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Il riordino dei cicli
Riflessioni di due genitori

La riforma di Pippo Chennedy

Quante volte abbiamo sentito parlare di "tv trash" o anche di "cultura trash".

Ciò che rende determinate trasmissioni o altre forme di espressione "spazzatura" non è tanto il loro contenuto intrinseco quanto lo stridere del loro contenuto rispetto al contesto evocato, grandi sentimenti, emozioni, storie personali buttate in pasto alla morbosità collettiva per ingrassare lo sponsor di turno.

Qui non parliamo di tv ma della più organica e "credibile" proposta di riforma della scuola italiana che sia stata formulata da primi decenni del secolo.

Ma anche in questo caso useremo l'attributo "trash": grandi parole, valori e promesse per raggiungere obiettivi ben più inquietanti che ingrassare lo sponsor di turno. Vediamo con un po' di pazienza di cosa si tratta e permettiamoci qualche riflessione.

A distanza di molti decenni dal suo venire alla luce e anche dal suo successivo assestamento, il sistema scolastico italiano si trova per la prima volta di fronte ad un progetto di riforma organico -perché interessa tutti i suoi cicli- e credibile -per la forza del sostanziale consenso che attorno ad esso si va delineando.

La tesi che qui si vuole sostenere è che il futuro sistema scolastico ci appare pesantemente condizionato -in senso negativo- da fattori di ordine economico e sociale tipici del momento che stiamo attraversando.

La crisi di sistema che colpisce le economie dei paesi dell'Europa occidentale spinge questi ultimi verso politiche di integrazione monetaria e di mercato. I costi di queste politiche si riverberano pesantemente sulla sfera del lavoro (compressione dei diritti, calo dei livelli occupazionali) e incidono fortemente sui bilanci statali e in particolar modo sulla spesa sociale. Il nostro paese, come possiamo quotidianamente constatare, non sfugge a questi effetti.

La critica di fondo che noi facciamo é che il modello di scuola proposto si appiattisce sull'obiettivo di dare risposta ai problemi occupazionali e di fare ció con lo scopo essenziale di alleggerire la spesa statale nel settore della pubblica istruzione.

La strada scelta è quella di accentuare la valenza professionalizzante del sistema scolastico.

Ma vediamo più da vicino di cosa si tratta esaminando il ciclo secondario. Secondo la proposta di riforma questo si compone di 2 trienni al primo dei quali i ragazzi accedono all'età di 12 anni.

L'enfatizzazione dell'aspetto formativo -in senso professionale- della nuova scuola traspare sin dal nome assegnato al primo di questi due trienni. Questo é stato programmatoriamente battezzato "scuola dell'orientamento": addio scuola che ti aiuta a crescere e fa socializzare, addio scuola formativa! Ecco invece che solo poche materie fondamentali accompagneranno l'alunno per l'intero ciclo (ma quali? Italiano, matematica e storia? Oppure Italiano, inglese e matematica? Che cosa é "fondamentale" a 13 o a 17 anni?!). Il resto dell'attività didattica verrà frammentato in corsi di durata breve. Per il primo anno si prevede che durino dal mese al trimestre, con l'obiettivo dichiarato di porre i ragazzi "davanti a grandi opzioni su percorsi predeterminati".

Ma c'è di più: questi corsi, mensili o al massimo trimestrali, potranno essere affidati a privati. (Nel testo si parla per la verità di "esperienze realizzate con agenzie esterne" ma a noi -uomini di mondo- sarà consentita una vulgata di quella elusiva enunciazione.

Con l'inizio del secondo anno lo studente (13 anni di etá) è chiamato ad effettuare una scelta "tra diversi indirizzi (artistico, classico, scientifico, tecnico, professionale) già nettamente caratterizzati".

Un inciso importante riguarda tutti coloro i quali non abbiano intenzione di proseguire gli studi oltre l'obbligo.

Per questi la proposta di riforma prevede un massiccio intervento da parte del cosiddetto "sistema della formazione professionale": percorsi integrativi di quelli scolastici verrebbero forniti sulla base di convenzioni con centri di formazione esterni alla scuola pubblica: scuole private, agenzie della formazione e del lavoro, enti e associazioni presenti sul territorio. Il tutto in conseguenza e in attuazione dell'Accordo sul Lavoro stipulato nel settembre 1996 tra governo, sindacati confederali e Confindustria.

