- ECOLOGIA POLITICA DEL TELELAVORO -
Affrontare l'analisi del processo lavorativo denominato comunemente TELELAVORO, è una prassi per me molto difficile perchè l'approccio che tale ricerca esige può essere della origine più disparata. Le scienze sociologiche, biologiche, ecologiche e filosofiche possono cimentarsi nel definire il telelavoro ed a ricercarne le modalità attuative ma l'elemento fondamentale che a me pare evidente è l'errore costante che viene compiuto sistematicamente da chi affronta il problema e cioè una incompiutezza della sua definizione e della sua essenza.
L'uomo neolitico quando cacciava perseguiva il principio economico di ottenere il massimo risultato (bottino di caccia) con il minimo dispendio di energie. Per questo motivo si spostava continuamente in territori dove questa "produttività" individuale era favorita. L'antitesi a questa soluzione era quella di "accontentarsi" di quel che c'era nel territorio già sfruttato, aumentando gli sforzi di caccia per bottini energeticamente sempre più esigui. Attualmente viviamo nell'era psicozoica e si può ipotizzare la permanenza nello stesso tempo ma in spazi diversi, di vari tipi di uomini.
L'uomo cacciatore potremmo paragonarlo con l'imprenditore neoliberista perchè il comportamento antropologico è lo stesso: delocalizza il lavoro là dove le condizioni di sfruttamento sono migliori cioè dove l'impresa "costa di meno" invece di utilizzare il lavoro nel suo territorio e di trasformare gli esuberi in forza lavoro da impiegare in settori alternativi. Per aumentare il rendimento d'impresa utilizza due sistemi:
1 - reinveste i capitali in territori fuori dal confine nazionale creando attività che sfruttano la manodopera indigena. Ne è un esempio il caso albanese dove molti imprenditori italiani hanno aperto le stesse attività con le infrastrutture che avevano chiuso per "crisi strutturale" in Italia. Il meccanismo applicato provoca aumento di povertà e diminuzione della speranza di vita nel territorio d'origine.
2 - delocalizza il lavoro utilizzando i supporti informatici e multimediali. Per molte lavorazioni basta attivare un collegamento dati tra il cliente e l'operatore ed il gioco è fatto. Non importa quanto è distante l'operatore, la distanza fisica non ha più significato perchè annullata dalle autostrade elettroniche.
In tutt'e due le opportunità il novello HOMO-ECONOMICUS neoliberista crea disoccupazione nei territori d'origine e sottoproletariato nel nuovo territorio di caccia, aumentando l'incremento del tasso di mortalità nel paese di origine e giustificando l'operazione affermando che diminuisce la sofferenza dei popoli dove il lavoro è trasportato o teletrasportato Sappiamo tutti che non è così perchè nell'HOMO-CACCIATORE neoliberista non c'è spazio per i sentimentalismi e ciò che conta è il senso tribale di appartenenza al gruppo dei capitalisti, un gruppo spietato che utilizza i ricavi ed il plusvalore non per redistribuire reddito bensì per arricchirsi sempre di più e governare il pianeta in modo accentrato. Parlare di Stato Sociale e di Telelavoro ha quindi un significato sostanziale unico. Lo Stato Sociale è un vincolo troppo forte per l'espansione dell'impresa ed allora bisogna passare progressivamente dal possesso delle cose al possesso delle persone, intese come tali ovvero con un valore intrinseco solo fino a quando producono reddito ed hanno un alto rendimento nel processo di produzione.
All'interno dell'asserzione "telelavoro" è contenuta la possibilità di un suo utilizzo distorto, finalizzato ad un ennesimo sistema di controllo sociale e sindacale, una modalità di utilizzo che già oggi è vettrice della frammentazione dei sistemi produttivi, annienta il concetto di Stato, di confine territoriale, crea dei luoghi reali del non-Stato mediante dei collegamenti virtuali. Per non parlare della possibilità che venga effettuato il corrente sottocontrollo delle comunicazioni digitali e satellitari da Enti Sovranazionali dei quali abbiamo parlato nella precedente Consulta (W.T.O.) e che è il motivo propulsore del nuovo business della criptazione dei messaggi vocali e digitali. Il problema del telelavoro quindi lo possiamo collocare nell'idea di sistema economico telematico con procedura di accesso unico e centralizzato mediante il quale l'uomo economico riesce ad ottimizzare la sua caccia (intesa come guadagno d'impresa) creando delle riserve altamente produttive perchè a basso costo di sfruttamento chiamerà questa obbligazione lavorativa lavoro coordinato tentando di svincolarla dal controllo sindacale.
