Ecco una dichiarazione di un ograno ufficiale, che può essere
considerato imparziale e che afferma a chiare lettere quanto sostenuto
da molte organizzazioni, ma non da molti governi: in Cile la tortura continua
. . .
Il cittadino cileno Patricio Ortiz Montenegro, detenuto in Svizzera, non sarà estradato ma ammesso provvisoriamente. L’Ufficio federale dei rifugiati (UFR) ha respinto la sua domanda d’asilo; ma poiché la sua integrità fisica e psichica non potrebbe essere garantita, a tutti gli effetti, in ogni fase dell’estradizione e dell’espiazione della pena residua, non è possibile estradare Ortiz verso il Cile e pertanto può provvisoriamente rimanere in Svizzera. L’Ufficio federale di polizia (UFP) ha revocato, giovedì, la detenzione in vista dell‘estradizione.
I competenti Uffici federali del Dipartimento federale di giustizia e polizia – UFR per l’asilo e UFP per l‘estradizione – si sono occupati in modo approfondito del caso Ortiz. Il diritto svizzero in materia d’asilo e di estradizione prevede che la questione di un possibile pericolo dopo il ritorno nel Paese d’origine sia minuziosamente esaminata dalle autorità competenti e dalle istanze di controllo. D’intesa con il Dipartimento federale degli affari esteri, si è constatato che nel caso specifico un allontanamento sarebbe rischioso e pertanto inammissibile nell'ottica dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (divieto di tortura e di trattamenti inumani).
Il 20 giugno 1995, Ortiz era stato condannato nel suo Paese d'origine
da una Corte militare a 20 anni di pena privativa della libertà
personale per omicidio preterintenzionale, condanna poi ridotta a 10 anni
dall’istanza ricorsuale. Alla fine del 1996 evase dal carcere e nel luglio
1997 giunse in Svizzera, dove presentò domanda d’asilo. In seguito
a una domanda d’estradizione della Repubblica del Cile, il 4 settembre
1997 fu posto in detenzione in vista dell‘estradizione. Contro i tre compagni
di evasione di Ortiz la Polizia federale ha emesso un divieto di entrata.
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