Il voto del 13 maggio apre una nuova difficile stagione
politica per il movimento operaio.
Cinque anni di governo del
centrosinistra e delle sue politiche liberiste hanno consegnato l’Italia a
Berlusconi. 11 blocco delle grandi imprese, per cinque anni sostegno e mandante
delle politiche dell’ulivo, ha colpito e demotivato la base elettorale operaia
e popolare del centrosinistra a tutto vantaggio del centrodestra e del
consolidamento del suo blocco sociale reazionario, 11 parziale recupero
elettorale dell’ultima ora da parte dell’Ulivo in settori di elettorato
sospinti al voto dalla pericolosità sociale delle destre non poteva ribaltare
gli effetti di una legislatura e il verdetto da essa annunciato.
L’apparato dirigente dei Ds
porta dunque una responsabilità storica verso i lavoratori e le lavoratrici.
Lungo l’intero corso degli anni Novanta questo apparato ha sostenuto una
politica d’attacco sistematico alle conquiste sociali delle classi subalterne.
In una prima fase come organica agenzia degli interessi borghesi tra i
lavoratori garante dei loro sacrifici nella pace sociale. In una seconda fase
intraprendendo un processo di rottura con lo stesso ruolo della
socialdemocrazia e
ricercando la rappresentanza
politica diretta e centrale di quelle grandi imprese con cui aveva infittito
legami e relazioni. E’ una politica che a scapito dei lavoratori ha incoronato
solo due beneficiari: i profitti della grande borghesia e Silvio Berlusconi.
Peraltro lo stesso apparato Ds appare oggi vittima del proprio fallimento.
Ma su un piano diverso anche
il nostro partito hall dovere di un bilancio generale. 11 risultato elettorale
registra certo una positiva tenuta del Prc rispetto alle ultime elezioni
Regionali. E seppur in un quadro di forte disomogeneità territoriale è indubbio
che nel voto riportato si riflettano segnali positivi, come si ricava dal voto
del Senato. La stessa campagna elettorale ha registrato peraltro un importante
ampliamento di attenzione per il Prc, in particolare in settori giovanili. Ma
il bilancio di un partito comunista non può ridursi alla comune soddisfazione
per là tenuta elettorale. Esso deve interrogare i risultati complessivi di una
politica dilungo corso in rapporto alla vicenda deI movimento operaio. Per
dieci anni una politica ispirata a “pervadere” e “condizionare” prima il polo
progressista e poi il centrosinistra in funzione di un loro
spostamento a sinistra e
della lotta contro le destre ha mancato totalmente gli obiettivi dichiarati. In
particolare la legislatura che si è chiusa è stata al riguardo emblematica. ca.
ll corso governativo di centrosinistra che ha spianato la strada a Berlusconi ha visto per metà dei suoi
anni il sostegno del nostro partito (col nostro voto al “pacchetto Treu”, alle
privatizzazioni massicce, al taglio della spesa sociale, alla Legge Turco
Napolitano sull’immigrazione) e per l’altra metà, dall’opposizione, un
tentativo di condizionamento a sinistra dell’Ulivo. Così come ha visto, sul
piano locale, la continuità delle coalizioni di governo tra Prc e centrosinistra
o la ricerca di coalizioni con esso. E’ onesto riconoscere che questa politica,
rivendicata in nome del “realismo”, non ha prodotto risultati!’Non 11 ha
prodotti per il partito che esce dalla legislatura con una forza pesantemente
ridimensionata (meno 700 mila voti rispetto al ‘96). Ma non 11 ha prodotti
soprattutto per il movimento operaio condannato dal centrosinistra alla
sconfitta sociale e politica. In realtà solo la costruzione di un riferimento
politico di classe alternativo e contrapposto al centrosinistra borghese
(“terzo polo”) capace di costruire
un’egemonia alternativa nel movimento operaio avrebbe potuto lavorare e
sottrarre la classe lavoratrice alla sconfitta annunciata. Per questo la
rinuncia a una politica di alternativa di classe all'Ulivo ha rappresentato un
errore profondo del nostro partito.
