ELEMENTI DI RIFORMA DELLO STATO
TRA OPPORTUNITÀ E RISCHI
Evoluzione delle politiche sociali nel corso
dell'ultimo anno. Problemi e prospettive
Fare il punto della situazione, oggi, significa riflettere sui motivi
dello scontento della gente che non sono diminuiti, sui nodi della
spesa pubblica che sono rimasti invariati, sui "poteri forti" e sui
"poteri deboli". I primi, pur accusando qualche colpo, restano saldamente
alla guida della società italiana e ne orientano le scelte.
In sei anni - dal 1991 al 1996 - come è stato rilevato recentemente dalla
Corte dei Conti, le imposte comunali sono aumentate mediamente del 124%
e la rabbia popolare non è esplosa solo perché il cittadino riesce a misurare
i servizi che riceve in cambio degli oneri maggiori (cosa che non avviene
per lo Stato che - comunque - non ha ridotto la pressione fiscale propria!)
Purtroppo il debito pubblico pregresso è il vero freno ad un cambiamento
totale del paese. Inoltre si stanno preparando altri meccanismi di spesa
possibile per l’ente locale:
- il disegno di legge Delega per la Riforma della L. 502/92 che - rileggendo
l’aziendalizzazione in sanità – dovrebbe ridare fiato anche alle capacità
di intervento dei comuni in tale ambito, afferma (art.2 punto I) che i
comuni possono "conferire risorse proprie" per garantire livelli di assistenza
superiori a quelli essenziali garantiti dal Fondo Sanitario nazionale...
(livelli "superiori" o strutture da non chiudere?);
- il processo avviato di "autonomia delle singole istituzioni scolastiche"
(art.21 della L. 59/97 "Bassanini uno") rende ogni scuola un’azienda, con
bilanci a cui lo stato farà confluire i fondi per il pagamento del personale
e per il funzionamento in modo da garantire un livello essenziale di
prestazioni. Se i Consigli di istituto o di Circolo vorranno fare qualcosa
oltre i livelli essenziali, dovranno reperire risorse aggiuntive a livello
locale, partendo proprio dalle disponibilità dei comuni...;
- la legge Bassanini Ter (L. 191 del 16.6.1998) all’art.1 comma 10 delega
il governo ad una addizionale comunale sull’Irpef da versarsi entro il 31
dicembre di ogni anno... Dal dibattito attuale sulla legge finanziaria, pare un
elemento congelato, ma resta all’orizzonte come processo da realizzare...;
- il disegno di legge dell’on. Signorino del 23.9.1997 ed il disegno di
legge del ministro Turco del 28.5.1998, nel trattare della legge quadro
sulle politiche per la persona, valorizzano il ruolo dei comuni - singoli o
associati - perché è in tale ambito che si raggiungono funzionalità, razionalità
ed economicità degli interventi, ma anche perché cosi si promuovono
le ulteriori risorse della comunità locale attraverso forme innovative
di collaborazione (vedi il D. Lgs. 460/97 che promuovendo una norma
favorevole agli enti non commerciali ed alle Onlus porta tali organizzazioni
nell’ambito dell’area dei servizi pubblici come soggetti privilegiati
per la gestione di quei servizi che le istituzioni non realizzeranno più...);
A ciò si aggiunge un riferimento indistinto e continuo alle forze del
volontariato che si vorrebbero più capaci di assumere ruoli gestionali, occupare
spazi di produzione di servizi, magari senza oneri per le istituzioni...
Dunque la tendenza è chiaramente quella di caricare sulla comunità
locale, e sull’istituzione che tale comunità rappresenta, onori ed oneri della
nuova stagione dei servizi alla persona.
Le norme Bassanini: tre, con successivi
decreti delegati e regolamenti
Con la legge n.59 del 15 marzo 1997 detta "Bassanini" e poi con la L.
n.127 del 15.5.1997 e la legge 191 del 16.6.1998 ( rispettivamente Bassanini
"bis" e "ter") prendono corpo una serie di norme - ampliate poi dai decreti
legislativi e dai regolamenti di attuazione, alcuni in fase di emanazione - tese
a riformare profondamente le strutture della pubblica amministrazione attraverso
un diffuso decentramento di funzioni e competenze amministrative
dallo Stato alle Regioni ed agli Enti Locali.
Si tratta di un "corpus" di provvedimenti legislativi di fondamentale importanza
perché - a Costituzione invariata per le note vicende - introducono
di fatto un forte decentramento amministrativo, la cessione di competenze
secondo il principio di sussidiarietà che vede applicato al sistema italiano il
contenuto dell’art. 3B par. 2 del Trattato di Maastricht, avviando una sorta di
federalismo su base amministrativa che sarà tutto da verificare nel tempo.
Sul principio di sussidiarietà è aperto un forte dibattito perché la normativa
Bassanini pone il comune come centro del sistema dei servizi lasciando
le funzioni residuali progressivamente agli altri enti (Province, Regioni, Stato).
