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Francesco Guccini: le Canzoni



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Folk beat N.1 [1967]
Due anni dopo [1970]
L'isola non trovata [1971]
Radici [1972]
Opera buffa [1973]
Stanze di vita quotidiana [1974]
Via Paolo Fabbri 43 [1976]
Amerigo [1978]
Album Concerto (con i Nomadi) [1979]
Metropolis [1981]
Guccini [1983]
Fra la via Emilia e il West [1984]
Signora Bovary [1987]
...quasi come Dumas [1988]
Quello che non... [1990]
Parnassius Guccinii [1993]
Lettera [1996]


Folk beat N.1 [1967]
Noi non ci saremo
In morte di S.F.
Venerdì santo
L'atomica cinese
Auschwitz
Talkin' Milano
Statale 17
Il 3 dicembre del '39
La ballata degli annegati
Il sociale e l'antisociale

Due anni dopo [1970]
Lui e Lei
Primavera di Praga
Giorno d'estate
Il compleanno
L'albero ed io
Due anni dopo
Per quando è tardi
Vedi cara
Ophelia
L'ubriaco
Al trést

L'isola non trovata [1971]
L'isola non trovata
L'orizzonte di K.D.
La collina
Il frate
Un altro giorno è andato
Canzone di notte
Il tema
L'uomo
Asia
L'isola non trovata

Radici [1972]
Radici
La locomotiva
Piccola città
Incontro
Canzone dei dodici mesi
Canzone della bambina portoghese
Il vecchio e il bambino

Opera Buffa [1973]
Il bello
Di mamme ce n'è una sola
La Genesi
Fantoni Cesira
Talkin' sul sesso
La fiera di San Lazzaro

Stanze di vita quotidiana [1974]
Canzone delle osterie di fuori porta
Canzone della triste rinuncia
Canzone della vita quotidiana
Canzone per Piero
Canzone delle ragazze che se ne vanno
Canzone delle situazioni differenti

Via Paolo Fabbri 43 [1976]
Piccola storia ignobile
Canzone di notte N.2
L'avvelenata
Via Paolo Fabbri 43
Canzone quasi d'amore
Il pensionato

Amerigo [1978]
Amerigo
Libera nos Domine
100, Pensylvania Ave.
Eskimo
Le cinque anatre
Mondo Nuovo

Album concerto (con i Nomadi) [1979]
Canzone per un'amica (In morte di S.F.)
L'atomica cinese
Noi non ci saremo
Per fare un uomo
Primavera di Praga
Dio è morto
Canzone del bambino nel vento (Auschwitz)
Noi
Statale 17

Metropolis [1981]
Bisanzio
Venezia
Antenór
Bologna
Lager
Black-out
Milano (Poveri bimbi di)

Guccini [1983]
Autogrill
Argentina
Gulliver
Shomer ma mi-llailah?
Inutile
Gli amici

Fra la Via Emilia e il West [1984]
Canzone per un'amica
Autogrill
Il vecchio e il bambino
Il pensionato
L'isola non trovata
Asia
Canzone della bambina portoghese
Canzone delle osterie di fuori porta
Il Frate
Piccola città
Venezia
Bologna
Eskimo
Incontro
Vedi cara
Un altro giorno è andato
Canzone quasi d'amore
La locomotiva

Signora Bovary [1987]
Scirocco
Signora Bovary
Van Loon
Culodritto
Keaton
Le piogge d'aprile
Canzone di notte N.3

...quasi come Dumas [1988]
Due anni dopo
Auschwitz
Ti ricordi quei giorni
L'ubriaco
Giorno d'estate
Primavera di Praga
L'albero ed io
Per quando è tardi
Dio è morto
Al trést

Quello che non... [1990]
Quello che non...
Canzone delle domande consuete
Canzone per Anna
Ballando con una sconosciuta
Le ragazze della notte
Tango per due
Cencio
AEmilia

Parnassius Guccinii [1993]
Canzone per Silvia
Acque
Samantha
Farewell
Non bisognerebbe
Luna fortuna
Nostra Signora dell'Ipocrisia
Dovevo fare del cinema
Parole

Lettera[1996]
Lettera
Vorrei
Quattro stracci
Stelle
Canzone delle colombe e del fiore
Il caduto
Cirano
Il matto
I fichi






100, Pennsylvania Ave.



La strada dalla Pennsylvania Station
sembrava attraversasse il continente
come se non tornasse più all'indietro
ma andasse sempre avanti ad occidente
fra tombe in ferro-vetro-pianura, pali e gente.

E indietro invece e in fretta ci tornai
ma in certi miei momenti forse oziosi
mi chiedo dove sei e che cosa fai
e come passi i tuoi giorni noiosi
io che non ti risposi in questa casa mia che sai e non sai.

E immagino tu e lui, due americani
sicuri e sani, un poco alla John Wayne
portare avanti i miti kennedyani, 
e far scuola agli indiani
amore e ecologia lassù  nel Maine.

E là  insegnare alla povera gente
per poco niente, vita quasi pia
fingendo, o non sapendo proprio niente
di quello che può  ancora far la CIA
santi dell'occidente per gli USA, e così  sia

Mi ha detto chi t'ha vista là  da poco
che sei rimasta quella che eri allora
un po' più  vecchia ma quasi per gioco
e forse solo appena un POI signora
vorrei vederti ora perchè  il ricordo mi diventa fioco

e provo a immaginare in un momento
per ridere di stare qui con te
ma sarebbe poi stato un cambiamento
ci penso ma non sento che un altro ancora ai soliti perchè 

Però tu sai che è il gioco di un istante
perchè da allora già lo sentivano
che possibilità ce ne son tante
per quei due tipi che allora eravamo
io son quasi importante tu cosa sei, e chi siamo?

Ma forse almeno tu l'hai conservato
quell'ideale che avevamo in testa
probabilmente invece mi ha lasciato
ogni cosa alla lunga mi molesta
e cerco un'altra festa - e poi le feste in fondo mi han stancato.

Poi erano ideali alla cogliona fatti coi miti del '63
i due giovani e pace un po' alla buona Ramblas di Barcellona
la prima crisi dura dentro me.
lo credo che sappiamo che è diverso
se le cose son state poi più amare
te accetti tiri avanti e non hai perso
se sono differenti dal sognare
perchè non è uno scherzo sapere continuare.

E scusami se sono qui a pensare
a te alle tue parole e ai tuoi sorrisi
come il "MATTO" fra carte da giocare
può risolvere un attimo di crisi
anche se allora smisi ora vado, e "via andare".

Non voglio far felice proprio adesso
tua madre che odiò l'italiano istrione
quando disse a tuo padre che era un fesso
lui e il liberal-progresso e urlò rivoluzione.

Son cose spero che perdonerai
com'io ti ho perdonato ormai a quest'ora
come se fossi solo un piantaguai
il "but I love him" che gli urlasti allora
così ti canto ancora
in questa casa mia che sai e non sai.

Acque



L'acqua che passa fra il fango di certi canali
tra ratti sapienti e pneumatici e ruggine e vetri
chissà se è la stessa lucente di sole o fanali
che guardo oleosa passare rinchiusa in tre metri.

Si può stare ore a cercare se c'è in qualche fosso
quell'acqua bevuta di sete o che lava te stesso
o se c'è nel suo correre un segno od un suo filo rosso
che leghi un qualcosa a qualcosa, un pensiero a un riflesso.

Ma l'acqua gira e passa
e non sa dirmi niente
di gente, me, o di quest'aria bassa;
ottusa e indifferente
cammina e corre via
lascia una scia e non gliene frega niente.

E cade su me che la prendo e la sento filtrare,
leggera infeltrisce i vestiti e intristisce i giardini,
portandomi odore d'ozono, giocando a danzare,
proietta ricordi sfiniti di vecchi bambini;

colpendo implacabile il tetto di lunghi vagoni,
creando annoiato interesse negli occhi di un gatto,
coprendo col proprio scrosciare lo spacco dei tuoni
che restano appesi un momento nel cielo distratto.

E l'acqua passa e gira
e colora e poi stinge,
cos'è che mi respinge e m'attira;
acqua come sudore,
acqua fetida e chiara,
amara senza gusto nè colore.

Ma l'acqua gira e passa
e non sa dirmi niente
di gente, me, o di quest'aria bassa;
ottusa e indifferente
cammina e corre via
lascia una scia e non gliene frega niente.

E mormora e urla, sussurra, ti parla e ti schianta,
evapora in nuvole cupe rigonfie di nero
e cade e rimbalza e si muta in persona od in pianta
diventa di terra, di vento, di sangue e pensiero.

Ma a volte vorresti mangiarla o sentirtici dentro,
un sasso che l'apre, che affonda e sparisce e non sente,
vorresti scavarla, afferrarla, lo senti che è il centro
di questo ingranaggio continuo, confuso e vivente.

Acque del mondo intorno
di pozzanghere e pianto,
di me che canto al limite del giorno,
fra il buio e la paura
del tempo e del destino
freddo assassino della notte scura

Ma l'acqua gira e passa
e non sa dirmi niente
di gente, me, o di quest'aria bassa;
ottusa e indifferente
cammina e corre via
lascia una scia e non gliene frega niente.

AEmilia



Le Alpi ,si sa,sono un muro di sasso,
una diga confusa fanno tabula rasa
di noi che qui sotto,lontano, più in basso,abbiamo la casa;
la casa ed i piedi in questa spianata
di sole che strozza la gola alle rane,
di nebbia compatta, scabrosa, stirata che sembra di pane,
ed una strada antica come l'uomo
marcata ai bordi dalla fantasie di un duomo
e fiumi, falsi avventurieri che trasfonano i padani
in marinai non veri.
Emilia sdraiata fra i campi e sui prati,
lagune e piroghe delle terramare
guerrieri del Nord dai capelli gessati
ne hai visti passare
Emilia allungata fra l'olmo e il vigneto,
voltata a cercare quel mare mancante
e il monte Appennino rivela il segreto e diventa un gigante
Lungo la strada tra una piazza e un duomo
hai messo al mondo questa specie d'uomo:
vero, aperto, finto, strano,
cbiwo, anarchico,verdiano...
brutta razza,l'emiliano 
Emilia sognante fra l'oggi e il domani,
di cibo e motori, di lusso e balere;
Emilia di facce, di grida, di mani,
sarà  un grande piacere
vedere in futuro, da un mondo lontano
quaggiù  sulla terra una macchia di verde
e sentire il mio cuore che batte più piano
e là  dentro si perde...

... passeggia un cane e abbaia al vento un uomo...

Ora ti saluto è quasi sera, si fa tardi,
si va a vivere o a dormire da Las Vegas a Piacenza
fari per chilometri ti accecano testardi
ma io sento che hai pazienza,
dovrai ancora sopportarci

Al trést


A m sun desdèe stamatèina
l'è premavéra ma a l pióv
A m sun desdèe stamatèina
l'é premavéira ma a I pióv
A n pos purtèret fòra anch sl'lè dmanga
perchè a n gh'ò ménga al vsti nòv

A gh'era tòo pèder sò l'òss
a I m'à dmandèe quand a tée spòs
A gh'era tòo pèder sò l'òss
a I m'à dmandèe quand a tée spòs
Mè, ch'a fagh fadiga a magnèr per mè
pèinsa mò bèin s'a s'foss in dò

E quand l'è gnuda tòo mèdra
A gh'ò dmandèe in dòv t'ér tè
e quand l'è gnuda tòo mèdra
a gh'ò dmandèe in dòv t'ér tè
la m'à rispòst ch't'ér andèda via
con un ch'a I gh'à piò sòld che mè

E mè a sun chè
in mez a la strèda
sèinza savéir
csa pèsia fèr
l'è bròtt dabèun
stèr a la dmanga
a bsaca vèda
e séiinza tè
e intant a m piòv sèvra a la testa
e a sun tèt mèi cèmm un pulsèin

A sun da sòl d'lòngh a la strèda
e a zigh dabòun còmm un putèin
A sun da sòl d'lòngh a la strèda
e a zigh dabòun còmm un putèin
l'è premavéira ind al lunari
ma a pèr ch'l'invéren sia turnée


Amerigo



Probabilmente uscì chiudendo dietro a se la porta verde,
Qualcuno si era alzato a preparargli in fretta un caffè d'orzo
Non so se si girò, non era il tipo d'uomo che si perde
In nostalgie da ricchi, e andò per la sua strada senza sforzo

Quand'io l'ho conosciuto, o inizio a ricordarlo, era già vecchio
O così a me sembrava, ma allora non andavo ancora a scuola
Colpiva il cranio raso e un misterioso e strano suo apparecchio
Un cinto d'ernia che sembrava una fondina per la pistola 
Ma quel mattino aveva il viso dei vent'anni senza rughe
E rabbia ed avventura e ancora vaghe idee di socialismo
Parole dure al padre e dietro tradizione di fame e fughe
E per il suo lavoro, quello che schianta e uccide il fatalismo
Ma quel mattino aveva quel sentimento nuovo per casa e madre
E per scacciarlo aveva in corpo il primo vino d'una cantina
E già sentiva in faccia l'odore d'olio e mare che fa Le Havre
E già sentiva in bocca l'odore della polvere della mina

L'America era allora, per me e i GI di Roosvelt, la quinta armata
L'America era Atlantide, l'America era il cuore, era il destino
L'America era Life, sorrisi e denti bianchi su patinata
L'America era il mondo sognante e misterioso di paperino

L'America era allora per me provincia dolce, mondo di pace
Perduto un paradiso, malinconia sottile, nevrosi lenta
E Gunga-Din e Ringo, gli eroi di Casablanca e di Fort Apache
Un sogno lungo il suono continuo ed ossessivo che fà il Limentra 
Non sò come la vide quando la nave offrì New York vicino 
Dei grattacieli il bosco, città di feci e strade, urla, castello!
E Pavana un ricordo lasciata tra i castagni dell'Appennino
L'inglese un suono strano che lo feriva al cuore come un coltello 
E fu lavoro e sangue, e fu fatica eguale mattino e sera
Per anni la prigione, di birra e di puttane, di giorni duri,
Di negri ed irlandesi, polacchi ed italiani, nella miniera
Sudore d'antracite, in Pennsylvania, Arkansas, Texas, Missouri

Tornò come fan molti, due soldi e giovinezza ormai finita
L'America era un angolo, l'America era un'ombra, nebbia sottile
L'America era un'ernia, un gioco di quei tanti che fà la vita
E dire boss per capo, e ton per tonnellata, rifle per fucile.

Quand'io l'ho conosciuto, o inizio a ricordarlo, era già vecchio
Sprezzante con i giovani, gli scivolavo accanto senza afferrarlo
E non capivo che quell'uomo era il mio volto, era il mio specchio
Finché non verrà il tempo in faccia a tutto il mondo per rincontrarlo
Finché non verrà il tempo in faccia a tutto il mondo per rincontrarlo
Finché non verrà il tempo in faccia a tutto il mondo per rincontrarlo

Antenór



Si chiamava Antenór e niente
si chiamava Antenór e basta
perchè per certa gente non importa grado o casta
importa come vivi
ma forse neanche quello
importa se sai usare bene il laccio od il coltello.
Antenór uscì di casa
uscì di casa quella sera
garrivano i suoi pensieri come fossero bandiera
ma gli occhi erano fessura
e il viso tirato a brutto
come all'età in cui credi d'aver fatto quasi tutto.
Un cavallo nitrì, ma quando? una donna rise, ma dove?
la luna uno scudo bianco, un carro le stanghe in alto
chitarra ozio parole, chitarra ozio parole,
la pampa un ricordo stanco, un mare quell'erba nera
può darsi fosse romantico, ma lui non lo sapeva.
Quella donna rideva ad ore, quella luna solo uno sputo
e per quel cavallo non avrebbe speso anche un minuto
è difficile far rumore
sulle cose che c'hai ogni giorno
le tue braghe, il tuo sudore, e l'odore che porti attorno.
La cantina era quasi vuota
scarsa d'uomini e d'allegria
se straniero l'avresti detta quasi piena di nostalgia
nostalgia ma di che cosa, d'un oceano mai guardato
d'una europa mai sentita, d'un linguaggio mai parlato?
Antenór chiese da bere,
e scambió qualche saluto
calmo e serio danzò tutto il rituale ormai saputo
uomo e uguale coi suoi pari
quasi pari con gli anziani
come breve quella sera, come lunghi i suoi domani.
Proprio allora qualcuno entrando nella luce da dentro al buio
lo insultò quasi sussurrando, ma sembrava che stesse urlando
come per uno schiaffo, come per uno sputo
Antenór lo guardò  sorpreso, lo studiò e non lo conosceva
e il motivo restò sospeso, fra la gente ferma in attesa
e lui non lo sapeva, e lui non lo sapeva.
Poi sentì di una donna il nome, già scordato o non conosciuto
quante volte per altri è vita quello che per noi è un minuto;
guardò gli uomini per cercare occhi, dialogo, spiegazione
ma se non trovò condanne non trovò un'assoluzione.
Antenór uscì di fuori
bilanciando il suo coltello
per danzare malvolentieri passi e ritmi del duello
una donna non ricordata ed un uomo mai visto prima
lo legavano tra loro come versi con rima.
Fintò basso e scartò dilato
quanti sguardi sentì sul viso
si sentì migliore e stanco
si sentì come un sorriso
che serata tutta al contrario
proprio niente da ricordare
puntò il ferro contro il
viso vide il sangue zampillare.
Tutto quanto era stato un lampo
Antenór respirava forte
fece il gesto di offrir la mano
guardò l'altro e capì pian piano
che tutto era stato invano
che l'altro cercava morte
e capì che doveva farlo, farlo in fretta perchè non c'era
un motivo per ammazzarlo
l'altro cadde e non rispondeva
e lui non lo sapeva, e lui non lo sapeva.
Antenór lo guardì cadere
sentì dire la colpa è mia
sentì dire è stato un uomo
sentò dire fuggi via
la giustizia disse bandito
ma un poeta gli avrebbe detto
che era come l'Ebreo errante,
come il Batavo maledetto.
Quante volte ci è capitato
di trovarci di fronte a un muro
quante volte abbiam picchiato
quante volte subito duro
quante cose nate per sbaglio
quanti sbagli nati per caso
quante volte l'orizzonte non va oltre il nostro naso.
Quante volte ci sembra piana
mentre sotto gioca d'azzardo
questa vita che ci birilla
come bocce da biliardo
questa cosa che non sappiamo
questo conto senza gli osti
questo gioco da giocare fino in fondo a tutti i costi.


Asia



Fra i fiori tropicali,
fra grida di dolcezza,
la lenta, lieve brezza scivolava.
E piano poi portava,
fischiando fra la rete,
l'odore delle sete e della spezia.
Leone di Venezia, Leone di San Marco,
l'arma cristiana è al varco dell'Oriente:
ai porti di ponente
il mare ti ha portato
i carichi di avorio e di broccato.
Le vesti dei mercanti
trasudano di ori,
tesori immani portano le stive;
si affacciano alle rive
le colorate vele,
fragranti di garofano e di pepe.
Trasudano le schiene
schiantate dal lavoro,
son per la terra mirra, l'oro e l'incenso.
Sembra che sia nel vento
su fra la palma somma
il grido del sudore e della gomma.
E l'asia par che dorma,
ma sta sospesa in aria
l'immensa, millenaria sua cultura:
i bianchi e la natura
non possono schiacciare
i Buddha, i Chela, gli uomini ed il mare.
Leone di San Marco,
leone del profeta,
ad est di Creta corre il tuo vangelo;
si staglia contro il cielo
il tuo simbolo strano:
la spada e non il libro hai nella mano.
Terra di meraviglie,
terra di grazie e mali,
di mitici animali da bestiario;
s'arriva dai santuari,
fin sopra all'alta plancia,
il fumo della gangia e dell'incenso.
E quel profumo intenso
è rotta di gabbiani,
segno di vani simboli divini.
E gli uccelli marini
additano col volo
la strada del Catai per Marco Polo.



Auschwitz


Son morto ch'ero bambino
son morto con altri cento
passato per un camino
e ora sono nel vento

Ad Auschwitz c'era la neve
il fumo saliva lento
nei campi tante persone
che ora sono nel vento

Nei campi tante persone
ma un solo grande silenzio
che strano non ho imparato
a sorridere qui nel vento

Io chiedo come può un uomo
uccidere un suo fratello
eppure siamo a milioni
in polvere qui nel vento.

Ancora tuona il cannone
ancora non è contenta
di sangue la bestia umana
e ancora ci porta il vento.

Io chiedo quando sarà
che un uomo potrà imparare
a vivere senza ammazzare
e il vento si poserà.

Black-out



La luce è andata ancora via, ma la stufa è accesa, e così sia
a casa mia tu dormirai, ma quali sogni sognerai
con questa luna che spaccherà in due le mie risate e le ombre tue
i miei cavalli ed i miei fanti, il tuo esse sordo ed i tuoi canti
tutti i ghiaccioli appesi ai fili, tutti i miei giochi e i tuoi monili
i campanili, i pazzi, i santi e l'allegria.
E non andrà il televisore; cosa faremo in queste ore?
rumore attorno non si sente, corriamo a immaginar la gente
giochiamo a fare gli incubi indiscreti, curiosi d'ozi e di segreti,
di quei pensieri quotidiani che a notte il sonno fa lontani
o che nel sogno sopra a un viso, diventan urlo od un sorriso
il paradiso, inferno, mani, l'odio e amore.
Avessi sette vite a mano, in ogni casa entrerei piano
e mi farei fratello o amante, marito, figlio, re , brigante o mendicante o
giocatore
poeta, fabbro, papa, agricoltore.
Ma ho questa vita e il mio destino, e ora cavalco l'Appennino
e grido al buio più profondo la voglia che ho di stare al mondo
in fondo è proprio un gran bel gioco
a fare l'amore tanto e a non bere poco.
E questo buio, che sollievo, ci dona un altro medio-evo
io levo dall'oscurità tutta la nostra civiltà
velocità di macchine a motore, follia di folla e di rumore
e metto ritmi più lontani, di bestie, legni e suoni umani
odore d'olio e di candele, fruscio di canapi e di vele
il miele il latte i pani e il vino vero.
Ma chissà poi se erano quelli davvero tempi tanto belli
o caroselli che viviamo per l'incertezza che culliamo
in questa giostra di figure e suoni, di luci e schermi da illusioni
di baracconi in bene o in male, di eterne fughe dal reale
che basta un po' d'oscurità per darci la serenità
semplicità, sapore sale e ritornelli.
Non voglio tante vite a mano, mi basta questa che viviamo
comuni giorni intensi o pigri, gli specchi ambigui dei miei libri
le tigri della fantasia, tristezze ed ottimismo ed ironia.
Ma quante chiacchiere stavolta, che confusione a ruota sciolta
lo so che è un pezzo che parliamo, ma è tanto bello non dormiamo
beviamo ancora un po' di vino, che tanto tra due sorsi è già mattino.
Su sveglia e guardati d'attorno, sta già arrivando il nuovo giorno
lo storno e il merlo son già in giro, non vorrai fare come il ghiro
non c'è black-out e tutto è ormai finito, e il vecchio frigo è ripartito
con i suoi toni rochi e tristi (scatarra) versi futuristi
lo so siam svegli ormai da allora, ma qualche cosa manca ancora
finiamo in gloria amore mio, e dopo, a giorno fatto, dormo anch'io.