Occorre tuttavia soffermarsi sul fatto che, a questo punto, gli 'studenti' sono 'ragazzi-bambini' o 'ragazze-bambine' di 13 anni. Di queste scelte essi potranno essere ancor meno consapevoli e protagonisti di quanto possano esserlo con l'attuale organizzazione dei cicli che, peraltro, già pone la gran parte dei ragazzi e dei genitori, nel momento della scelta della scuola secondaria, in una situazione di insicurezza, indecisione e tensione proprio per la sua precocità.

Gli estensori della proposta sembrano comunque ben consapevoli dei rischi di una scelta prematura. Solo che il rimedio proposto sembra essere peggiore del male: "per evitare che un errore di scelta possa tradursi nella perdita di un anno, si potrebbe anche organizzare il biennio [gli ultimi due anni del 1° triennio] in segmenti di durata quadrimestrale, prevedendo che per la conclusione dell'obbligo ne debbano essere complessivamente frequentati quattro".

L'errore di scelta é dato quindi quasi per scontato e i rimedi sono:

- una frammentazione dei tempi e delle discipline introdotta con i moduli quadrimestrali;

- la possibilità di passare da un modulo "sgradito" ad un altro, avendo così "perso solo alcuni mesi" e non l'intero anno per colpa di quella materia;

- l'istituzione del "debito scolastico", vale a dire la possibilità di compensare la carenza riscontrata in un segmento di corso attraverso la frequenza di quello successivo, magari con l'aiuto di un insegnante tutore (ma dove si trova il tempo con questi ritmi serrati!);

- e, alla fine, se proprio tutto andasse male, dovendo eventualmente ripetere solo quattro mesi anziché l'intero anno.

Superata la fase dell'obbligo si entra nel 2° triennio del ciclo secondario. L'obiettivo dichiarato è in questo caso quello di dare agli studenti un quadro complessivo del-l'"organizzazione degli studi universitari e della formazione avanzata" ma anche (e soprattutto) di rafforzare il carattere professionaliz-zante dell'attività scolastica che porterà all'esame conclusivo della scuola secondaria.

Dalla proposta si evince chiaramente che questa accentuata professionalizzazione è da realizzarsi attraverso stages di lavoro presso realtà aziendali cui le scuole, in regime di "autonomia", si saranno collegate.

E' rilevante inoltre l'accento posto dal testo di riforma sul "documento personale". Si tratta di un documento che di anno in anno certifichi , con l'occhio rivolto alla collocazione lavorativa, le competenze acquisite dallo studente. Purtroppo esso sembra certificare anche l'asservimento della scuola alle esigenze della produzione e del mercato.

a a a

In un mondo che sembra dover finire domani, senza prospettive di cambiamento nel quale ritrovare la speranza di una situazione migliore, nell'immobilismo dell'approdo storico al capitalismo come unica forma sociale possibile, che spazio, che utilità, che ruolo può trovare la scuola? Nessuno!!!

Rimane l'imbarazzo di confessarlo a sé stessi e agli altri, riconoscere cioè, che in questa modernità globalizzata, non c'è spazio per ciò che non "serve " a causa della sua maledetta essenza formativa. La scuola è superata. La formazione oggi è demandata ai più sicuri e controllabili mass media, ai meccanismi di mercato suadenti nei loro aspetti pubblicitari e a quel comune sentire piccolo-piccolo che, come le scimmiette, non vuol sentire e vedere ma è tutto intento a trovare una improbabile nicchia rassicurante in mezzo a questo gran casino!

