(cioè "quando
il troppo è inopportuno"), i circa 3000 membri della comunità ebraica furono costretti
a risiedere all'interno del ghetto, menzionato nei testi dell'epoca
come
Inizialmente l'unica risorsa di acqua potabile del ghetto era
una fontana situata in piazza Giudea, fuori dei confini del recinto, e dunque
le condizioni igieniche all'interno erano spaventose. Una fontana più piccola venne poi edificata all'interno del recinto, solo molti anni dopo. Inoltre, essendo questo uno dei punti altimetricamente più bassi di Roma, il rischio di
subire lo straripamento del vicino Tevere era un'altra costante minaccia.
Fuori del ghetto gli ebrei maschi dovevano indossare un pezzo di stoffa gialla
sul berretto, mentre le donne dovevano portare uno scialle o un velo dello
stesso colore, per essere facilmente identificabili.
Roma non era l'unica città dove in quegli anni le comunità ebraiche erano sottoposte a discriminazioni: leggi simili a queste furono promulgate anche altrove in Italia (Venezia, Bologna, Ferrara, ecc.); già nel medioevo erano state attuate campagne di espulsione in paesi quali la Spagna, la Francia, l'Inghilterra.
Inoltre non tutti i papi e gli esponenti del potere pontificio si mostrarono duri con gli ebrei. Il vescovo e governatore generale di Roma Annibale Rucellai proibì qualsiasi maltrattamento emanando in data 15 gennaio 1595 il bando sottostante (cliccare sull'illustrazione per l'ingrandimento), il cui testo recitava:
BANDO Che non si debbano molestare, né dar fastidio alli Hebrei.
Volendosi provedere alli scandali, & inconvenienti che sogliono nascere dalle molestie, e beffe, che s'intende darsi giornalmente à gli Hebrei. Per questo Il molto Illo, & Rever.mo Mons. Anibale Ruccellai, Vescovo di Carcassone, & dell'Alma Città di Rome, & suo distretto General Governatore, & Vicecamerlengo, per ordine espresso de la Santità di N.S. per il presente Bando ordina, prohibisce, & commanda, che nessuna persona, di qualsivoglia stato, grado, conditione, & preminentia, ardisca, ne presuma in modo alcuno diretto, o indiretto, dar fastidio o impedimento di nessuna sorte ad alcun'hebreo, maschio, o femina, putti, o putte, ne schrnirli, toccarli, o offenderli in qual si sia modo, in parole, o fatti di giorno, ne di notte, occultamente, ne palesemente, sotto pena à gl'huomini Christiani di tre tratti di corda, & alle donne, e putti della frusta, & di più alla pena, alle quali sarebbono tenuti, se havessero offeso un Christiano, dichiarando, che li padroni di casa saranno tenuti per li loro servitori, li padri per li figliuoli, e maestri per li discepoli, & se ne farà essecutione rigorosa, reserbandosi esso Mons. Reverendiss. Governatore l'arbitrio d'aumentar e minuir le pene secondo la qualità del fatto, e delle persone, & ognuno si guardi di non contravenire. |
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Per quanto possa apparire un bando severo, l'ultima riga ci dice che i ricchi e i nobili avrebbero potuto facilmente evitare la sentenza. Inoltre quando veniva eletto un nuovo papa, l'atteggiamento della Chiesa di Roma verso gli ebrei poteva mutare facilmente, a volte in modo radicale.

un lato di via del Portico d'Ottavia
è ancora oggi costituito da una fila di case antiche (secoli XV-XVI) |
Quando nel 1798 Roma cadde sotto l'assedio dell'armata napoleonica, l'amministrazione francese aprì le porte del ghetto. Ma quando nel 1815 fu restaurata l'autorità papale, le porte furono nuovamente chiuse. L'unica concessione fatta da papa Leone XII poco dopo il 1830 fu di decretare un'ulteriore espansione del confine del ghetto, comprendendovi via di Sant'Ambrogio e via della Reginella (nell'angolo in alto a sinistra nell'illustrazione d'apertura); a quest'ultima strada si provvide ad applicare un nuovo portone. Nel 1870, anno in cui il governo papale cadde, gli ingressi dell'odioso recinto vennero definitivamente abbattuti.
Solo allora gli ebrei romani furono liberi di lasciare il quartiere, e vennero restituiti loro gli stessi diritti civili della popolazione cristiana. |
Molti membri della comunità non vivono più qui, ma molti altri vi risiedono ancora
oggi, sebbene tutti considerino il ghetto come un comune punto di incontro
in occasioni speciali e festività religiose.

frammento di età romana
su una casa del XV secolo |
Qualche ristorante in zona mantiene viva la cucina
giudaico-romanesca, una tradizione vecchia di secoli che fonde tipici piatti
ebraici con ricette romane, fra cui i famosi carciofi fritti alla
giudìa. I cosiddetti "fagottari", clienti che usavano portare
il proprio pasto in un fagotto, e quindi ordinavano solo il vino, non si incontrano
più; questa abitudine è ormai scomparsa.
Nel ghetto anche la lingua subiva
l'influenza della cultura di origine degli abitanti: il dialetto
giudaico-romanesco, che una volta veniva parlato dai membri della comunità,
non era troppo dissimile da quello classico romanesco, ma molte parole avevano
un'origine ebraica. |

l'androne di un palazzo
privato del XVI secolo |
Oggi il giudaico-romanesco non è più parlato.

la sinagoga |
Attorno al 1900, appena pochi anni dopo l'apertura del ghetto, alcune delle case originali
del quartiere furono demolite, o pesantemente modificate, ma i vicoli superstiti
di questa zona ancora conservano un'atmosfera magica, una miscela molto
particolare di storia, architettura e tradizione.
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