Il 3 dicembre del '39



Il tre dicembre del '39 a stare al mondo volli provar
mio padre uomo ligio al partito nome Benito mi volle dar
mia madre santa donna di Dio aggiunse un Pio per contentar
uno zio prete che per commosso ringraziamento mi battezzò
Appena giunto su questa terra ci fu la guerra e il genitor
Che fu dei primi ad andar via dall'Albania mai più tornò
mia madre allora cercò lo zio per dirgli "Pio, che mangerà?"
egli rispose di aver pazienza; "La Provvidenza, vi aiuterà".
La provvidenza ci ha poi aiutati con i soldati della Wermacht
poi dopo l'8, seguì gli eventi, e fui parente dello zio Sam
mia madre donna di gran pietà cercò in politica verginità
sulla sua porta ci scrisse "Mary", scordai la lupa, mi chiamai Jack.
Quarantacinque finì la guerra ma in questa terra pace non c'è
il parabellum fanno cantare per festeggiare la libertà
mia madre allora che fiutò l'aria fu proletaria e si sposò
un pezzo grosso del C.L.N. e io divenni "Benski-Stalin".
I giorni passano i tempi cambiano i fronti cadano la piazza calmasi
restaurazione televisione boom economico seicento Fiat
mia madre donna di grande amore sentì nel cuore l'error di un dì
fu clericale democristiana e nella lana fede trovò
Ora ho una fabbrica solo un affanno un miliardo all'anno appena mi dà
io son per la D.C. ma di sinistra e socialista diventerò
Mia madre donna ormai d'età morì in odore di santità
io chiesa nobili e terzo stato sempre ho fregato solo per me.

Il sociale e l'antisociale



Sono un tipo antisociale
non m'importa mai di niente
non m'importa dei giudizi della gente
Odio in modo naturale
ogni ipocrisia morale
odio guerre ed armamenti in generale
Odio il gusto del retorico
il miracolo economico
il valore permanente e duraturo
Radio a premi caroselli
tivù cine radio rallies
frigo ed auto non c'è Ford nel mio futuro
E voi bimbe sognatrici
della vita delle attrici
attenzione da me state alla lontana
Non mi piace esser per bene
far la faccia che conviene
poi alla fine sono sempre senza grana
Odio la vita moderna
fatta a scandali e cambiali
i rumori gli impegnati intellettuali
Odio i fusti carrozzati
dalle spider incantati
coi vestiti, le camicie tutti uguali
Che non sanno che parlare
di automobili e di moda
di avventure estive fatte ai monti e al mare
Vuoti e pieni di sussiego
se il vestito non fa un piego
mentre io mi metto quello che mi pare
sono senza patrimonio
sono contro il matrimonio
non ho quello che si dice un posto al sole
Non mi piaccion le gran dame
preferisco le mondane
perchè ad essere sincere son le sole
Non mi piace l'avvocato
il borghese l'arrivato
odio il bravo e onesto padre di famiglia
quasi sempre preoccupato
di vedermi sistemato
se mi metto a far l'amore con sua figlia
Sono un tipo antisociale
non ho voglia di far niente
sulle scatole mi sta tutta la gente
In un'isola deserta
voglio andare ad abitare
e nessuno mi potrà più disturbare
e nessuno mi potrà più disturbare

Non amo viver con tutta la gente
mi piace solo la gente bene
come si dice comunemente
bene si nasce non si diviene
c'è chi nasce per le scienze o per le arti
io son nato solamente per i parti
lalala...
Amo oltremodo parlare male
fare il maiale con le ragazze
la pasqua vado in confessionale
e tutte quante per me vanno pazze
Perchè fra i bene poi non conta l'astinenza
basta ci sia soltanto l'apparenza
lalala...
Quindi non curo la mia intelligenza
la gente bene con questo non lega
ma alle canaste di beneficenza
so sempre tutto sull'ultimo strega
l'intelligenza c'è sol coi milioni
e ammiro i film di Monica e Antognoni
lalala...
Sono elegante ed è inutile dire
che le mie vesti son sempre curate
perchè senz'altro è importante vestire
perchè è la tonaca che fa il frate
In fondo poi due cose hanno importanza
e sono il conto in banca e l'eleganza
lalala...
Andiamo matti per cotte alle feste
amo oltremodo le donne mondane
non fraintendetemi non parlo di quelle
stan con la gente più in basso, sta male
non ho rapporti con i proletari
soltanto a tarda notte lungo i viali
lalala...
lalalala
Ma non trascuro la scienza umanista
e si può dire che sono impegnato
anzi alle volte sono comunista
ma non mi sono sempre interessato
la lotta delle classi sol mi va
per far bella figura in società
lalala...
Non si può dire che sia clericale
come boccaccia ma ho ridda dei frati
ma ossequio sempre lo zio cardinale
e vado a messa nei dì comandati
Il mio credo vi dico brevemente
pensare ciò che può dire la gente
lalala...
lalalala
La gente bene è la mia vera patria
la gente bene è il mio unico dio
l'unica cosa che ho sempre sognato
la sola cosa che voglio io
Solo essere un bene sempre ed ora
e tutto il resto vada alla malora
lalala...


L'avvelenata



Ma se io avessi previsto tutto questo,
dati causa e pretesto, le attuali conclusioni
credete che per questi quattro soldi, 
questa gloria da stronzi, avrei scritto canzoni?

Vabbè lo ammetto che mi son sbagliato
e accetto il Crucifige e cosi sia.
Chiedo tempo, son della razza mia, per quanto grande sia,
il primo che ha studiato.

Mio padre in fondo aveva anche ragione
a dir che la pensione è davvero importante.
Mia madre non aveva poi sbagliato
a dir che un laureato conta più di un cantante.

Giovane ingenuo io ho perso la testa
sian stati i libri o il mio provincialismo
e un cazzo in culo e accuse di arrivismo
dubbi di qualunquismo son quello che mi resta.

Voi critici, voi personaggi austeri
militanti severi chiedo scusa a vossia
però non ho mai detto che a canzoni
si fan rivoluzioni, si possa far poesia.

Io canto quando posso, come posso
quando ne ho voglia senza applausi o fischi
vendere o no non passa fra i miei rischi
non comprate i miei dischi e sputatemi addosso.

Secondo voi ma a me cosa mi frega
di assumermi la bega di star quassù a cantare.
Godo molto di più nell'ubriacarmi
oppure a masturbarmi o, al limite, a scopare.

Se son d'umore nero allora scrivo
frugando dentro alle nostre miserie.
Di solito ho da far cose più serie
costruir su macerie o mantenermi vivo.

Io tutti, io niente, io stronzo, io ubriacone
io poeta, io buffone, io anarchico, io fascista
io ricco, io senza soldi, io radicale, io diverso ed io uguale
negro, ebreo, comunista!

Io frocio, io perchè canto so imbarcare
Io falso, io vero, io genio, io cretino
io solo qui alle quattro del mattino
l'angoscia e un po' di vino, voglia di bestemmiare.

Secondo voi ma chi me lo fa fare
di star ad ascoltare chiunque ha un tiramento.
Ovvio il medico dice : "sei depresso",
neppure dentro al cesso possiedo un mio momento.

Ed io che ho sempre detto che era un gioco 
sapere usare o no di un certo metro.
Compagni il gioco si fa teso e tetro
comprate il mio didietro, io lo vendo per poco.

Colleghi cantautori, eletta schiera
che si vende alla sera per un po' di milioni.
Voi che siete capaci fate bene
aver le tasche piene e non solo i coglioni.

Che cosa posso dirvi? Andate e fate.
Tanto ci sarà sempre, lo sapete,
un musico fallito, un pio, un teorete,
un Bertoncelli e un prete a sparar cazzate

Ma se io avessi previsto tutto questo
dati causa e pretesto, forse farei lo stesso.
Mi piace far canzoni e bere vino
mi piace far casino e poi sono nato fesso.

E quindi tiro avanti e non mi svesto
dei panni che son solito portare
ho tante cose ancora da raccontare, per chi vuole ascoltare,
e a culo tutto il resto!

L'ubriaco



Appoggiato sulle braccia,
dietro al vetro d'un bicchiere,
alza appena un po' la faccia
e domanda ancora da bere.

I rumori della strada
filtran piano alle pareti,
dorme il gatto sulla panca
e lo sporco appanna i vetri.

Cade il vino nel bicchiere
poi nessuno più si muove
e non sai se fuori all'aria
ci sia il sole oppur se piove.

E quell'uomo si ricorda
e per uno scherzo atroce
quasi il vino gli dà  forza,
l'illusione gli dà  voce.

E si alza sulle gambe
sbarra gli occhi e poi traballa,
come con i riflettori
sopra il gesto delle braccia...

Ma si ferma all'improvviso
e ricade giù  a sedere,
torna l'ombra sul suo viso,
torna il vino nel bicchiere.

Ma lontano, oltre, nel tempo,
una folla misteriosa
è  scattata tutta in piedi
rida: "Bravo, bene, ancora!"

Son tornati i riflettori
sul suo viso e sulle mani,
si alza e accenna ad un inchino
per quei pubblici lontani.

E più  forte tra quei muri
quella voce ora si è  alzata
e fa tintinnare i vetri
e rimbalza sulla strada.

Luna Fortuna



Notte calda come tante vicino al fiume che canta,
aria piena del barlume di un lume fioco in distanza
e di lucciole sfuggenti di cui la notte si ammanta.
E si ammanta di fantasmi o di un ricordo lontano,
mentre al buio della notte che mi trascina per mano
cerco i segni delle piante che mi circondano piano.
Piano, all'ombra della notte, mi sembri fatta di fumo,
sento appena il tuo calore ed il tuo strano profumo
con l'odore del tuo corpo e in questo io mi consumo.
Ma dal monte all'improvviso spunta la bianca luna
e ogni cosa in un istante schiarisce e non è più  bruna;
questa luna esagerata ci procurerà  fortuna.
La fortuna di un amante è un fiore d'esile stelo,
una favola inquietante, fugace e fragile velo,
il respiro di un istante che scomparirà  nel cielo.
Cielo e luce all'infinito come se fosse di giorno,
mondo magico e fiorito che mi risplende d'intorno,
io ti sfoglio con le dita e indovino il tuo contorno.
Il contorno del tuo corpo ora si è  fatto reale
è  qualcosa bianco e vero, bello da far quasi male,
e si insinua in un pensiero che all'improvviso mi assale:
contro il cielo trasformato sorride un'altra luna,
ma io so qual è la vera, l'altra non è più nessuna,
questa nuova luna piena mi procurerà  fortuna.


Bisanzio


Anche per questa sera
la luna è sorta
affogata in un colore
troppo rosso e vago.
 
Vespero non si vede,
si è offuscata,
la punta dello stilo
si è spezzata.
Che oroscopo sai trarre questa sera, Mago?

Io Filemazio,
protomedico matematico astronomo,
forse saggio.
Ridotto come un cieco
a brancicare attorno,
non ho la conoscenza, od il coraggio
per fare quest'oroscopo,
per divinar responso,
e resto qui ad aspettare che ritorni giorno
e devo dire, devo dire,
che sono forse troppo vecchio per capire
che ho perso la mia mente
in chissà quale abuso, od ozio,
ma stan mutando gli astri
nelle notti d'equinozio.

O forse io, forse io,
ho sottovalutato questo nuovo dio,
ma vedo in me e nei segni
che qualcosa sta cambiando,
ma è un debole presagio
che non dice come e quando...

Me ne andavo l'altra sera
quasi inconsciamente
giù al porto Bosphoreion
là dove si perde
la terra dentro al mare
fino quasi al niente
e poi ritorna terra
ma non è più occidente.
Che importa a questo mare
se essere azzurro o verde?

Sentivo i canti osceni
degli avvinazzati
di gente dallo sguardo avviluppato e vuoto
ippodromo bordello, e nordici soldati
Romani e Greci urlate,
dove siete andati...
Sentivo bestemmiare in Alamanno e in Goto...

Città assurda, città strana...
Di quest'imperatore sposo di puttana,
di plebi smisurate, labirinti ed empietà
di barbari che forse sanno già la verità.
Di filosofi, e di etere,
sospesa tra due mondi, e tra due ere
Fortuna e età han deciso
per un giorno non lontano,
ma il fato chiederebbe 
che scegliesse la mia mano, ma...

Bisanzio è forse solo un simbolo insondabile
crudele e ambiguo, come questa vita
Bisanzio è un mondo che non mi è consueto
Bisanzio è un sogno che si fa incompleto.

Forse Bisanzio non è mai esistita
e ora è giorno, e un'altra notte è andata
Lucifero è già sorta, e si alza un po' di vento
è freddo sulla torre, o è l'età mia malata
confondo vita e morte, non so chi è passata
mi copro con la testa il capo e più non sento,

e mi addormento
mi addormento
mi addormento.

Bologna



Bologna è una vecchia signora dai fianchi un po' molli
col seno sul piano padano ed il culo sui colli
Bologna arrogante e papale
Bologna la rossa e fetale
Bologna la grassa e l'umana, già  un poco Romagna e in odor di Toscana.

Bologna per me provinciale Parigi minore
mercati all'aperto, bistrots della "rive gauche" l'odore
con Sartre che pontificava,
Baudlaire fra l'assenzio cantava
ed io, modenese volgare, a sudarmi un amore, fosse pure ancillare.

Però  che boheme confortevole, giocata fra casa e osterie
quando a ogni bicchiere rimbalzano le filosofie
oh, come eravamo poetici, ma senza pudore o paura
e i vecchi "imbariaghi" sembravano la letteratura
oh, quanto eravam tutti artistici, ma senza pudore o vergogna
cullati fra i portici-cosce di mamma Bologna.

Bologna è una donna emiliana di zigomo forte,
Bologna capace d'amore, capace di morte
che sa quel che conta e che vale
che sa dov'è il sugo del sale
che valuta il giusto la vita, e che sa stare in piedi per quanto colpita.

Bologna è una ricca signora che fu contadina
benessere, ville, gioielli e salami in vetrina
che sa che l'odor di miseria
da mandare giù è cosa seria
e vuole sentirsi sicura con quello che ha addosso, perchè sa la paura.

Lo sprechi il tuo odor di benessere però con lo strano binomio
dei morti per sogni davanti al tuo Santo Petronio
e i tuoi bolognesi, se esistono, ci sono od ormai si son persi
confusi e legati a migliaia di mondi diversi?
ma quante parole ti cantano, cullando i clichè della gente
cantando canzoni che è come cantare di niente.

Bologna è una strana signora, volgare e matrona
Bologna bambina per bene, Bologna busona
Bologna ombelico di tutto, mi spingi a un singhiozzo e ad un rutto
rimorso per quel che mi hai dato, che è quasi ricordo, e in odor di passato.

Il caduto



Io, nato Primo di nome e di cinque fratelli,
uomo di bosco e di fiume, lavoro e di povertà
ma uomo sereno di dentro, come i pesci e gli uccelli
che con me dividevano il cielo, l'acqua e la libertà ;
perché sono in prigione per sempre, qui in questa pianura
dove orizzonte rincorre da sempre un uguale orizzonte,,
dove un vento incessante mi soffia continua paura
dove è impossibile scorgere il profilo di un monte ?
E se d'inverno mi copre la neve gelata
non è quella solita in cui affondava il mio passo
forte e sicuro, braccando la lieve pestata
che lascia la volpe, o l'impronta più greve del tasso.
Ho cancellato il ricordo, e perché son caduto ;
rammento stagioni in cui dietro ad un sole non chiaro
veniva improvviso quel freddo totale, assoluto
e infine lamenti poi grida e bestemmie e uno sparo.
Guarda la guerra che beffa, che scherzo puerile,
io che non ero mai stato in un lungo cammino
ho visto quel poco di mondo da dietro a un fucile,
ho visto altra gente soltanto da dietro a un mirino.
E siamo in tanti coperti da neve gelata
non c'è più razza o divisa, ma solo l'inverno
e quest'estate bastarda del vento spazzata
e solo noi, solo noi che siam morti in eterno.
Io che che guardavo la vita con calmo coraggio
cosa darei per guardare gli odori della mia montagna,
vedere le foglie del cerro, gli intrichi del faggio,
scoprire di nuovo dal riccio il miracolo della castagna.

Canzone dei dodici mesi


Viene Gennaio silenzioso e lieve
un fiume addormentato
fra le cui rive giace come neve
il mio corpo malato
il mio corpo malato

Sono distese lungo la pianura
bianche file di campi
son come amanti dopo l'avventura
neri alberi stanchi
neri alberi stanchi

Viene Febbraio, e il mondo è a capo chino
ma nei convitti e in piazza
lascia i dolori e vesti da Arlecchino
il carnevale impazza
il carnevale impazza

L'inverno è lungo ancora, ma nel cuore
appare la speranza
nei primi giorni di malato sole
la primavera danza
la primavera danza

Cantando Marzo porta le sue piogge
la nebbia squarcia il velo
porta la neve sciolta nelle rogge
il riso del disgelo
il riso del disgelo

Riempi il bicchiere, e con l'inverno butta
la penitenza vana
l'ala del tempo batte troppo in fretta
la guardi, è già lontana
la guardi, è già lontana

O giorni, o mesi, che
andate sempre via;
sempre simile a voi
è questa vita mia;
diverso tutti gli anni
e tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi
che non sai mai giocare.

Con giorni lunghi al sonno dedicati
il dolce Aprile viene
quali segreti scoprì in te il poeta
che ti chiamò crudele
che ti chiamò crudele

Ma nei tuoi giorni è bello addormentarsi
dopo fatto l'amore
come la terra dorme nella notte
dopo un giorno di sole
dopo un giorno di sole

Ben venga Maggio e il gonfalone amico
ben venga primavera
il nuovo amore getti via l'antico
nell'ombra della sera
nell'ombra della sera

ben venga Maggio, ben venga la rosa
che è dei poeti il fiore
mentre la canto con la mia chitarra
brindo a Cenne e a Folgore
brindo a Cenne e a Folgore

Giugno, che sei maturità dell'anno
di te ringrazio Dio
in un tuo giorno, sotto al sole caldo
ci sono nato io
ci sono nato io;

E con le messi che hai fra le tue mani
ci porti il tuo tesoro
con le tue spighe doni all'uomo il pane
alle femmine l'oro
alle femmine l'oro

O giorni, o mesi, che
andate sempre via;
sempre simile a voi
è questa vita mia;
diverso tutti gli anni
e tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi
che non sai mai giocare.

Con giorni lunghi di colori chiari
ecco Luglio il leone
riposa e bevi, e il mondo attorno appare
come in una visione
come in una visione

Non si lavora Agosto, nelle stanche
tue lunghe oziose ore
mai come adesso è bello inebriarsi
di vino e di calore
di vino e di calore

Settembre è il mese del ripensamento
sugli anni e sull'età
dopo l'estate porta il dono usato
della perplessità
della perplessità

Ti siedi e pensi e ricominci il gioco
della tua identità
come scintille brucian nel tuo fuoco
le possibilità
le possibilità

Non so se tutti hanno capito Ottobre
la tua grande bellezza
nei tini grassi come pance piene
prepari mosto e ebbrezza
prepari mosto e ebbrezza

Lungo i miei monti, come uccelli tristi
fuggono nubi pazze
lungo i miei monti, colorati in rame
fumano nubi basse
fumano nubi basse

O giorni, o mesi, che
andate sempre via;
sempre simile a voi
è questa vita mia;
diverso tutti gli anni
e tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi
che non sai mai giocare.

Cala Novembre, e le inquietanti nebbie
gravi coprono gli orti
lungo i giardini consacrati al pianto
si festeggiano i morti
si festeggiano i morti

Cade la pioggia, ed il tuo viso bagna
di gocce di rugiada
te pure, un giorno, cambierà la sorte
in fango della strada
in fango della strada

E mi addormento come in un letargo
Dicembre, alle tue porte
lungo i tuoi giorni con la mente spargo
tristi semi di morte
tristi semi di morte

Uomini e cose lasciano per terra
esili ombre pigre
ma nei tuoi giorni, dai profeti detti
nasce Cristo la tigre
nasce Cristo la tigre

O giorni, o mesi, che
andate sempre via;
sempre simile a voi
è questa vita mia;
diverso tutti gli anni
e tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi
che non sai mai giocare.

Canzone della bambina portoghese


E poi e poi, gente viene qui e ti dice
Di sapere già ogni legge delle cose
E tutti, sai, vantano un orgoglio cieco
di verità fatte di formule vuote
E tutti, sai, ti san dire come fare,
Quali leggi rispettare, quali regole osservare,
Qual è il vero vero, 
E poi, e poi, tutti chiusi in tante celle,
Fanno a chi parla più forte
Per non dir che stelle e morte fan paura.

Al caldo del sole, al mare scendeva la bambina portoghese
Non c'eran parole, rumori soltanto come voci sospese.
Il mare soltanto, e il suo primo bikini amaranto,
Le cose più belle e la gioia del caldo alla pelle.