Con basso dispendio d'energia aumenteranno i profitti in termini di risparmi logistici (es. spazio occupato usualmente in ufficio) e di maggiore flessibilità negli orari e nei salari (il lavoro deve essere affidato e catturato in rete). Recentemente,durante il convegno svoltosi a Milano il 1° luglio sul tema: "lavoro, cambiare e' possibile",diversi relatori hanno affermato che è necessario variare la disciplina del recesso del datore dal rapporto di lavoro, per passare dal concetto di lavoratore assistito in un mercato ingessato, al principio di un lavoratore maggiorenne in un mercato aperto. E quindi l'affermazione della validita' della flessibilità totale, dove non esistono piu' lavoratori ma consumatori, clienti, un principio che se visto dal punto di vista antropologico, non fornendo più la "garanzia" di sopravvivenza per tutto l'arco di vita in determinate zone geografiche, introduce il concetto di lavoratore nomade . Aprire quindi il dibattito sul telelavoro significa rivedere anche a sinistra parecchie posizioni scontate tra le quali il fatto che liberalizzare il collocamento conviene sicuramente ai padroni ma anche al "sindacato" associativo che mediante il sistema concertativo si appresta e si ricandita a gestire flessibilità, lavoro interinale e forme di telelavoro. Bisogna attrezzarsi fin d'ora a gestire oggi per annullare domani, questi errori politici di valutazione che altrimenti incrementeranno inesorabilmente la frattura che si sta aprendo tra la Sinistra Democratica ed i Comunisti basata nel conflitto che Fromm definirebbe tra scegliere di avere o di essere. Il primo errore é quello di analizzare qualsivoglia variazione dell'attuale assetto socio-economico mondiale dovuta all'immissione di nuove tecnologie di comunicazione, pensando che questa analisi sia quella corretta. Ciascuno di noi quando affronta una qualsiasi ricerca lo fà secondo la propria esperienza e conoscenza del problema, connettendo varie proposizioni tra loro con una modalità logica che può non lasciare dubbi sulla validità delle asserzioni ma che potrebbe partire da presupposti non veri.
Il 27 maggio 1996 si é svolto a Roma presso la Scuola di Perfezionamento di Diritto Sindacale del Lavoro e della Previdenza Sociale, un incontro di Studio riguardante le NUOVE FORME DI LAVORO TRA SUBORDINAZIONE, COORDINAZIONE, AUTONOMIA. I sociologi presenti al Convegno hanno costruito una argomentazione socio-economica secondo la quale oltre al lavoro subordinato ed a quello autonomo bisogna attualmente considerare la nuova forma di lavoro denominata LAVORO COORDINATO. I presupposti del ragionamento si basano sul fatto che negli ultimi anni è avvenuta una variazione delle esigenze di impresa che ha portato alla individuazione di nuove forme di obbligazione lavorativa denominate ESTERNALIZZAZIONE, TELEMATICA E LAVORO FUNZIONALMENTE INTEGRATO.