E’ necessario ora segnare,
nel nuovo scenario. una svolta di indirizzo politico che ponga al centro
l’autonomia di classe del movimento operaio e la lotta per un’altra sinistra.
Il nuovo governo Berlusconi
porta il segno, rispetto al ‘94, di un più robusto insediamento sociale e
politico, interno e internazionale. La previsione di una maggiore durata e
consistenza del nuovo esecutivo, combinata con la perdurante diffidenza verso
Berlusconi e il timore di nuove fratture sociali, hanno indotto una parte dei
poteri forti tradizionalmente sostenitori dell’Ulivo ad un atteggiamento di
legittimazione e apertura verso il nuovo governo e al tempo stesso di vigilanza
e controllo sulla sua composizione e le sue scelte politiche (v. il probabile
ingresso nell’Esecutivo di Ruggiero in rappresentanza diretta della Fiat e su
pressione dello stesso Ciampi). L’obbiettivo è dichiarato: fare affari in
per cinque anni col nuovo governo in un quadro di stabilità politica e
istituzionale e, auspicabilmente, di pace sociale. Da qui le pressioni di
settori della grande impresa su Berlusconi a favore della scelta della
concertazione e dello stesso dialogo con la burocrazia Cgil in evidente
contrasto con le operazioni di D’Amato. Ed è presumibile che lo stesso
Berlusconi, volendo conquistare una patente di affidabilità presso i poteri
forti, cercherà di evitare la rotta frontale di collisione col movimento
operaio che segnò la vicenda del ‘94. E tuttavia il programma governativo di
giganteschi impegni sul fronte della detassazione di alti redditi,patrimoni e
profitti; le sue promesse di nuova pesante destrutturazione del mercato del
lavoro in direzione di un ulteriore salto delle politiche di flessibilità; le
pressioni forti e incalzanti di Confindustria, indicano obiettivamente un
programma di”guerra” alle condizioni della classe operaia, dello Stato sociale,
delle giovani generazioni. il tentativo di Berlusconi sarà quello di Aznar: avvolgere la guerra alle condizioni del lavoro
con una pratica di concertazione che inibisca la replica di classe ed eviti lo
scontro in campo aperto.
In questa operazione Berlusconi avrà obiettivamente un alleato: quello stesso centrosinistra che gli ha regalato la vittoria. Le forze dominanti del centrosinistra, in concorrenza tra loro, hanno infatti una sola preoccupazione: riconsolidare il sostegno della grande borghesia, recuperare centralità di relazione con quel mondo, e incunearsi nelle perduranti contraddizioni, reali o possibili, tra Berlusconi e i poteri forti. Il disegno della Margherita da un lato e del grosso dell’apparato Ds dall’altro continuano a concorrere (più duramente di ieri e con rapporti di forza mutati) nella costruzione del “partito democratico” del grande capitale, in alternativa a Forza Italia e fuori dal solco della socialdemocrazia. Indipendentemente dalle fortune incerte delle operazioni in corso (e dagli esiti imponderabili della gravissima crisi che investe l’implicazione è netta: mostrare alla borghesia il volto responsabile di chi anche dall’opposizione continua a rappresentare il suo interesse generale e quindi a custodire la pace sociale e a garantire la stabilità politica.
Così dopo aver consegnato i
lavoratori a Berlusconi centrosinistra e apparato Ds puntano a disarmare la
loro opposizione al nuovo governo.
Il Comitato Politico
Nazionale del Prc rivendica un’opposizione di classe non ordinaria contro
il governo di SilvioBerlusconi. Gli anni Novanta dimostrano, con l’esperienza
del ‘94, che c’è.un solo soggetto capace di battere il governo delle destre: è
il movimento operaio e la sua mobilitazione indipendente. E’ l’unico soggetto
che Berlusconi teme davvero con comprensibili ragioni. Contro il governo
rivendichiamo pertanto il più vasto fronte unico di lotta del mondo del lavoro.