Gli amici vicino sembravan sommersi dalla voce del mare; 
O sogni o visioni qualcosa la prese e si mise a pensare; 
Sentì che era un punto al limite di un continente, 
Sentì che era un niente, l'Atlantico immenso di fronte.

E in questo sentiva qualcosa di grande
Che non riusciva a capire, che non poteva intuire;
Che avrebbe spiegato, se avesse capito lei, e l'oceano infinito;
Ma il caldo l'avvolse, si sentì svanire e si mise a dormire.
E fu solo del sole, come di mani future.
Restaron soltanto il mare e un bikini amaranto.

E poi e poi, se ti scopri a ricordare,
Ti accorgerai che non te ne importa niente.
E capirai che una sera o una stagione
Son come lampi, luci accese  e dopo spente.
E capirai che la vera ambiguità
è la vita che viviamo, il qualcosa che chiamiamo esser uomini, 
E poi, e poi, che quel vizio che ci ucciderà
Non sarà fumare o bere, ma il qualcosa che ti porti dentro,
Cioè vivere.

Canzone della triste rinuncia



Le luci dentro al buio sono andate via
e l'allegria comprata è già  sparita
il giorno dopo è  sempre la malinconia
che spezza la magia di un'altra vita.

La forza che ti lega è  grande più  di te
l'anello al collo si stringe sempre più 
non dare più  la colpa al mondo o a lei
per la rinuncia triste a quello che non sei.

Lo sai cosa vuol dire stare giorni interi
a buttar via nel niente solo il niente
fai mille cose ma sono sempre i tuoi pensieri
che scelgono per te diversamente.

Son stanco d'aver detto le cose che dirò 
di aver già  fatto le cose che farò 
ma è  tardi troppo tardi, piangere ormai
sulla rinuncia triste a quello che non fai.

Credevo l'incertezza possibilità 
e il dubbio assiduo l'unica ragione
ma quali scelte hai fatto in piena libertà 
ti muovi sempre dentro a una prigione.

Non è  la luce o il buio nè  l'ero ed il sarò 
non è  il coraggio che ti fa dir "vivrò".
È  solo un'altra scusa che usare vuoi
per la rinuncia triste a quello che non puoi.

Non voglio prender niente se non so di dare
io e chissà  chi decidono ciò  che posso
non ho la voglia o la forza per poter cambiare
me stesso e il mondo che mi vive addosso.

E forse sto morendo e non lo so capire,
e l'ho capito e non lo voglio dire,
rimangono le cose senza falso o vero,
e la rinuncia triste a quello che io ero.

Canzone delle colombe e del fiore



Amore, se fossi aria,
le tue rondini vorrei,
per guardarmele ogni minuto
e farle volare negli occhi miei ;
quelle rondini bianche e nere
che anche mute dicono tanto :
tutta la gioia di mille sere
ed un momento solo di pianto.

Amore, mai sarò stanco
di bermi tutto il tuo miele ;
quando ridi o quando mi parli
in me si gonfiano mille vele ;
quando un sogno od un tuo segreto
ti fan seria e sembri rubata,
guizzan pesci fra i tuoi due fiori,
rivive l'anima mia assetata.

Amore, pensa se avessi
una torre colombaria,
per far posare le tue due colombe stanche
di volare in aria ;
vederle alzarsi dritte nel cielo
e atterrare fra le mie mani
per carezzarle dentro ai miei oggi
e baciarle fino a domani.

Amore, nel mio giardino
vorrei fiorisse la tua rosa,
perché l'anima mia si perda 
dove il corpo rinasce e riposa ;
quella rosa di primavera
sempre rorida di rugiada,
misteriosa come la sera
balenante come una spada.

Amore colomba fiore,
amore fragile e forte,
sfrontatezza e pudore,
compagna di gioia e sorte,
sapore amaro e dolcezza,
con l'arcobaleno fra le dita,
vorrei perdermi nel tuo respiro,
vorrei offrirti questa mia vita.

Canzone delle domande consuete


Ancora qui a domandarsi e a far finta di niente
come se il tempo per noi non costasse l'uguale,
come se il tempo passato ed il tempo presente
non avessero stessa amarezza di sale.

Tu non sai le domande, ma non risponderei
per non strascinare le parole in linguaggio d'azzardo;
eri bella, lo so,  e che bella che sei;
dicon tanto un silenzio e uno sguardo.

Se ci sono non so cosa sono e se vuoi
quel che sono o sarei, quel che sarò domani...
non parlare non dire più niente se puoi,
lascia farlo ai tuoi occhi alle mani.

Non andare... vai. Non restare...stai.
Non parlare... parlami di te.

Tu lo sai, io lo so, quanto vanno disperse,
trascinate dai giorni come piena di fiume
tante cose sembrate e credute diverse
come un prato coperto a bitume.

Rimanere così, annaspare nel niente,
custodire i ricordi, carezzare le età;
è uno stallo o un rifiuto crudele e incosciente
del diritto alla felicità?

Se ci sei, cosa sei? Cosa pensi e perché?
Non lo so, non lo sai; siamo qui o lontani?
Esser tutto, un momento, ma dentro di te.
Aver tutto, ma non il domani.

Non andare... vai. Non restare...stai.
Non parlare... parlami di te.

E siamo qui, spogli, in questa stagione che unisce
tutto ciò che sta fermo, tutto ciò che si muove;
non so dire se nasce un periodo o finisce,
se dal cielo ora piove o non piove,

pronto a dire "buongiorno", a rispondere "bene"
a sorridere a "salve", dire anch'io "come va?"
Non c'è vento stasera. Siamo o non siamo assieme?
Fuori c'è ancora una città?

Se c'è ancora balliamoci dentro stasera,
con gli amici cantiamo una nuova canzone...
...tanti anni, e sono qui ad aspettar primavera
tanti anni, ed ancora in pallone

Non andare... vai. Non restare...stai.
Non parlare... parlami di te.
Non andare... vai. Non restare...stai.
Non parlare... parlami di noi.

Canzone delle osterie fuori porta




Sono ancora aperte come un tempo le osterie di fuori porta
ma la gente che che ci andava a bere fuori o dentro è tutta morta.
Qualcuno  andato per età , qualcuno perchè  già  dottore e insegue una maturità :
si è  sposato fà  carriera ed è  una morte un po' peggiore.

Cadon come foglie o gli ubriachi sulle strade che hanno scelto,
delle rabbie antiche non rimane che una frase o qualche gesto,
non so se scusano il passato, per giovinezza o per errore, non so se ancora desto in loro,
se m'incontrano per forza, la curiosità  o il timore.

Io ora mi alzo tardi tutti i giorni, tiro sempre a far mattino
le carte poi il caffè  della stazione per neutralizzare il vino;
ma non ho scuse da portare, non dico più  d'esser poeta, non ho utopie da realizzare,
stare a letto il giorno dopo è  forse l'unica mia meta.

Si alza sempre lenta come un tempo l'alba magica in collina
ma non provo più  quando la guardo quello che provavo prima,
ladri e profeti di futuro mi hanno portato via parecchio,
il giorno è  sempre un po' più oscuro ,
sara forse perchè  è  storia sarà  forse perchè  invecchio.

Ma le strade sono piene di una rabbia che ogni giorno urla più  forte,
son caduti i fiori e hanno lasciato solo simboli di morte.
Dimmi se son da lapidare, se mi nascondo sempre più ,
ma ognuno ha la sua pietra pronta e la prima , non negare, me la tireresti tu.

Sono più  famoso che in quel tempo quando tu mi conoscevi,
non più  amici, e un pubblico che ascolta le canzoni in cui credevi,
e forse ridono di me, ma in fondo la coscienza pura, 
non rider se dico questo, ride chi ha nel cuore l'odio e nella mente la paura.

Ma non devi credere che questo abbia cambiato la mia vita;
è  una cosa piccola di ieri che domani è  già  finita,
son sempre qui a vivermi addosso, ho dai miei giorni quanto basta, ho dalla gloria quel che posso
cioè  qualcosa che andrà  presto quasi come i soldi in tasca.

Non lo crederesti ho quasi chiuso tutti gli usci all'avventura,
non perchè  metterò  la testa a posto, ma per noia o per paura.
Non passo notti disperate, su quel che ho fatto o quel che ho avuto; le cose andate sono andate
ed ho per unico rimorso le occasioni che ho perduto.

Sono ancora aperte come un tempo le osterie di fuori porta
ma la gente che che ci andava a bere fuori o dentro è  tutta morta.
Qualcuno è  andato per formarsi, chi per seguire la ragione, chi perchè  stanco di giocare
bere il vino, sputtanarsi ed è  una morte un po' peggiore.

Canzone di notte


Ore confuse della notte,
La malinconia non è uno stato d'animo.

Le vite altrui si sono rotte 
E sembra non esista più il tuo prossimo.
Ti vesti un poco di silenzio, 
Hai la dolce illusione di esser solo,
Son macchine che passano, od è il vento?
O sono i tuoi pensieri alzati in volo?
I tuoi pensieri un po' ubriachi
Danzando per le strade si allontanano:

Ti son sfuggiti dalla mano,
E il giorno sembra ormai così lontano,
Il giorno sembra ormai così lontano.

Mattino, notte, hai perso il tempo,
La malinconia ti sembra di toccarla
Ma forse è l'ora dell'avvento
E chiami l'ironia per aiutarla.
E forse c'è qualcuno che ora muore,
E forse c'èqualcuno che ora nasce,
Qualcuno compie un crimine d'onore,
Passeggiano sui viali le bagasce.
Bagasce sono i tuoi ricordi
Che fra canzoni e vino ti disturbano
Che ti molestano pian piano
E il giorno sembra ormai così lontano,
Il giorno sembra ormai così lontano.

Mattino, notte, cosa importa?
I giorni sono nuvole distratte.
Suonerà l'ora alla tua porta
E l'orologio è il sangue tuo che batte.
Quando verrà il tempo di partire
L'ora avrà il medesimo colore.
Sembra sempre un poco di morire
Nel momento eroico dell'amore.
Se ridi o piangi è sempre uguale,
Le cose nel ricordo poi si sfumano,
Il sacro si unirà al profano
E il giorno sembra ormai così lontano,
E il giorno sembra ormai così lontano.

Mattino, notte, dentro e fuori,
Sei certo o cerchi la consolazione?
Son bianco e nero, o son colori,
O facce ambigue della tua prigione?
Cerchi sempre ciò che ti è lontano,
Dopo dici: "Tutto è relativo,"
Ma l'ironia e il dolor dicono invano
Che sei certo solo di esser vivo.
Ma c'è ancor tempo per pensare,
Per maledire e per versare il vino,
Per pianger, ridere e giocare,
E il giorno sembra ormai così vicino,
E il giorno sembra ormai così vicino,
E il giorno sembra ormai così vicino,
E il giorno sembra ormai così vicino.

Canzone di notte n. 2


E un'altra volta è notte e suono
Non so nemmeno io per che motivo, forse perché son vivo
E voglio in questo modo dire "Sono"
O forse perché è un modo pure questo
Per non andare a letto
O forse perché ancora c'è da bere
E mi riempio il bicchiere

E l'eco si è smorzato appena
delle risate fatte con gli amici, dei brindisi felici
In cui ciascuno chiude la sua pena
In cui ciascuno non è come adesso da solo con sè stesso
A dir "Dove ho mancato e dove è stato"
A dir "Dove ho sbagliato"

Eppure fa piacere a sera
Andarsene per strade ed osterie, vino e malinconie
E due canzoni fatte alla leggera
In cui gridando celi il desiderio
Che sian presi sul serio
Il fatto che sei triste o che t'annoi
E tutti i dubbi tuoi

Ma i moralisti han chiuso i bar
E le morali han chiuso i vostri cuori
E spento i vostri ardori
È bello,  ritornar normalità
È facile tornare con le tante
Stanche pecore bianche.
Scusate, non mi lego a questa schiera:
Morrò pecora nera.

Saranno cose già sentite
O scritte sopra un metro un po' stantio,
Ma intanto questo è mio
E poi, voi queste cose non le dite
Poi certo per chi non è abituato
Pensare è sconsigliato
Poi è bene essere un poco diffidente
Per chi è un po' differente

Ma adesso avete voi il potere
Adesso avete voi supremazia, diritto e Polizia
Gli dei, i comandamenti ed il dovere
Purtroppo non so come siete in tanti
E molti qui davanti
Ignorano quel tarlo mai sincero
Che chiamano "Pensiero"

Però non siate preoccupati
Noi siamo gente che finisce male: galera od ospedale
Gli anarchici li han sempre bastonati
E il libertario è sempre controllato
Dal clero, dallo stato
Non scampa, fra chi veste da parata
Chi veste una risata

O forse non è qui il problema,
E ognuno vive dentro ai suoi egoismi
Vestiti di sofismi
E ognuno costruisce il suo sistema
Di piccoli rancori irrazionali,
Di cosmi personali
Scordando che poi infine tutti avremo
Due metri di terreno

E un'altra volta è notte e suono
Non so nemmeno io per che motivo
Forse perché son vivo
O forse per sentirmi meno solo
O forse perché è notte e vivo strani
Fantasmi e sogni vani
Che danno quell'ipocondria ben nota
Poi... la bottiglia è vuota

Canzone di notte n. 3


Esistenza, che stai qui di contrabbando,
come un ladro sempre pronta per fuggire,
ogni età chiude in sè i crismi dello sbando
sbaglio è intuire
coi suoi giochi di carambola e rimando
prendere e offrire
ma si  muoia solo un po' di quando in quando
ma sia poco a poco che si va a morire.

Ogni giorno è un altro giorno regalato
ogni notte un buco nero da riempire
ma per quanto non l'ho mai visto colmato
così per dire
resta solo l'urlo solito gridato
tentare agire
ma si pianga solo un po' perché è un peccato,
e si rida poi sul come andrà a finire.

Lo capisco se mi prendi per le mele
ma ci passo sopra gioco e non mi arrendo
ogni giorno riapro i vetri e alzo le vele
se posso prendo.
Quando perdo non sto lì a mandar giù fiele,
e non mi svendo
e poi perdere ogni tanto ci ha il suo miele
e se dicono che vinco stan mentendo, perché
quelle poche volte che busso a bastoni
mi rispondono con spade o con denari
la ragione diamo, e il vincere ai coglioni,
oppure ai bari
resteremo sempre a un punto dai campioni
tredici è pari
ma si perda perché siam tre volte buoni,
e si vinca solo in sogni straordinari.
Ah quei sogni, ah quelle forze del destino
che chi conta spingerebbe a rinnegare
ci hanno detto di non fare più casino
non disturbare
canteremo solo in modo clandestino
senza vociare
poi ghignando ce ne andremo pian pianino
per sederci lungo il fiume ad aspettare...

Quello che mi gira in testa questa notte
son tornato, incerta amica, a riferire,
noi immergenti, noi con fedi ed ossa rotte,
lasciamo dire
ne abbiam visti geni e maghi uscire a frotte
per scomparire
noi, se si muore solo un po' chi se ne fotte
ma sia molto tardi che si va a dormire.

Canzone per Anna



La luce incerta della sera getta
fantasmi ed ombre sulla tua finestra
non pensi, o non vorresti più pensare.

Bambina in fiore con sorrisi ambigui
che lungo i colli si faranno cupi
rincasano veloci per mangiare.
E tu hai già conosciuto questo gioco,
non sai più com'era in quel passato,
non sai se sorridere od urlare.

Non sei più bella come un tempo
quando cercò il tuo corpo quello di un compagno,
dimmi se fu paura o fu piacere.

Ma adesso senti il tempo che ti abbaraccia
come un qualcosa che ti segna in faccia,
che non si vede, ma che sai d'avere.

È  come quel male a cui non si da il nome,
un'ossessione circolare
fra la volontà  ed il non potere.

Brandelli di canzoni frasi e televisioni parlano dalle finestre aperte,
in un telegiornale qualcuno il bene o il male denuncia, auspica, avverte,
frasi del quotidiano ti sfiorano pian piano ed entrano senza toccarti,
si infilano negli angoli della tua casa suoni che non sai.

Un uomo in cannotiera dietro ad una ringhiera innaffia i fiori cittadini,
un grido, un pianto acuto, già spento in un minuto segnalano tragedie di bambini,
odori di frittate, minestre riscaldate combattono lo smog di un diesel,
un fuoristrada assurdo che romba per partire e non va mai.

E tu sei sola, sola, sola, sola,
ti senti sola, sola, sola, sola,
e pensi a un figlio temuto, che ora non hai.

Ma ad un attimo quel tuo pensiero
atomo incerto in mezzo al falso e al vero
per lasciar posto ai giorni che vivrai.

Niente se e forse,
fra l'occasioni avute e perse,
restano solo ore scomparse,
di certo hai solo quello che farai.

La luce incerta della sera fonde
col buio ch'entra presto si confonde
tutto come a chi guarda senza un fuoco.

La luce accende in viso,
si disegna forse un sorriso
che le labbra spiega come se fosse stato tutto un gioco.

Fa niente.
Danno in tv un programma intelligente,
ci vuole un te aromatico e bollente
poichè  il sonno arrivi a poco a poco.

Canzone per Piero



Mio vecchio amico di giorni e pensieri
da quanto tempo che ci conosciamo,
venticinque anni son tanti e diciamo
un po' retorici che sembra ieri.

Invece io so che è diverso e tu sai
quello che il tempo ci ha preso e ci ha dato;
io appena giovane sono invecchiato,
tu forse giovane non sei stato mai.

Ma d'illusioni non ne abbiamo avute,
o forse si, ma nemmeno ricordo,
tutte parole che si son perdute
con la realtà  incontrata ogni giorno.

Chi glielo dice a chi è giovane adesso
di quante volte ci si possa sbagliare,
fino al disgusto di ricominciare
perchè ogni volta è sempre lo stesso.

Eppure il mondo continua e va avanti
con noi o senza e ogni cosa si crea
su ciò che muore e ogni nuova idea
su vecchie idee e ogni gioia su pianti.

Ma più che triste ora è buffo pensare
a tutti i giorni che abbiamo sprecati,
a tutti gli attimi lasciati andare,
ai miti belli delle nostre estati.

Dopo l'inverno e l'angoscia in città 
quei lunghi mesi sdraiati davanti,
liberazione del fiume e dei monti
e linfa aspra della nostra etè.

Quei giorni spesi a parlare di niente
sdraiati al sole inseguendo la vita
come l'avessimo sempre capita,
come qualcosa capito per sempre.

Il mio Leopardi, le mie teologie:
"Esiste Dio ?" Le risate più pazze,
le sbornie assurde le mie fantasie
le mie avventure in città con ragazze.

Poi quell'amore alla fine reale
tra le canzoni di moda e le danze:
"È in gamba sai, legge Edgar Lee Masters ...
Mi ha detto no, non dovrei mai pensare."

Le sigarette con rabbia fumate,
i blue jeans vecchi e le poche lire
sembrava che non dovesse finire
ma ad ogni autunno finiva l'estate.

Poi tutto è andato e diciamo siam vecchi,
ma cosa siamo e che senso ha mai questo
nostro cammino di sogni tra specchi,
tu che lavori quando io vado a letto.

Io dico sempre non voglio capire,
ma è come un vizio sottile e più penso
più mi ritrovo questo vuoto immenso
e per rimedio soltanto il dormire.

E poi ogni giorno mi torno a svegliare
e resto incredulo, non vorrei alzarmi,
ma vivo ancora e son lì ad aspettarmi
le mie domande, il mio niente, il mio male.

Canzone per Silvia



Il cielo dell'America son mille cieli sopra a un continente;
il cielo della Florida è uno straccio che è bagnato di celeste,
ma il cielo là in prigione non è cielo: è un qualche cosa che riveste
il giorno e il giorno dopo e un altro ancora sempre dello stesso niente.
E fuori c'è una strada all'infinito, lunga come la speranza,
e attorno c'è un villaggio sfilacciato, motel, chiese, case, aiuole,
paludi dove un tempo ormai lontano dominava il Seminole,
ma attorno alla prigione c'è un deserto dove spesso il vento danza.
Son tanti gli anni fatti, e tanti in più che sono ancora da passare,
in giorni e giorni e giorni che fan mesi, che fan anni ed anni amari;
a Silvia là in prigione cosa resta? Non le resta che guardare
l'America negli occhi, sorridendo coi suoi limpidi occhi chiari.
Già, l'America è grandiosa ed è potente, tutto e niente, il bene e il male,
città coi grattacieli e con gli slum e nostalgia di un grande ieri,
tecnologia avanzata e all'orizzonte l'orizzonte dei pionieri,
ma a volte l'orizzonte ha solamente una prigione federale.
L'America è una statua che ti accoglie e simboleggia, bianca e pura,
la libertà, e dall'alto fiera abbraccia tutta quanta la Nazione,
per Silvia questa statua simboleggia solamente la prigione
perchè di questa piccola italiana ora l'America ha paura.
Paura del diverso e del contrario, di chi lotta per cambiare,
paura delle idee di gente libera, che soffre, sbaglia e spera.
Nazione di bigotti! Ora vi chiedo di lasciarla ritornare,
perchè non è possibile rinchiudere le idee in una galera.
Il cielo dell'America son mille cieli sopra a un continente
ma il cielo là rinchiusi è solo un dubbio o un'intuizione;
mi chiedo se ci sono idee per cui valga restare là in prigione,
e Silvia non ha ucciso mai nessuno e non ha mai rubato niente.
Mi chiedo cosa pensi alla mattina nel trovarsi il sole accanto,
o come fa a scacciare fra quei muri la sua grande nostalgia,
o quando un acquazzone all'improvviso spezza la monotonia,
mi chiedo cosa faccia adesso Silvia mentre io qui piano la canto.
Mi chiedo ma non riesco a immaginarlo: penso a questa donna forte
che ancora lotta e spera perchè sa che adesso non sarà più sola.
La vedo con la sua maglietta addosso, con su scritte le parole,
che sempre l'ignoranza fa paura, ed il silenzio è uguale a morte.

