Il Bambino e l'Acqua Sporca. Coordinamento Genitori-Insegnanti

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Sogni e incubi

Maastricht, scuola e dintorni

"I nostri sogni sono i vostri incubi" recitava una delle tanti frasi ad effetto del maggio francese del '68. Riflettendo su quanto sta accadendo in Italia ed in Europa attorno ai famosi parametri di Maastricht viene da pensare che oggi i problemi dei lavoratori e dei disoccupati di mezza Europa potrebbero benissimo essere sintetizzati invertendo lo slogan iniziale: i vostri sogni sono i nostri incubi.

Non mi interessa qui dilungarmi sull'elenco, d'altronde noto perché sperimentato sulla propria pelle, di tutte le misure che hanno colpito i lavoratori in questi ultimi anni. Vorrei provare a fornire brevi spunti di analisi sul perché questi provvedimenti fossero inevitabili e cercare di individuare le conseguenze che determinate scelte economiche e rapporti sociali comportano anche sul piano educativo e di politica scolastica.

 

1) Ho usato il termine inevitabili in modo provocatorio per chiarire che ciò che sta accadendo non è il frutto di una qualche mente perversa che si diverte ad accanirsi contro i lavoratori e gode nel vedere milioni di disoccupati. Ciò che sta accadendo è la conseguenza logica ed unica che l'attuale rapporto sociale comporta in sé. Non è quindi, per capirci, il Fondo Monetario Internazionale che elabora politiche economiche ma sono le dinamiche intrinseche del capitalismo che dettano le politiche economiche al FMI. Negare ciò significherebbe annullare la contraddizione fondamentale del capitalismo: la concorrenza sempre più esasperata tra capitalisti e la conseguente difficoltà di valorizzazione del capitale investito. E' per questo che nascono i diktat di Maastricht: non servono, in un' Europa che deve potenziare le sue capacità concorrenziali in un mercato internazionale sempre più agguerrito, nazioni non attrezzate a ciò. La corsa verso l' Euro rappresenta il pretesto necessario alle esigenze del padronato italiano per "attirare" alla sua causa i lavoratori ma, se e quando questa meta sarà raggiunta si dirà che bisogna fare ulteriori sacrifici per "battere" la concorrenza delle concentrazioni extraeuropee e ciò in una corsa senza fine in cui il fallimento di un'impresa coincide sempre con la vittoria di un'altra. Questo è un meccanismo irreversibile e determina, in maniera sempre più evidente, ogni aspetto della vita sociale.

 

2) In questo contesto poco importano le intenzioni di questa o quella forza politica; il livello di scontro tra capitalisti, non consente oggi mediazioni possibili in passato. Tutte le esigenze personali e sociali vengono utilizzate e subordinate alle "necessità" del mercato e della concorrenza. Ciò che sta accadendo è talmente evidente che perfino autorevoli voci della gerarchia cattolica, papa compreso, si dichiarano allarmate per gli "eccessi" del capitalismo. Invece questi aspetti del capitalismo non sono legati ai suoi eccessi ma sono appunto intrinseci al capitalismo in sé.

In questo suo sottomettere di fatto ogni aspetto delle relazioni sociali alla crescita di valorizzazione il capitale crea un accentramento di ricerca e conoscenza dell'attività produttiva periferica che estranea in misura sempre maggiore il lavoratore dalle finalità complessive della propria vita e del proprio lavoro.

La difficoltà a dare un senso alla propria esistenza, per quanto riguarda i suoi aspetti sociali, va perciò di pari passo con la difficoltà manifesta a pensare oggi ad una società diversa. Il senso di "non saper che fare" e di supina accettazione dello statu quo, che sembra aver colpito in particolare le classi sociali subalterne, nasce precisamente da una percezione che, anche se allo stato embrionale, è una percezione politica: rispondere adeguatamente alle attuali misure economico-sociali implicherebbe oggi un salto di qualità politico generale, un pensare ad un'organizzazione sociale radicalmente diversa. In assenza di ciò non ci sono alternative all'organizzazione sociale capitalistica e, quindi, a Maastrichti e ai suoi annessi e connessi.

 

3) La mancanza di alternative immediate determina un senso di vuoto anche nel settore educativo. La discrepanza tra i valori sociali dominanti e i valori educativi è enorme. La collaborazione, il gusto per lo studio e la ricerca, l'inserimento nelle scuole degli alunni portatori di handicap sono valori inesistenti al di fuori delle mura scolastiche (e con mio rammarico spesso anche dentro). I mass-media ci bombardano quotidianamente con i "veri" valori sociali e cioè competitività, concorrenza, sopraffazione dell'altro. La sensazione è di svolgere un lavoro inutile e inutilizzabile. A questa mancanza di senso si risponde con un rifugio nel tecnicismo o con un disperato tentativo di rivendicare ancora lo spazio dovuto alla "libertà d'insegnamento". Gli insegnanti infatti con la questione della "libertà d'insegnamento" hanno sperato per anni di poter continuare a gestirsi uno spazio sempre più piccolo, come se non fossero anch'essi inseriti in una struttura che doveva rispondere comunque agli interessi "generali" del mercato.

