Durante questi mesi è corsa voce per le contrade di un tizio che si definisce figlio di Dio e dice cose diverse. Lui mette in discussione le leggi di Dio eppure dice di parlare nel nome di Dio. Proprio di un altro profeta c'era bisogno! Si dice che la folla gli va dietro osannandolo come figlio di Dio. Si dice che compie miracoli, che intorno a lui avvengono fenomeni al di sopra dell'umano. Dicono che parla come nessuno ha mai parlato e che i sacerdoti lo temono. Confesso che mi piacerebbe incontrarlo, se è vero che parla di una legge nuova, magari mi dirà che adultera non è peccato. Magari dirà che ognuno deve professare i suoi convincimenti, vivere secondo il proprio pensiero. Magari dirà che hanno più valore i miei pensieri, piuttosto che quelli degli altri. Si, mi piacerebbe davvero parlarci con costui! Ma l'ora è arrivata. Sto ancora sparecchiando la tavola quando vengono. Il vocìo della canea di iene sale con l'avvicinarsi della folla alla porta. Capisco che l'ora è venuta quando, avvicinandosi Ghera, lo scriba del tempio, Zoar si scosta da me in silenzio. Ghera mi afferra per i lunghi capelli sciolti, sorpreso per la mia assoluta calma, per la mancanza di alcun cenno di difesa, di protesta. Strattona con forza, di scatto. Mi ritrovo ai suoi piedi, ai piedi di Zoar, ai piedi della gente che comincia a urlare invettive. Fuori il sole infiamma le case. Non un alito di vento smuove i palmizi. Quando un calcio più potente e doloroso degli altri mi scaraventa per la prima volta a terra, alzo gli occhi. I miei occhi incontrano mille occhi senza pietà. La marea di sputi viscidi mi sommerge. Tento di scappare. So che peggiorerò la situazione, ma l'istinto di conservazione supera ogni ragionamento. Inciampo, mi rialzo, scappo ancora. La canea di belve si eccita ancor più. Comincia la caccia tra le bancarelle del vecchio mercato. Qualcuna viene rovesciata, aumentano gli urli.
|
