Uno sguardo di lungo periodo
Per poter articolare un discorso coerente, con uno schema quantomeno lineare, sul terrorismo rosso, occorre
inquadrarlo nel periodo storico in cui si inserisce non disdegnando di trattare quelle che possono essere
considerate, a torto o a ragione, le sue matrici culturali e ideologiche. Vero è che, fino ad oggi, un tale tema è
stato studiato solo parzialmente dalla storiografia e gli anni Settanta, in generale, risultano il periodo più
chiacchierato ma il meno approfondito.
Come si spiega questo mancato approfondimento ? Diverse sono le motivazioni riconducibili a difficoltà di
varia natura:
-psicologica, a raccontare un passato ancora troppo recente e vivo nelle menti degli italiani ;
-pratica, per la mancanza di fonti e per la riservatezza dei fasciscoli giudiziari relativi ;
-introspettiva, per cui gran parte degli storici hanno partecipato attivamente al Sessantotto ed hanno problemi
a riflettere su quegli eventi con il doveroso distacco.
Detto questo, non abbiamo né i mezzi né la preparazione per poter svolgere un’analisi critica del suddetto
periodo in cui vide la luce il terrorismo rosso, ma possiamo tentare di abbozzare un quadro di riferimento.
Il terrorismo rosso non è stato un fenomeno isolato, ma affonda le sue radici nella crisi economica, sociale e
politica che investe il nostro paese agli inizi degli anni Settanta. Ma le basi ideologiche possono farsi risalire al
marxismo-leninismo. La sua provenienza culturale e sociale può essere individuata già nell’esplosione della
protesta nelle università italiane del ’68, i cui motivi vanno individuati non solo nelle mancate riforme
scolastiche degli anni ’60 ma anche in un sentimento più profondo che portava al rifiuto del “miracolo
economico” , dell’ individualismo, del tecnologismo, del valore della famiglia (appunto fomite di individualismo),
in forte polemica di grande valore etico con la società come allora si presentava.
A questi malumori facevano eco nel mondo eventi di grande presa ideologica come la guerra del
Vietnam, e la rivoluzione culturale in Cina o le imprese di qualche anno prima
del Che in Bolivia. Alcuni elementi che il ’68, inconsapevolmente, instillerà nel futuro terrorismo possono
essere individuati nel forte anti-autoritarismo, anti-gerarchismo e anticonfor-mismo, nel disprezzo per le forze
di sinistra tradizionali (Pci e Psi), dipinte come “integrate” al sistema, nell’uso della violenza (anche se il
pacifismo era predicato, almeno all’inizio, salvo poi finire per accettare come inevitabile e giustificata la
violenza proletaria contrapposta a quella capitalista - si pensi agli slogan “il potere nasce dal fucile”, “guerra
no, guerriglia si”- ), tanto da rendere pubblica una loro immagine che potrebbe essere ben sintetizzata come
“fascismo di sini-stra”, secondo l ’immagine tratteggiata da Haber-mas.
E’ proprio in seguito a quelle drammatiche vicende che, nel 1968-69, nasce la Nuova Sinistra italiana, ma non
solo. Essa (almeno nella sua ala estrema) nascerà anche in risposta alla cosiddetta strategia della tensione
messa in moto dalle forze conservatrici dello stato, con la connivenza dei servizi segreti italiani e non. In
questo quadro un punto di cesura può essere individuato nella strage di Piazza Fontana, avvenuta il 12
dicembre del 1969, probabilmente messa in atto dalla collaborazione di Ordine Nuovo e della Cia, ma non
nulla di definitivo è ancora stato detto. Inoltre va considerato il quadro europeo in cui si trovava immersa l’Italia
di quegli anni, esasperato dal colpo di stato dei colonnelli in Grecia, che squilibrava i rapporti di forza.
Dicevamo della Nuova Sinistra, che in realtà, “nuova” lo era solo nel nome - come ci dice il Ginsborg - e non
nei fatti. “Era vecchia almeno quanto la rivoluzione russa e quanto il leninismo che prendevano a modello”.
Nacquero dunque un gran numero di gruppi rivoluzionari : i maoisti di Servire il popolo, che si rivolgevano ai
contadini e alla loro fantomatica disciplina ; Avanguardia operaia, a Milano, fondata sul leninismo ortodosso,
antistatalista ; il movimento studentesco, a Milano, che esaltava il ruolo dominante degli studenti e
simpatizzava per lo stalinismo ; Lotta continua, libertaria e irriverente ; Potere operaio, a Torino, fondato sul
potere dell’avanguardia di tipo leninista ; il gruppo del Manifesto. Dal ’68 al ’76 questi gruppi coinvolsero
migliaia di militanti in un esasperato attivismo con lo scopo di raggiungere la rivoluzione e l’abbattimento del
capitalismo ; in realtà questi gruppi avevano il difetto di essere settari, elitari, e spesso finivano per attaccarsi
a vicenda, indebolendosi. Inoltre essi finirono per divenire al loro interno delle vere e proprie macchine
gerarchiche, proprio come i partiti che tanto criticavano - come afferma il Ginsborg. Per di più essi furono
ambigui nel rapporto con i gruppi armati e finirono per cullarsi sulla speranza (utopica) che la rivoluzione
socialista in Italia come in Occidente fosse vicina nel tempo.
