Il Bambino e l'Acqua Sporca. Coordinamento Genitori-Insegnanti

L'ambito politico-sindacale



Finanziarie e
politiche scolastiche




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Autonomia e parità:  una miscela esplosiva

Domenica 13 aprile al Palavobis di Milano gli oltre diecimila partecipanti alla manifestazione convocata dalla Compagnia delle Opere (braccio finanziario di Comunione e Liberazione) hanno bocciato senza appello il piano di riordino dei cicli del ministro Berlinguer. Dichiarando, per di più, di subordinare ogni innovazioni alla soluzione della questione della parità e dei finanziamenti per le scuole private hanno aperto l'offensiva per scompigliare la maggioranza di centro sinistra

E' stata la risposta inequivocabile degli integralisti cattolici alla richiesta avanzata nei giorni scorsi dallo stesso ministro all'assemblea degli operatori delle scuole confessionali promossa dalla Conferenza episcopale italiana. Aveva chiesto tempo per poter coniugare con calma il riconoscimento della parità delle scuole private con la concessione dell'autonomia alle sedi locali della Scuola pubblica. Da tempo anche in ambienti della sinistra è questa considerata l'unica via praticabile per la concessione di finanziamenti alle private senza sconfessare apertamente l'articolo 33 della Costituzione.

Il rilancio dell'offensiva integralista con la benedizione del papa, che solo le lentezze della burocrazia della curia milanese hanno impedito di arrivare in tempo ai manifestanti, e alla presenza dello stato maggiore del Polo ha offerto l'occasione per l'avvio delle grandi manovre dell'ala diniana all'interno dell'Ulivo tornando a evidenziare il valore della questione scolastica nello scacchiere delle manovre partitiche. Gli integralisti cattolici e i centristi infatti hanno messo in campo la loro arma più efficace: il ricatto nei confronti dei cattolici democratici presenti nell'Ulivo. La questione della parità scolastica è ormai, ancor più del divorzio e dell'aborto, un terreno su cui la gerarchia cattolica pretende l'unità politica dei cattolici.

L'abbraccio fra Dini e il quadrunvirato del Polo invitato d'onore della manifestazione disillude quanti a sinistra continuano a sperare in un compromesso onorevole della questione scolastica ignorando i nuovi termini in cui si pone. La richiesta di finanziamenti, fin qui avanzata prevalentemente dalle congregazioni religiose che gestiscono le scuole cattoliche tradizionali, si è saldata con la richiesta della creazione di un sistema scolastico paritario avanzata dai gestori delle scuole libere affiliati alla Compagnia delle Opere o facenti capo alla Confindustria, che le metta in concorrenza con le istituzioni statali. La scuola come impresa che produce istruzione rientra ormai nei programmi di espansione del terzo settore dell'economia, l'economia non profit, a cui appartiene la Compagnia delle Opere. La creazione di un sistema scolastico integrato in cui le singole scuole statali si trovino alla pari con le scuole private trasformate in pubbliche, lanciata da oltre un decennio dalla Conferenza delle autonomie, benedetta dalla gerarchia cattolica in un suo documento del 1994, rivendicata recentemente anche dal papa e teorizzata dal documento della Commissione ministeriale D'Amore, nominata dal ministro Berlinguer per definire una proposta di legge sulla parità, è oggi diventata più vicina con l'avvento del regime di autonomia che trasforma le singole scuole statali in piccole imprese con cui le famiglie e gli studenti possono stipulare un contratto formativo sulla base di un progetto educativo di istituto.

Avviato con la legge finanziaria del 1993, bloccata nella sua attuazione dalla mobilitazione degli studenti e delle scuole, questo modello di sostanziale aziendalizzazione delle scuole pubbliche, è stato rilan-ciato dalla finanziaria di quest'anno e definito nell'articolo 21 della legge Bassanini del marzo 1997 sul decentra-mento della pubblica amministrazione. Prenderà la sua forma definitiva con i decreti legislativi e i regolamenti di competenza del ministro Berlinguer.

Nel corso dei prossimi anni le singole unità scolastiche dovranno raggiungere una dimensione ottimale (dal punto di vista dei costi, non del rendimento) a livello territoriale attraverso accorpamenti successivi fra scuole dello stesso ordine, di ordini e/o anche di gradi diversi. Raggiunto tale livello otterranno la personalità giuridica, saranno guidate da un capo di istituto investito della qualifica di dirigente e godranno di un'ampia autonomia organizzativa e didattica, e di piena libertà di intrapresa al di fuori dei fini istituzionali. Al comma 10 del suddetto articolo 21 si legge: Nell'esercizio dell'autonomia organizzativa e didattica le istituzioni scolastiche realizzano, sia singolarmente che in forme consorziate, ampliamenti dell'offerta formativa che prevedano anche percorsi formativi per gli adulti, iniziative di prevenzione dell'abbandono e della dispersione scolastica, iniziative di utilizzazione delle strutture e delle tecnologie in orari extrascolastici e, ai fini di raccordo con il mondo del lavoro, iniziative di partecipazione a programmi nazionali, regionali o comunitari e, nell'ambito di accordi fra le regioni e l'amministrazione scolastica, percorsi integrati fra diversi sistemi formativi.