Canzone per un'amica


Lunga e diritta correva la strada
l'auto veloce correva
la dolce estate era già cominciata
vicino, lui sorrideva,
vicino, lui sorrideva

Forte la mano teneva il volante
forte il motore cantava
non lo sapevi che c'era la morte
quel giorno che ti aspettava,
quel giorno che ti aspettava.

Non lo sapevi che c'era la morte
quando si è giovani è strano
poter pensare che la nostra sorte
venga e ci prenda per mano,
venga e ci prenda per mano.

Non lo sapevi, ma cosa hai pensato
quando la strada è impazzita
quando la macchina è uscita di lato
e sopra un'altra è finita,
e sopra un'altra è finita.

Non lo sapevi ma cosa hai sentito
quando lo schianto ti ha uccisa
quando anche il cielo di sopra è crollato
quando la vita è fuggita,
quando la vita è fuggita.

Dopo il silenzio soltanto è regnato
tra le lamiere contorte
sull'autostrada cercavi la vita
ma ti ha incontrato la morte,
ma ti ha incontrato la morte.

Vorrei sapere a che cosa è servito
vivere, amare, soffrire,
spendere tutti i tuoi giorni passati
se presto hai dovuto partire,
se presto hai dovuto partire.

Voglio però ricordarti com'eri
pensare che ancora vivi
voglio pensare che ancora mi ascolti
e che come allora sorridi,
e che come allora sorridi.

Canzone quasi d'amore


Non stavo più a cercare parole che non trovo
per dirti cose vecchie con il vestito nuovo
per raccontarti il vuoto che, al solito, ho di dentro
e partorire il topo vivendo sui ricordi
giocando con i miei giorni... col tempo

O forse vuoi che dica che ho i capelli più corti
o che per le mie navi son quasi chiusi i porti
io parlo sempre tanto ma non ho ancora fedi
non voglio menar vanto di me o della mia vita
costretta come dita ...dei piedi

Queste cose le sai per te sian tutti uguali
e moriamo ogni giorno dei medesimi mali
per te sian tutti soli ed è nostro destino
tentare goffi voli d'azione o di parola,
volando come vola ...il tacchino

Non posso farci niente e tu puoi fare meno
sono vecchio d'orgoglio mi commuove il tuo seno
e di questa parola io quasi mi vergogno
ma... c'è una vita sola non ne sprechiamo niente
in tributi alla gente o al sogno

Le sere sono uguali ma ogni sera è diversa
e quasi non ti accorgi dell'energia dispersa
a ricercare i visi che ti han dimenticato
vestendo abiti lisi buoni ad ogni evenienza
inseguendo la scienza ...o il peccato

Tutto questo lo sai e sai dove comincia
la grazia o il tedio a morte del vivere in provincia
per te sian tutti uguali siamo cattivi buoni
e abbiam gli stessi mali siamo vigliacchi e fieri
saggi, falsi, sinceri... coglioni

Ma dove te ne andrai? ma dove sei già andata?
ti dono, se vorrai, questa noia già usata
tienila in mia memoria ma non è un capitale,
ti accorgerai da sola, nemmeno dopo tanto,
che la noia, di un altro, non vale

D'altra parte lo vedi scrivo ancora canzoni
e pago la mia casa pago le mie illusioni
fingo d'aver capito che vivere è incontrarsi
aver sonno, appetito, far dei figli, mangiare,
bere, leggere, amare... grattarsi

Cirano



Venite pure avanti, voi con il naso corto,
signori imbellettati, io più non vi sopporto !
Infilerò la penna ben dentro al vostro orgoglio
perché con questa spada
vi uccido quando voglio.

Venite pure avanti poeti sgangherati,
inutili cantanti di giorni sciagurati,
buffoni che campate di versi senza forza
avrete soldi e gloria ma non avete scorza ;
godetevi il successo, godete finché dura
ché il pubblico è ammaestrato
e non vi fa paura
e andate chissà dove per non pagar le tasse
col ghigno e l'ignoranza dei primi della classe.
Io sono solo un povero cadetto di Guascogna
però non la sopporto la gente che non sogna.
Gli orpelli ? L'arrivismo ? All'amo non abbocco
e al fin della licenza io non perdono e tocco.

Facciamola finita, venite tutti avanti
nuovi protagonisti, politici rampanti ;
venite portaborse, ruffiani e mezze calze,
feroci conduttori di trasmissioni false
che avete spesso fatti
del qualunquismo un arte ;
coraggio liberisti, buttate giù le carte
tanto ci sarà sempre chi pagherà le spese
in questo benedetto assurdo bel paese.
Non me ne frega niente
se anch'io sono sbagliato,
spiacere è il mio piacere,
io amo essere odiato ;
coi furbi e i prepotenti
da sempre mi balocco
e al fin della licenza 
io non perdono e tocco.

Ma quando sono solo
con questo naso al piede
che almeno di mezz'ora
da sempre mi precede
si spegne la mia rabbia
e ricordo con dolore
che a me è quasi proibito il sogno di un amore ;
non so quante ne ho amate, non so quante ne ho avute,
per colpa o per destino le donne le ho perdute
e quando sento il peso d'essere sempre solo
mi chiudo in casa e scrivo e scrivendo mi consolo,
ma dentro di me sento che il grande amore esiste,
amo senza peccato, amo ma sono triste
perché Rossana è bella, siamo così diversi ;
a parlarle non riesco, le parlerò coi versi.

Venite gente vuota, facciamola finita :
voi preti che vendete a tutti un'altra vita ;
se c'è come voi dite un Dio nell'infinito
guardatevi nel cuore, l'avete già tradito
e voi materialisti, col vostro chiodo fisso
che Dio è morto e l'uomo è solo in questo abisso,
le verità cercate per terra, da maiali,
tenetevi le ghiande, lasciatemi le ali ;
tornate a casa nani, levatevi davanti,
per la mia rabbia enorme mi servono giganti.
Ai dogmi e ai pregiudizi da sempre non abbocco
e al fin della licenza io non perdono e tocco.

Io tocco i miei nemici col naso e con la spada
ma in questa vita oggi non trovo più la strada,
non voglio rassegnarmi ad essere cattivo
tu sola puoi salvarmi, tu sola e te lo scrivo ;
dev'esserci, lo sento, in terra in cielo o un posto
dove non soffriremo e tutto sarà giusto.
Non ridere, ti prego, di queste mie parole,
io sono solo un'ombra e tu, Rossana, il sole ;
ma tu, lo so, non ridi, dolcissima signora
ed io non mi nascondo sotto la tua dimora
perché ormai lo sento, non ho sofferto invano,
se mi ami come sono, per sempre tuo Cirano. 


Culodritto


Ma come vorrei avere i tuoi occhi,
spalancati sul mondo come carte assorbenti
e le tue risate pulite e piene, quasi senza rimorsi
o pentimenti,
ma come vorrei avere da guardare
ancora tutto come i libri da sfogliare
e avere ancora tutto, o quasi tutto, da provare.

Culodritto, che vai via sicura,
trasformando dal vivo cromosomi corsari,
di longobardi, di celti e romani dell'antica pianura
di montanari,
reginetta dei telecomandi,
di gnosi assolute che asserisci e domandi,
di sospetto e di fede nel mondo curioso dei grandi,
anche se non avrai
le mie risse terrose di campi, cortili e di strade,
e non saprai
che sapore ha il sapore dell'uva rubato a un filare,
presto ti accorgerai
com'è facile farsi un'inutile software di scienza
e vedrai
che confuso problema è adoprare la propria esperienza;
Culodritto, cosa vuoi che ti dica?
Solo che costa sempre fatica
e il vivere è sempre quello, ma è storia antica.

Culodritto, dammi ancora la mano,
anche se quello di stringerla è solo un pretesto
per sentire quella tua fiducia totale che nessuno mi ha dato,
o mi ha mai chiesto;
vola, vola tu, dove io vorrei volare
verso un mondo dove ancora tutto è da fare
e dove è ancora tutto, o quasi tutto, da sbagliare.

Dio è morto


Ho visto la gente della mia età andare via
lungo le strade che non portano mai a niente
cercare il sogno che conduce alla follia
nella ricerca di un qualcosa che non trovano, nel mondo che hanno già

lungo le strade che dal vino son bagnate
dentro alle stanze da pastiglie trasformate
dentro alle nuvole di fumo del mondo fatto di città
essere contro ed ingoiare la nostra stanca civiltà, e un dio che è morto

ai bordi delle strade dio è morto
nelle auto prese a rate dio è morto
nei miti dell'estate dio è morto

Mi han detto che questa mia generazione più non crede
in ciò che spesso è mascherato con la fede
nei miti eterni della patria e dell'eroe
perché è venuto ormai il momento di negare tutto cio che è falsità
e che è di parte e di abitudine e paura
una politica che è solo far carriera
il perbenismo interessato
la dignità fatta di vuoto
l'ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto
e un dio che è morto
nei campi di sterminio dio è morto
coi miti della razza dio è morto
con gli uomini di partito dio è morto.

Ma penso che questa mia generazione è preparata
ad un mondo nuovo e a una speranza appena nata
ad un futuro che ha in mano, ad una rivolta senza armi
e che noi tutti ormai sappiamo che se dio muore è per tre giorni e poi
risorge
in cio che noi crediamo dio è risorto
in cio che noi vogliamo dio è risorto
nel mondo che faremo dio è risorto

Dovevo fare del cinema



Certo, ha ragione il signore
se dice che siamo in un film
dell'ultimo periodo,
dove i banditi pentiti confessano
se non li processano
e così fra le macchie di sangue la vita è la solita
e fa "audience" se in più c'ù la scena
del killer che vomita.
Sa com'ù?
E' bello fare del cinema
anche se, lì da imputato,
c'ù qualcuno che crede di esser nel cinema muto,
ù bello fare del cinema,
ma piuttosto che sparare
siam rimasti nascosti a guardare.
A guardare cos'ù che ci aspetta alla fine del tunnel,
dei riflussi riflessi su certi pacchetti di Camel,
quando tutto ù soltanto un riassunto di modi di dire,
 quattro quarti di noia disposta comunque a finire;
l'inflazione però non finisce e ci rende cattivi,
non c e niente che valga la pena e così siamo vivi.
Ma che cos'ì
che ci fa fare del cinema?
Forse questa depressione
o l'istinto di conservazione.
Noi, si va a fare del cinema,
e quando vivere è un problema
rifacciamo da capo la scena.
Sì devo dire che ha proprio ragione il signore,
c e una crisi tremenda che investe l'intero settore;
è che il pubblico vuole si parli più semplicemente,
così chiari e precisi e banali da non dire niente.
Per capire la storia non serve un discorso più grande:
signorina cultura si spogli e dia qui le mutande.
Sa com'è, Lei,
deve fare del cinema,
mica roba pervertita
ma un soggetto che serva alla vita;
facciamo tutti del cinema
ma piuttosto che parlare
si rimanga nascosti a pensare.
Ma il gestore di un piccolo cine di periferia
mi diceva che è tutta la vita che aspetta un'idea,
un'idea piccolina che verso il finale si evolve
nella madre di tutte le storie, l'idea che risolve;
quel soggetto che senti nell'aria e potrebbe arrivare
proprio quando hai già chiuso il locale e cambiato
mestiere:
sa com'è, e bello fare del cinema,
tanto sa: facciamo tutti del cinema.


Due anni dopo



Visioni e frasi spezzettate
si affacciano di nuovo alla mia mente,
l'inverno o il freddo le han portate,
o son cattivi sogni solamente.
Mattino verrà
e ti porterà
le silouhettes consuete di parvenze;
poi ti sveglierai
e ricercherai
di desideri fragili esistenze.
Lo specchio vede un viso noto
ma hai sempre quella solita paura
che un giorno ti rifletta il vuoto
oppure che svanisca la figura.
E ancora non sai
se è vero che sei
o immagine da specchi raddoppiata;
nei giorni che avrai
però cercherai
l'immagine dai sogni seminata.
L'inverno ha steso le sue mani
e nelle strade sfugge ciò che sento.
Son segni bianchi e neri i rami
che cambiano contorno ogni momento.
E ancora non sai
come potrai
trovare lungo i muri un'esperienza;
sapere vorrai,
ma ti troverai
due anni dopo al punto di partenza.
E senti ancora quelle voci
di mezzi amori e mezze vite accanto;
non sai però se sono vere,
o sono dentro l'anima soltanto;
nei sogni che hai,
sai che canterai
di fiori che galleggiano sull'acqua.
Nei giorni che avrai
ti ritroverai
due anni dopo sempre quella faccia.


Eskimo


Questa domenica in Settembre
non sarebbe pesata così
l'estate finiva più nature
vent'anni fa o giù di lì

Con l'incoscienza dentro al basso ventre
e alcuni audaci, in tasca "l'Unità",
la paghi tutta, e a prezzi d'inflazione,
quella che chiaman la maturità

Ma tu non sei cambiata di molto
anche se adesso è al vento quello che
io per vederlo ci ho impiegato tanto
filosofando pure sui perché

Ma tu non sei cambiata di tanto
e se cos'è un orgasmo ora lo sai
potrai capire i miei vent'anni allora
e quasi cento adesso capirai

Portavo allora un eskimo innocente
dettato solo dalla povertà
non era la rivolta permanente
diciamo che non c'era e tanto fa

Portavo una coscienza immacolata
che tu tendevi a uccidere però
inutilmente ti ci sei provata
con foto di famiglia o paletò

E quanto son cambiato da allora
e l'eskimo che conoscevi tu
lo porta addosso mio fratello ancora
e tu lo porteresti e non puoi più

Bisogna saper scegliere il tempo
non arrivarci per contrarietà
tu giri adesso con le tette al vento
io ci giravo già vent'anni fa

Ricordi fu con te a Santa Lucia
al portico dei Servi per Natale
credevo che Bologna fosse mia
ballammo insieme all'anno o a Carnevale

Lasciammo allora tutti e due un qualcuno
che non ne fece un dramma o non lo so
ma con i miei maglioni ero a disagio
e mi pesava quel tuo paletò

Ma avevo la rivolta fra le dita
dei soldi in tasca niente e tu lo sai
e mi pagavi il cinema stupita
e non ti era toccato farlo mai

Perché mi amavi non l'ho mai capito
così diverso da quei tuoi cliché
perché fra i tanti, bella,
che hai colpito ti sei gettata addosso proprio a me

Infatti i fiori della prima volta
non c'erano già più nel sessantotto
scoppiava finalmente la rivolta
oppure in qualche modo mi ero rotto

Tu li aspettavi ancora ma io già urlavo che
Dio era morto, a monte, ma però
contro il sistema anch'io mi ribellavo
cioè, sognando Dylan e i provos

E Gianni ritornato da Londra
a lungo ci parlò dell'LSD
tenne una quasi conferenza colta
sul suo viaggio di nozze stile freak

E noi non l'avevamo mai fatto
e noi che non l'avremmo fatto mai
quell'erba ci cresceva tutt'attorno
per noi crescevan solo i nostri guai

Forse ci consolava far l'amore
ma precari in quel senso si era già
un buco da un amico, un letto a ore
su cui passava tutta la città

L'amore fatto alla boia d'un Giuda
e al freddo in quella stanza di altri e spoglia
vederti o non vederti tutta nuda
era un fatto di clima e non di voglia

E adesso che potremmo anche farlo
e adesso che problemi non ne ho
che nostalgia per quelli contro un muro
o dentro a un cine o lì dove si può

E adesso che sappiamo quasi tutto
e adesso che problemi non ne hai
che nostalgia, lo rifaremmo in piedi
scordando la moquette stile e l'Hi Fi

Diciamolo per dire, ma davvero
si ride per non piangere perché
se penso a quella ch'eri, a quel che ero,
che compassione che ho per me e per te

Eppure a volte non mi spiacerebbe
essere quelli di quei tempi là
sarà per aver quindic'anni in meno
o avere tutto per possibilità

Perché a vent'anni è tutto ancora intero
perché a vent'anni è tutto chi lo sa
a vent'anni si è stupidi davvero
quante balle si ha in testa a quell'età

Oppure allora si era solo noi
non c'entra o meno questa gioventù
di discussioni, caroselli, eroi
quel ch'è rimasto dimmelo un po' tu

E questa domenica in Settembre
se ne sta lentamente per finire
come le tante via distrattamente
a cercare di fare o di capire

Forse lo stan pensando anche gli amici
gli andati, i rassegnati, i soddisfatti,
giocando a dire che si era più felici
pensando a chi si è perso o no a quei patti

Ed io che ho sempre un eskimo addosso
uguale a quello che ricorderai
io come sempre, faccio quel che posso
domani poi ci penserò se mai

Ed io ti canterò questa canzone
uguale a tante che già ti cantai
ignorala come hai ignorato le altre
e poi saran le ultime oramai

Farewell



E sorridevi, e sapevi sorridere,
coi tuoi vent'anni portati così,
come si porta un maglione sformato su un paio di jeans;
come si sente la voglia di vivere
che scoppia un giorno e non spieghi il perchè:
un pensiero cullato o un amore che è nato e non sai che cos'è.
Giorni lunghi tra ieri e domani, giorni strani,
giorni a chiedersi tutto cos'era, vedersi ogni sera;
ogni sera passare su a prenderti
con quel mio buffo montone orientale,
ogni sera là, a passo di danza, salire le scale
e sentire i tuoi passi che arrivano,
il ticchettare del tuo buonumore,
quando aprivi la porta il sorriso ogni volta mi entrava nel cuore.
Poi giù al bar dove ci si ritrova, nostra alcova,
era tanto potere parlarci, giocare a guardarci,
fra gli amici che ridono e suonano,
attorno ai tavoli pieni di vino,
religione del tirare tardi e aspettare mattino;
e una notte lasciasti portarti via,
solo la nebbia e noi due in sentinella,
la città addormentata non era mai stata così tanto bella.
Era facile vivere allora, ogni ora,
chitarre e lampi di storie fugaci, di amori rapaci,
e ogni notte inventarsi una fantasia,
da bravi figli dell'epoca nuova,
ogni notte sembravi chiamare la vita a una prova.
Ma stupiti e felici scoprimmo che
era nato qualcosa più in fondo,
ci sembrava di avere trovato la chiave segreta del mondo.
Non fu facile volersi bene, restare assieme
o pensare d'avere un domani, restare lontani;
tutti e due a immaginarsi: "Con chi sarà?"
In ogni cosa un pensiero costante,
un ricordo lucente e durissimo, come il diamante,
e a ogni passo lasciare portarci via
da un'emozione non piena, non colta:
rivedersi era come rinascere ancora una volta.
Ma ogni storia ha la stessa illusione, sua conclusione,
e il peccato fu creder speciale una storia normale.
Ora il tempo ci usura e ci stritola
in ogni giorno che passa correndo,
sembra quasi che ironico scruti e ci guardi irridendo.
E davvero non siamo più quegli eroi
pronti assieme ad affrontare ogni impresa;
siamo come due foglie aggrappate ad un ramo in attesa.
Farewell, non pensarci e perdonami
se ti ho portato via un poco d'estate
con qualcosa di fragile come le storie passate.
Forse un tempo poteva commuoverti
ma ora è inutile, credo, perchè
ogni volta che piangi e che ridi non piangi e non ridi con me.

Giorno d'estate



Giorno d'estate, giorno fatto di sole,
vuote di gente sono le strade in città,
appese in aria e contro i muri parole,
ma chi le ha dette per che cosa chissà.
(I manifesti sono visi di carta
che non dicono nulla e che nessuno più guarda,
colori accesi dentro i vicoli scuri,
sembrano un urlo quelle carte sui muri,)
Giorno d'estate, giorno fatto di vuoto,
giorno di luce che non si spegnerà;
sembra di andare in un paese remoto
chissà se in fondo c'è la felicità.
(Un gatto pigro che si stira sul muro,
sola cosa che vive, brilla al sole d'estate;
si alza nell'aria come un suono d'incenso,
si alza nell'aria come un suono d'incenso,
l'odore di tiglio delle strade alberate.)
Giorno d'estate, giorno fatto di niente,
grappoli d'ozio danzan piano con me,
il sole è un sogno d'oro ma evanescente,
guardi un istante e non sai quasi se c'è.
(Dentro i canali l'erba grassa si specchia,
cerchi d'ombra e di fumo sono voci lontane;
nell'acqua il sole con un quieto barbaglio
brucia uno stanco gracidare di rane.)
Giorno d'estate senza un solo pensiero,
giorno in cui credi di non essere vivo,
gioco visivo che non credi sia vero
che può svanire svelto come un sorriso.
(Vola veloce ed irritato un uccello
come un raggio di luce da un cristallo distorto:
vola un moscone e scopre dietro un cancello
la religiosa sonnolenza di un orto.)


Il frate



Lo chiamavano "il frate",
il nome di tutta una vita,
segno di una fede perduta,
di una vocazione finita.
Lo vedevi arrivare
vestito di stracci e stranezza,
mentre la malizia dei bimbi
rideva della sua saggezza.
Dopo un bicchiere di vino,
con frasi un po' ironiche e amare,
parlava in tedesco e in latino,
parlava di Dio e Schopenhauer.
E parlava, parlava,
con me che lo stavo a sentire
mentre la sera d'estate
non voleva morire.
Viveva di tutto e di niente:
di vino che muove i ricordi,
di carità della gente,
di dèi e filosofi sordi.
Chiacchiere d'un ubriaco
con salti di tempo e di spazio,
storie di sbornie e di amori
che non capivano Orazio.
E quelle sere d'estate
sapevan di vino e di scienza,
con me che lo stavo a sentire
con colta benevolenza.
Ma non ho ancora capito
mentre lo stavo a ascoltare
chi fosse a prendere in giro,
chi dei due fosse a imparare.
Ma non ho ancora capito,
fra risa per donne e per Dio,
se fosse lui il disperato
o il disperato son io.
Ma non ho ancora capito
con la mia cultura fasulla
chi avesse capito la vita
chi non capisse ancor nulla.