Il 1969-70 si può considerare il momento della nascita ufficiale a Milano del partito armato che di lì a poco
prenderà il nome di Br. Ma per l’approfondimento del fenomeno delle BR e degli altri gruppi di terroristi rossi
rimandiamo all’articolo specifico. Prendiamo adesso in considerazione i motivi che determinarono
l’espansione del terrorismo in quegli anni. Almeno due sono i fattori di riferimento. Il primo fu la crisi dei gruppi
rivoluzionari. Dopo Potere Operaio anche Lotta Continua si sciolse ; per l’esattezza proprio dopo il suo
secondo congresso sotto il peso dell’autocritica e della demoralizzazione ; parte dei loro aderenti confluirono
nelle BR.. Il secondo è la frattura che si creò tra Pci e universitari-operai. In realtà si creò il paradosso per cui i
comunisti volevano prevenire l’estendersi della violenza, ma la loro politica creava un terreno più fertile per i
terroristi.
Detto questo si può capire perché il 1976 fu un anno che vide un sensibile aumento delle bande
terroriste (testimoniato dall’ aumento, quadruplicazione, degli aatti terroristici rossi rivendicati). Non si sa
perché la polizia allentò la vigilanza, probabilmente perché si voleva condizionare con esso il clima politico ed
il Pci.
Il partito armato, dunque, non nasce alle soglie del ’77 ma ben prima : comunque se c’è un
momento in cui si può datare il maggiore reclutamento è l’estate del 1976, quando il Pci svolta a
destra per l’unità nazionale. E’ allora che, per ragioni politiche, sociali ed economiche, i giovani si
allontanarono dal Pci (vedi compromesso storico) col rischio serio di essere incanalati nelle
frange del partito armato. In generale denunciare l’atteggiamento delle forze di sinistra, Pci e Psi
in quegli anni, significa riconoscere gli errori e fare autocritica, troppo spesso trascurata. Quando,
come avvenne, molti giovani diventarono militanti clandestini e poi terroristi rossi occorre
chiedersi il perché, che non può essere spiegato solo con l’alienazione derivante dai problemi individuali,
ma che chiama in causa la grave inadeguatezza delle forze politiche.
E venne l’ora del movimento del ’77. Nauseati, dunque, dalla politica e dalla società, i giovani di allora differivano non poco
dai loro idealisti predecessori del ’68. Possono essere divisi in due gruppi:
- l’ala creativa, sensibile al femminismo, irriverente, per nuove strutture sociali si, ma senza optare per il muro contro muro
con il sistema, gli “indiani metropolitani”, i “renudisti” e via dicendo;
- l’altra degli autonomi e i militaristi, violenti, per una battaglia senza esclusione di colpi con lo stato, tra cui i gruppi di
autonomia organizzata di Toni Negri (quelli della P38).
Il movimento del ’77 non può essere connesso, tout-court, al fenomeno generale del terrorismo, anche se, come abbiamo
visto, vi sono state delle matrici comuni (specie nella seconda ala): in generale può essere considerato un momento di
eversione o meglio di rivolta.
Spesso si cade in errore considerando il legame tra ’68 e ’77 in modo troppo stretto, anche se nulla vieta di fare il parallelo.
“Il ’68 era stato la rivoluzione che aveva unito gli studenti, mentre il ’77 li avrebbe divisi, il primo era stato il trionfo della parola,
il secondo sarebbe stato invece dominato dal linguaggio senza parole, perduto, e ancora il primo era l’irruzione della politica
nel quotidiano, il secondo ne sanciva la crisi” - con queste parole R.Rossanda ne fotografa le divergenze. Quindi come si
può intuire le differenze sono decisive e di non poco conto. Ma ciò che lega i due momenti è la matrice culturale (in uno più
evidente, nell’altro un po’ edulcorata) che affonda le sue radici nella precedente concezione di rivoluzione per sovvertire
l’ordine costituito.
Sempre nel 1977 prende campo il gruppo più duro nel panorama del terrorismo, Prima linea ; e queste non possono
essere solo coincidenze. Di lì a poco si sarebbe raggiunto il culmine delle operazioni sovversive, da parte delle BR, con il
sequestro e l’uccisione di Moro.
Sarà sempre un forte tema di dibattito lo stabilire in che modo i movimenti sociali e rivoluzionari del ’68 e del ’77 furono
responsabili del successivo terrorismo rosso. Non c’è dubbio che le premesse di giustificazione della violenza proletaria e
rivoluzionaria sono in comune ma questo non basta per poter abbozzare chissà quali convergenze, con il rischio, costante,
di generalizzare.