A garantire che le scuole possano anche trovare tempo, energie e risorse per le normali attività curricolari .... veglierà il capo di istituto, le cui funzioni e competenze sono notevolmente aumentate. A lui sono affidati nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici, autonomi compiti di direzione, di coordinamento e valorizzazione delle risorse umane, di gestione di risorse finanziarie e strumentali, con connesse responsabilità in ordine ai risultati (comma 16/a). Se sorgessero dubbi sulla volontà governativa di fare del capo di istituto il cardine del governo delle singole scuole si può leggere la proposta di legge presentata alla Camera dai deputati della sinistra democratica membri della Commissione scuola, prima firmataria l'on.le Acciarini, che all'articolo 2 pone fra gli organi delle istituzioni scolastiche ....il dirigente preposto a cui è affidata la funzione di coordinamento fra gli organi collegiali.

Per quanto concerne l'autonomia didattica nel comma 9 del suddetto articolo 21 si legge che deve essere esercitata nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie e del diritto ad apprendere. L'autonomia quindi non si fonda sulla dialettica fra libertà degli insegnanti e diritto degli studenti, ma deve essere mediata dalla scelta educativa delle famiglie. Il senso di questa concezione si può ricavare dalla lettura dell'articolo 1 della proposta Acciarini che propone di finalizzare il governo delle istituzioni scolastiche a garantire il rispetto omogeneo dei principi che presiedono alla realizzazione del contratto formativo tra la scuola, i genitori e gli studenti, che trova la sua esplicitazione nel progetto educativo di istituto. Il progetto educativo di istituto è il documento nel quale si traduce l'offerta pedagogico-didattica della singola istituzione scolastica. Ciascuna delle scuole statali avrà quindi una propria caratterizzazione legata anche all'orientamento della maggioranza degli operatori che avranno redatto il progetto educativo pur nell'ambito delle linee direttive nazionali.

Le scuole statali si privatizzano non nel senso rozzo che vengono gestite da privati, nel senso invece che pur restando di proprietà dello Stato, seguono il modello delle scuole private di tendenza. E' un po' difficile a questo punto distinguerle da quelle private, anche queste sono rette da un gestore dipendente dal superiore religioso, dalla cooperativa o dalla società padrona della scuola; anch'esse sono caratterizzate da un progetto educativo di istituto in cui si adatta la ideologia o la confessione a cui la scuola si ispira alle esigenze delle famiglie e del territorio.

Se questo processo di assimilazione del pubblico al privato va in porto si aprono le porte alle proposte legislative presentate in parlamento dal Polo, dalla Lega e da alcuni deputati del Partito popolare (sei al Senato e quattro alla Camera) sulla parità delle scuole private e il loro finanziamento.

Al Senato la loro discussione è all'ordine del giorno della VII Commissione.

Motivo dominante e comune a quasi tutte le proposte e i disegni di legge è la creazione del sistema scolastico integrato formato da scuole dello stato, degli enti locali, di enti e gruppi privati. In genere fra le non statali vengono distinte quelle che chiedono la parità dalle altre. Per ottenerla devono aver alcune caratteristiche che in genere consistono nell'avere un bilancio pubblico, nel non aver fine di lucro, nell'adeguarsi agli standard organizzativi delle scuole statali e, soprattutto, mitigare la loro tendenza assumendo l'impegno a garantire un certo pluralismo al loro interno e farsi carico della formazione civica dei loro allievi ispirata alla Costituzione. Nessuna delle proposte però nega il diritto delle scuole private di selezionare e reclutare gli insegnanti che devono condividere l'ispirazione ideale e culturale di ciascuna scuola. In verità sarà il mercato dell'istruzione a renderle pari. Questo principio, più o meno esplicito, che tutte le ispira è ben sintetizzato nella proposta dei senatori della Lega Nord che, richiamandosi alla Conferenza nazionale sulla scuola del 1990, ricorda una dichiarazione di Mauro Laeng in quella sede:"A nessuno può sfuggire come il riconoscimento dell'autonomia alle istituzioni scolastiche potrebbe accorciare le distanze tra scuole statali e scuole non statali, facilitando il cammino verso la legge di parità. Il riconoscimento della 'funzione pubblica' a tutte le scuole che effettivamente la svolgano, chiunque sia a gestirle, nel rispetto della legge, è il punto di partenza di un vasto riassetto che non può consentire più a lungo disuguaglianze di diritti e doveri sul piano giuridico ed economico." L'autonomia libera la scuola statale dai lacci e lacciuoli ministeriali e la rende più adatta alla concorrenza con le scuole private. Si giunge così al Ribaltamento delle posizioni che i deputati della Lega mutuano indirettamente da un'assemblea dei presidi milanesi del novembre 1994:"E' la scuola statale a chiedere la parità per reggere la concorrenza della scuola non statale." (!!!)

