Da "Le Monde Diplomatique",
[ pubblicazione mensile supplemento a "Il Manifesto"]
n.1, anno VI - gennaio 1999

Gli irriducibili in cella, in nome della riconciliazione

di Gérard Delteil
(Giornalista e scrittore. Autove di Chili con carne, Gallimard, «coll. Folio», Parigi, 1995)

Dal trenino della metropolitana a venti minuti dal Centro di Santiago, si possono osservare con comodo le ben allineate baracche del Centro de orientación femenina (Cof), piú simile a un campeggio che a un luogo di detenzione tradizionale. Se si escludono alcune pattuglie di carabinieri a controllare il muro di cinta, questa prigione femminile non dà, a prima vista, l'impressione di essere oggetto di una particolare sorveglianza. E' adiacente a una scuola privata da cui escono allegri gruppi di studenti in uniforme blu, indifferenti o ignari della sorte delle loro vicine.

Le «politiche» occupano una prigione all'interno della prigione: uno spazio di circa 300 o 400 metri quadrati, circondato da reti alte 10 metri e sormontato da una torre di controllo munita di proiettore dove staziona un gendarme armato. Soprattutto, un sistema di telecamere e microfoni sorveglia i piú piccoli gesti delle detenute all'interno e all'esterno dell'edificio che ospita celle, bagni e un piccolo refettorio collettivo. Nonostante tutto, il regime sembra relativamente flessibile. Le prigioniere stesse organizzano la loro vita collettiva, cucinano i cibi forniti dall'amministrazione e dalle famiglie, ricevono i visitatori attorno a tavolini di plastica bianca simili a quelli dei caffè all'aperto, cosi che, sotto il sole estivo, questa detenzione di massima sicurezza assume un aspetto bonario.

Le visite si svolgono due volte a settimana e durano tre ore. Una delegata eletta tratta con l'anministrazione i dettagli della vita nel carcere. Sul muro della prigione hanno dipinto un grande affresco con questo slogan: "Appiccheremo il fuoco da cui nascerà la libertà". Le guardie, por ora, tollerano il murales provocatorio.

"Non fraintendete, dice Roxana Cer-da, militante del Lautaro (1) detenuta da sei anni senza una sentenza definitiva, il governo cerca di fare di questa prigione una sorta di vetrina della democrazia cilena, vuole evitare conflitti permanenti e troppo visibili perché tiene molto alla sua immagine. Ma queste condizioni di detenzione le abbiamo guadagnate con dure lotte". Le prigioniere, infatti, hanno moltiplicato gli scioperi della fame.

L'ultimo risale al luglio 1997, dopo che una sessantina di guardie avevano fatto irruzione a scopo intimidatorio per imporre un regime piú severo.

Duramente picchiate, le detenute sono riuscite a imporre lo statu quo. Due anni prima, un altro sciopero della fame aveva loro permesso di essere trasferite: si trovavano allora al San Miguel, un carcere maschile dove erano detenute insieme a prigionieri per reati comuni, che ogni giomo le coprivano di insulti osceni. Tutto è stato tentato per stroncare questa ventina di militanti dell'estrema sinistra considerate dalle autoritá le più pericolose del paese: manganello, gas lacrimogeni, spari intimidatori con pallottole vere, fino alle violenze fisiche contro i loro figli durante le visite.

«Quale democrazia?»

Quasi tutte queste donne appartengono al movimento di guerriglia urbana Lautaro, alcune al Fronte Patriottico Manuel Rodriguez (Fpmr) (2). Etá media: dai 25 ai 30 anni. Eppure alcune sono detenute da sei o sette anni, come Magdalena de Los Angeles, arrestata il 15 luglio 1991, o Pilar Peña Ricon fermata nel gennaio 1992. Considerate «terroriste», non e' loro riconosciuto lo status di prigioniere politiche, anche se ormai sono state unificate e separate dalle detenute per reati comuni. Tra loro ci sono persone delle classi medie, studentesse, insegnanti, infermiere, ma anche impiegate di supermercati o segretarie. Le speranze di ottenere la libertá in un futuro prevedibile sono molto deboli: tutte sono sottoposte a un duplice procedimento, civile e militare, i cui effetti, sommandosi, possono raggiungere varie decine di anni di prigione. II Cile è infatti il solo paese al mondo in cui un tribunale militare puó giudicare dei civili in tempo di pace.

Cecilia Tabilo, nata nella poblacion della Victoria, alla periferia di Santiago, aveva otto anni nel 1973 quando suo padre, un impiegato dell'universitá tecnica, è stato arrestato. Per mesi lo ha cercato invano nei diversi centri di detenzione del paese. Durante la dittatura ha assistito a molte operazioni repressive nella poblacion: arresti brutali, fucilazioni, torture, esecuzioni sommarie finchè, nel 1978, è entrata nel Movimento della sinistra rivoluzionaria (Mir) (3) passando poi, nel 1990, nel Lautaro. E' stata condannata dalla giustizia civile a tre anni e un giorno di carcere per l'appartenza a un'associazione illegale e dalla giustizia militare a cinque anni e un giomo per detenzione di armi. Un terzo processo per furto di armi da guerra e tuttora in corso da parte della giustizia militare. I1 procuratore ha chiesto ventuno anni di prigione. Cecilia ha rotto con il Lautaro da due anni e guarda in modo critico al suo passato, anche se lo considera moralmente giustificabile: "Come si può parlare di stato di diritto e di democrazia in un paese il cui dittatore è stato nominato senatore a vita e mantiene un'influenza decisiva sull'esercito?"