Facciamo appello a tutti i lavoratori e le lavoratrici, a tutte le forze
politiche e sindacali del movimento operaio, per la costruzione di una
mobilitazione unitaria indipendente a partire dalle rivendicazioni unificanti
sui temi del salario, della lotta alla flessibilità, del salario sociale ai
disoccupati, della lotta alle privatizzazioni, della piena difesa dello Stato
sociale e dei diritti contrattuali: in una logica di vertenza generale che miri
a ricomporre il blocco sociale alternativo e ad erodere il blocco sociale delle
destre. Rivendichiamo una vasta unità d’azione a difesa dei diritti
democratici, a partire dalla Legge 194, contro ogni aggressione clericale e/o
reazionaria. E con chiarezza proponiamo un obietti
vo preciso della
mobilitazione unitaria: la preparazione, sugli obiettivi di classe indicati,
delle condizioni di uno sciopero generale per la cacciata del governo
Berlusconi Bossi Fini a favore di un’alternativa di classe. Preparare e
costruire in ogni lotta la prospettiva della cacciata del governo diventa da
ora l’asse centrale del lavoro di massa del nostro partito. Lo stesso
appuntamento di Genova contro il G8 va pienamente assunto in questo quadro: non può essere né una semplice occasione di
presenza e di immagine delle nostre “ragioni” nè tantomeno un momento di
impegno dei soli Giovani Comunisti. Deve essere invece un’occasione di
dispiegamento di tutta la forza organizzata del partito e, più in generale, il
punto di approdo di una campagna di massa che punti a fare di Genova il momento
di decollo dell’opposizione di classe al governo delle destre.
Ma lo sviluppo
dell’opposizione di classe al governo Berlusconi per la sua cacciata deve
incorporare la costruzione di un’altra sinistra italiana, di una nuova
direzione del movimento operaio. Proprio l’esperienza del ‘94 ha dimostrato che
cacciare Berlusconi è possibile, ma che lo sbocco politico dl questo pos
siblle successo è determinato
dai rapporti di forza nel movimento operaio e dall’esistenza o meno di
un’egemonia alternativa tra le masse. Costruire l’egemonia tra le masse in
contrapposizione al centrosinistra borghese èallora un asse centrale
dllavorodei Prc.
Il Cpn respinge in questo
senso la proposta della “smistra plurale”, ossia la ricerca di una prospettiva
d’incontro con l’apparato Ds nella logica diuno schieramento di governo
d’alternanza. I riferimenti a Mitterand e a Jospin che sostanziano questa
proposta sono profondamente errati. Mitterand eJospin, in tempi e forme
diversi, hanno svolto un prezioso servizio per la borghesia francese garantendo
politiche antipopolari e cli guerra e coinvolgendo entrambiilPcfinunapesante
corresponsabilità fonte di una sua gravissima crisi. Peraltro l’esperienza del
Polo progressista del ‘94, prima espressione di “sinistra plurale” tra Pds e
Prc, ha chiarito il prezzo di una subalternità al Pds proprio nel rapporto col.
movimento di massa: un movimento che il Pds prima usò e poi tradì per spianare
la strada al centrosinistra, per di più una sinistra plurale coi Ds oggi si
configurerebbe, a differenza che nel ‘94, come il
blocco con una forza politica impegnata nella rottura con la stessa
socialdemocrazia da un versante liberale. In altri termini si configurerebbe
come una variante di centrosinistra.
Pertanto il Cpn chiude definitivamente
una lunga pagina politica segnata dalla ricerca dell’accordo col centrosinistra
e/o con l’apparato liberale Ds. Cinque anni di governo e la vittoria
conseguente di Berlusconisegnano la bancarotta politica di questo apparato. Il
Prc si candida a costruire contro Berlusconi una nuova oùposizione di. classe e
una sua nuova direzione politica. La campagna per il fronte unico di lotta del
movimento opèraio contro le destre si combina con la rivendicazione della sua
rottura con ogni forza del centro borghese e con la costruzione del partito
comunista di massa. un partito che sulla base di un programma anticapitalista
lavori nelle lotte per un’alternativa di sistema.
Per tracciare un bilancio di linea politica e varare un nuovo orientamento il Cpn sancisce da subito l’avvio del V Congresso Nazionale del partito.
Marco Ferrando e altri otto compagni.