Questi mutamenti nella organizzazione del lavoro, determinano di fatto la necessità di ridefinire l'inquadramento dei lavoratori interessati in funzione all'incrocio tecnologico-funzionale con le quattro categorie di lavoro individuate ( autonomo, direttivo, coordinato e subordinato ). L'analisi dei legami esistenti tra le forme e le categorie di lavoro faranno scaturire le proposte dei relatori, preliminari alla scelta dell'opposizione giuridica da seguire per ridefinire i parametri sindacali e previdenziali. In questo esempio l'approccio dei relatori è stato solamente di tipo sociologico ma a mio avviso tecnicistico e solamente funzionale alle logiche tecnocratiche del Capitale senza lasciar spazio a nessuna forma di "armonizzazione" delle Relazioni Industriali che di fatto vengono completamente sostituite dalle ideologie legate ai principi globalizzanti del Partito Azienda. L'errore commesso è voluto e fa parte di quel processo tautologico che attualmente fà elencare a diversi intellettuali anche di "centro sinistra" degli esatti processi ma senza che dal passaggio del prodotto mentale a quello reale sociale e politico, ci sia la garanzia che il "nuovo" sia migliore del "vecchio" e che nel "nuovo" ci sia la coerenza e l'emanazione delle grandi enunciazioni riguardanti la democrazia. L'onorevole Veltroni ha recentemente ribadito l'esigenza di aderire alla non ideologia della Globalizzazione perchè probabilmente il suo "sè", la sua essenza interiore ha elaborato dei presupposti nell'analisi che vedono il trionfo della scienza economica-liberista sulle altre scienze esistenti, quindi l'Errore nell'Errore. Errore perchè l'Economia non è l'unica scienza alla quale la specie umana può riferirsi per avere la garanzia di sopravvivenza su questo pianeta. Errore nell'errore perchè l'economia liberista della globalizzazione forse dà la sicurezza della sopravvivenza della specie ma dati i "cinici" presupposti che la caratterizzano, non garantisce la sopravvivenza di tutti gli individui appartenenti alla specie umana.
Il processo mentale sociologico liberista è quindi parziale (inteso come di parte) ed errato dal punto di vista biologico perchè diminuisce la speranza di vita individuale. Dato che il nostro Partito si propone non già di affiancare dalla morte una parte del creato bensì la totalità degli uomini e tutto l'ecosistema del quale la nostra specie fa parte, allora qualsiasi analisi venga eseguita relativamente all'immissione di nuovi prodotti e sistemi tecnologici, deve seguire un rigore superiore a quello dimostrato in altre occasioni. Anche nel caso del Telelavoro è necessario quindi effettuare una trattazione cercandone l'epistemologia ovvero la combinazione esistente tra la scienza che ha creato l'innovazione e la filosofia di applicazione. Scientificamente dobbiamo capire come il Telelavoro è legato ai processi di esternalizzazione, telematica e multimedialità, lavoro funzionalmente integrato, interinale e flessibile. Dobbiamo altresì stabilire quale grado di conoscenza e di pensiero hanno i capitalisti del problema e quale decisioni intendono prendere in merito. Fisiologicamente invece dobbiamo determinare i limiti relativi ai processi di conoscenza, pensiero e decisione tali che se non affrontati dal punto di vista etico, antropologico ed ecologico, possono determinare con il "nuovo" un danno strutturale alla società di tipo irreversibile. Ciascuno di noi quando enuncia un concetto ha una base ideale di partenza che ha in sè il concetto di "ciclo vitale" di un organismo o di un sistema tecnologico. L'ottica di analisi di un compagno della CGIL, gestore, armonizzatore e cliente del Telelavoro sarà sicuramente diversa da quella del compagno Autonomo, operatore del Telelavoro e soggetto direttamente alle restrizioni contrattuali ed ambientali. Ciascuno di noi quindi nell'enunciare ciò che nel Telelavoro è tecnologicamente ed esteticamente bello, ha già in sè l'obiettivo finale che è senz'altro coerente con la propria necessità di Sopravvivenza individuale ma raramente collegato con la necessità più estesa di trovare una coerenza con i principi di solidarietà che sono alla base della sopravvivenza dello Stato Sociale (Il detto romano Mors tua, vita mea contiene cripticamente quanto pocanzi esposto).
