Indietro    I RACCONTI DELLA RESURREZIONE    Avanti

(1 Dicembre 1997 - D. Giuseppe GHIBERTI)

 

[Come preghiera iniziale si legge l’episodio dei discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35)]

Leggiamo anche le altre due parti:

· Il Sepolcro Vuoto (Lc 24,1-12)

· La "grande" Apparizione (Lc 24,36-52)

per meglio seguire il discorso successivamente.

Vediamo la Resurrezione come è presentata da Luca: questo è l’ultimo capitolo dei suoi ventiquattro; è uno dei bei capitoli di Luca, complesso, non facile da dominare.

Quante parti ha ? Due o tre ?

La domanda serve per dare il senso della interpretazione.

Nell’episodio dei due di Emmaus abbiamo visto la loro esperienza; sembra che nel capitolo ci sia:

· una parte introduttiva (Il Sepolcro Vuoto),

· i due di Emmaus ed

· una conclusione con l’Ascensione.

Questa è una maniera di dividere l’ultimo capitolo di Luca; un’altra maniera di dividere potrebbe essere in sole due parti :

· tutto ciò che sta "prima" di Emmaus,

· tutto ciò che sta "dopo" di Emmaus.

In realtà sono tre unità narrative che ci sbilanciano un po’.

La prima parte è il racconto della esperienza del sepolcro vuoto,

la terza parte è il racconto della esperienza della "grande" Apparizione (pubblica) di Gesù.

E la seconda?

La seconda parte è il racconto della esperienza della apparizione privata di Gesù, con una notevole differenza da quella successiva.

La terza è l’Apparizione ai Dodici, elementi qualificati; essi sono gli "Apostoli".

Nei due di Emmaus l’apparizione è a due discepoli qualsiasi (uno è uno sconosciuto di nome Clèopa e l’altro non viene neppure nominato) che non sono dei Dodici.

In questo racconto ritorna con una certa insistenza il richiamo al terzo giorno.

"Siamo al terzo giorno e sono accadute certe cose." dicono i due di Emmaus; Gesù risponde :

"E’ il terzo giorno e tutto quello che è accaduto, è accaduto proprio perché è il terzo giorno."

Allora questo episodio si collega al Sepolcro Vuoto e si collega alla apparizione ai Dodici; in realtà esso è la conclusione del Sepolcro Vuoto e l’introduzione della Apparizione ai Dodici.

Personalmente ha l’impressione che il racconto abbia a che fare più col Sepolcro Vuoto che alla "grande" Apparizione successiva.

Certamente la esperienza al sepolcro vuoto e la grande Apparizione sono le cose più importanti della Resurrezione nella cristianità primitiva.

Il primo elenco dei testimoni della Resurrezione è di S. Paolo (1 Cor 15,3-8):

"Vi ha trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto."

E’ un mini-Credo molto articolato nelle quattro parti:

1. Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture

2. fu sepolto

3. è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture

4. apparve

Ora lo "apparve" è legato a "resuscitato".

L’apparve che concludeva il Credo antico porta un doppio elenco delle apparizioni.

Se nessuno l’ha visto nel sepolcro, allora a chi apparve?

Più che "apparve", bisognerebbe dire "fu visto"; questo per concretizzare la testimonianza.

Se fu visto, ci fu chi lo vide; di qui l’elenco: Cefa (Pietro), i Dodici, cinquecento (di cui molti ancora vivi mentre Paolo scrive; ce ne sono abbastanza, sembra suggerire Paolo, se si vuole andare a controllare), Giacomo e poi, per ultimo, "anche" Paolo.

Questo "anche a me" è un adattamento di una formula ufficiale fatto da Paolo, che evita di dire "a moltissimi altri" per portare avanti, invece, un suo discorso.

Torniamo ai testimoni : Cefa, Giacomo, gli apostoli (quelli qualificati), una grande moltitudine (come ci riferisce Paolo) e poi Paolo stesso.

Dunque i primi cristiani (è un Credo di appena dieci anni dopo la morte di Gesù) conoscevano moltissime apparizioni, di cui abbiamo notizie negli Apocrifi; però secondo i Vangeli si dava importanza solo a quelle agli Apostoli.

In Giovanni e Luca si dà importanza a questa testimonianza, mentre Matteo riporta le donne.