Il pensionato



Lo sento da oltre il muro che ogni suono fa passare,
l'odore quasi povero di roba da mangiare.
Lo vedo nella luce che anch'io mi ricordo bene
di lampadina fioca, quella da trenta candele,
fra mobili che non hanno mai visto altri splendori,
giornali vecchi ed angoli di polvere e di odori,
fra i suoni usati e strani dei suoi riti quotidiani:
mangiare, sgomberare, poi lavare piatti e mani.
Lo sento quando torno stanco e tardi la mattina
aprire la persiana, tirare la tendina,
e mentre sto fumando ancora un'altra sigaretta
andar piano, in pantofole, verso il giorno che lo aspetta
e poi lo incontro ancora quando viene l'ora mia,
mi dà un piacere assurdo la sua antica cortesia:
"Buon giorno, professore. Come sta la sua signora?
e i gatti, e questo tempo che non si rimette ancora..."
Mi dice cento volte fra la rete dei giardini
di una sua gatta morta, di una lite coi vicini
e mi racconta piano, col suo tono un po' sommesso
di quando lui e Bologna eran più giovani di adesso.
Io ascolto, e i miei pensieri corron dietro alla sua vita,
a tutti i volti visti dalla lampadina antica,
a quell'odore solito di polvere e di muffa,
a tutte le minestre riscaldate sulla stufa,
a quel tic-tac di sveglia che enfatizza ogni secondo,
a come da quel posto si può mai vedere il mondo,
a un'esistenza andata in tanti giorni uguali e duri,
a come anche la storia sia passata fra quei muri.
Io ascolto e non capisco, e tutto intorno mi stupisce
la vita, com'è fatta e come uno la gestisce
e i mille modi e i tempi, poi le possibilità,
le scelte, i cambiamenti, il fato, le necessità
e ancora mi domando se sia stato mai felice,
se un dubbio l'ebbe mai, se solo ora si assopisce,
se un dubbio l'abbia avuto poche volte oppure spesso,
se è stato sufficiente sopravvivere a se stesso.
Ma poi mi accorgo che probabilmente è solo un tarlo
di uno che ha tanto tempo ed anche il lusso di sprecarlo:
non posso o non so dir per niente se peggiore sia
a conti fatti la sua solitudine o la mia.
Diremo forse un giorno: "Ma se stava così bene..."
Avrà il marmo con l'angelo che spezza le catene
coi soldi risparmiati un po' perchè non si sa mai,
un po' per abitudine: son sempre pronti i guai.
Vedremo visi nuovi, voci dai sorrisi spenti:
"Piacere", "È' mio", "Son lieto", "Eravate suoi parenti?"
e a poco a poco andrà via dalla nostra mente piena,
soltanto un'impressione che ricorderemo appena. 

Il tema



Un anno è andato via della mia vita,
già  vedo danzar l'altro che passerà .
Cantare il tempo andato
sarà  il mio tema
perchè  negli anni uguale
sempre e il problema.
E dirò  sempre le stesse cose
viste sotto mille angoli diversi;
cercherò  minuti, ore, giorni mesi,
gli anni i visi che si sono persi
canterò  soltanto il tempo.

Ed ora dove sei
tu che sapevi
ridare ai giorni e ai mesi
un qualche senso.
La giostra dei miei simboli
fluisce uguale
per trarre anche dal male
qualche compenso
E dirò  di pietre consumate, di città  finite,
morte e sensazioni
racconterò  le mie visioni spente di fantasmi
e gente lungo le stagioni
e canterò  soltanto il tempo.

E via, e via, e via
parole vane
che scivolano piane
dalle chitarre.
E se ne vanno e vibrano
non resta niente
un suono che si sente
e poi scompare.
E sono qui sempre le stesse cose
viste sotto mille angoli diversi
cercherò  minuti, ore giorni, mesi
gli anni i visi che si sono persi;
canterò  soltanto il tempo.

Il vecchio e il bambino


Un vecchio e un bambino si preser per mano
E andarono insieme incontro alla sera.
La polvere rossa si alzava lontano
E tutto brillava di luce non vera.
L'immensa pianura sembrava arrivare
Fin dove l'occhio di un uomo poteva guardare,
E tutto d'intorno non c'era nessuno
Solo il tetro contorno di torri di fumo.

I due camminavano, il giorno cadeva
Il vecchio parlava e piano piangeva.
Con l'anima assente, con gli occhi bagnati
Seguiva il ricordo di miti passati.
I vecchi subiscon le ingiurie degli anni
Non sanno distinguere il vero dai sogni,
I vecchi non sanno, nel loro pensiero
Distinguer nei sogni il falso dal vero.

E il vecchio diceva, guardando lontano,
"Immagina questo coperto di grano,
Immagina i frutti, immagina i fiori
E pensa alle voci e pensa ai colori.
E in questa pianura fin dove si perde
Crescevano gli alberi e tutto era verde,
Cadeva la pioggia, segnavano i soli
Il ritmo dell'uomo e delle stagioni."

Il bimbo ristette, lo sguardo era triste,
E gli occhi guardavano cose mai viste,
E poi disse al vecchio con voce sognante
"Mi piaccion le fiabe, raccontane altre."

Incontro


E correndo mi incontrò lungo le scale
quasi nulla mi sembrò cambiato in lei
la tristezza poi ci avvolse come miele
per il tempo scivolato su noi due.
Il sole che calava già
rosseggiava la città
già nostra ed ora straniera
incredibile e fredda;
come un istante "deja vu"
ombra della gioventù
ci circondava la nebbia.

Auto ferme ci guardavano in silenzio
vecchi muri proponevan nuovi eroi
dieci anni da narrare l'uno all'altro
ma le frasi rimanevan dentro in noi
"cosa fai ora, ti ricordi,
eran belli i nostri tempi,
ti ho scritto è un anno,
mi han detto che eri ancor via".
E poi la cena a casa sua,
la mia nuova cortesia,
stoviglie color nostalgia.

E le frasi quasi fossimo due vecchi
rincorrevan solo il tempo dentro in noi
per la prima volta vidi quegli specchi
capii i quadri, i soprammobili ed i suoi.
I nostri miti morti ormai,
la scoperta di Hemingway
il sentirsi nuovi
le cose sognate e poi viste
la mia America e la sua
diventate nella via
la nostra città tanto triste.

Carte e vento volan via nella stazione
freddo e luci accese forse per noi lì
ed infine in breve la sua situazione
uguale quasi a tanti nostri film:
come in un libro scritto male
lui si era ucciso per natale
ma il triste racconto sembrava
assorbito dal buoi
povera amica che narravi
dieci anni in poche frasi
e io i miei in un solo saluto.

E pensavo dondolato dal vagone
"cara amica il tempo prende il tempo dà
noi corriamo sempre in una direzione
ma qual sia e che senso abbia chi lo sa
restano i sogni senza tempo
le impressioni di un momento
le luci nel buio
di case intraviste da un treno
siamo qualcosa che non resta
frasi vuote nella testa
e il cuore di simboli pieno."

La ballata degli annegati


Il fiume racconta leggende
mentre veloce va al mare
le narrano piano le onde
e i pioppi le stanno a ascoltare.

Non tutti le posson sentire
bisogna esser stanchi del mondo
gettarsi nell'acqua e morire
dormire per sempre sul fondo.

Ascolta !
Le sue parole d'amore
nell'acqua ora sono sincere
da quando tu dormi qua sotto hai sognato
che mai, mai lui ti ha lasciato.

Bisogna venirci di sera
con l'animo oppresso dal pianto
per sentire la nenia leggera
di un triste e di un lugubre canto.

Chi sei?
Il mio nome era Gianni
nuotavo a vent'anni appena
ma qui avrò sempre vent'anni.
E tu?
Mi prese una piena su a monte 
non fui mai trovato.
E tu?
Da solo una sera
per me era peso il passato
e l'acqua sembrava leggera.

Riposa dimentica quello che è stato
il tempo laggiù s'è fermato
ormai tu non puoi che dormire e ascoltare
le storie del fiume che va verso il mare.

Il fiume racconta leggende
mentre veloce va al mare
le ascoltano gli annegati
e al vento le fanno cantare.

La collina



Dove finisce la città,
dove il rumore se ne va,
c'è una collina che
nessuno vede mai
perchè una nebbia come un velo la ricopre fino al cielo dall'eternità.
Nessuno mai la troverà:
la strada, forse in altra età,
si è conosciuta ma
l'abbiam scordata ormai:
l'abbiam scordata e si è perduta lungo i giorni della vita dall'eternità.
Forse l'abbiam vista nel passato ma il ricordo se n'è andato dalla mente.
Cercala negli angoli del sogno per portarla lungo il mondo del presente.
Oh, se solamente io potessi rivederla come adesso per un'ora!
So di fiori grandi come soli ma mi sfuggono i colori, ancora.
Ricordo che alla sommità
c'è un uomo che sta sempre là,
per impedire che
qualcuno cada giù,
da quella magica collina, dalla parte che declina e non ritorni più.
Anch'io tra i fiori, tempo fa,
giocavo sulla sommità,
con i compagni miei,
dentro alla segale,
ma il prenditore non mi ha scorto quando son caduto al mondo per l'eternità.

L'albero ed io



Quando il mio ultimo giorno verrà
dopo il mio ultimo sguardo sul mondo,
non voglio pietra su questo mio corpo,
perchè pesante mi sembrerà.
Cercate un albero giovane e forte,
quello sarà il posto mio;
voglio tornare anche dopo la morte
sotto quel cielo che chiaman di Dio.
Ed in inverno nel lungo riposo,
ancora vivo, alla pianta vicino,
come dormendo, starò fiducioso
nel mio risveglio in un qualche rnattino.
E a primavera, fra mille richiami,
ancora vivi saremo di nuovo
e innalzerò le mie dita dirami
verso quel cielo così misterioso.
Ed in estate, se il vento raccoglie
l'invito fatto da ogni gemma fiorita,
sventoleremo bandiere di foglie
e canteremo canzoni di vita.
E così, assieme, vivremo in eterno
qua sulla terra, l'albero e io
sempre svettanti, in estate e in inverno
contro quel cielo che dicon di Dio.

L'atomica cinese


Si è levata dai deserti in Mongolia occidentale 
una nuvola di morte, una nuvola spettrale che va
che va
che va

Sopra i campi della Cina, sopra il tepio e la risaia
oltrepassa il Fiume Giallo, oltrepassa la muraglia e va
e va
e va

Sopra il bufalo che rumina, su una civiltà di secoli
sopra le bandiere rosse, sui ritratti dei profeti, sui ritratti dei signori
sopra le tombe impassibili degli antichi imperatori

Sta coprendo un continente, sta correndo verso il mare
copre il cielo fino al punto dove il cielo può arrivare e va
e va
e va

Sopra il volo delle anatre che precipitano in acqua
sopra i pesci che galleggiano e ricoprono la spiaggia e va
e va
e va

Alzan gli occhi i pescatori verso il cielo così livido
le onde sembra che si fermino, non si sente che il silenzio
e le reti sono piene di cadaveri d'argento

Poi le nuvole si rompono e la pioggia lenta cade
sopra i tetti delle case, sulle pietre delle strade
sopra gli alberi che muoiono, sopra i campi che si seccano
sopra i cuccioli degli uomini, sulle mandrie che la bevono

Sulle spiagge abbandonate una pioggia che è veleno 
e che uccide lentamente, pioggia senza arcobaleno e va
e va
e va

L'avvelenata


Ma se io avessi previsto tutto questo,
dati causa e pretesto, le attuali conclusioni
credete che per questi quattro soldi, 
questa gloria da stronzi, avrei scritto canzoni?

Vabbè lo ammetto che mi son sbagliato
e accetto il Crucifige e cosi sia.
Chiedo tempo, son della razza mia, per quanto grande sia,
il primo che ha studiato.

Mio padre in fondo aveva anche ragione
a dir che la pensione è davvero importante.
Mia madre non aveva poi sbagliato
a dir che un laureato conta più di un cantante.

Giovane ingenuo io ho perso la testa
sian stati i libri o il mio provincialismo
e un cazzo in culo e accuse di arrivismo
dubbi di qualunquismo son quello che mi resta.

Voi critici, voi personaggi austeri
militanti severi chiedo scusa a vossia
però non ho mai detto che a canzoni
si fan rivoluzioni, si possa far poesia.

Io canto quando posso, come posso
quando ne ho voglia senza applausi o fischi
vendere o no non passa fra i miei rischi
non comprate i miei dischi e sputatemi addosso.

Secondo voi ma a me cosa mi frega
di assumermi la bega di star quassù a cantare.
Godo molto di più nell'ubriacarmi
oppure a masturbarmi o, al limite, a scopare.

Se son d'umore nero allora scrivo
frugando dentro alle nostre miserie.
Di solito ho da far cose più serie
costruir su macerie o mantenermi vivo.

Io tutti, io niente, io stronzo, io ubriacone
io poeta, io buffone, io anarchico, io fascista
io ricco, io senza soldi, io radicale, io diverso ed io uguale
negro, ebreo, comunista!

Io frocio, io perché canto so imbarcare
Io falso, io vero, io genio, io cretino
io solo qui alle quattro del mattino
l'angoscia e un po' di vino, voglia di bestemmiare.

Secondo voi ma chi me lo fa fare
di star ad ascoltare chiunque ha un tiramento.
Ovvio il medico dice : "sei depresso",
neppure dentro al cesso possiedo un mio momento.

Ed io che ho sempre detto che era un gioco 
sapere usare o no di un certo metro.
Compagni il gioco si fa teso e tetro
comprate il mio didietro, io lo vendo per poco.

Colleghi cantautori, eletta schiera
che si vende alla sera per un po' di milioni.
Voi che siete capaci fate bene
aver le tasche piene e non solo i coglioni.

Che cosa posso dirvi? Andate e fate.
Tanto ci sarà sempre, lo sapete,
un musico fallito, un pio, un teorete,
un Bertoncelli e un prete a sparar cazzate

Ma se io avessi previsto tutto questo
dati causa e pretesto, forse farei lo stesso.
Mi piace far canzoni e bere vino
mi piace far casino e poi sono nato fesso.

E quindi tiro avanti e non mi svesto
dei panni che son solito portare
ho tante cose ancora da raccontare, per chi vuole ascoltare,
e a culo tutto il resto!

La Genesi

Una canzone molto più seria e più impegnata, oserei dire impegnatissima, una canzone che a me è stata ispirata -- a me succede poche volte -- però questa canzone mi è stata ispirata direttamente dall'alto. Ero lì nel mio candido lettino... e ho sentito una voce che diceva "Francesco", dico "socc.., ma chi è?"... dico "uh?", diceeeeee "svegliati sono il tuo Dio." e allora così, in questo modo sollecitato, ho pensato di fare un'opera musicale colossale e mettere in musica l'Antico Testamento. Per ora sono riuscito a fare soltanto la Genesi ... che è la vera storia della creazione del mondo.

Per capire la nostra storia
Bisogna farsi ad un tempo remoto.
C'era un vecchio con la barba bianca:
Lui, la sua barba, ed il resto era vuoto.

Voi capirete che in tale frangente
Quel vecchio solo lassù si annoiava.
Si aggiunga a questo che inspiegabilmente
Nessuno aveva la tivù inventata.

Beh, poco male, pensò il vecchio un giorno:
A questo affare ci penserò io.
Sembra impossibil ma in roba del genere,
Modestia a parte, ci so far da Dio.

Dixit. Ma poi toccò un filo scoperto,
Prese la scossa, ci fu un gran boato.
Come tivù non valeva un bel niente
Ma l'Universo era stato creato.

Come son bravo che a tempo perso
Ti ho creato l'Universo!
Non mi sembra per niente male.
Sono davvero un tipo geniale!
Zitto, Lucifero, non disturbare,
Non stare sempre qui a criticare!
Beh, sì, lo ammetto, sarà un po' buio,
Ma non dir più che non si vede un tubo!
Che sono parolacce che non sopporto! - disse il vecchio a Lucifero - E poi se c'è una cosa e un'altra che non posso sopportare sono i criticoni: fattelo te l'Universo se sei capace! Che me at dig un quel... disse il vè... era di antica origine modenese da parte di madre il vecchio. Io parlo chiaro: pane al pane, vino al vino, anzi vin santo al vin santo. Sono buono e bravo ma se mi prendono i cinque secoli me at sbat a l'inferen com'è vero Dio!

Ma poi volando sull'acqua stagnante
E sopra i mari di quell'Universo,
Mentre pensava se stesso pensante
In mezzo a quel buio si sentì  un po' perso.

Sbattè le gambe su un mucchio di ghiaia
Dopo una tragica caduta in mare.
Quando andò a sbattere sull'Himalaya
Il colpo gli fece persino un po' male.

Fece crollare anche un gran continente
Soltanto urtandolo un poco col piede.
Si consolò che non c'era ancor gente
E che non gli era venuto poi bene.

Ma quando il buio gli fece impressione
Disse, facendosi in viso un po' truce:
Diavol d'un angelo, avevi ragione.
Si chiami l'Enel, sia fatta la luce!

Commutatori, trasformatori,
Dighe idroelettriche e isolatori,
Turbine, dinamo e transistori
Per mille impianti di riflettori;
Albe ed aurore fin boreali,
Giorni e tramonti fin tropicali.
Fate mò bene che non bado a spese,
Tanto ho lo sconto alla fine del mese.
Te Lucifero non ti devi preoccupare come faccio io ad avere lo sconto alla fine del mese. Ma cosa vuol dire corruzione, una mano lava l'altra come si dice; vuoi che uno nella mia posizione non conosca nessuno, però intanto ragazzi andateci piano perché la bolletta la portano a me. M'avete lasciato accesa la luce al polo per sei mesi, sei mesi, no, sei mesi! Grazie che c'era freddo, i surgelati li debbo pur tenere da qualche parte. Adesso la tenete spenta sei mesi come ... e quei ragazzi lì, come si chiamano quei ragazzini che vanno in giro con quella cosa, aureola si chiama, no no, am pies menga, no no no ragazzi quelle cose li, io vi invento il peccato in superbia e vi frego tutti eh, adesso ve lo dico bisogna guadagnarsele... a parte il fatto che non mi adorate abbastanza, no no no Lucifero, è inutile che tu mi chiedi scusa: adorare significa non dovere mai dire mi dispiace!

Voi, ecco, io vi do ogni dieci atti di adorazione ...vi do un buono, ogni dieci buoni voi mandate la cartolina che il 6 di gennaio ci ho poi tutta un'altra idea in testa ... facciamo Aureolissima che è una festa bella. Piuttosto Lucifero, non sgamare... vieni qua ragazzo, com'è mi hanno detto che hai stampato un libro "Il Libretto Rosso dei Pensieri di..." oh bella roba il libretto rosso dei pensieri di Lucifero. Ragazzi mi piace... ma cosa vuol dire di sinistra, di sinistra... non sono socialdemocratico anch'io? avanti al centro contro gli opposti estremismi! ...eh ma, ...no no no, non ci siamo mica qua, se c'è uno che può pensare anzitutto sono io ... e non tirare in mica ballo mio figlio -- quel capellone -- con tutti i sacrifici che ho fatto, per me lui lì finisce male ah me, me a tal deg ... finisce male. Attento che te e lui, io ho delle soluzioni per voi che non vi piaceranno, per Dio, e non guardarmi male che qui dentro "per Dio" lo dico come e quando mi pare!


Ma fatta la luce ci vide più chiaro:
Là nello spazio girava una palla.
Restò pensoso, e gli parve un po' strano;
Ma scosse il capo: chi non fa non falla.

Rise Lucifero stringendo l'occhio
Quando lui e gli angeli furon da soli.
"Guarda che roba! Si vede che è vecchio:
L'ha fatto tutto schiacciato sui poli!"

Per riempire 'sto bell'ambiente
Voglio metterci tante piante.
Forza, Lucifero, datti da fare:
Ordina semi, concime e trattore.
Voglio un giardino senza uguali,
Voglio riempirlo con degli animali!
Ma cosa fa 'sto cane che ho appena creato?
Boia d'un Giuda! M'ha morsicato!
Piuttosto fallo vedere da un veterinario che non vorrei aver creato anche la rabbia, gia così ...cos'è che non ho creato? Lo sapevo: l'uomo non ho creato! Grazie, mi fate sempre fare tutto a me, mi tocca sempre fare! Qua se non ci sono io che penso a tutto.. va beh nessuno è perfetto, sì lo so che sono l'Essere Perfettissimo Creatore e Signore. Grazie! adesso ti trasformo in serpente così impari, striscia mò lì! viuscia via!

E portarono al vecchio quello che c'era rimasto ... c'era un po' di formaggio e due scatolette di Simmenthal, cioè lui li mise assieme e...


Prese un poco di argilla rossa,
Fece la carne, fece le ossa,
Ci sputò sopra, ci fu un gran tuono,
Ed è in quel modo che è nato l'uomo.
Era un venerdì 13 dell'anno zero del Paradiso.

La locomotiva


Non so che viso avesse, neppure come si chiamava
con che voce parlasse, con quale voce poi cantava
quanti anni avesse visto allora, di che colore i suoi capelli 
ma nella fantasia ho l'immagine sua, 
gli eroi sono tutti giovani e belli
gli eroi sono tutti giovani e belli
gli eroi sono tutti giovani e belli.

Conosco invece l'epoca dei fatti, qual'era il suo mestiere:
i primi anni del secolo, macchinista, ferroviere
I tempi in cui si cominciava la guerra santa dei pezzenti
sembrava il treno anch'esso un mito di progresso, 
lanciato sopra i continenti
lanciato sopra i continenti
lanciato sopra i continenti.

E la locomotiva sembrava fosse un mostro strano 
che l'uomo dominava con il pensiero e con la mano
ruggendo si lasciava indietro distanze che sembravano infinite
sembrava avesse dentro un potere tremendo, 
la stessa forza della dinamite
la stessa forza della dinamite
la stessa forza della dinamite.

Ma un'altra grande forza spiegava allora le sue ali
parole che dicevano: "gli uomini sono tutti uguali"
e contro ai re e ai tiranni scoppiava nella via 
la bomba proletaria, ed illuminava l'aria 
la fiaccola dell'anarchia
la fiaccola dell'anarchia
la fiaccola dell'anarchia.

