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Gli enti locali finanziano le scuole private

Il Tar boccia i finanziamenti

Un'importante ordinanza del Tar Emilia Romagna dell'1.4.97 tenta finalmente di porre alcuni paletti nelle sabbie mobili dei contributi pubblici alle scuole private. Si tratta della risposta al ricorso presentato nel 1995 dal Comitato bolognese "Scuola e Costituzione" insieme ai rappresentanti di alcune confessioni religiose contro il finanziamento deliberato dal Consiglio Comunale di Bologna a favore di scuole materne private.

Lo strumento contestato è quello della convenzione, peraltro già adottato da altri comuni emiliani (Reggio Emilia, Ravenna...) e da altre Regioni (Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia) e recentemente anche dal Comune di Torino, per limitarci ai casi più noti (del resto, la "convenzione" è il fondamento teorico di quel "sistema integrato pubblico privato" inserito con la massima disinvoltura nel programma elettorale dell'Ulivo!).

Nel; 1995 la Regione Emilia Romagna approvò una legge, la n. 52/95 che consentiva finanziamenti ai Comuni che stipulassero convezioni con le scuole private; la delibera applicativa andò anche oltre, estendendo i benefici finanziari anche agli Enti Locali che avessero erogato contributi alle scuole private in qualsiasi forma. Proprio nei confronti di questa legge il Tar Emilia ha sollevato la questione di legittimità costituzionale e ha rinviati gli atti alla Corte Costituzionale.

Nella sua ordinanza del 1 aprile '97 il Tar dichiara "rilevante e non manifestamente infondata" la questione di legittimità della legge citata giudicandola in contrasto, sia con l'art. 33 della Costituzione, che prevede il diritto di Enti e privati di istituire scuole e istituti di educazione senza oneri per lo Stato, sia con l'art. 117 della Costituzione, che limita i poteri di intervento delle Regioni in materia di istruzione.

La Corte Costituzionale è ora chiamata a pronunciarsi nel merito di una legge che introduce lo strumento della convenzione come mezzo per neutralizzare quell'esclusione delle scuole private dal diritto al finanziamento pubblico, stabilita inequivocabilmente nella nostra Costituzione.

L'attuazione della 53/95 ha fin qui comportato un esborso di circa 18 miliardi l'anno da parte dei Comuni della regione, mentre in molti casi non esistono strutture pubbliche, o non in numero sufficiente a soddisfare le richieste (vedi quanto accaduto nel Comune di Bologna, dove per la prima volta 200 bambini sono rimasti esclusi lo scorso anno dalla scuola dell'infanzia comunale). Va inoltre precisato che dopo due anni di applicazione della legge si può affermare che circa 13 milioni per sezione erogati non hanno prodotto alcun mutamento osservabile dell'organizzazione didattica e gestionale delle scuole private, né alcuna riduzione delle rette.

In attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale, i ricorrenti chiedono che vengano sospesi immediatamente i finanziamenti alle scuole private dei circa 200 Comuni convenzionati e che vengano utilizzati tale fondi per aprire in Emilia nuove scuole comunali e statali. Chiedono inoltre che la legge nazionale di parità tra scuole pubbliche e scuole private non venga discussa prima dell'atteso pronunciamento.

La decisione del Tar dell'Emilia non potrà non far sentire i suoi effetti laddove scelte analoghe sono state compiute.

Alludiamo in primo luogo al Comune di Roma. E' forse sfuggito a molti che nel mese di dicembre, in sede di bilancio di previsione 1997, il Consiglio comunale ha votato a maggioranza un emendamento proposto dal sindaco Rutelli col quale veniva stanziata una somma di 17 miliardi, distribuita nell'arco di tre anni, a favore delle scuole materne ("private cattoliche" come si evince dal dibattito). La votazione ha visto il solo voto contrario dei consiglieri di Rifondazione e di 3 consiglieri Verdi, l'astensione dei Comunisti unitari. Segno triste dei tempi.

Da un dibattito largamente al disotto della gravità della decisione emerge, sì, una diffusa preoccupazione per l'assenza assoluta di criteri relativi all'erogazione del finanziamento, di cui beneficerebbero circa 200 scuole private (la stessa cifra consentirebbe l'assunzione di circa 150 persone nelle materne pubbliche), ma i rituali richiami all'impegno prioritario nei confronti della "Scuola dell'infanzia" comunale non hanno impedito alla maggioranza capitolina di offendere la Costituzione votando un finanziamento di 5 miliardi per il '97, di 5 miliardi per il '98, di 7 miliardi per il '99. E tutto ciò in nome della caduta delle ideologie, dell'avvento del sistema integrato, che -oltre ai vantaggi elettorali- "porta un buon risparmio".

Chi potrebbe negare che è più "conveniente" per il Comune regalare un po' di denaro alle scuole private per far fronte alla richiesta dell'utenza (destinata peraltro a crescere se l'obbligo venisse esteso al suo ultimo anno) che non aprire nuove sezioni di scuola materna comunale o invitare lo Stato a procedere all'istituzione di Scuole materne statali, secondo l'impegno assunto con la legge 444/69?

Insomma, un ennesimo concreto esempio del prevalere di tatticismi politici e di calcoli economici su un terreno del tutto improprio, che dovrebbe essere rispettato e sempre più qualificato per il suo carattere di luogo della prima formazione dei cittadini alla vita democratica, cittadini che non possono in alcun caso vedersi costretti a frequentare scuole private.

Allo stanziamento in bilancio non ha per ora fatto seguito l'enunciazione dei criteri di assegnazione dei finanziamenti.

Quando ciò avvenisse, auspichiamo un'azione delle forze sociali di Roma non dissimile da quella intrapresa dai cittadini democratici di Bologna.

Antonia Sani

del Comitato Scuola e Costituzione

 

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