Queste apparizioni a persone singole non hanno una funzione particolare.

A cosa servono in Giovanni e Matteo?

Servono solo per mandare la donne a dire che Gesù è risorto o a dire dove Egli è.

Sono quindi in funzione degli altri, i fratelli di Gesù, come dicono in greco Matteo e Giovanni.

Stessa domanda possiamo fare per i due di Emmaus : l’episodio è autonomo o è in funzione di altro?

Quella ai due di Emmaus è una apparizione tematicamente meno importante dell’altra successiva.

Passiamo al sepolcro vuoto; è narrato da Luca in modo non diverso da quello degli altri evangelisti.

Dei racconti pasquali l’esperienza al sepolcro vuoto è la più costante; le apparizioni invece cambiano di molto da evangelista ad evangelista.

C’è una identità di luogo: il sepolcro per tutti gli evangelisti; Gesù è morto, sepolto, quindi il punto di riferimento è il sepolcro.

Ecco alcune protagoniste (donne) che si orientano al sepolcro vuoto; se ci fossero solo Marco e Matteo avremmo solo donne, essendoci anche Luca e Giovanni ci sono anche gli uomini.

Comunque il punto di riferimento è sempre quello: il sepolcro.

Cosa vanno a fare le donne ?

Vanno a fare un’opera di pietà che non si era potuta fare prima per la fretta; è comune a tutte le narrazioni, quindi lo possiamo considerare storico: l’unzione del cadavere, atto di omaggio che cercava di mimetizzare l’odore, fatto per allontanare l’odore.

Nello stesso tempo proprio perché è possibile entro tre giorni fare la visita al sepolcro (poi non più!) le donne ci vanno.

Il sepolcro è di tutto rispetto e di tutta sicurezza; la pietra dovrebbe impedire il progetto delle donne, ma quando arrivano la difficoltà è stata eliminata (sono concordi tutti gli evangelisti).

Qui si differenzia Giovanni dai sinottici: secondo i sinottici nel sepolcro trovano non quello che cercano, ma un personaggio di provenienza celeste, qualificato in modo differente ("giovane" per Marco, "angelo" per Matteo, "due uomini" per Luca), mentre per Giovanni incontrano "due angeli".

Interessa segnalare solo che appartengono al mondo celeste; sono angeli anche per Luca, anche se egli non usa esattamente questo termine.

Nella esegesi si chiamano angeli interpreti, che cioè chiariscono il pensiero di Dio.

Le donne al sepolcro fanno delle domande (anche se non sono riportate) come si può capire dalle risposte; esse vedono il sepolcro vuoto, senza cadavere.

Perché?

Risposta: perché Gesù è risorto !

Delle tante interpretazioni che si potrebbero dare alla domanda una sola è quella giusta; ecco perché ci vogliono gli angeli: per dare credibilità.

In Matteo ci sono le guardie che garantiscono la credibilità (Mt 28,11-15):

"Mentre esse erano per via, alcuni della guardia giunsero in città e annunziarono ai sommi sacerdoti quanto era accaduto. Questi si riunirono allora con gli anziani e deliberarono di dare una buona somma di denaro ai soldati dicendo: "Dichiarate: i suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato, mentre noi dormivamo. E se mai la cosa verrà all’orecchio del governatore noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni noia ". Quelli, preso il denaro, fecero secondo le istruzioni ricevute. Così questa diceria si è divulgata fra i Giudei fino ad oggi."

Gli angeli dicono che l’unica interpretazione è che Gesù è risuscitato.

Ma adesso dove è ?

La risposta si ha dalle parole e dai fatti che troviamo.

Matteo e Marco dicono che Egli li precede in Galilea e che le donne devono andare lì per incontrarlo.

Giovanni fa dire alla Maddalena da Gesù stesso  (Gv 20,17):

"Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro".

Luca nomina la Galilea, ma fa uno slalom per dribblare una difficoltà: non vuole uscire da Gerusalemme.

Sa che c’è il ricordo della Galilea, ma tutto il suo capitolo ventiquattro (l’ultimo) non esce da Gerusalemme, perché finisce nel Tempio; questo è caratteristico di Luca che comincia il suo Vangelo nel Tempio con l’annunciazione a Zaccaria e finisce il Vangelo nel Tempio dove gli Apostoli, dopo l’Ascensione, vanno a lodare Dio.