Un treno tutti i giorni passava per la sua stazione
un treno di lusso, lontana destinazione
vedeva gente riverita, pensava a quei velluti, agli ori
pensava al magro giorno della sua gente attorno, 
pensava un treno pieno di signori
pensava un treno pieno di signori
pensava un treno pieno di signori.

Non so che cosa accadde, perché prese la decisione
forse una rabbia antica, generazioni senza nome
che urlarono vendetta, gli accecarono il cuore
dimenticò pietà, scordò la sua bontà, 
la bomba sua la macchina a vapore
la bomba sua la macchina a vapore
la bomba sua la macchina a vapore.

E sul binario stava la locomotiva
la macchina pulsante sembrava fosse cosa viva
sembrava un giovane puledro che appena liberato il freno 
mordesse la rotaia con muscoli d'acciaio, 
con forza cieca di baleno
con forza cieca di baleno
con forza cieca di baleno.

E un giorno come gli altri, ma forse con più rabbia in corpo
pensò che aveva il modo di riparare a qualche torto
salì sul mostro che dormiva, cercò di mandar via la sua paura
e prima di pensare a quel che stava a fare, 
il mostro divorava la pianura
il mostro divorava la pianura
il mostro divorava la pianura.

Correva l'altro treno ignaro, quasi senza fretta
nessuno immaginava di andare verso la vendetta
ma alla stazione di Bologna arrivò la notizia in un baleno:
notizia di emergenza, agite con urgenza, 
un pazzo si è lanciato contro il treno
un pazzo si è lanciato contro il treno
un pazzo si è lanciato contro il treno.

Ma corre corre corre corre la locomotiva
e sibila il vapore, sembra quasi cosa viva
e sembra dire ai contadini curvi, quel fischio che si spande in aria
fratello non temere che corro al mio dovere
trionfi la giustizia proletaria
trionfi la giustizia proletaria
trionfi la giustizia proletaria.

E corre corre corre corre sempre più forte
e corre corre corre corre verso la morte
e niente ormai può trattenere l'immensa forza distruttrice
aspetta sol lo schianto e poi che giunga il manto 
della grande consolatrice
della grande consolatrice
della grande consolatrice.

La storia ci racconta come finì la corsa
la macchina deviata lungo una linea morta
con l'ultimo suo grido di animale la macchina eruttò lapilli e lava
esplose contro il cielo, poi il fumo sparse il velo
lo raccolsero che ancora respirava
lo raccolsero che ancora respirava
lo raccolsero che ancora respirava.

Ma a noi piace pensarlo ancora dietro al motore
mentre fa correr via la macchina a vapore
e che ci giunga un giorno ancora la notizia
di una locomotiva come una cosa viva, 
lanciata a bomba contro l'ingiustizia
lanciata a bomba contro l'ingiustizia
lanciata a bomba contro l'ingiustizia.

Lager



Un lager. Cos'è un lager?
E una cosa nata in tempi tristi, dove dopo passano i turisti
occhi increduli agli orrori visti (non buttar la pelle del salame!)
Cos'è un lager?
È una cosa come un monumento, e il ricordo assieme agli anni è spento
non ce n'è mai stati, solo in quel momento, l'uomo in fondo è buono, meno il
nazi infame!
Cos'è un lager?
Ma ce n'è, ma c'è chi li ha veduti, o son balle di sopravvissuti?
Illegali i testimoni muti, non si facciano nemmen parlare!
Cos'è un lager?
Sono mille e mille occhiaie vuote, sono mani magre abbarbicate ai fili
son baracche e uffici, orari, timbri, ruote, son routine e risa dietro a dei
fucili
sono la paura l'unica emozione, sono angoscia d'anni dove il niente è tutto
sono una follia ed un'allucinazione che la nostra noia sembra quasi un rutto
sono il lato buio della nostra mente, sono un qualchecosa da dimenticare
sono eternità di risa di demente, sono un manifesto che si può firmare.
E un lager, Cos'è un lager?
Il fenomeno ci fu. È finito! Li commemoriamo, il resto è un mito!
l'hanno confermato ieri al mio partito, chi lo afferma è un qualunquista cane.
Cos'è un lager?
È una cosa sporca, cosa dei padroni, cosa vergognosa di certe nazioni
noi ammazziamo solo per motivi buoni, quando sono buoni? Sta a noi giudicare.
Cos'è un lager?
È una fede certa e salverà la gente, l'utopia che un giorno si farà presente
millenaria idea, gran purga d'occidente, chi si oppone è un giuda e lo dovrai
schiacciare.
Cos'è un lager?
Son recinti e stalli di animali strani, gambe che per anni fan gli stessi passi
esseri diversi, scarsamente umani, cosa fra le cose, l'erba, i mitra i sassi
ironia per quella che chiamiam ragione, sbagli ammessi solo sempre troppo dopo
prima sventolanti giustificazione, una causa santa, un luminoso scopo
sono la consueta prassi del terrore, sempre per qualcosa, sempre per la pace
sono un posto in cui spesso la gente muore, sono un posto in cui, peggio, la
gente nasce.
E un lager. Cos'è un lager?
E una cosa stata, cosa che sarà, può essere in un ghetto, fabbrica, città
contro queste cose o chi non lo vorrà, contro chi va contro o le difenderà
prima per chi perde e poi chi vincerà,
uno ne finisce ed uno sorgerà
sempre per il bene dell'umanità, chi di voi kapò, chi vittima sarà
in un lager.

Le cinque anatre


Cinque anatre volano a sud
molto prima del tempo l'inverno è arrivato
cinque anatre in volo vedrai contro il sole velato
contro il sole velato

Nessun rumore sulla taigà 
solo un lampo un istante ed un morso crudele
quattro anatre in volo vedrai ed una preda cadere
ed una preda cadere

Quattro anatre volano a sud
quanto dista la terra che le nutriva
quanto la terra che le nutrirà e l'inverno già arriva
e l'inverno già arriva

Il giorno sembra non finire mai
bianca fischia ed acceca nel vento la neve
solo tre anatre in volo vedrai e con un volo ormai greve
e con un volo ormai greve

A cosa pensan nessuno lo saprà
nulla pensan l'inverno e la grande pianura 
e a nulla il gelo che il suolo spaccherà con un gridare che dura 
con un gridare che dura

E il branco vola, vola verso sud
nulla esiste più attorno se non sonno e fame
solo due anatre in volo vedrai verso il sud che ora appare
verso il sud che ora appare

Cinque anatre andavano a sud
forse una soltanto vedremo arrivare
ma quel suo volo certo vuole dire che bisognava volare
che bisognava volare
che bisognava volare
che bisognava volare

Le piogge d'aprile


Ma dove sono andate quelle piogge d'aprile
che in mezz'ora lavavano un'anima o una strada
e lucidavano in fretta un pensiero o un cortile
bucando la terra dura e nuova come una spada,
ma dove quelle piogge di primavera
quando dormivi supina, e se ti svegliavo ridevi,
poi piano facevi ridere anche me
con i tuoi giochi lievi.

Ma dove quelle estati senza fine,
senza sapere la parola nostalgia,
solo colore verde di ramarri e bambine
e in bocca lo schioccare secco di epifania,
ma dove quelle stagioni smisurate
quando ogni giorno figurava gli anni a venire
e dove ogni autunno quando finiva l'estate
trovavi la voglia precisa di ripartire.

Che ci farai ora di questi giorni che canti
dei dubbi quasi doverosi che ti sono sorti
dei momenti svuotati, ombre pressanti
di noi rimorti,
che ci potrai fare di quelle energie finite,
di tutte quelle frasi storiche da dopocena;
consumato per sempre il tempo di sole e ferite,
basta vivere appena,
basta vivere appena.

Ed ora viviamo in questa stagione di mezzo,
spaccata e offesa da giorni agonizzanti e disperati,
lungo i quali anche i migliori si danno un prezzo
e ti si seccano attorno i vecchi amori sciagurati,
dove senza più storia giriamo il mondo
ricercando soltanto un momento sincero
col desiderio inconscio di arrivare più in fondo
per essere più vero.

Ma dove sono andate quelle piogge d'aprile?
Io qui le aspetto come uno schiaffo improvviso
come un gesto, un urlo o un umore sottile
fino ad esserne intriso,
io chiedo che cadano ancora sul mio orizzonte
angusto e avaro di queste voglie corsare,
per darmi un'occasione ladra, un infinito, un
ponte, per ricominciare.

Le ragazze della notte



Che cosa cercano le ragazze della notte,
trucco e toilettes che si spanpànano piano
come il ghiaccio va in acqua dentro al tumbler
squagliandosi col caldo della mano,
e frugano con gli occhi per vedere
un viso o un'ombra nell'oscurità
o per trovare qualcuno a cui ripetere
le frasi solite di quell'umanità.
Ma chi aspettano le ragazze della notte
in quei bar zuppi di alcolici e fiati,
di uomini vocianti che strascinano
pacchi di soldi forse male guadagnati,
le vedi appendersi adoranti e innaturali
a quei califfi cui non darei una lira;
chissà se sognano vite più normali
mentre la notte gira gira gira.
E si mettono a cantare un po' stonate
quando qualcuno va a picchiare un piano,
canzoni vecchie, storie disperate,
gli amori in rima di un tempo già lontano
e si immedesimano in quelle parole
scritte per altre tanto tempo fa,
bella senz'anima, quando tramonta il sole
suona un'armonica, ne me quitte pas.
Cosa dicono le ragazze della notte
a quei baristi ruffiani e discreti
che si chinano preteschi sul bancone
per confessare chissà quali segreti
e poi guardano in controluce un bicchiere
e agili danzano versando un liquore;
quanto da dire, e quanto c'è da bere
mentre la notte macina le ore.
Come amo le ragazze della notte
così simili a me, cosi diverse
noi passeggeri di treni paralleli
piccoli eroi delle occasioni perse,
anche se so che non ci incontreremo
ma solamente ci guardiamo passare,
anche se so che mai noi ci ameremo
col rimpianto di non poterci amare.
Finchè anche dai vetri affumicati
spinge la luce ed entra all'improvviso
e autobus gonfi di sonni arretrati
passano ottusi nel mattino intriso
di edicole che espongono i giornali
pieni di fatti che sappiamo già,
di cappucci e brioche e dei normali
rumori che ha al mattino una città.
Ma dove vanno le ragazze della notte
che all'alba fuggono complice un tassi,
stanche di tanto, piene del rimorso
d'avere forse detto troppi si,
ma lo scacciano presto ed entra in loro
solo un filo di spossatezza leggera,
che le accompagnerà lungo il lavoro,
che condurrà diritto fino a sera.
Ma chi sono le ragazze della notte...

Lettera



n giardino il ciliegio è fiorito
agli scoppi del nuovo sole, 
il quartiere si è presto riempito
di neve di pioppi e di parole.
All'una in punto si sente il suono
acciottolante che fanno i piatti,
le TV sono un rombo di tuono 
per l'indifferenza scostante dei gatti ;
come vedi tutto è normale
in questa inutile sarabanda
ma nell'intreccio di vita uguale
soffia il libeccio di una domanda
punge il rovaio di un dubbio eterno
un formicaio di cose andate,
di chi aspetta sempre l'inverno
per desiderare una nuova estate.

Son tornate a sbocciare le strade,
ideali ricami del mondo,
ci girano tronfie la figlia e la madre
nel viso uguali e nel culo tondo,
in testa identiche, senza storia,
sfidando tutto, senza confini,
frantumano un attimo quella boria
grida di rondini e ragazzini ;
come vedi tutto è consueto
in questo ingorgo di vita e morte,
ma mi rattrista, io sono lieto
di questa pista di voglia e sorte
di questa rete troppo smagliata,
di queste mete lì da sognare,
di questa sete mai appagata,
di chi starnazza e non vuol volare.

Appassiscono piano le rose,
spuntano a grappi i frutti del melo,
le nuvole in alto van silenziose
negli strappi cobalto del cielo.

Io sdraiato sull'erba verde
fantastico piano sul mio passato
ma l'età all'improvviso disperde 
quel che credevo e non sono stato ;
come senti tutto va liscio
in questo mondo senza patemi,
in questa vista presa di striscio,
di svolgimento corretto ai temi,
dei miei entusiasmi durati poco,
dei tanti chiasmi filosofanti,
di storie tragiche nate per gioco
troppo vicine o troppo distanti.

Ma il tempo, il tempo chi me lo rende ?
Chi mi dà indietro quelle stagioni
di vetro e sabbia, chi mi riprende
la rabbia e il gesto, donne e canzoni,
gli amici persi, i libri mangiati,
la gioia piana degli appetiti,
l'arsura sana degli assetati,
la fede cieca in poveri miti ?
Come vedi tutto è usuale,
solo che il tempo chiude la borsa
e c'è il sospetto che sia triviale
l'affanno e l'ansimo dopo una corsa,
l'ansia volgare del giorno dopo,
la fine triste della partita,
il lento scorrere senza uno scopo 
di questa cosa che chiami vita.

Libera nos domine


Da morte nera e secca
da morte innaturale
da morte prematura
da morte industriale

Per mano poliziotta
di pazzo generale
diossina o colorante
da incidente stradale

Dalle palle vaganti 
di ogni tipo e ideale
da tutti questi insieme
e da ogni altro male

libera, libera, libera, libera nos domine

Da tutti tutti gli imbecilli
di ogni razza e colore
dai sacri sanfedisti
e da quel loro odore

Dai pazzi giacobini
e dal loro bruciore
da visionari e martiri
dell'odio e del terrore

Da chi ti paradisa
dicendo "è per amore"
dai mannequin che ti urlano 
"o  con noi o traditore"

libera, libera, libera, libera nos domine

Dai poveri di spirito
e dagli intolleranti
da falsi intellettuali
giornalisti ignoranti

Da eroi, navigatori,
profeti, vati, santi
dai sicuri di se
presuntuosi e arroganti

Dal cinismo di molti
dalle voglie di tanti
dall'egoismo sdrucciolo 
che abbiamo tutti quanti

libera, libera, libera, libera nos domine

Da te, dalle tue immagini
e dalla tua paura
dai preti di ogni credo
da ogni loro impostura

Da inferni inferni e paradisi
da una vita futura
da utopie per lenire
questa morte sicure

Da crociati e crociate
da ogni sacra scrittura
da fedeli invasati 
di ogni tipo e natura

libera, libera, libera, libera nos domine
libera, libera, libera, libera nos domine

L'isola non trovata



Ma bella più di tutte è l'isola non trovata,
Quella che il Re di Spagna s'ebbe dal suo cugino
il Re del Portogallo
con firma
sugellata e bolla del pontefice in gotico Latino.

Il Re di Spagna fece vela
cercando l'isola incantata
però quell'isola non c'era
e mai nessuno l'ha trovata.
Svanì di prua dalla galea
come un idea;
come una splendida utopia
è andata via e non tornerà mai più.

Le antiche carte dei corsari
portano un segno misterioso,
ne parlan piano i marinari
con un timor superstizioso.
Nessuno sa se c'è davvero
od è un pensiero;
se a volte il vento ne ha il profumo
È come il fumo che non prendi mai!

Appare a volte avvolta di foschia magica,
e bella, ma se il pilota avanza su
mari misteriosi è già volata via tingendosi
d'azzurro color di lontananza.
Il Re di Spagna fece vela
cercando l'isola incantata.
 

L'orizzonte di K.D.


K.D. si svegliò quel mattino
e guardò le cose accanto a lei
gli occhi ancor velati 
dalle briciole dei sogni
mentre il sonno scompariva accanto a lei
lentamente, 
il sonno scompariva accanto a lei.

K.D. si affacciò alla finestra
vide il mondo solito ad di là
svaniva il suo orizzonte
sulla ruggine del ponte
dove il fiume scompariva 
e la città finiva,
dove il fiume scompariva.

K.D. non seppe mai dire
che sensazione la prese
sentì il suo corpo svanire
le mani e le braccia rapprese.
Pianse qualcuno lontano
che forse non conosceva
ed il suo pianto pian piano
quell'orizzonte scioglieva.

Ma poi sorrise sorpresa
di quella stupida ebbrezza
il suo orizzonte
tornato reale
le dava la solita sua sicurezza,
solita sua sicurezza

Quando anche noi qualche volta
ci sentiam tristi per niente
forse c'è K.D. 
che piange lontano
fantasma che in noi ci accompagna 
per sempre,
che ci accompagna per sempre.

Il matto



Mi dicevano il matto perché prendevo la vita
da giullare, da pazzo, con un'allegria infinita.
D'altra parte è assai meglio, dentro questa tragedia,
ridersi addosso, non piangere, e voltarla in commedia.
Quando mi hanno chiamato per la guerra, dicevo:
"Be', è naia, soldato!" e ridevo, ridevo.
Mi han marchiato e tosato, mi hanno dato un fucile,
rancio immondo, ma io allegro, ridevo da morire.
Facevo scherzi, mattane, naturalmente ai fanti,
agli osti e alle puttane ma non risparmiavo i santi.
E un giorno me l'han giocata, mi han ricambiato il favore
e dal fucile m'han tolto l'intero caricatore.
Mi son trovato il nemico di fronte, e abbiamo sparato,
chiaramente io a vuoto lui invece mi ha centrato.
Perché quegi occhi stupiti? Perché mentre cadevo,
per terra, la morte addosso, io ridevo ridevo?
Ora qui non sto male, ora qui mi consolo,
ma non mi sembra normale ridere sempre da solo. 

Milano (poveri bimbi di)



Quando son nato io
pesavo sei chili
avevo spalle da uomo
e mani grandi come badili.
Quando son nato io
eran davvero tempi cupi
e le mie strade erano piene
di iene e di lupi.
Quando son nato io
la morte stringeva la vite
e la gente del mondo
ingoiava cordite.
Poveri bimbi di Milano
coi vestiti comprati all'Upim
abituati ad un cielo a buchi
che vedete sempre più lontano.
Poveri bimbi di Milano
così fragili così infelici
che urlate rabbia senza radici
con occhi tinti e con niente in mano.
Poveri bimbi di Milano
derubati anche di speranza
che danzate la vostra danza
in quello zoo metropolitano.
Poveri bimbi di Milano
con fazzoletti come giardini
poveri indiani nella riserva
povere giacche blu questurini.
Quando son nato io
c'era la fame nera
e la vita d'ognuno
tirava il lotto ogni sera.
Quando son nato io
le città erano cimiteri
e la primavera sbocciava
sopra ai morti di ieri.
Quando son nato io
alla fine ci fu gran festa
e l'uomo si svegliò dal sonno
aprì gli occhi e rialzò la testa.
Poveri bimbi di Milano
dall'orizzonte sempre coperto
povera sete di libertà
costretta a vivere nel deserto.
Poveri bimbi di Milano
dalle musiche come un motore
col più terribile dei silenzi
la solitudine del rumore.
Poveri bimbi di Milano
figli di padri preoccupanti
con un esistere da nano
e nella mente sogni giganti.
Poveri bimbi di Milano
numerosi come minuti
viaggiatori di mete fisse
spettatori sempre seduti.
Quando son nato io
come capita a tutti
il tempo uguale e incurante
imponeva i suoi frutti.
Quando son nato io
nel rogo di S. Silvestro
si bruciava il passato
e il peccato col resto.
Quando rinasceremo
come il sogno d'un uomo
bruceremo il futuro
in piazza del Duomo.

Mondo nuovo



Corre veloce, ma in che senso
il nostro tempo sconosciuto
e strano; e i nostri occhi spaventati
guardano ciò che ci circonda
e non sanno credere ad un tecnico sortilegio
che pian piano e indifferente ci rapina
e ci trascina verso una realtà 
che non vedremo mai
(fra entità  sconosciute e computers)
che non vedremo mai
(fra le schede cifrate e le città )
che non vedremo mai.
E corre l'uomo confuso
verso ciò  che neanche lui capisce
chi ha programmato la sua vita
non sa chi sia e dove; ma che importa, se solo questo
lo fa già  dubitare del suo equilibrio
e aperta è  già  la strada oscuramente
verso una nuova realtà 
che non capirà  mai
(fra entità  sconosciute e computers)
che non capirà  mai
(fra le schede cifrate e le città)
che non capirà  mai.
E non sapremo perchè  e come
siamo di un'era in transizione
fra una civiltà  quasi finita
ed una nuova inconcepita
e quasi nessuno ormai più  crede
quale mai sarà  la nuova fede
quali mai saran le nuove mete
che spegneranno la nostra eterna sete
di poter essere sè .
Anche se poi
qualcuno soccomberà 
io non so
dire chi fra noi due sarà 
quest'uomo nuovo che
noi non vedremo mai
(fra entità  sconosciute e computers)
noi non vedremo mai
(fra le schede cifrate e le cittò )
noi non vedremo mai.

Noi



Quando i cieli diventano più scuri
e in bocca hai solo rabbia
e piove solo sabbia
sulle strade e sui muri
C'è bisogno di gente molto forte
per fare insieme il viaggio
che inizia non sai dove
e passa cento porte.
Noi che lasciamo tutto
noi per volare in alto
noi per cercare una città
Dove i cieli non sono così scuri
e le strade hanno suoni
e vedi sogni e immagini
nelle strade e sui muri.
Quando i cieli diventano più scuri
e in bocca hai solo rabbia
e piove solo sabbia
sulle strade e sui muri.
C'è bisogno di gente molto forte
per fare insieme il viaggio
che inizia non sai dove
e passa cento porte.
Noi che lasciamo tutto
noi per volare in alto
noi per cercare una città...
che non ha tempo
ma solo prati verdi
e il cielo, vibrazioni
e la pioggia, canzoni
esiste solo...