Per correggere quindi l'errore di lettura parziale del problema Telelavoro è necessario aumentare le modalità di analisi ed informare la società sui riflessi positivi e negativi che ne conseguono. .Il secondo errore è derivante dal presupposto stesso di denominare questa obbligazione lavorativa con il termine TELELAVORO. I parametri con i quali andrà definita la sostanza del mutamento in corso, relativo ai compiti del lavoratore delle reti di informazione e funzionale ai vari tipi di telelavoro, è basata su elementi inequivocabili quali l'orario, l'anzianità di servizio e la retribuzione. Non si può accettare che mediante l'introduzione del neologismo "Telelavoro" si salti la necessità di riordinare il SISTEMA delle TUTELE relativo a questi parametri. Di fatto l'errore che si stà commettendo è quello di affermare che bisogna limitarsi a gestire il cambiamento, il Welfare globalizzato per dirla come l'On. D'Alema, immettendo dei concetti sofistici che alterano la verità oggettiva. Per correggere l'errore e cancellare l'impalcatura Tautologica negativa che sul telelavoro è stata costruita, bisogna trovarne un altra denominazione logica come NUOVA FORMA DI LAVORO o NUOVA PROCEDURA DI LAVORO. In un mondo oramai socialmente e mentalmente assuefatto all'idea che si possano ancora inpunentemente gettare bombe atomiche, è facile far passare il concetto asociale della globalizzazione. Il secondo errore non è nell'assumere nuove terminologie ma nell'accettare il significato improprio attraverso il quale dentro i concetti subliminali contenuti nel messaggio vocale o visivo, vengono fatti passare altri contenuti quali flessibilità o lavoro interinale. Sostituire la definizione Telelavoro con un altra è quindi importante perchè con essa vogliono "far passare" il concetto di lavoro coordinato e la susseguente perdita del diritto alla stabilità del posto di lavoro. Considerando che ciò provocherebbe una copertura previdenziale parziale (basata forse sulla sola distribuzione dei minimi legati alla contrattazione collettiva), è necessario che se l'impresa va in rete, il lavoro catturato dalla rete (o affidato in modo coordinato in rete) debba rientrare comunque nel sistema di tutela sindacale e previdenziale del lavoro subordinato o autonomo.
- EPILOGO-
Nella dinamica dei modelli che viene usata in statistica come in stereochimica o in ecologia, qualsiasi benchè minima variazione del sistema và considerata perchè altera l'equilibrio complessivo. E' quindi un errore valutare separatamente i grandi fenomeni naturali ed artificiali che mutano l'ambiente e le grandi rivoluzioni sociali ed economiche che hanno caratterizzato la storia dell'uomo. La conoscenza parziale dei meccanismi che regolano l'omeostasi del sistema uomo e del sistema Terra (intesa come un qualcosa di organico e pensante), stà già provocando danni irreversibili. Stiamo assistendo ad una progressiva diminuzione della coscienza intesa come etica della solidarietà, della consapevolezza dei nostri limiti e della coerenza con le grandi idee di democrazia.
Si rinforzano invece l'Imperialismo ed il Neo-Colonialismo che si manifestano nella grettezza politica della globalizzazione, un meccanismo tecnocratico che ruba a tanti per dare a pochi. La globalizzazione la possiamo definire l'evoluzione negativa o distruttiva del pensiero di mondializzare le risorse culturali e naturali. Non si può pensare all'uomo solo in funzione del suo "rendimento aziendale" ed il pericolo attuale è una competizione a ribasso tra le popolazioni di diverse zone del pianeta. E' altresi aberrante la contemporanea idea di alterare incoscientemente l'ecosistema partendo dall'antropocentrico presupposto della esistenza della proprietà privata. Il sottosuolo delle isole Muroroa o del Deserto del Nevada non appartiene alla Francia né agli Stati Uniti e non è giusto che per motivi di potere vengano inferte delle ferite al pianeta del quale non siamo i padroni bensì momentanei vincitori della selezione naturale. Per lo stesso principio non è giusto enunciare con la stessa cinica e spietata semplicità la proporzione secondo la quale il lavoro oggi c'è e domani non c'è piu perchè è flessibile, affittato o perchè c'è un telelavoratore filippino che costa meno. Il lavoratore italiano posto in mobilità per motivi strutturali, il giorno prima aveva garantita la sopravvivenza e la dignità di vita per sè ed il suo nucleo familiare mentre il giorno dopo si ritroverà senza speranza di vita e senza diritti sociali. Ora dato che a questo mondo si possono fare le scelte che si vuole, diventare un militare o un prete buddista o quel che vi pare, senz'altro la scelta che dobbiamo compiere insieme è quella di non accettare il principio egemonico, oppressivo, neocolonizzante che dietro le innovazioni tecnologiche e la multimedialità si possano far passare scelte e strutturazioni dannose per tutta la società o per l'ambiente. Non si possono accettare questi ricatti anche a costo di una lotta politica che ci porti all'isolamento. L'Imperialismo Capitalista sta affilando le sue armi, sta potenziando la capacità neutralizzatrice di qualsivoglia organizzazione pacifista o di sicurezza che al mondo voglia garantite la salvaguardia delle diverse culture, delle diverse lingue, delle biodiversità. In un mondo che si presenta sempre più monolinguistico e governato da un potere economico sempre più accentrato, il nostro sforzo appare sempre più controcorrente, sempre più utopistico, un pò come la resistenza opposta dal "popolo degli uomini" ai soldati blu.
