Vinta l'indifferenza
Dobbiamo ammettere che, quando abbiamo iniziato questa avventura, eravamo un po’ scettici sulla sua
potenziale riuscita (benchè i soliti ottimisti del gruppo riuscivano ad infondere agli altri una certa sicurezza).
Temevamo soprattutto l’indifferenza con cui la rivista poteva essere accolta. L’indifferenza, che, come dice
Gramsci, è ciò che più di ogni altra cosa sconvolge i programmi, rovescia i piani meglio costruiti, insomma è
la materia bruta che si ribella all’intelligenza. Se dopo l’estenuante sforzo organizzativo, l’ambiente
universitario fosse rimasto, appunto, indifferente, probabilmente non saremmo qui a scrivere queste pagine.
Invece, tirando le somme a circa due mesi di distanza, possiamo ammettere di essere stati sorpresi
positivamente dall’accoglienza riservataci un po’ da tutti, e dagli studenti e dai professori (parecchi). E
questo ci fa gioire. Ma soprattutto ci ha permesso di vincere l’iniziale pessimismo e calarci, a pieno ritmo, nell’
“azione”.
Non è un caso infatti che, dal 7 di maggio, la redazione dell’Orco abbia deciso, all’unanimità, di
fondare un’associazione culturale, denominata, fra l’altro, come la rivista, ma indirizzata verso iniziative
ancor più allettanti, tra le quali l’organizzazione (in futuro) di dibattiti e conferenze rigorosamente storiche,
inserita (come si può leggere nel suo statuto) nell’alveo della cultura democratica, il che non è solo un modo
retorico per dire “impegnata”.
La rivista si propone di essere il punto d’incontro tra l’associazione e l’ambiente accademico, e riserverà ampio spazio, come è logico, alle sue iniziative. Ma torniamo all’accoglienza riservataci, visto che il tempo per approfondire il capitolo “associazione” non mancherà in futuro. Sarebbe
troppo facile riportare i tanti elogi ricevuti (anche da parte di “addetti ai lavori”), invece ci sembra più proficuo,
per attivare il dibattito (peraltro già intenso, almeno a voce), segnalare alcune critiche rivolteci di persona (ci
spiace che i diretti interessati non abbiano ascoltato, forse per il timore di rendersi pubblici, il nostro consiglio
di scrivere una lettera alla redazione). Qualche lettore particolarmente incontentabile (è bene comunque che
lo siano) ci ha rimproverato il tono, a suo dire, “asettico” della rivista, motivando una tale affermazione con la
quasi totale mancanza di prese di posizione e la carenza di opinioni degli articoli sotto accusa (provate a
indovinare quali ! ). Dopo aver fugato
il sospetto che questa critica fosse dettata solo da motivi ideologici, siamo giunti alla conclusione che, probabilmente, chi ha espresso un tale giudizio ha dimenticato
(sicuramente per sbadataggine) di leggere la scritta in calce alla copertina, ovvero “rivista di storia” e non “di
opinione” o ancor meglio “politica”.
Detto questo, qualcun’altro (ben più sensatamente) ci ha fatto notare l’eccessiva vivacità della veste grafica, discorso che si collega strettamente ad un altro appunto fattoci,
quello sulla crudezza della copertina. Per quanto riguarda la veste grafica, pur rimandendo legati all’idea
fondamentale dello sperimentalismo grafico (nato dalla proficua e seria collaborazione della nostra redazione
con un gruppo di studenti della facoltà di Architettura di Palermo), abbiamo umilmente fatto propria la critica,
a dimostrare che siamo immuni da eccessi di presunzione, snellendo e alleggerendo le scritte e rendendo
più sobria la struttura estetica (come si può notare da questo secondo numero). Sulla copertina va spesa
qualche parola in più. Addirittura qualcuno ha detto che era un manifesto pro-BR. Sebbene in un primo
momento questa insinuazione ci è sembrata un’offesa alla nostra intelligenza, e su questo ci appelliamo al
giudizio dei lettori, in seguito abbiamo ammesso che una scelta del genere poteva far sorgere dubbi legittimi.
Scelta non facile, scaturita da una lunga discussione tra i membri della redazione, che metteva in preventivo
le critiche ma che sperava di sortire l’effetto contrario. In realtà ci sembrava che gli articoli dedicati
all’argomento (che vanno oltre il semplice impatto che può avere una copertina), parlassero da soli. E’ anche
vero, inoltre, che la scelta di una copertina che sia di forte “impatto” per chi la guarda, è inserita nella
collaborazione, precedentemente accennata, tra storia ed arte contemporanea, quasi a legare i due campi
del sapere in un connubio ideale. Questo non significa che abbiamo bisogno del quadro d’effetto per attirare
l’attenzione, visto che speriamo che i temi da noi trattati siano di per sé così stimolanti da indurre alla lettura
critica : si tratta solo di una scelta estetica.
A questo punto, dopo avervi segnalato che la rivista è stata
regolarmente registrata al tribunale, a testimoniare l’impegno anche economico che abbiamo profuso in
quest’impresa, non ci resta che augurarvi vivamente un buona lettura.