La proposta del Polo, senza il CDU che ne presenta una propria, sembra meno eversiva se si legge l'articolo 1 che recita L'iniziativa privata nel campo dell'istruzione e dell'educazione, impartita e gestita da enti e privati, si esplica secondo i principi dell'articolo 33 della Costituzione. Ma nella presentazione parla di una revisione complessiva del nostro sistema scolastico nel quale si deve introdurre un sistema integrato di servizio scolastico, impostato sulla parità tra le scuole istituite e gestite dallo Stato e le scuole istituite e gestite da altri soggetti che si assumono gli oneri organizzativi per svolgere tale servizio. Tale parità non dà diritto al finanziamento diretto delle scuole che entrano a far parte del servizio pubblico nazionale, ma assicura loro le prestazioni di quegli insegnanti statali che, accettandone il progetto educativo, si dichiarano disponibili ad essere scelti dai gestori di dette scuole, e ai loro alunni il diritto a fruire di tutte le provvidenze destinate, dalle diverse amministrazioni pubbliche, all'esercizio del diritto allo studio.

Anche i deputati del Partito popolare privilegiano la formula della destinazione degli insegnanti statali, piuttosto che quella del bonus o delle convenzioni proposte da altri, per assicurare il finanziamento alle scuole paritarie, ma anche loro parlano di servizio pubblico integrato, pur se preferiscono fondarlo sul diritto di ogni persona ad una educazione scolastica, come sostengono nella loro proposta anche i senatori del CDU piuttosto che sul principio della iniziativa privata nel campo dell'istruzione come fanno i senatori del Polo.

Contro questa offensiva così massiccia e avvolgente le forze della sinistra non oppongono un fronte compatto. Al loro interno è diffusa la convinzione che non ci sono soluzioni alla crisi del sistema scolastico. Ci si rassegna all'idea che esso marcerà a due velocità: alcune scuole cittadine dinamiche ed efficienti, guidate da capi di istituto intraprendenti e capaci di navigare fra le politiche scolastiche degli Enti locali e i progetti dell'Unione europea giovandosi della libertà di manovra offerta dall'autonomia; altre invece destinate a vivacchiare affidate a operatori demotivati, in balia delle pretese delle famiglie e subalterni a capi di istituto incapaci e/o vessatori in forza dei poteri garantiti dall'autonomia.

In verità anche le scuole private sono di due tipi: alcune prestigiose e produttive tutte le altre ridotte a diplomifici o parcheggi protetti per ragazzi di buona famiglia.

A sinistra, quando non si riduce la scuola a merce di scambio politico, si è alla ricerca di un compromesso onorevole nella fallace speranza di conquistarsi le simpatie del mondo cattolico. Non si è scelta una linea di difesa intransigente e del rilancio della scuola pubblica promuovendo su di essa la mobilitazione degli studenti e degli insegnanti, dell'opinione pubblica e dell'associazionismo, l'unica capace di invertire la tendenza in atto.

Certo anni di tatticismi dei partiti e di scelte settarie delle diverse anime del movimento rendono oggi molto difficile l'insorgere della scuola pubblica a difesa della legalità costituzionale premessa indispensabile per portare a buon fine l'indifferibile piano di rinnovamento complessivo della scuola sul quale il Documento sul riordino dei cicli aveva avviato la discussione.

Non c'è però altra scelta. Perché senatori e deputati possano opporsi con successo in sede parlamentare alla manovra congiunta della destra e dei clericali è indispensabile una mobilitazione generale e l'impegno a fare della difesa della scuola pubblica, strumento insostituibile per un futuro diverso, una linea invalicabile di resistenza su cui sfidare i cattolici democratici a uscire dalla loro subalternità alle pretese degli integralisti e ai diktat della gerarchia.

Marcello Vigli

Del Comitato Scuola e Costituzione

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