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La scuola pubblica nell’era del pensiero unico e della realtà “virtuale”

di Enrico Giardino -presidente FORUM DAC

Dopo decenni di  immobilismo l’attuale Ministro P.I.  Berlinguer sembra deciso ad “innovare”:  muta la nomenclatura tradizionale dei giudizi e degli esami, cambiano i cicli di studio; nel rapporto scuola pubblica-private si determinano maggioranze improprie con Polo e CDU. Mentre si finanzia la scuola privata materna (cattolica, 17 ML in 3 anni), continua l’esodo dei docenti pubblici, “spaventati” per più di un motivo.

Molti, docenti, alunni, genitori, pedagogisti, politici, sindacalisti, ecc., stanno facendo in questi giorni l’analisi puntuale della “riforma Berlinguer”: non seguirò questa strada.

Mi sembra più originale pormi domande più elementari e meno gettonate.

Quale scuola, quale formazione, quali conoscenze  servono oggi al cittadino (uomo o donna) quando lavora, quando  decide e sceglie, quando consuma, quando vota,  quando viaggia, quando legge o vede la TV,  quando sta male o  quando si diverte?

Quale cultura  sarà in grado di metterlo in contatto, corretto e razionale, con i  grandi problemi del mondo moderno e delle società multietniche? con le persone diverse?

Quali valori  e quali diritti saranno alla bese dei suoi comportamenti individuali e collettivi?

Come potrà decodificare criticamente i messaggi pubblicitari  e mediatici ? i processi sociali, economici, ambientali, umani, tipici del suo tempo?

Le multinazionali,  i poteri finanziari e mediatici, Il “neoliberismo”, il “mercato” hanno già le loro risposte, che ci ripropongono in ogni momento della nostra vita: il modello dominante è l’unico possibile: esso è assoluto, inarrestabile, omnipervasivo, eterno, istantaneo (come lo scambio di valute, di merci e di notizie). Una  vera divinità mitologica capace di punire chi vi  si oppone e di premiare solo chi si adegua.

In questo contesto servono  LAVORATORI, come esecutori-tecnici “flessibilizzati e ricattabili” ;  ELETTORI-tifosi divisi -come nello sport guardato- da slogan, sigle, leaders mediatici, steccati geografici (centro, destra, sinistra, sud, nord); CONSUMATORI passivi, massificati e pilotati,  ma convinti di  decidere in modo "personalizzato".

In una parola  SUDDITI,  idiotizzati e contenti, che, in mare di “informazioni” perdono memoria storica, capacità critica, coscienza collettiva e di classe, conoscenza reale dei processi, della dislocazione dei poteri e degli interessi reali, ecc. Sudditi che vivono alla giornata, ricattati nei tempi e dai bisogni (veri o indotti), come monadi  in concorrenza.

Il frettoloso, ingiustificato ed opportunistico abbandono  delle TEORIE e delle PRASSI critiche rispetto all’imperialismo ed al “neoliberismo”- proprio mentre essi fanno danni crescenti - da parte di molti che pensavano o fingevano di aderirvi, ha lasciato campo libero al “pensiero unico”. Ciò non è accaduto solo  in campo marxista - anche a seguito del crollo dell’URSS e dei  regimi sovietici europei. Il Vaticano, ad es., pur avendo lavorato sempre per il capitalismo imperialista, aveva mostrato per decenni un distacco - se non una velata critica - alle degenerazioni del consumismo, all’ingiustizia, alle guerre.

Oggi lo troviamo in campo, per benedire  le spedizioni militari dei “nostri ragazzi“, con le banche di Marcinkus, con le madonne che piangono ed i giubilei da millennio: a “fin di bene” la gerarchia cattolica entra nel  “grande business laico” e nelle sue prassi  più spettacolari (concerti, spettacoli, ecc.).

Abbiamo noi qualche risposta/proposta - laica e costituzionale-  rispetto a  queste tendenze  dominanti ? E la “riforma” Berlinguer  è alternativa  o funzionale ad esse ?

Estende o no le logiche del “mercato” all’isola  scolastica ?

Io credo proprio di sì ed a questo mi oppongo con decisione.

All’epoca della 1^ “rivoluzione industriale” e nei decenni successivi -sia pure con notevoli limiti- la scuola pubblica costituiva un argine minimo all’industrialismo ed alle sue logiche:

esterna ai canoni della automazione e della catena di montaggio,  per la sua vita interna, per le sue forme di comunicazione (orale e scritta),  per alcuni suoi docenti, per il suo carettere pubblico e collettivo, esprimeva una qualche alternativa al mercato industriale.

Nella scuola pubblica -non a caso- sono nati i movimenti di contestazione più radicali; nella scuola pubblica -quando possibile- si incontrano e ragionano i cittadini impegnati.

E tuttavia, le tecnologie mediatiche e telematiche, i modelli di consumo e di vita, la pubblicità e la propaganda mercantile, insieme al declino del ruolo costituzionale di partiti e sindacati confederali, stanno creando una “scuola parallela” privata, molto potente.

Essa agisce negativamente su alunni e docenti della scuola tradizionale -un periodo formativo breve e datato se paragonato alla vita media delle persone ed alla rapidità dei processi  sociali- ma molto di più agisce sui cittadini tutti che, in assenza di  strumenti di formazione continua e critica  ed in presenza di  deformazione permanente (i mass media), sono  incapaci di leggere i fenomeni del proprio tempo.

Quando eventi  e persone vengono isolati dal  loro contesto di valori e  di storia; quando le cause e le finalità delle azioni  vengono taciute o mistificate; quando la coscienza collettiva e di classe lascia il posto all’arrivismo ed al personalismo (pensate a Sgarbi in TV), allora ogni falsificazione è possibile, ogni sciocchezza sostenibile: così si puo discutere per anni se il delinquente è Berlusconi o oppure il giudice che lo accusa, si può incriminare  il nazismo ed i suoi  antaginisti storici  (la resistenza, il comunismo, ecc.).

La cosa non riguarda solo gli utenti televisivi -che non sono pochi: è noto che affaristi e padroni dei mass-media stanno entrando nel business della TELEDIDATTICA, della formazione a distanza e permanente e nelle stesse aule  di una scuola “privatizzata”.

Ciò sta avvenendo in assenza di una cultura critica o di istituti pubblici di ricerca sull’impatto delle tecnologie mediatiche nella società, in assenza di corsi  scolastici curriculari sui mass media, in assenza di strumenti di tutela  dei diritti  comunicativi.

Credo sia ormai tempo di discutere di RUOLO e MISSIONE della didattica pubblica e costituzionale, nonché della formazione permanente dei cittadini. Ciò fanno già altri Paesi (es. Francia, Canada, ecc.) e non solo per esigenze culturali, ma perché hanno scoperto il valore economico e produttivo della formazione.

Fissati ruolo e missione -nel contesto storico attuale e futuro- potremo (dovremo) discutere di risorse, strutture,  strumenti, verifiche,  professionalità, contenuti, programmi, cicli, ecc.

Dentro questo quadro sta la definizione del rapporto pubblico-privato in senso costituzionale, storico e politico.

  la  formazione - in senso interpersonale e diretta- può essre concepita a sé stante, ma in relazione agli altri agenti formatori o deformatori esistenti.

Enrico Giardino

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