 

4) A rafforzare questa falsa coscienza contribuisce un altro fattore: la convinzione di esercitare un lavoro intellettuale che come tale permette un pieno controllo del proprio operare. Si rivendica quindi la propria "professionalità specifica", la propria autonomia, senza rendersi conto che individualità e libertà della forza lavoro, perciò anche di quella mentale, sono condizioni necessarie al capitale per sottoporre il lavoratore al controllo del mercato. L'attuale disegno ristrutturativo, nel suo complesso, mira a questo: autonomia e competitività tra istituti (e conseguente risparmio statale) con conseguente aumento del controllo sui docenti. Per fare questo si prevedono incrementi contrattuali risibili, maggiori differenzia-zioni salariali e incen-tivazioni; mobilità del posto di lavoro; possibilità di licenziamento. Infine aumentano i poteri dei presidi e dei direttori didattici gradualmente trasformati in dirigenti.

 

5) La scuola è perciò nel pieno dell'occhio del ciclone; ogni illusione su una scuola spazio neutro poiché sembrerebbe interesse di tutti avere un settore educativo che funzioni sta venendo spazzata via. Dalle elementari alle superiori anch'essa deve servire alla "causa" di Maastricht. Gli insegnanti, convinti per anni della immutabilità sostanziale della loro condizione, sembrano attoniti e smarriti di fronte a quanto accade. La via preferita di salvezza è la fuga, se possibile attraverso la pensione anticipata. Sia chiaro che queste considerazioni non vogliono essere un ulteriore invito a tirare i remi in barca. Non voglio affermare l'inutilità di un lavoro serio e pensato da fare con i bambini: voglio solo dire che non è più pensabile che basti "far bene" il proprio lavoro per offrire agli alunni momenti validi e importanti. Ogni giorno infatti ci troviamo a scontrarci con quanto le misure economico politiche pesino sul quotidiano del fare scuola: a partire dallo stipendio e dalle condizioni sindacali per finire a tutte le misure draconiane contro la scuola pubblica prese in questi ultimi anni. Pensiamo ad esempio alla questione supplenze nelle elementari, ai tagli di organico, al sovraffollamento delle classi, etc. Nonostante tutto questa rivista continua a riportare esperienze e riflessioni estremamente significative e esemplari di quante potenzialità ci siano ancora nella scuola pubblica. Non vogliamo dipingere un quadro catastrofico ma è vero che vediamo un futuro in cui la certezza del poter mettere in pratica quanto si programma e si pensa di fare sarà sempre più labile. Ovviamente del sovraffollamento, del salto delle compresenze, della mancanza di nomina dei supplenti e conseguente divisione delle classi, saranno soprattutto i bambini più svantaggiati da un punto di vista psico-socio-culturale a farne le spese.

 

6) L'esigenza che l'intera scuola debba essere ricondotta nell'alveo delle "necessità" del mercato emerge chiaramente anche dal progetto di riforma Berlinguer. La "formazione delle nuove generazioni" è il perno della "solidità economico industriale". L'attitudine che si vuole creare è la mentalità duttile concorrenziale. Da questo punto di vista il riordino dei cicli costitiuisce il completamento di un discorso iniziato con i Nuovi Programmi e i Nuovi Ordinamenti della scuola elementare. Infatti finora la diffusione dell'obbligo scolastico di massa (ricordate i luoghi comuni dopo l'introduzione della scuola media unificata sul fatto che alla terza media arrivavano tutti ignoranti?) configuratasi in particolare dal '60 ad oggi, corrispondeva in particolare alla necessità d'induzione di comportamenti; i livelli di scuola superiore erano quelli che selezionavano direttamente le classi dirigenziali. In questa piramide, quindi, le possibilità di un parziale intervento educativo diversificato erano inversamente proporzionali ai gradi scolastici. In passato nella media e nell'elementare (crediamo soprattutto in quest'ultima) si sono infatti potute esprimere potenzialità non direttamente o uniformemente riconducibili agli interessi della classe dominante, in quanto non immediatamente riconvertibili in acquisizioni professionali necessarie al mercato. Le profonde ristrutturazioni sia economiche che di riforme, attuate o da attuare, stanno modificando profondamente questo quadro: la media ridiventa diversificata, l'elementare colpita pesantemente con l'eliminazione di un anno e con altre misure altamente distruttive: si pensi al solo organico di Circolo.

Oggi forse solo la scuola materna presenta una situazione strutturale che per ora, nonostante calendario, orario, numero di alunni per classe, permette una certa vitalità.

7) In conclusione penso che i docenti, come tutti i lavoratori, trovandosi a subire le continue manovre contro di loro e contro tutto ciò che è sociale e inutile al mercato, dovranno necessariamente pensare che la "fine dell'incubo" può iniziarsi a realizzare solo ricominciando a "sognare".

 

Mario Sanguinetti

insegnante elementare - Bracciano

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