Questo è il nocciolo della questione per coloro che non hanno deposto le armi dopo l'elezione di Patricio Aylwin nel marzo 1990. "Quale democrazia? Quale libertà? Gli assassini e i torturatori sono amnistiati, mentre chi li ha combattuti rimane in carcere, e lei lo chiama stato di diritto?", s'indignava, nel 1991. Victor Gonzales, considerato uno dei capi storici del movi-mento Lautaro (oggi sconta una pena di cento anni di detenzione in un carcere di massima sicurezza). II nuovo potere, sotto la pressione dei militari, aveva infatti deciso di liberare solo i prigionieri che non si erano resi colpevoli di «crimini di sangue», escludendo dunque quanti avevano resistito con le armi alla dittatura. Un centinaio di militanti, in maggioraaza membri del Lautaro, dell'Fpmr o piú raramente del Mir restavano in prigione, e in particolare quelli che, nel 1986, avevano organizzato un attentato contro il generale Pinochet.

II rifiuto di liberare i ribelli piú determinati doveva pesare duramente nelle discussioni tenute dalle organizzazioni clandestine per decidere se proseguire o no la lotta armata. Il Lautaro e una frazione dell'Fpmr rifiutarono di deporre le armi. Le loro azioni piú spettacolari, a parte la distribuzione di viveri «recuperati» dal Lautaro ai poveri delle poblaciones, sono state da un lato il tentativo di fare evadere i loro compagni, dall'altro assassinare alcuni dei tortratori piu' noti, come il capitano Montero ucciso nell'estate 1990 di fronte al palazzo della Moneda. Più recentemente, il 31 dicembre 1996, alcuni membri dell'Fpmr hanno organizzato la spettacolare fuga in elicottero di quattro loro compagni (4). Oggi, dopo lo smantellamento del Lautaro e dell'Fpmr sotto i colpi della repressione, non esiste piú un'organizzazione di portata nazionale che rivendichi la lotta armata, ma gli arresti di ex membri di questi rnovimenti, braccati dalla polizia, provocano a volte scontri cruenti ed esecuzioni sonmarie.

Roxana Cerda (moglie di Victor Gonzales), entrata nel 1984 nella lotta armata, è stata condannata a ventuno anni di carcere per appartenenza a gruppo armato, senza che le siano stati imputati fatti precisi. Due prigioniere sono ricoverate in ospedale: Marcelá Rodriguez, soprannominata Mujer metralleta ("Donna mitraglietta"), invalida per una grave ferita riportata nel corso di una sparatoria con i carabinieri nel novembre 1990 mentre, insieme al suo commando, tentava di liberare un militante del Lautaro ricoverato dopo orribili torture; e María Cristina San Juan che, seviziata per nove giorni nei locali della polizia, soffre di parziale paralisi.

Tutte queste donne infatti sono state torturate fisicamente e psicologicante nei giorni che seguirono il loro arresto. Diverse organizzazioni umanitarie, che non possono certo essere sospettate di complicità con il Lautaro, hanno denunciato il persistere sotto il presidente Aylwin di metodi usati dalla dittatura (5).

Ben più dura è la situazione degli ottanta detenuti del Carcere di massima sicurezza (Cas) di via Pedro Montt a Santiago. Costruito dal governo democratico per gli oppositori della dittatura che non avevano abbandonato l'uso della violenza, rappresenta «una brutale modifica del tradizionale sistema penitenziario cileno (6)». Per rispondere alle accuse di lassismo e negligenza provenienti dalla destra e dalle forze armate, il Cas è stato concepito per distruggere i detenuti. Si avvale in particolare dell'esperienza di tecnici venuti da diversi paesi, tra cui gli ideatori delle prigioni tedesche destinate ai membri della Frazione Armata Rossa (Raf). Ci sono più guardie che detenuti e solo i parenti stretti dei prigionieri sono autorizzati a fare loro rare visite. Il regime si è ulteriormente inasprito dopo la spettacolare evasione del dicembre 1996.

Una volontà di vendetta

Come non mettere a confronto questa durezza con il trattamento di favore di cui gode l'ammiraglio Manuel Contreras, il solo tra i più stretti collaboratori del generale Pinochet che non abbia usufruito dell'amnistia? Primo capo della Dina, la polizia segreta della dittatura, condannato a vent'anni di carcere per aver organizzato nel 1976, negli Stati uniti, l'assassinio del ministro del governo Allende, Orlando Letellier, e della sua segretaria di origine americana, l'ammiraglio Contreras è stato messo in una prigione a quattro stelle costruita appositamente per lui e custodita dai suoi pari dell'esercito, al termine di una tragicommedia che gli ha permesso fino all'ultimo di rinviare la dorata detenzione. Avendo minacciato rivelazioni imbarazzanti per il suo maestro Pinochet, è già nella lista dei detenuti cui sarà concessa la libertà condizionata (7).