Il motivo è la centralità di Gerusalemme, una ragione teologica quindi.

Ma per stare a Gerusalemme bisogna non andare in Galilea.

Allora dove si troverà il risorto per Luca ?

Sulla strada di Emmaus e non in Galilea e non ancora presso il Padre.

Viste le differenti risposte ci potremmo chiedere dove sia veramente Gesù, quale sia la risposta giusta.

Gesù è contemporaneamente:

· in Galilea; li aspetta là per mandarli in tutto il mondo,

· presso il Padre, come aveva predetto,

· sulla strada di Emmaus dove ci incontra.

Sulla strada di Emmaus ci sono due che sanno e non sanno (non hanno capito); avrebbero motivi, ma li hanno smarriti.

Speravano, ma adesso non sperano più !

Gesù aveva promesso...., ma adesso è il terzo giorno !

Quello dei due di Emmaus si rivela qui un racconto del sepolcro vuoto.

Certo siamo lontani da Gerusalemme, ma lo potremmo chiamare cammino da Gerusalemme a Gerusalemme; i due non pernottano nemmeno ad Emmaus: non si può stare lontano da Gerusalemme!

Tutto ruota attorno al terzo giorno; punta sul fatto che il terzo giorno è il motivo della grande delusione: il modo di pensare degli ebrei nutre la convinzione che dopo tre giorni un morto è veramente morto.

In ambito rabbinico si parla di esperienze di certi che ripartono a vivere (casi di morte apparente li diremmo noi).

Una volta che uno moriva, il suo cadavere doveva andare prima della notte fuori di casa: il motivo era di comodità (case piccole) ed anche rituale (impurità del cadavere) ed igienica.

Naturalmente un "morto" seppellito così presto può dare adito a casi di morte apparente; così il "morto" poteva riprendersi ed uscire dal sepolcro, in quanto dall’interno era più facile far rotolare la pietra.

I due pensano che, essendo al terzo giorno e non essendosi ripreso Gesù, tutto sia perduto.

Il terzo giorno è il motivo della disperazione dei due di Emmaus, ma è anche lo stimolo per dire che è il terzo giorno della conferma di ciò che Gesù ha detto.

Le cose che essi hanno mal interpretato quando Gesù era vivo, vengono chiarite ora.

C’è un plurale ("Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti") che avvicina questo racconto a Giovanni; c’è un sottointeso: se le donne hanno visto gli angeli, qualcosa è capitato !

Questo ci richiama agli angeli dell’annuncio ai pastori.

Prima nel racconto del sepolcro erano "due uomini", ora per i due di Emmaus sono "due angeli"; i due non hanno capito niente, ma ci sono tutti i segni per capire.

Essendo delle teste dure, Gesù chiarisce.

Siamo pertanto nella serie del sepolcro vuoto.

Abbiamo già visto:

Prima domanda: Come mai il sepolcro è vuoto?

Seconda domanda: Dov’è ora Gesù?

Ora, terza domanda: Noi cosa dobbiamo fare?

Incomincia così la catena delle missioni, più o meno esplicite.

La cosa non funzione bene perché c’è l’inceppo della Galilea.

Luca camuffa così il ricordo della Galilea, facendo dire dagli angeli alle donne (Lc 24,6):

"Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea, dicendo che bisognava che il Figlio dell’uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno."

La Galilea è il passato, ma esse ci vanno.

Il ricordo è lo stesso per Matteo e per Luca; invece in Marco (16,8) le donne stanno zitte per paura, si adeguano al comportamento timoroso dei discepoli.

La seconda conclusione di Marco (16,9-20) non è veramente di Marco.

Matteo e Luca notano che le donne vanno ad annunziare, ma i discepoli sono increduli pensando che le cose riferite siano solo chiacchiere di donne!

Così Pietro va al sepolcro; è un sunto di ciò che Giovanni racconta.

Lc 24,22 :

"Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti"

E’ la stessa tradizione interpretata in modo leggermente differente.

Lc 24,12 :

"Pietro tuttavia corse al sepolcro e chinatosi vide le bende"

sarebbe meglio dire i teli (othónia); prima aveva parlato di lenzuolo (sindòn).

Luca come ponte da Marco e Matteo verso Giovanni.