Noi non ci saremo



Vedremo soltanto una sfera di fuoco
più grande del sole più vasta del mondo
nemmeno un grido risuonerà 
e solo il silenzio
come un sudario si stenderà 
fra il cielo e la terra, per mille secoli almeno
e noi non ci saremo.
Poi per un anno la pioggia cadrà giù dal cielo
e i fiumi solcheranno la terra di nuovo
verso gli oceani scorreranno
e ancora le spiagge
risuoneranno delle onde
e in alto lontano
splenderà l'arcobaleno
ma noi non ci saremo.
E catene di monti coperti di neve
saranno confine a foreste d'abeti
mai mano d'uomo le toccherà 
ancora le spiagge
risuoneranno di gabbiani
e in alto nel cielo
ritornerà il sereno
ma noi non ci saremo.
E il vento d'estate che viene dal mare
intonerà un canto fra mille rovine
fra le macerie delle città 
fra case e palazzi
che lento il tempo sgretolerà 
fra macchine e strade
risorgerà un mondo nuovo
ma noi non ci saremo.
E dai boschi e dal mare ritorna la vita
e ancora la terra sarà popolata
fra notti e giorni il sole farà 
le mille stagioni
e ancora il mondo percorrerà 
le strade di sempre
per mille secoli almeno
ma noi non ci saremo.

Non bisognerebbe



Non bisognerebbe mai ritornare.
Perchè calcare i tuoi vecchi passi,
calciare gli stessi sassi,
su strade che ti han visto già a occhi bassi?
Non troverai quell'ombra che eri tu
e non avrai quell'ora in più
che hai dissipato e che ora cerchi;
si scioglierà impossibile il pensiero
a rimestare il falso e il vero
in improbabili universi.
Eppure come un cane che alza
il muso e annusa l'aria
batti sempre la tua pista solitaria
e faccia dopo faccia e ancora traccia dopo traccia
torni dove niente ti aprirà le braccia.
E rimpiangere, rimpiangere mai.
Come piovigginano le vecchie cose:
perchè fra i libri schiacciare rose
di risa paghe e piene delle spose?
E buttar via un incognita e uno scopo,
trascurare il giorno dopo
come se chiudesse sempre;
studiar la stessa pagina di storia
conosciuta già a memoria,
date e luoghi impressi a mente.
Ma gocciola da sempre sul bagnato,
tesoriere dei tuoi giorni,
di chi ha preso e di chi ha dato.
E ora dopo ora e dopo un attimo ed ancora
la poetica consueta è "dell'allora".
Primo: Non ricordare.
Perchè i ricordi sono falsati,
i metri e i cambi sono mutati
per la spietata legge dei mercati.
E' come equilibrarsi sugli specchi,
ad ogni occhiata un po' più vecchi,
opachi, muti e deformanti.
Frugare dentro ai soliti cassetti
dove non c'è quel che ci metti
e mai le cose più importanti.
E invece come tutti sempre li a portarli addosso,
a ricercare quel sottile straccio rosso
che lega il tempo assente
ed il presente e nella mente
tutto questo poi ci si confonderà.

Nostra Signora dell'ipocrisia


Alla fine della baldoria
c'era nell'aria un silenzio strano,
Qualcuno ragliava con meno boria
e qualcun altro grugniva piano;
alle sfilate degli stilisti
si trasgrediva con meno allegria
ed in quei visi sazi e stravisti
pulsava un ombra di malattia.
Un artigiano di scoop forzati 
scrisse che Weimar già si scorgeva
e fra biscotti sponsorizzati
videro un anchorman che piangeva.
E poi la nebbia discese a banchi
ed il barometro segnò tempesta,
ci risvegliammo più vecchi e stanchi,
amaro in bocca, cerchio alla testa.
Il mercoledì delle Ceneri
ci confesarono bene o male
che la festa era ormai finita
ormai lontano il carnevale
e proclamarono penitenza
e in giro andarono col cilicio
ruttando austeri:"Ci vuol pazienza!
Siempre adelante ma con juicio!"
E fecero voti con faccia scaltra
a Nostra Signora dell'ipocrisia
perché una mano lavasse l'altra,
tutti colpevoli e così sia,
e minacciosi ed un po' pregando
incenso sparsero al loro Dio
sempre accusando, sempre cercando
il responsabile, non certo io.
La domenica di Mezza Quaresima
fu processione di etere di Stato
dai puttanieri a diversi pollici
dai furbi del chi ha dato ha dato
ed echeggiarono tutte le sere,
come rintocchi schioccanti a morto,
amen, mea culpa e miserere
ma neanche un cane che sia risorto
e i cavalieri di tigri a ore
e i trombettieri senza ritegno
inamidarono un nuovo pudore
misero a lucido un nuovo sdegno;
si andò alle prime con casto lusso
e i quiz pagarono buoni milioni
e in pubblico si linciò il riflusso
per farci ridiventare buoni.
Così domenica dopo domenica 
fu una stagione davvero cupa
quel lungo mese della quaresima,
rise la iena, ululò la lupa,
stelle comete ed altri prodigi
facilitarono le conversioni,
mulini bianchi tornaron grigi
candidi agnelli certi ex-leoni.
Soltanto i pochi che si incazzarono
dissero che era l'usato passo 
fatto dai soliti che ci marciavano
per poi rimetterlo sempre là, in basso.
Poi tutto tacque, vinse ragione,
si placò il cielo, si posò il mare,
solo qualcuno in resurrezione,
piano, in silenzio, tornò a pensare.

Parole



Parole, son parole, e quante ormai ne ho adoperate
e quante ancora lette e poi sentite,
a raffica, trasmesse, a mano tesa, sussurrate,
sputate, a tanti giri, riverite,
adatte alla mattina, messe in abito da sera,
all'osteria citabili o a Cortina, o a Marghera.
Con gioia di parole ci riempiamo le mascelle
e in aria le facciamo rimbalzare
e se le cento usate sono in fondo sempre quelle
non è importante poi comunicare,
è come l'uomo solo che fischietta dal terrore 
e vuole ne silenzio udire un suono, far rumore.
Mio caro amore
si è un po' come commessi viaggiatori
con campionari di parole e umori
a ritmi di trecento e più al minuto;
amore muto
beati i letterari marinai
così sul taciturno e cerca guai
così inventati e pieni di coraggio.
Io non son quei marinai, parole in rima 
ne ho già dette
(e tante, strano, ma ne faccio dire)
nostalgiche, incazzate, quanto basta maledette,
ironiche quel tanto per servire
a grattarsi un po' la rogna, soffocati dal collare
adatto per i cani o per la gogna del giullare.
Poi andare sopra un palco per compenso o
l'emozione:
chi non ha mai sognato di provare ?
Sia chi ha capito tutto e tutto sa per professione
ed ha un orgasmo a scrivere o a fischiare,
sia quelli che ti adorano fedeli e senza intoppi,
coi santi non si scherza, abbasso il Milan, viva Coppi!
Amore sappi,
beato chi ha le musiche importanti,
le orchestre, luci e viole sviolinanti,
non queste mie di fil di ferro e spago;
amore vago,
mi tocca coi miei due giri costanti
far il make-up a metonìmie erranti:
che gaffe proprio all'età della ragione.
E sì son tanti gli anni, ma se guardo ancora pochi
Voltaire non ci ha insegnato ancora niente,
è questo quel periodo in cui i ruggiti si fan fiochi
oppure si ruggisce veramente
ed io del topo sovrastrutturale me ne frego;
chi sia Voltaire mi dite? va be', dopo ve lo spiego.
E se pensate questi i vaniloqui di un anziano
lo ammetto, ma mettiamoci d'accordo
conosco gente pia, gente che sa guardar lontano
e alla maturità dicon sia sordo
perchè i rincoglioniti d'ogni parte odian parechio
la libertà e la chiamano "vagiti",
o "ostie" d'un vecchio.
Amore a specchio,
è tanto bello urlare dagli schermi,
gettare a terra falsi pachidermi
coprendo ad urla il vuoto ed il timore.
Qui sul mio onore,
smetterei di giocar con le parole
ma è un vizio antico e poi quando ci vuole
per la battuta mi farei spellare.
Eee, le chiacchere son tante e se ne fan
continuamente,
è tanto bello dar fiato alle trombe
o il vino o robe esotiche rimbomban nella mente
esplodono parole come bombe,
pillacchere di fango, poesie dette sulla sedia,
ghirlande di semantica e gran tango dei mass-media.
Dibattito, dal vivo, miti spot, ex-cineforum
talk-show, magazine, trend, poi T.V. e radio
telegiornale, spazi, nuovo, gadget, pista, quorum
dietrismo, le tangenti, rock e stadio,
deviati, bombe, agenti, buco e forza del destino,
scazzato, paranoia e gran minestra dello spino.
Amore fino,
lo so che in questo modo cerco guai
ma non sopporto questi parolai
non dire più che ci son dentro anch'io,
amore mio
se il gioco è essere furbo e intelligente
ti voglio presentare della gente
e certamente presto capirai.
Ci sono, sai, nascosti dietro a pieghe di risate
che tiran giù i palazzi dei coglioni,
più sobri e più discreti e che fan meno puttanate
di me che scrivo in rima le canzoni,
i clown senza illusioni, fucilati ad ogni muro,
se stan così le cose dei buffoni sia il futuro.
Son quelli che distinguono parole da parole
e sanno sceglier fra Mercuzio e Mina,
che fanno i giocolieri fra la verità e le mode,
i Franti che sghignazzano a dottrina,
che irridono ai proverbi e berceran disincantati:
"Fra Mina e fra Mercuzio son parole, e non son frati".

Per fare un uomo



E cade la pioggia
e cambia ogni cosa
la morte e la vita
non cambiano mai
non cambiano mai
l'inverno è tornato
l'estate è finita
la morte e la vita
rimangono uguali.

Per fare un uomo
ci voglion vent'anni
per fare un bimbo
un'ora d'amore
per una vita
migliaia di ore
per il dolore
è abbastanza un minuto.

E verrà il tempo
di dire parole
quando la vita
una vita darà
e verrà il tempo
di fare l'amore
quando l'inverno
più a nord se ne andrà.

Poi andremo via
come fanno gli uccelli
che dove vanno
nessuno lo sa
ma verrà un tempo
e quel cielo vedremo
quando l'inverno
dal nord tornerà.

E cade la pioggia
e cambia ogni cosa
la morte e la vita
non cambiano mai
l'estate è passata
l'inverno è alle porte
la vita e la morte
rimangono uguali.

Per quando è tardi



Quando è tardi
e per le strade scivolano sguardi
di gente che ha solo fretta di tornare
e i cinema si chiudono e i caffè si vuotano,
per le strade,
assieme al freddo e ai tristi canti opachi
sono rimasti gli ultimi ubriachi,
un ciondolare stanco,
verso il nuovo bianco giorno che verrà.
Si discute
delle rivoluzioni mai vissute
e degli amori fatti di bevute
e di carriere morte nel bicchiere;
nelle sere
a gambe aperte e con il mondo in mano,
cantando mentre pisciano lontano
come se fosse in faccia all'universo.
E li vedi,
girare lenti, strascicando i piedi,
parlare forte a tutti od a nessuno
o piangere aggrappati ai muri, stanchi e addormentati.
L'ora vola,
e il vino amico o li ammazza o li consola
e il vino li fa vivere o morire
e la tristezza solita o li uccide o se ne va.
E li vedi,
girare lenti strascicando i piedi,
figure strane, sogni a cui non credi,
stagliarsi contro il cielo che si imbianca;
nella stanca
mattina, che si riempie giè di vita,
piangendo un'altra notte che è finita,
attendere, non sai dove, quando il buio tornerà.
 

Piccola storia ignobile


Ma che piccola storia ignobile che mi tocca raccontare
così solita e banale come tante
che non merita nemmeno due colonne su un giornale
o una musica, o parole un po' rimate
che non merita nemmeno l'attenzione della gente
quante cose più importanti hanno da fare
se tu te la sei voluta a loro non importa niente
te l'avevan detto che finivi male.

Ma se tuo padre sapesse qual è stata la tua colpa
rimarrebbe sopraffatto dal dolore
uno che poteva dire: "Guardo tutti a testa alta"
immaginasse appena il disonore
lui, che quando tu sei nata mise via quella bottiglia
per aprirla il giorno del tuo matrimonio
ti sognava laureata, era fiero di sua figlia
se solo immaginasse la vergogna
se solo immaginasse la vergogna
se solo immaginasse la vergogna.

E pensare a quel che ha fatto per la tua educazione
buone scuole, e poca e giusta compagnia
allevata nei valori di famiglia e religione
di ubbidienza, castità, e di cortesia
dimmi allora quel che hai fatto chi te l'ha mai messo in testa
o dimmi dove e quando l'hai imparato
che non hai mai visto in casa una cosa men che onesta
e di certe cose non si è mai parlato
e di certe cose non si è mai parlato
e di certe cose non si è mai parlato.

E tua madre, che da madre qualche cosa l'ha intuita
e sa leggere da madre ogni tuo sguardo
devi chiederle perdono, dire che ti sei pentita
che hai capito, che disprezzi quel tuo sbaglio
però come farai a dirle che nessuno ti ha costretta
o dirle che provavi anche piacere
questo non potrà capirlo, perché lei, da donna onesta
l'ha fatto quasi sempre per dovere
l'ha fatto quasi sempre per dovere
l'ha fatto quasi sempre per dovere.

E di lui non dire male, sei anche stata fortunata
in questi casi, sai, lo fanno in molti
sì, lo so, quando lo hai detto, come si usa ti ha lasciata
ma ti ha trovato l'indirizzo e i soldi
poi ha ragione, non potevi dimostrare che era suo
e poi non sei neanche minorenne
ed allora questo sbaglio è stato proprio tutto tuo
noi non siamo perseguibili per legge
noi non siamo perseguibili per legge
noi non siamo perseguibili per legge.

E così ti sei trovata come a un tavolo di marmo
desiderando quasi di morire
presa come un animale macellato stavi urlando
ma quasi l'urlo non sapeva uscire
e così ti sei trovata fra paure e fra rimorsi
davvero sola fra le mani altrui
e pensavi nel sentire nella carne tua quei morsi
di tuo padre, di tua madre e anche di lui
di tuo padre, di tua madre e anche di lui
di tuo padre, di tua madre e anche di lui.

Ma che piccola storia ignobile sei venuta a raccontarmi
non vedo proprio cosa posso fare
dirti qualche frase usata per provare a consolarti
o dirti: "è fatta ormai, non ci pensare"
è una cosa che non serve a una canzone di successo
non vale due colonne sul giornale
se tu te la sei voluta cosa vuoi mai farci adesso
e i politici han ben altro a cui pensare
e i politici han ben altro a cui pensare
e i politici han ben altro a cui pensare.

Primavera di Praga


Di antichi fasti la piazza vestita
grigia guardava la nuova sua vita
come ogni giorno la notte arrivava
frasi consuete sui muri di Praga

Ma poi la piazza fermò la sua vita
e breve ebbe un grido la folla smarrita
quando la fiamma violenta ed atroce
spezzò gridando ogni suono di voce

Son come falchi quei carri appostati
e corron parole sui visi arrossati
corre il dolore bruciando ogni strada
e lancia grida ogni muro di Praga

Quando la piazza fermò la sua vita 
sudava sangue la folla ferita
quando la fiamma col suo fumo nero
lasciò la terra e si alzò verso il cielo

Quando ciascuno ebbe tinta la mano
quando quel fumo si sparse lontano
Janus ancora sul rogo bruciavo
all'orizzonte del cielo di Praga

Dimmi, chi sono quegli uomini lenti
coi pugni stretti e con l'odio fra denti
Dimmi, chi sono quegli uomini stanchi 
di chinare la testa e di andare avanti

Dimmi chi era che il corpo portava
la città intera che lo accompagnava
la città intera che muta lanciava
una speranza nel cielo di Praga

Dimmi chi era che il corpo portava
la città intera che lo accompagnava
la città intera che muta lanciava
una speranza nel cielo di Praga
una speranza nel cielo di Praga
una speranza nel cielo di Praga

Quattro stracci



E guardo fuori dalla finestra e vedo quel muro solito che tu sai,
sigaretta o penna nella mia destra, simboli frivoli che non hai amato mai;
quello che ho addosso non ti è mai piaciuto, racconto e dico e ti sembro muto,
fumare e scrivere ti suona strano, meglio le mani di un artigiano
e cancellarmi è tutto quel che fai; ma io sono fiero del mio sognare,
di questo eterno mio incespicare e rido in faccia a quel che cerchi e che mai avrai.

Non sai che ci vuole scienza, ci vuol costanza, ad invecchiare senza maturità;
ma maturo o meno io ne ho abbastanza della complessa tua semplicità;
ma poi chi ha detto che tu abbia ragione, coi tuoi "also sprach" di maturazione
o è un'illusione pronta per l'uso, da eterna vittima di un sopruso,
abuso d'un mondo chiuso e fatalità; ognuno vada dove vuole andare,
ognuno invecchi come gli pare, ma non raccontare a me solo cos'è la libertà.

La libertà delle tue pozioni, di yoga, di erbe, psiche e di omeopatia,
di manuali contro le frustrazioni, le inibizioni che provavi qua a casa mia,
la noia data da uno non pratico, che non ha il polso di un matematico,
che coi motori non ci sa fare e che non sa neanche guidare,
un tipo perso dietro le nuvole e la poesia; ma ora scommetto che vorrai provare
quel che con me non volevi fare: fare l'amore, tirare tardi, o la fantasia.

La fantasia può portare male se non si conosce bene come domarla,
ma costa poco, val quel che vale, e nessuno ti può più impedire di adoperarla;
io se dio vuole non son tuo padre, non ho nemmeno le palle quadre,
tu hai la fantasia delle idee contorte, vai con la mente e le gambe corte
poi avrai sempre il momento giusto per sistemarla;
le vie del mondo ti sono aperte, tanto hai le spalle sempre coperte
ed avrai sempre le scuse buone per rifiutarla.

Per rifiutare sei stata un genio, sprecando il tempo a rifiutare me,
ma non c'è un alibi, non c'è rimedio, se guardo bene no, non c'è un perché;
nata di marzo, nata balzana, casta che sogna di esser puttana,
quando sei dentro vuoi esser fuori cercando sempre i passati amori
ed hai annullato tutti fuori che te, ma io qui ti inchiodo a quei tuoi pensieri,
quei quattro stracci in cui hai gettato l'ieri, persa a cercare per sempre quello che non c'è. 

Radici




La casa sul confine della sera
oscura e silenziosa se ne sta
respiri un'aria limpida e leggera
e senti voci forse di altra eta

La casa sul confine dei ricordi,
la stessa sempre, come tu la sai
e tu ricerchi là le tue radici
se vuoi capire l'anima che hai.

Quanti tempi e quante vite sono scivolate via da te,
come il fiume che ti passa attorno;
tu che hai visto nascere e morire gli antenati miei,
lentamente, giorno dopo giorno;
ed io l'ultimo ti chiedo se conosci in me
qualche segno, qualche traccia di ogni vita,
o se solamente io ricerco in te
risposta ad ogni cosa non capita.

Ma è inutile cercare le parole,
la pietra antica non emette suono,
o parla come il mondo e come il sole,
parole troppo grandi per un uomo.

E te li senti dentro quei legami
i riti antichi e i miti del passato
e te li senti dentro come mani
ma non comprendi più il significato.

Ma che senso esiste in ciò che è nato dentro ai muri tuoi
tutto è morto e nessuno ha mai saputo
o solamente non ha senso chiedersi
io più mi chiedo e meno ho conosciuto.

Ed io l'ultimo ti chiedo se così sarà
per un altro dopo che vorrà capire
e se l'altro dopo qui troverà
il solito silenzio senza fine.
La casa è come un punto di memoria
le tue radici danno la saggezza
e proprio questa è forse la risposta
e provi un grande senso di dolcezza.


Samantha


Samantha scende le scale 
di un policentro attrezzato comunale,
30 anni e poi l'appartamento sarà suo, o meglio,
dei suoi genitori che ogni mese devono strappare il mutuo 
da uno stipendio da fame
ma Milano è tanto grande da impazzire
e il sole incerto becca di sguincio, in questa domenica d'aprile,
ogni pietra, ogni portone ed ogni altro ammennicolo
urbanistico
ma Samantha saltella,
non sa d'avere lunghe gambe da cervo
e il seno, come si dice, in fiore, teso, sopra a un corpo
ancora acerbo
e Samantha, Samantha ancora
non sa d'avere un destino da modella
e corre allegra lungo i graffiti osceni delle scale
quasi donna, quasi bella. E fuori:
Milano muore di malinconia,
di sole che tramonta là in periferia,
di auto del ritorno, famiglie, freni e gas di scarico.
Lontano il centro è quasi un altro mondo,
San Siro un urlo che non cogli a fondo,
ti taglia un senso vago di infinito panico.
Spunta un gasometro dietro a muri neri,
oziosi vagolano i tuoi pensieri
e in aria il cielo è un qualchecosa viola carico.
Andrea è giù nel cortile,
jeans regolari e faccia da vinile,
giacca a vento come dio comanda e legata al polso
la bandana, un piede contro al muro e lì l'aspetta perchè 
vuol parlare,
niente, forse d'amore ma non sa che dire,
con le parole quasi lombarde che non sanno uscire
e si accende rabbioso una Marlboro di alibi
e si guardano di sbieco,
appena un cenno istintivo di saluto
ma a Samantha batte il cuore da morire
mentre Andrea rimane muto;
e lei ritornera con le M.S.
per suo padre steso davanti a qualche canale
e lui mediterà al bar dietro a una birra 
che la vita può far male.
E Milano sembra che stia li a abbracciarsi
quei due che non sapranno più parlarsi,
solo sfiorarsi in un momento vago e via.
Samantha presto cambierà quartiere
per un destino che non sa vedere, 
Andrea diventerà padrone di una pizzeria.
Ed io, burattinaio di parole,
perchè mi perdo dietro a un primo sole,
perchè mi prende questa assurda nostalgia ?