Questo ragionamento non significa che il popolo "rosso" deve vivere in una mistica aspettativa di un giorno da leoni come quello ben noto del "Little Big Horn", bensì analizzare puntualmente tutti i fenomeni di variazione che ci circondano, organizzarsi ed essere sempre pronti però ad una civile e democratica risposta che salvaguardi gli ideali di Libertà. In un momento storico durante il quale i nostri partigiani vengono messi sullo stesso piano del boia Priebke, è chiaro che la direttrice verso la quale ci stanno dirigendo è quella della "riserva indiana" per annullarci definitivamente con le buone o con le cattive. Effettuare quindi giornate di studio non deve essere una semplice palestra per una ginnastica mentale ma una agorà all'interno della quale addestrare tenacemente i nostri quadri dirigenti, per prepararli ad un futuro sociale ben più pesante di quello attuale e per colmare immediatamente i vuoti legislativi che danno spazio ad una contrattazione sindacale troppo spostata attualmente verso i soli interessi degli imprenditori.
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Occupandosi di TLC e di informatica c'è sempre il pericolo di trovarsi arenati tra le secche dell'economia, con le sue logiche ed il suo Mercato. Questo è un rischio decisamente poco virtuale, tutt'altro, personalmente ritengo appunto che costituisca un pericolo davvero reale. Per questo il mio aperto contributo si sforza di restituire al tema del Telelavoro una caratterizzazione legata faziosamente (questo si) all'essere umano-lavoratore. Propongo quindi alcuni elementi di riflessione che mi sembrano interessanti e che ho mutuato dalla lettura di un periodico scientifico. Riguardano gli effetti psicologici prodotti sull'essere umano costretto o meno ad operare quotidianamente e per molte ore sul video-terminale.
Un lavoratore con alto livello professionale (analista, progettista, programmatore,...) corre il rischio, durante la sua attività, di non avvertire l'insorgere del "sovraccarico mentale"; ed il suo coinvolgimento con la macchina "umanizzata" lo porta ad una tale dedizione che lo depriva della percezione del tempo. La fatica mentale non avvertita, dopo un dato tempo però esplode cagionando improvvisi crolli psicologici. Il rischio più insidioso, a mio avviso, è dato dalla necessità che tali operatori acquisiscono di adattare il modo di ragionare umano a quello artificiale e logico del computer, esportando quest'ultimo fuori dal lavoro nei rapporti sociali. Può accadere, cioè, che la logica della procedura diventi per il lavoratore la forma ottimale di analisi dei problemi; ma trovando nei rapporti interpersonali e socio-politici irrazionalità e contraddizioni, li vivrà questi in maniera fastidiosa e svilupperà perciò la tendenza a rifiutare informazioni provenienti dalla realtà per rifugiarsi nell'universo coerente dei simboli formalizzati. Quindi, il lavoratore essere umano che si estranea da se stesso alienandosi e che acquisisce il modo di pensare de-istintuale della macchina. Che questo non sia uno sviluppo riconducibile alla riconosciuta "reificazione" di Marx? Sto citando Marx, non per personale velleità da critico marxista (non ne avrei la necessaria cultura), ma perchè in più di una occasione Fausto Bertinotti ha espresso la necessità, per questo Partito, di ripartire da Marx. Ed allora, leggendo, trovo che Marx pone in evidenza il nesso vitale tra cambiamento tecnico, struttura del potere, vita familiare del lavoratore, relazioni interne alla famiglia, mercato del lavoro e sistema politico.