Giovanni ha un solo protagonista: in comune c’è il fatto che torna a casa e sta zitto; in realtà si capisce dopo che devono averlo raccontato a qualcuno.

E’ l’unica volta che nei racconti pasquali il protagonista non diventa testimone; ciò a disonore degli uomini.

C’è la preoccupazione di rispondere alle tre domande che abbiamo fatto prima.

Dopo c’è la apparizione ai discepoli di Emmaus; questo è uno dei racconti più belli di Luca, assieme al Figliuol Prodigo, al Ricco Epulone ed al Buon Samaritano.

Il racconto è ben costruito, in modo molto attento; c’è un rimando dall’inizio alla fine con una simmetria il cui centro è il terzo giorno con la verità del "bisognava che ..." .

Si trova anche in S. Paolo.

Cosa ha in più ?

Lo spezzare il pane.

Il senso della spiegazione di ciò che era accaduto (il punto neutro degli strutturalisti) è :

se andava male il terzo giorno, ciò era la pietra tombale delle loro speranze.

E’ l’intervento di Gesù che fa diventare il terzo giorno il giorno della unità ritrovata, ricostruita.

Gesù li fa parlare, è pedagogico, e loro non si accorgono che l’unica spiegazione è quella delle Scritture.

Luca presenta un Gesù esegeta (come in 4,21 "oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi").

I due di Emmaus hanno sentito che il loro cuore si scaldava, tanto è vero che si arriva allo spezzare il pane: è qui che incontri Gesù.

Emmaus è, da una parte, la strada della delusione, della disillusione, dall’altra è l’incontro del rito.

C’è negli Atti qualcosa di simile?

Certo: Filippo e l’eunuco (At 8,26-40).

E’ un racconto molto bello, ispirato da Daniele.

Venendo dalla Samaria Filippo, uno degli Apostoli, incontra un funzionario della regina di Etiopia, il quale sta percorrendo la strada da Gerusalemme, dove si è recato per il culto, a Gaza per andare in Egitto e poi in Etiopia. E’ una persona che si interroga sul senso delle cose: Filippo, compagno di viaggio, lo interroga sui suoi problemi e la risposta è di incompetenza, in quanto non sa il senso delle cose che legge.

Filippo allora interpreta le Scritture e poi, arrivati in posto dove c’è l’acqua l’eunuco si domanda cosa impedisca che lui sia battezzato. A questo punto Filippo lo battezza e sparisce dalla vista dell’eunuco.

La differenza tra i due episodi è che al posto di Gesù negli Atti c’è Filippo.

La "grande" apparizione

Accade tutto nello stesso giorno (sarà stato un giorno di 48 ore, dice qualcuno).

Il discorso di Gesù finisce con l’Ascensione; quindi nello stesso giorno si hanno Resurrezione, apparizioni (privata e pubbliche) e Ascensione al cielo.

Cosa vuol dire ?

Giocando sull’effetto illusorio fra capire che il mistero pasquale è unitario.

Infatti negli Atti degli Apostoli dice che solo dopo quaranta giorni di apparizioni Gesù sale al cielo; poi dopo cinquanta giorni dalla Pasqua è inviato lo Spirito.

Sono gli aspetti di questo teologo: il mistero pasquale è unico; le coordinate sono tempo e spazio e quindi tutto accade nello stesso giorno (tempo) e nello stesso luogo, Gerusalemme (spazio).

"Li condusse fuori verso Betània." (24,50)

In questa lunga giornata la seconda parte è costituita da questo grande incontro, dove non troviamo più la stessa omogeneità di racconto che lega gli evangelisti; prima c’erano elementi comuni: il sepolcro, la assenza di Gesù, il cammino.

Ora invece gli elementi comuni sono dispersi; sono più temi, motivi che fatti episodici.

Ci sono tre momenti :

1. Una specie di autopresentazione di Gesù: corrisponde al fatto che i discepoli non capiscono

che Lui è Gesù o sono tentati dal dubbio; la loro reazione è inadeguata.

2. Gesù ufficializza gli incarichi che dà a questi testimoni qualificati; si tratta di una

apparizione di incarichi.

3. Gesù, a sostegno degli incarichi dati, fa la promessa della sua presenza o assistenza.

Questi elementi ci sono anche negli altri Vangeli.