Pochi, tra i prigionieri del Cas e del Cof, propongono ancora la lotta armata. E' difficile credere che questi uomini e donne continuino a rappresentare un pericolo. Solo l'implacabile volontà di vendetta dei settori piú intransigenti delle forze armate giustifica il rifiuto di accordare loro un'amnistia (8). L'unica soluzione attualmente proposta è quella offerta dalla legge detta della « delazione compensata »: uno sconto di pena o la libertà condizionata in cambio di informazioni sui compagni rimasti in clandestinità..
Senza un cambiamento nella situazione nazionale, i circa cento guerrilleros e guerrilleras che hanno contestato l'amnistia concessa ai torturatori del regime Pinochet rischiano di pagare rnolto cara la loro scelta. Al di là delle associazioni riunite attorno alle famiglie dei prigionieri, del Partito Comunista Cileno, delle piccole organizzazioni di estrema sinistra, e di pubblicazioni relativamente marginali come Punto Final, sono rare le voci che si levano per protestare contro la loro sorte (9). «Questa lacuna della memoria collettiva si spiega con la commercializzazione totale della società cilena, afferma il sociologo Thomas Moulian. La stabilità è stata comprata con il silenzio. L'elite, dove prima si ritrovavano ex militanti del Mir e vittime del terrore di Pinochet, utilizza la comune paura del ritorno della dittatura per giustificaere la sua capitolazione. In questo contesto di oblio semivolontario, i prigionieri politici appartengono a un passato rimosso (10)

Fino all'arresto del generale Pinochet a Londra, il «miracolo economico» sembrava infatti aver pietrificato ampi settori della società, compresi ex guerilleros riconvertiti, più preoccupati di godere del loro recente benessere che di fare riemergere un passato imbarazzante. Quanto a coloro che sono respinti dal miracolo economico, la lotta quotidiana per la sopravvivenza lascia loro poco tempo per preoccuparsi di questi combattenti di un'altra epoca. La gioventù delle pablaciones più povere, che formava la base sociale del Lautaro e dell'Fpmr, sceglie più volentieri droga e delinquenza che non la lotta armata. Una fonna di devianza sociale universale che disturba molto meno la classe politica..

GÉRARD DELTEL
 

(1) Lautaro è il nome di un indio che combattè gli spagnoli. Il movimento Lautaro è nato da una scissione del Mapu (partito cristiano di sinistra) durante la dittatura di Pinochet. II movimento ha optato per la lotta armata e ha deciso di proseguirla dopo l'elezione del presidente Aylwin nel marzo 1990.

(2) Organizzazione creata dal Partito Comunista Cileno Sotto la dittatura è divenuta in seguito autonoma. Dopo il marzo del 1990 ha scelto anch'essa di proseguire la lotta armata.

(3) Partito di estrema sinistra che ha partecipato alla resistenza armata contro la dittatura ed è stato decimato dalla repressione.

(4) L'evasione ha provocato uno scandalo nazionale e le dimissioni del capo delle guardie. In seguito, il libro "El gran rescate" scritto da Ricardo Palma Salamanca, uno degli evasi, è diventato un best seller in Cile! (Edizioni Punto Final, 1997).

(5) I1 19 giugno 1997, Amnesty International denunciava 20 casi di tortura da parte della polizia nel 1996. La Commissione per la difesa dei diritti del popolo (Codepu) fa dell'aprile 1994, aveva censito 140 casi di torture successive al 1991 (Codepu aprile 1994). 55 di questi casi, avvenuti tra il 1990 e il 1992, sono stati denunciati alle Nazioni (El Mercurio, 2 Maggio 1992).

(6) La Epoca. Santiago, 27 febraio 1995.

(7) La Tercera Santiago, 15 aprile 1995.

(8) Questa volontà di vendetta è dimostrata chiaramente dalla richiesta di pena di morte avanzata in prima istanza dal procuratore militare Sergio Cea per quattro militanti Lautaro, in relazione a fatti risalenti al 1990. Processo riportato dalla Tercera del 5 Maggio 1998.

(9) Tra queste voci, però bisogna notare quella del sociologo Thomas Moulian, professore di scienze sociali alla facoltà  latino-americana, che ha protestato contro le condizioni disumane di detenzione fin dalla costruzione del Cas ("Alta seguridad y derechos humanos", La Epoca, 17 marzo 1994).

(10) I1 suo libro, Chile Actual, pubblicato nel 1997 (ARCIS Universidad) ha avuto un successo assolutamente inatteso superando finora le 25.000 copie vendute, più dei romanzi di Isabel Allende!

(Traduzione di GP)
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