Eccola l'intuizione geniale delle forze "moderatamente progressiste": partiamo da qui, da questa diffusa domanda di galleggiamento. Cavalcare l'ingenua speranza che ci sia qualcosa in grado di superare contraddizioni enormi e strutturali come l'impossibilità della piena occupazione a causa di uno sviluppo economico che non porta più crescita. Ecco allora comparire nel documento di "Riordino dei cicli scolastici" roboanti frasi in bilico tra l'epico e il ridicolo tipo: "la formazione come elemento fondamentale per mantenere i livelli occupazionali" oppure "la formazione per garantire la solidità del sistema economico industriale" e così declamando. Volando alto, come un falco, piano piano ci si abbassa fino a centrare l'obiettivo. Proviamo a riassumere il senso delle proposte: signori, come ben sapete, la scuola è in crisi perché vaga, confusa, attardata in eterei esercizi mentali. Basta! Caliamola nella realtà, nelle cose concrete, nel "saper fare", avviciniamola al mondo del lavoro (ahi! che dolore sentir strumentalizzare parole d'ordine che una volta indicavano cose ben diverse). Come conseguenza di questa premessa ci troviamo davanti uno schema di riordino dei cicli scolastici che vede intorno all'alunno di 12 anni cominciare una girandola di attività mirate ad individuare "vocazioni professionali". Attività che si affiancano a quelle cosiddette "di base" e che col passare degli anni scolastici le circondano fino ad ingoiarle in una vera e propria orgia di corsi professionali. Fin qui la subalternità, ma a ben vedere, nascosto tra le pieghe del documento c'è qualcosa di molto peggio. Cancellare la scuola sì, ma non senza perdere l'occasione per trasformare la riforma in un succoso "business". Basta collegare il "progetto di autonomia scolastica" con il recente "accordo per il lavoro" del settembre 1996 ed anche con gli accordi del luglio '93 per capire che tutte queste attività "formative-professionali" verranno date in concessione ad enti esterni. In un clima di tagli alla spesa pubblica, di scomparsa dello Stato dall'economia per maastrichtciani motivi, chi pagherà? Ma, chiaramente, le famiglie, mosse dalla speranza di assicurare al proprio figlio fulgide carriere lavorative. Qualche milioncino racimolato (per chi lo avrà) dalle economie domestiche, verrà gettato in pasto ad una macchina avida, che in cambio restituirà qualche contrattino a tempo determinato o interinale per poi rigettare i giovani "professionalizzati" in quel precariato di massa che chiamano "flessibilità" e che oggi sembra essere l'unica certezza. Ma tant'è!! Il nostro comune sentire piccolo-piccolo anche questa volta non vorrà vedere né sentire e ci sentiremo dire: meglio così, almeno si impara qualcosa di concreto, poi se si riesce ad emergere... a vincere...!!!

Ecco dove porta questa riforma: a sancire definitivamente la fine della scuola, quella pericolosa, dove, casomai, si fa' pensiero critico, cancellandola con un mercato delle illusioni che rimpinguerà le casse di quelle strutture "formative", aziendali e non, che conoscono molto bene le vere cause della disoccupazione.

Abbiamo visto recentemente la manifestazione del Polo contro la riforma dei cicli scolastici nella quale la destra storica ha agitato la sua parola d'ordine: quel "bonus" da poter spendere liberamente in un improbabile "mercato della scuola" in barba ad ogni principio di eguaglianza, di diritto allo studio e di democrazia dell'istruzione. Una visione da giungla, la legge del più forte nel tutti contro tutti, ipocritamente chiamata "liberismo". La riforma più moderata dello schieramento di centro-sinistra, se messa a confronto con la rozza aggressività del Polo, più che rassicurarci ci imbarazza e ci inquieta: l'impressione è che l'obiettivo sia lo stesso: smantellare la scuola pubblica e di massa in favore di una "non scuola" delle flessibilità (o precarietà). Ma mentre da parte di Berlusconi e dei suoi partono disordinate smanacciate che rischiano (per la complessità della cosa) di non sortire l'effetto desiderato, da parte dei più "gelidi" tecnocrati governativi si prefigurano precisi colpi di bisturi che apriranno i giusti varchi per demolire l'istituto della scuola pubblica, dirigendo gradualmente il processo di disgregazione.

Proprio come quelle trasmissioni "trash" di cui dicevamo, dove il conduttore senza scrupoli (con la scusa di aiutarlo) squarta morbosamente l'intimità del suo ospite per aumentare l'audience, così i "nostri" trasformando la scuola in un mercatino di contrattini "flessibili", ci accompagneranno sotto braccio, con fare un po' peloso, assicurandoci che tutto ciò è erede dei grandi ideali di cambiamento degli anni passati ed è sostanzialmente il nostro bene: il "nuovo" di un paese "normale"!

Giampiero Capoccia e Tonino De Sisinno

Genitori - Roma

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