In Marco la finale posticcia è una specie di tavola pitagorica (qualcosa di imparato a memoria).

La autopresentazione di Gesù fatta da Luca somiglia a quella fatta da Giovanni, solo che questi aggiunge una "casa": infatti appare a porte chiuse.

Il dono della pace ("Pace a voi") è come in Giovanni.

"Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma" ; questo è solo di Luca. Anche dopo, a dimostrazione che non è un fantasma, Gesù chiede di dargli da mangiare, perché i fantasmi non mangiano.

C’è una interpretazione inadeguata e Gesù risponde in modo non simile agli altri.

Nei confronti dello spavento e del fantasma c’è una interpretazione del messaggio della Resurrezione secondo la quale si tratta di traveggole.

"Hanno visto uno spirito, un fantasma e allora si sono immaginati che ....."

"I fantasmi non sono persone reali ....." e così via.

Gesù dimostra invece la corporeità della resurrezione.

In Matteo non c’è "Tutto mi è stato dato" ; è una presentazione robusta.

Qui invece parlano gli avvenimenti; rincara la dose e mostra le mani e i piedi (in Giovanni mostra le mani e il costato), non il costato perché nella Morte non c’è l’episodio del soldato che per accertarsi della morte perfora il costato.

La reazione è inadeguata: Grande gioia, ma "ancora non credevano".

Non è così strano.

Ecco il cibo : tutto fa parte della autopresentazione di Gesù, che deve rispondere all’obiezione sulla realtà del suo corpo.

24,44 : "Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi".

Sembra che si riferisca a Gesù, ma invece si riferisce agli incarichi, che vengono ridetti ed al versetto 48: "Di questo voi siete testimoni"

In greco non c’è nemmeno il verbo (siete) per rendere la frase più secca ; si può sottintendere "siete", "sarete", "dovete essere", ci possiamo mettere quello che vogliamo.

La testimonianza è quella a cui tende Luca. A quale fine?

In funzione dell’annuncio certamente, invito alla conversione e dono della remissione dei peccati: temi comuni a tutti gli evangelisti.

Da una parte la vita di Gesù e dall’altra la missione dei Dodici; in Giovanni è tutto più esplicito. Il risultato è lo stesso.

Gesù aveva detto "convertitevi" ed ecco la testimonianza.

Gesù aveva dimostrato di essere il remissore dei peccati ed ecco la remissione dei peccati.

L’accenno dello Spirito Santo si riallaccia all’inizio del Vangelo (Lc 1,2):

"Coloro che ne furono testimoni fin da principio"

e all’inizio degli Atti (At 1,8):

"Mi sarete testimoni .... fino agi estremi confini della terra."

Autopresentazione, incarico, ora ci attenderemmo la garanzia.

In Matteo (28,20) il Vangelo finisce con queste parole:

"Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo."

In Luca la cosa non avviene perché è Gesù, che è presente insieme ai suoi, che dà la garanzia dello Spirito Santo, come in Giovanni.

In Giovanni la assicurazione viene fatta con il soffio (Gv 20,22):

"Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse:

"Ricevete lo Spirito Santo. ""

La Pentecoste in Giovanni avviene lo stesso giorno della Resurrezione.

In Luca bisogna attendere, perché, anche se la Pentecoste fa parte della Pasqua, devono passare appunto cinquanta giorni come dice il nome stesso (Pentecoste).

Luca non nomina lo Spirito Santo (24,49):

"E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso."

In prospettiva ed in proiezione dello Spirito finisce il Vangelo di Luca.

Gesù sta per trapiantarsi, la sua presenza sarà garantita dallo Spirito.

C’è l’atteggiamento sacerdotale (24,50):

"Alzate le mani, li benedisse."

Ricordiamo che il Gesù dei Vangeli è un laico.

Nella sinagoga c’era solo il sacerdote (uno della stirpe di Aronne) a fare la benedizione.

Gesù va al cielo come un Pontefice (= fa da ponte tra cielo e terra).

(Lc 24,52):

"Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; e stavano sempre nel tempio lodando Dio."

averlo adorato , sarebbe meglio dire essersi prostrati; si riconosce la pienezza del mistero.

Lodando ; è indicativo: chi ha visto Gesù, mentre attende il suo ritorno, in compagnia dello Spirito, prega.

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