Scirocco




Ricordi? Le strade erano piene di quel lucido scirocco
che trasforma una realtà abusata e la rende irreale,
sembravano alzarsi le torri in un largo gesto barocco 
e in via dei Giudei volavano velieri, come in un porto canale.
Tu, dietro al vetro di un bar impersonale, seduta a un tavolo da poeta francese,
con la tua solita faccia aperta ai dubbi
e un po' di rosso routine dentro al bicchiere;
pensai d'entrare per stare insieme a bere
e a chiaccherare di nubi.
Ma lei arrivò affrettata, danzando nella rosa 
di un abito di percalle che le fasciava i fianchi,
e cominciò  a parlare, ed ordinò  qualcosa,
mentre nel cielo rinnovato correvano le nubi a branchi
e le lacrime si unirono al latte di quel tè 
e le mani disegnavano sogni e certezze,
ma io sapevo come ti sentivi schiacciato
tra lei e quell'altra che non sapevi lasciare,
tra i tuoi due figli e l'una e l'altra morale;
come sembravi inchiodato.
Lei si alzò , con un gesto finale,
poi andò  via, senza voltarsi indietro,
mentre quel vento la riempiva 
di ricordi impossibili, di confusioni e immagini.
Lui restò , come chi non sa proprio cosa fare,
cercando ancora chissà  quale soluzione,
ma è  meglio poi, un giorno solo da ricordare
che ricadere in una nuova realtà  sempre identica.
Ora non so davvero dove lei sia finita,
se ha partorito un figlio o come inventa le sere;
lui abita da solo e divide la vita
tra il lavoro, versi inutili e la routine di un bicchiere.
Soffiasse davvero quel vento di scirocco
e arrivasse ogni giorno per spingere a guardare
dietro la faccia abusata delle cose,
nei labirinti oscuri delle case,
dentro lo specchio segreto di ogni viso
.... dentro di noi. 

Shomer ma mi-llailah



La notte è quieta senza rumore
c'è solo il suono che fa il silenzio
e l'aria calda porta si apre di stelle e assenzio
Le dita sfiorano le pietre calme calde di un sole memoria o mito
il buio ha preso con sè le palme
sembra che il giorno non sia esistito
lo, la vedetta, l'illuminato guardiano eterno di non so cosa
cerco, innocente o perchè ho peccato la luna ombrosa
E aspetto immobile che si spanda l'onda di tuono che seguirà 
al lampo secco di una domanda la voce d'uomo
che chiederà 

Shomèr ma mi-llailah
Shomèr ma mi-lell
Shomèr ma mi-lell
Ma mi-llailah

Sono da secoli, o da un momento
in un vuoto in cui tutto tace
non so più dire da quanto sento angoscia o pace
Coi sensi tesi fuori dal tempo, fuori dal mondo sto ad aspettare
che in un sussurro di voci o vento qualcuno venga per domandare
E li avverto, radi come le dita, ma sento voci, sento un brusio
e sento d'essere l'infinita eco di Dio
E dopo innumeri come sabbia, ansiosa e anonima oscurità 
ma voce sola di fede o rabbia, notturno grido che chiederè

Shomèr ma mi-llailah
Shomèr ma mi-lell
Shomèr ma mi-lell
Ma mi-llailah

"La notte, udite, sta per finire ma il giorno ancora non è arrivato
sembra che il tempo nel suo fluilre resti inchiodato...
Ma io veglio sempre, perciò insistete, voi lo potete
ridomandate, tornate ancora se volete, non vi stancate"
Cadranno i secoli, gli dei e le dee, cadranno torri cadranno regni
e resteranno di uomini e di idee, polvere e segni
Ma ora capisco il mio non capire, che una risposta non ci sarà 
che la risposta per l'avvenire è in una voce che chiederà 

Shomèr ma mi-llailah...


Signora Bovary


Ma che cosa c'è in fondo a quest'oggi
di mezza festa e di quasi male,
di coppie che passano sfilacciate
come garze stese contro il secco cielo autunnale,
di gente che si frantuma in un fiato
senza soffrire, senza capire
tra addormentarsi e morire.

Ma che cosa c'è in fondo a questa notte,
quando l'ora del lupo guaisce
e il nuovo giorno non arriva mai
e il buio è un fischio lontano che non finisce;
di minuti lunghi come il sudore
di ore che tagliano come falci
e i tuoi pensieri solo un cane in chiesa
che tutti prendono a calci.

Ma cosa c'è, cosa c'è...
atrii a piastrelle di stazioni secondarie,
strade più strade di avventure solitarie,
clown della notte,
valigie vuote,
piene di trucchi per tragedie immaginarie...
telecomandi per i quotidiani inferni,
battute argute di architetti postmoderni,
amanti andate,
piaceri a rate,
pallottolieri per contare estati e inverni.

Ma cosa c'è proprio in fondo in fondo,
quando bene o male faremo due conti,
e i giorni goccioleranno come i rubinetti nel buio
e diremo "...un momento... aspetti..." per non essere mai pronti;
signora Bovary, coraggio pure,
tra gli assassini e gli avventurieri...
in fondo a quest'oggi c'è ancora la notte,
in fondo alla notte c'è ancora, c'è ancora...

Statale 17



Statale 17, il sole cade a picco
tre giorni sulla strada, nessuno che mi carichi nessuno che si fermi
mentre tu così Lontana sei mentre qui
l'asfalto che si scioglie brucia i tacchi alle mie scarpe
sono a terra senza un soldo
chissà mai se arriverò da te.

Statale 17 com'è lunga da far tutta
romba svelto l'autotreno questo cielo ancor sereno sembra esplodere d'estate
mentre tu chissà se pensi a me
mentre qui
mi sento solo al mondo senza un cane che mi cerchi son sudato e sono sporco
chissà mai se arriverò da te.

Statale 17 sembri esplodere di sole
Statale 17 alzo il dito inutilmente
Statale 17 lungo nastro di catrame
la gente bene dorme sei deserta all'orizzonte a quest'ora non c'è un cane
che mi voglia prender su.

Statale 17 sei triste nella sera
non alzo più la mano cammino piano piano
sulla strada ormai deserta mentre tu
chissà se aspetti ancora
mentre qui la strada che si perde sembra un letto di cemento sono mortalmente stanco
chissà mai se arriverò da te.

Stelle



Ma guarda quante stelle questa sera
fino alla linea curva d'orizzonte,
ellissi cieca e sorda del mistero là dietro al monte ;
si fingono animali favolosi,
pescatori che lanciano le reti,
re barbari o cavalli corridori lungo i pianeti
e sembrano invitarci da lontano
per svelarci il mistero delle cose
o spiegarci che sempre camminiamo fra morte e rose
o confonderci tutto e ricordarci
che siamo poco, che non siamo niente
e che è solo un pulsare illimitato ma indifferente.

Ma guarda quante stelle su nel cielo
sparse in incalcolabile cammino ;
tu credi che disegnino la traccia del destino ?
e che la nostra vita resti appesa
a un nastro tenue di costellazioni
per stringerci in un laccio e regalarci sogni e visioni,
tutto sia scritto in chiavi misteriose,
effemeridi che guidano ogni azione,
lasciandosi soltanto il vano filtro dell'illusione
e che l'ambiguo segno dei Gemelli
governi il corso della mia stagione
scontrandosi e incontrandosi nel cielo dello Scorpione ?

Ma guarda quante stelle sterminate :
che senso avranno mai ? Che senso abbiamo ?
Sembrano dirci in questa fine estate : siamo e non siamo
e che corriamo come il Sagittario
tirando frecce a simboli bastardi,
antiche bestie, errore visionario, segni bugiardi.
C'erano ancora prima del respiro,
ci saranno alla nostra dipartita,
forse fanno ballare appesa a un filo la nostra vita
e in tutto quel chiarore sterminato,
dove ogni lontananza si disperde,
guardando quel silenzio smisurato l'uomo si perde.

Talkin' sul sesso



Se c'è una cosa di moda adesso, fatto sicuro è proprio il sesso anche Alighieri col sesso prendo, e la "Divina Commedia" a dispense vendo: "la carne in fiamme" "peccatori e peccatrici" "sensazioni paradisiache".
Comunque alla scuola media statale hanno iniziato un piano di educazione sessuale sembra impossibile, eppure è vero, ed è voluto dal ministero. Non ci credete? Andate e vedete, hanno già stanziato due miliardi per comprare i cavoli. Ma questo fatto dell'educazione sessuale non è ben visto dalla nazione; morte alla pillola atea e nociva! Per l'aspirina si gridi evviva. [Che poi fa lo stesso effetto, Non bisogna prenderla prima o dopo; bisogna prenderla invece! E passano anche quei noiosi mal di testa].
Italia per bene, ti sveglia, ti desta, intendi l'orecchio, solleva la testa! I giovani d'oggi han scoperto (oh vergogna!) chi porta i bambini, non è la cicogna! [Fatto anticattolico e comunista!] Il mistero delle cicogne è in crisi!]
Ho visto in giro un pio proclama che al religioso buon senso chiama. Fare l'amore fa male al cuore! Dov'entra il sesso, entra il dottore! E non si parli di antifecondativi! I bimbi nascono sotto i cavoli! [Al massimo di anticrittogamici!]
Ma la corruzione quand'è iniziata non c'è più niente che può fermarla; tutti di sesso siamo ammalati, ed al divorzio si è già arrivati! [Ciò che dio unisce l'uomo non sciolga! È molto meglio un pio colpo di pistola, che col fatto del delitto d'onore dopo un mese e mezzo sei fuori!] E quindi uniamoci gridando al mondo a morte il sesso serpente immondo! Basta l'amore! Fate la guerra! [Sano rimedio per questa terra] Non più sovrappopolazione! Non più divorzi! La coscienza è a posto! E ci penseranno i superstiti.

Tango per due



Coppia che sta silenziosa, un po' rigida e in posa, a ballare, una sera:
la vita è solo una cosa rimasta indietro non c'è più ma c'era;
composta e indomenicata, eleganza sfuocata raggiunta a fatica
l'oggi ha cambiato facciata, ma di quell'ieri passato io so
che tante ne potreste raccontare, e il ricordo stempera e non guasta,
quante cose e facce da narrare che come si dice un romanzo non basta,
nate con un rapido: 'a domani', continuate in giorni di 'si' e 'no'
lampi sotto cieli suburbani e raffica il tango che vi presentò.
Lui biella, stantuffo, leva, muscoli, grinta, officina,  sole,
lei quiete, chitarra, vela, segreti, donna, calore, viole,
lui bar, alcol ,nicotina, capelli indietro, cravatta, bici,
lei ràion, lei signorina, la permanente coi ricci.
Coppia di fronte a bianchino, anonimo vino frizzante anidride:
la vita che buffa cosa, ma se lo dici nessuno ride.
 Coppia legata dai giorni, partenze e ritorni, fortezza e catena,
datemi i vostri ricordi, ditemi che ne valeva la pena.
Ora le luci son spente, sta uscendo la gente, saluti e rumore,
ditemi che avete in mente, come una volta, di fare l'amore,
quello che è stato un segreto di un prato o di un greto, del buio d'un viale,
quel gioco ardente e discreto, d'allora sempre diverso ed uguale...
chi lo sa se ciò che è da cercare,
ciò che non sai mai se vuoi o non vuoi,
sia così banale da trovare, sia lungo ogni strada, sia a fianco di noi,
perso in tante scatole di odori, angoli e tendine che non so
impronte di paesaggi e di colori, manciata di un tango che vi accompagnò.
Lui...
Lei, lei...


Ti ricordi quei giorni



Ti ricordi quei giorni?
Uscimmo dopo le canzoni
per camminare piano.
Ti ricordi quei giorni?
Gli amici bevevano vino,
qualcuno parlava e rideva, noi quasi lontano,
vicino a te
vicino a me
e ci parlammo, ognuno
per lasciare qualcosa, per avere qualcosa, per creare qualcosa.
Ti ricordi quei giorni?
I tuoi occhi si incupivano, il tuo viso si arrossava
e ti stringevi a me nella mia stanza
(quasi un respiro)
e mi dicesti: Basta...
perchè non voglio guardarti...
perchè ho paura ad amarti..."
e dicesti, e dicesti, e dicesti...
Le tue parole
quasi io non ricordo più 
e nemmeno tu ricordi niente.
Ora dove sei, e che gente
vede il tuo viso e ascolta
le tue parole leggere, le tue sciocchezze leggere, le tue lacrime leggere,
come una volta?
Che cosa dici ora
quando qualcuno ti abbraccia
e tu nascondi la faccia, e tu alzi fiera la faccia e guardi diritto in faccia
come allora?
Qui un poco piove, un poco il sole;
aspettiamo ogni giorno che questa estate finisca
che ogni incertezza svanisca...
e tu?
Non ricordo più 
che voce hai.
Che cosa fai?
lo non credo davvero che quel tempo ritorni
ma ricordo quei giorni...

Vedi cara


Vedi cara
è difficile spiegare,
è difficile parlare
dei fantasmi di una mente.

Vedi cara
tutto quel che posso dire
è che cambio un po' ogni giorno
e che sono differente.

Vedi cara
certe volte sono in cielo 
come un aquilone al vento
che poi a terra ricadrà.

Vedi cara
è difficile spiegare,
è difficile capire 
se non hai capito già.

Vedi cara
certe crisi son soltanto
segni di un qualcosa dentro 
che sta urlando per uscire.

Vedi cara
certi giorni sono un anno
certe frasi sono un niente
che non serve più capire.

Vedi cara
le stagioni ed i sorrisi
son denari che van spesi
con dovuta proprietà.

Vedi cara
è difficile spiegare,
è difficile capire 
se non hai capito già.

Non capisci 
quando cerco in una sera
un mistero di atmosfera
che è difficile afferrare.

Quando rido 
senza muovere il mio viso
quando piango senza un grido 
quando invece vorrei urlare.

Quando sogno
dietro a frasi di canzoni, 
dietro a libri e ad aquiloni
dietro a ciò che non sarà.

Vedi cara
è difficile spiegare,
è difficile capire 
se non hai capito già.

Non rimpiango
tutto quello che mi hai dato
che son io che l'ho creato 
e potrei rifarlo ora.

Anche se
tutto il mio tempo con te
non dimentico perché
questo tempo dura ancora.

Non cercare
in un viso la ragione, 
in un nome la passione
che lontano ora mi fa.

Vedi cara
è difficile spiegare,
è difficile capire 
se non hai capito già.

Tu sei molto
anche non sei abbastanza
e non vedi la distanza 
che è fra i miei pensieri e i tuoi.

Tu sei tutto
ma quel tutto è ancora poco
tu sei paga del tuo gioco
ed hai gia quello che vuoi.

Io cerco ancora
e così non spaventarti 
quando senti allontanarmi
fugge il sogno, io resto qua.

Sii contenta 
della parte che tu hai
ti do quello che mi dai
di chi è la colpa non si sa.

Cerca dentro
per capir quello che sento
per sentir che ciò che cerco
non è il nuovo, libertà.

Vedi cara
è difficile spiegare,
è difficile capire 
se non hai capito già.

Venerdì santo




Venerdì Santo prima di sera
c'era l'odore di primavera
Venerdì Santo le chiese aperte
mostrano in viola che Cristo è morto
Venerdì Santo piene d'incenso
sono le vecchie strade del centro
o forse è polvere che in primavera
sembra bruciare come la cera
Venerdì Santo stanchi di gente
siamo in un buio fatto di niente
Venerdì Santo anche l'amore
sembra languore di penitenza
Venerdì Santo muore il Signore
tu muori amore fra le mie braccia
poi viene sera resta soltanto
dolce un ricordo Venerdì Santo.


Venezia


Venezia che muore,
Venezia affacciata sul mare,
la dolce ossessione degli ultimi suoi giorni tristi
Venezia la vende ai turisti,
che cercano in mezzo alla gente l'Europa o l'Oriente
che guardano alzarsi alla sera il fumo - o la rabbia - di Porto
Marghera.

Stefania era bella,
Stefania non stava mai male
ma è morta di parto gridando
in un letto sudato di un grande ospedale
Aveva vent'anni, un marito, e l'anello nel dito
mi han detto confusi i parenti che quasi il respiro
inciampava nei denti.

Venezia è una albergo,
San Marco è senz'altro anche il nome di una pizzeria,
la gondola costa, la gondola è solo un bel giro di giostra.
Stefania d'estate
giocava con me nelle vuote domeniche d'ozio.
Mia madre parlava,
sua madre vendeva Venezia in negozio.

Venezia è anche un sogno, di quelli che puoi comperare
Però non ti puoi risvegliare con l'acqua alla gola,
e un umore al livello del mare
Il Doge ha cambiato di casa, e per mille finestre
C'è solo il vagito di un bimbo che è nato, c'è solo
La sirena di Mestre

Stefania affondando,
Stefania ha lasciato qualcosa
Novella Duemila e una rosa sul suo comodino.
Stefania ha lasciato un bambino.
Non so se ai parenti gli ha fatto davvero del male,
vederla morire ammazzata,
morire da sola in un grande ospedale.

Venezia è un imbroglio
che riempie la testa soltanto di fatalità
del resto del mondo non sai più una sega,
Venezia è la gente che se ne frega.

Stefania, un  bambino,
comprare o smerciare Venezia sarà il suo destino
può darsi che un giorno saremo contenti
di esserne solo lontani parenti.

Via Paolo Fabbri 43



Fra "krapfen" e "boiate" le ore strane son volate
grasso l'autobus m'insegue lungo il viale
e l'alba è un pugno in faccia verso cui tendo le braccia
scoppia il mondo fuori porta San Vitale
in via Petroni si svegliano, preparano libri e caffè 
e io danzo con Snoopy e con Linus un tango argentino
col caschè .

(Se fossi più  gatto, se fossi un po' più vagabondo
vedrei in questo sole, vedrei dentro l'alba e nel mondo
ma c'è  da sporcarsi il vestito
e c'è  da sgualcire il gilè 
che mamma mi trovi pulito qui all'alba in via Paolo Fabbri 43).

I genii musicali preannunciati dai giornali hanno officiato
e i sacri versi hanno cantati
le elettriche impazziscono, sogni e malattie guariscono, son poeti,
santi taumaturghi e vati
con gioia e tremore li seguo
dal fondo della mia città 
poi chiusa la soglia do sfogo alla mia turpe voglia
ascolto Bach,

(Se solo affrontassi la mia vita come la morte
avrei clown, giannizzeri e nani a stupir la tua corte
ma voci imperiose mi chiamano
e devo tornare perchè 
ho un posto da vecchio giullare, qui, in via Paolo Fabbri 43).

Gli arguti intellettuali trancian pezzi e manuali, poi stremati
fanno cure di cinismo,
son pallidi nei visi e hanno deboli sorrisi solo se si parla
di strutturalismo
in fondo mi sono simpatici
da quando ho incontrato Descartes
ma pensa se le canzonette me le recensisse
Roland Barthes.

(Se fossi accademico, fossi maestro o dottore
ti insignirei in toga di i 5 lauree ad honorem
ma a scuola ero scarso in latino
e il "pop" non è  fatto per me
ti diplomerò  in canti e in vino qui in via Paolo Fabbri 43).

Jorge Luis Borges mi ha promesso l'altra notte di parlar
personalmente col "persiano"
ma il cielo dei poeti è un po' affollato in questi tempi,
forse avrò un posto da usciere o da scrivano
dovrò lucidare i suoi specchi
trascriver quartine a Kayyam
ma un lauro, (da genio minore) per me, sul suo onore
non mancherà.

(Se avessi coraggio, se aprissi del tutto le porte
farei fuochi greci e girandole per la tua fronte
ma sai cosa io pensi del tempo
e lui cosa pensa di me
sii saggia come io son contento qui in via Paolo Fabbri 43).

La piccola infelice si è incontrata con Alice ad un summit
per il canto popolare
Marinella non c'era, fa la vita in balera, ed ha altro per la testa
a cui pensare
ma i miei ubriachi non cambiano
soltanto ora bevon di più 
e il frate" non certo la smette per fare lo speaker in TV.

(Se fossi poeta, se fossi più  bravo e più  bello
avrei nastri e gale francesi per il tuo cappello
ma anche i miei eroi sono poveri
si chiedono troppi perchè 
già sbronzi al mattino mi svegliano urlando in via Paolo Fabbri 43).

Gli eroi su Kawasaki coi maglioni colorati van scialando sulle strade
bionde e fretta
personalmente austero vesto in blu perchè  odio il nero e ho paura
anche di andare in bicicletta
scartato alla leva del jet-set
non piango, ma compro le Clark
se devo emigrare in America come mio nonno
prendo il tram.

(Se tutto mi uscisse, se aprissi del tutto i cancelli
farei con parole ghirlande da ornarti i capelli
ma madri e morali mi chiudono
ritorno a giocare da me
do un party, con gatti e poeti, qui all'alba in via Paolo Fabbri 43).


Vorrei



Vorrei conoscer l'odore del tuo paese, camminare di casa nel tuo giardino,
respirare nell'aria sale e maggese, gli aromi della tua salvia e del rosmarino.
Vorrei che tutti gli anziani mi salutassero parlando con me del tempo o dei giorni andati,
vorrei che gli amici tuoi tutti mi parlassero come se amici fossimo sempre stati.
Vorrei incontrare le pietre, le strade, gli usci, i ciuffi di parietaria attaccati ai muri,
le strisce delle lumache nei loro gusci, capire i giochi di sguardi dietro agli scuri
e lo vorrei perché non sono quando non ci sei
e resto solo coi pensieri miei, ed io...
Vorrei con te da solo sempre viaggiare, scoprire quello che intorno c'è da scoprire
per raccontarti e poi farmi raccontare il senso di un rabbuiarsi e del tuo gioire;
vorrei tornare nei posti dove son stato, spiegarti di quanto tutto sia poi diverso
per farmi da te spiegare cos'è cambiato e quale sapore nuovo abbia l'universo.
Vedere di nuovo Istanbul o Barcellona o il mare di una remota spiaggia cubana
o un greppe dell'appennino dove risuona fra gli alberi un'usata e semplice tramontana
e lo vorrei perché non sono quando non ci sei
e resto solo coi pensieri miei, ed io...
Vorrei restare per sempre in un posto solo per ascoltare il suono del tuo parlare
e guardare stupito il lancio, la grazia, il volo impliciti dentro al semplice tuo camminare
e restare in silenzio al suono della tua voce o parlare, parlare, parlare, parlarmi addosso
dimenticando il tempo troppo veloce o nascondere in due sciocchezze che son commosso.
Vorrei cantare il canto delle tue mani, giocare con te un eterno gioco proibito
che l'oggi restasse oggi senza domani o domani potesse tendere all'infinito.
e lo vorrei perché non sono quando non ci sei
e resto solo coi pensieri miei, ed io...