Ciò vale a dire che ogni modificazione nell'attività di lavoro prodotta da un cambiamento (innovazione) tecnico, corrisponde ad un mutamento di atteggiamento del lavoratore verso il proprio lavoro, i colleghi ed i suoi responsabili; oltre ciò si verificano ulteriori implicazioni sociali, naturalmente. Dovremmo forse ripartire da qui? E' evidente che non è questo il luogo per sviluppare un tale dibattito, ma visto che il nostro Carlo già più d'un secolo fa preconizzava che l'uomo avrebbe annichilito lo spazio attraverso il tempo, mi pare ineludibile un confronto interno al Partito (se già non vi fosse stato) che tenga conto, in ottica marxista, della nuova forma d'accumulazione del Capitale e, come ha ultimamente evidenziato Sergio Bellucci (in modo assolutamente condivisibile) della continua mutazione del Capitalismo, che ne determina l'inafferabilità. In effetti, l'adozione del Telelavoro ha già testimoniato che sussiste la nefasta possibilità di identificare l'orario di lavoro con la propria esistenza; questo è un aspetto esecrabile e sotteso di mere logiche di profitto, alle quali tralaltro si osserva il nuovo meccanismo globale di retificazione, un meccanismo che sta determinando la sussunzione dell'esistenza e della socialità degli individui nella grande rete (proprio in senso peschereccio) del Capitale.
Per istinto, mi proietto mentalmente da qui a pochi anni, quando il controllo sociale, sotto mentite spoglie del lavoro, vestirà gli eleganti abiti della tecnologia. Di certo Marx non poteva prevedere in dettaglio tutto quello che sta accadendo oggi, ma c'è un'assonanza fonetica che mi ha stimolato e ho pensato che tanto maggiore sarà l'affermazione del processo di retificazione globale, e tanto maggiore sarà l'affermazione del processo di reificazione globale degli individui. Concludo esortando il Partito a prestare la massima attenzione al fenomeno del telelavoro e ad indagarlo a fondo, perchè questo può essere, insieme alla remotizzazione del lavoro, il grimaldello del Capitale per aprire le ultime porte del Profitto; occorre pertanto mantenere nell'analisi una necessaria pregiudiziale: la centralità dell'essere umano-lavoratore con i suoi bisogni, attraverso la quale Rifondazione Comunista sta costruendo in questi anni la propria personalità. Ritengo, infine, che la rivoluzione tecnologica in atto aumenterà le percentuali della disoccupazione; e la nuova forma d'accumulazione del Capitale si concreterà attraverso la strumentalizzazione dell'operaio informatizzato del terzo millennio, quando cioè si realizzerà l'osmosi dello sfruttamento perpetrata dal Capitale e si passerà dallo sfruttamento della mano d'opera allo sfruttamento della mente d'opera.
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Abbiamo visto negli ultimi periodi che stà diventando sempre più reale la possibilità, da parte delle aziende, di applicare nuove forme di lavoro, senza che sia necessaria la presenza del lavoratore in sede. L'idea di ridurre costi e tempi degli spostamenti è sempre stata precipua per l'innovazione tecnologica ed oggi, le telecomunicazioni prima e la rete informatica dopo, hanno ottenuto a riguardo risultati molto soddisfacenti ed in costante evoluzione. Lo spazio scompare, si de-materializza.
"Economia virtuale in tempo reale" quindi. Anche in Italia, grazie alla affermazione tecnologica, si riscontra, ora, un proliferare di aziende così dette "leggere", le quali si formano agilmente offrendo lavoro part-time, flessibile o telelavoro, giustamente retribuiti senza però la garanzia di una costanza di rapporto. Il caso Telecom, ad esempio, che nell'ambito del suo progetto di "remotizzazione" del lavoro ha proposto l'adozione del telelavoro, ci insegna come questa azienda si sia oltretutto avvalsa di un passaggio d'orario lavorativo da pieno a parziale, posto come pregiudiziale al dipendente telelavoratore, con tutto ciò che ne consegue a livello retributivo e contributivo. Non è tutto. La proposta-accordo prevede che l'orario di lavoro venga stabilito dall'azienda e che la scelta di telelavorare non sia reversibile prima di tre anni. In Italia si lamenta, appunto, un vuoto normativo-legislativo specificamente alla questione.
