioni del mercato a pronti.
Concludiamo il paragrafo con un semplice esempio di copertura.
Si ipotizzi che l'attuale quotazione dello s&p 500 dicembre 1992 sia pari a 96.80. Il valore giornaliero del contratto è pari al prezzo di chiusura moltiplicato per un fattore di $ 500. Nel nostro caso 96.80 x 500 = $ 48,400.
Supponiamo ora che il giorno successivo coincida con la scadenza del contratto e che la quotazione di chiusura raggiunga il prezzo di 97.60.
Il valore del contratto perciò sarà pari a $ 48,800. Il meccanismo del cash settlement opererà come la normale liquidazione giornaliera. Per cui, in questo esempio, l'acquirente del future si vedrà accreditare dalla ch il conto margini di $400 che rappresentano il profitto di questa posizione.
Naturalmente la ch addebiterà contemporaneamente tale somma al conto margini del venditore.
Possiamo pertanto concludere con alcune considerazioni generali.
Il mercato dei tassi d'interesse è il settore dei financial futures con il più ampio mercato mondiale ed è anche il comparto che comprende il più elevato numero di partecipanti.
Gli utilizzatori di questi futures sono tutti gli intermediari finanziari, le imprese ed i singoli investitori. Le strategie di utilizzo di questi strumenti riguardano tutte le scadenze temporali come pure una vastissima casistica di situazioni.
Inoltre, quello dei futures sui tassi d'interesse, è un mercato dove ampio è il ricorso ad operazioni di copertura incrociata, in quanto i contratti attivamente trattati, pur non essendo numerosi, riescono ad ottenere ottimi risultati in termini di gestione del rischio in molti settori del sottostante mercato a pronti.
Può essere utile a questo punto, analizzare un esempio (12) di copertura lunga nei mercati a termine dei saggi d'interesse.
Supponiamo che un ipotetico operatore il 30 marzo preveda, per il mese di settembre, una eccedenza di liquidità pari a $ 20,000,000. Prevedendo che tale eccedenza permanga per i successivi sei mesi, egli stabilisce di investire la somma indicata in depositi a sei mesi in eurodollari che al 30 marzo rendono il 14.50%. Egli tuttavia ritiene che nel periodo marzo-settembre i rendimenti dei depositi menzionati si possano flettere.
Di conseguenza, l'investimento di $ 20,000,000 programmato per il 29 settembre, potrà essere realizzato a condizioni meno favorevoli di quelle attuali. L'operatore decide allora di coprirsi contro il rischio evidenziato operando presso il liffe. In tale mercato infatti sono quotati contratti a termine in eurodollari a tre mesi, i cui prezzi manifestano un grado di correlazione del tutto accettabile rispetto ai depositi a 6 mesi negoziati nel disponibile; il relativo coefficiente di regressione è pari a 0,934. Tali contratti, inoltre, sono i più liquidi fra quelli trattati nel mercato di Londra.
Effettuata la scelta del contratto di copertura, resta da valutare il numero di contratti da negoziare, la loro scadenza ed il tipo di operazione da attivare.
E' evidente che si tratta di attivare una posizione lunga nel mercato a termine.
Il numero dei contratti futures necessari per la copertura si ottiene dall'applicazione della relazione [ 1 ] del paragrafo 3.6.
Sulla scorta delle informazioni indicate precedentemente risulteranno 37 contratti.
Il mese di scadenza è quello di dicembre. La scelta di dicembre rispetto a settembre deriva dalla considerazione che nel mese di scadenza la base manifesta un andamento anomalo per effetto del processo di convergenza (13) che, nel caso specifico, infliggerebbe pesanti perdite all'operatore a termine (vedi prospetto alla pagina successiva).
Ne deriva che il costo opportunità netto per l'operatore è stato ridotto a $12,100 contro quello di $75,000 che esso avrebbe sicuramente subito se non avesse attivato la posizione di copertura a termine.
Il risultato complessivo dell'operazione, dunque, assicura all'operatore un rendimento sui fondi investiti pari al 14.38% ($ 1,437,900 su un investimento di $ 20,000,000 per sei mesi).
Si noti che la copertura non è totale per effetto della contrazione della base di sette punti dovuta all'imperfetta correlazione fra le serie di prezzi dei contratti a termine e nel disponibile; per l'arrotondamento del numero dei contratti negoziati a termine; per l'ampiezza del periodo di copertura (marzo-settembre).(14) Ciò nonostante, un grado di copertura pari all'83,9% [($62,900/75,000) x 100] configura già un'operazione particolarmente efficace.
A conclusione del paragrafo si può ricordare che, come abbiamo dimostrato dall'applicazione dell'esempio esposto scelto volutamente quale esempio di copertura non totale, la copertura perfetta è difficilmente realizzabile.
Operazione "lunga" di copertura contro la possibile manifestazione di un costo opportunità
in presenza di flessione dei saggi d' interesse.
Mercato del disponibile
30 marzo Individuazione di un'eccedenza di cassa di $ 20 milioni per il periodo 29 settembre - 29 marzo. Ipotesi di investimento in depositi in eurodollari a 6 mesi, rendimento attuale 14.5% 30 settembre Acquisto di depositi in eurodollari a 6 mesi al 13.75% per un valore di $ 20 milioni Risultato dell'operazione Costo opportunità $ 75,000 [(0.145 - 0.1375) x 1/2 x $ 20,000,000 |
Mercato a termine
Acquisto di 37 contratti di deposito a tre mesi in eurodollari scadenza dicembre, a 86.00.
Vendita di 37 contratti di deposito a tre mesi in eurodollari scadenza dicembre, a 86.68
Profitto realizzato $ 62,900 (37 contratti x 68 ticks x $ 25 per tick) |
Gli interventi di copertura comportano inoltre costi espliciti, costi opportunità e rischi di inefficacia.
Quindi il problema della copertura non si risolve con
l'applicazione meccanica delle tecniche, ma richiede interventi concepiti
con una dose adeguata di originalità e soggetti ad aggiustamenti
dinamici.