E' quantomeno intuibile come il telelavoro, per affermarsi in modo efficace, abbia bisogno di una decisa virata culturale nella maniera di intendere il rapporto lavorativo da parte delle aziende. La scomparsa di distinzione spaziale e quindi la coincidenza dell'abitazione con l'ufficio, non necessariamente vengono vissuti in modo positivo o proficuo dal lavoratore. Piuttosto, egli, subisce il conflitto tra la casa-dimora e la casa-ufficio e (come testimoniano alcuni telelavoratori intervistati) il suo orario di lavoro tende ad "elasticizzarsi" sempre più, ad allungarsi, affinchè tutte queste piccole "ditte in salotto" aumentino la loro produttività lontano da indiscrete organizzazioni sindacali e da pericolose relazioni collettive. E' notizia recente del nostro quotidiano (Liberazione) che, telelavoratori dell'IBM (benchè quest'ultima disconosca l'esistenza del telelavoro nella sua struttura) svolgono le proprie mansioni operative da casa anche in caso di malattia. Tralaltro quand'essi non sono collegati con la propria sede, l'Azienda ne chiede il motivo. Ci troviamo in perfetta sintonia con la giornalista che definisce questa arbitrarietà come un metodo sottile per far sentire il fiato sul collo dei dipendenti e che definisce carente la legislazione italiana in materia di telelavoro. E' indubitabile che in questo scenario, ove s'andrà a collocare la nuova modalità lavorativa del telelavoro, il ruolo agìto dalle Organizzazioni Sindacali risulta essere fondamentale. Ma ancor più delle suddette organizzazioni, potrà influire sull'affermazione del telelavoro, l'azione dei parlamentari, i quali sono tenuti a compensare un vuoto legislativo che attualmente non favorisce certo l'introduzione trasparente di forme di telelavoro nei contratti collettivi di lavoro.
Ricordiamo al Partito che i lavoratori della Telecom, grazie ad una inefficace contrattazione sindacale, si sono visti smantellare un Contratto Nazionale di Lavoro per introdurre contratti aziendali i quali, come ben noto, risultano essere flessibili e precari sia sul profilo occupazionale che su quello remunerativo. La indiscutibile perdita di incisività delle Organizzazioni Sindacali, in fase di contrattazione, ha prodotto nell'agosto del '95 un improponibile verbale di accordo sul tema del telelavoro a nostro avviso allarmante. Oltretutto nell'ambito della stessa CGIL non esiste una unità d'intenti riguardo questa pratica lavorativa; infatti dalla relazione introduttiva del Convegno sul telelavoro, la stessa CGIL denuncia un vuoto legislativo a riguardo; di converso però, nell'ambito della stessa Organizzazione Sindacale altri esponenti escludono la definizione di un quadro legislativo per regolamentare il tutto attraverso una pura contrattazione tra le parti. Questa delicata situazione potrebbe essere una fondamentale occasione per restituire strategicamente alla Politica il giusto primato sull'economia che, da quando l'alta finanza ha pervaso il mondo politico, ha ovunque contaminato gli orientamenti e l'operato dei governi. E' indispensabile innanzitutto definire il futuro inquadramento giuridico del telelavoratore. Chi si presta a questa attività è da considerarsi un lavoratore dipendente o autonomo? Anche se inizialmente il telelavoro vedrà occupati milioni di lavoratori dipendenti, la tendenza del mercato globalizzante è indubbiamente quella di creare milioni di telelavoratori autonomi. Il conseguente paradosso vedrà emergere la nuova conflittualità tra i nuovi lavoratori imprenditori di sé stessi, che tenderanno ad abbassare il proprio costo del lavoro per potersi collocare nell'orbita del Mercato. Se questo dovrà essere lo scenario del nuovo mondo del lavoro, noi ci opponiamo idealmente ed attivamente a questa finalità del Capitale mondiale. A tale riguardo chiediamo una seria presa di posizione da parte del Partito, affinchè non esistano divergenze di intenti riguardo questa futuribile pratica lavorativa.