Ma buona parte della legislazione recente e lo stesso dibattito in Bicamerale
rilegge la sussidiarietà in altro modo dividendo i beni prodotti in "pubblici"
(difesa, ambiente, ordine pubblico, ecc.) e "meritori" ( istruzione, sanità,
servizi sociali, ecc.) ed "economici" (poste e telegrafi, trasporti, energia,
comunicazioni, infrastrutture, ecc.) e chiedendo che lo stato e le istituzioni
rivedano la loro presenza, lasciando spazio al mercato ed al terzo settore, in
quei servizi che possono essere regolati dallo stato ma non necessariamente
devono venire erogati dallo stato... E’ anche questo tema dentro al nostro
dibattito perché il debito pubblico italiano e alimentato dalla cultura statalista
che in tanti sosteniamo acriticamente.
Bassanini, ed il governo Prodi nel suo insieme, considerata anche la
situazione complessiva di malessere del Paese nonché gli standard europei
di riferimento, ha impresso una brusca e decisiva accelerazione al processo
di svecchiamento dell’apparato amministrativo inaugurato dalle leggi 142 e
241/ 1990 - autonomie locali e procedimento amministrativo - e portato
avanti dal D. Lgs. 29/1993 in materia di privatizzazione di pubblico impiego.
La Legge 59/ 97 (Bassanini uno)
La L. 59/97 di fatto anticipa ed agevola le riforme costituzionali ed - in
ogni caso - le sostituisce nei limiti della legislazione vigente - come di fatto e
avvenuto poiché il governo si era impegnato a non emettere i decreti delegati
ed i regolamenti se non a lavori della Bicamerale conclusa.
I principi fondamentali (art.4) del conferimento di funzioni e compiti:
- sussidiarietà (i compiti ceduti dallo stato vanno assegnati agli enti più
vicini ai cittadini);
- completezza (alla Regioni quanto non attribuito ai Comuni, Comunità
Montane ed alle Province);
- efficienza ed economicità (soppressione di ciò che e superfluo);
- cooperazione tra stato, regioni ed enti locali ( evitare un paese a "pelle
di leopardo" per servizi);
- responsabilità ed unicità dell’amministrazione (un unico soggetto responsabile
per materia conferita);
- omogeneità (tener conto di attribuire funzioni simili allo stesso livello);
- adeguatezza (occorre che chi riceve funzioni sia in grado di esercitarle);
- differenziazione (le deleghe andranno proporzionate agli enti che le
ricevono); - copertura finanziaria (niente funzioni se manca la capacità finanziaria di
assolverle);
- autonomia organizzativa e regolamentare (per le funzioni attribuite).
Lo stato si riserva una serie di materie (art.1 L. 59/97) dagli affari esteri,
all’UE, alle dogane, cittadinanza ed immigrazione, difesa ed ordine pubblico,
moneta, sviluppo economico, giustizia, statistica nazionale, elettorale, rapporti
con le religioni, protezione civile nazionale, grandi reti infrastrutturali,
energia, previdenza sociale, beni culturali, istruzione...
Eccetto ciò che è elencato, "tutto il resto" è delle Regioni e degli enti
locali con riorganizzazione e riassetto dei ministeri e degli uffici periferici e
con trasferimento del personale agli enti regionali e locali. (Si profila una
riforma del sistema statale periferico del tipo francese del 1981).
A Comuni, Comunità Montane, Province, Regioni, spettano "funzioni e
compiti amministrativi relativi alla cura degli interessi ed alla promozione
dello sviluppo delle rispettive comunità, nonché tutte le funzioni ed i compiti
amministrativi localizzabili nei rispettivi territori ed in atto esercitati da
qualunque organo o amministrazione dello stato centrale o periferica, ovvero
tramite enti o altri soggetti pubblici".
Con i decreti legislativi delegati (da emanare entro il 31.7.1998 ma non
tutti usciti), vengono indicati progressivamente i compiti conferiti agli enti
locali.
L’azione per decreti e per evitare il vuoto e la conseguente libera, eterogenea,
iniziativa locale.
Escono così - solo per citarne alcuni - il D. Lgs. 143/97 su agricoltura e
pesca, il D. Lgs. 281/97 sulla conferenza stato regioni e stato - città, il D. Lgs.
342/97 sulla contabilità degli enti locali, il D. Lgs. 314 / 97 relativo ai redditi
di lavoro dipendente o assimilati, il D. Lgs. 446/97 di riordino della disciplina
dei tributi locali, il D. Lgs. 80 / 98 che rivede tutto il sistema del pubblico
impiego e di giurisdizione amministrativa, il D. Lgs. 112/98 di trasferimento
delle funzioni e dei compiti amministrativi dallo Stato alle regioni ed agli enti
locali... che è il documento più ampio e significativo di tutti.
In sostanza si ridefinisce l’organizzazione dello stato (dalla Presidenza
del consiglio dei Ministri, ai Ministeri, alle reti periferiche statali,...) si va alla
privatizzazione del rapporto d’impiego, si diffondono principi di valutazione,
controllo di gestione.
Nel raccordo Stato-territorio va definita la rappresentanza periferica dello
stato, assumono ruolo le conferenze stato - regioni - città, i poteri sostituti- vi per inadempienze sono del difensore civico o di altri enti locali, è attiva la
riduzione drastica del controllo di legittimità sugli atti amministrativi.
Per i Comuni la loro competenza è piena per tutti gli atti relativi ed
esauribili nell’ambito della comunità locale.
La delegificazione, la semplificazione delle procedure diventa scadenzata:
entro il 31 gennaio di ogni anno il governo presenta un disegno di legge per
la delegificazione e l’abolizione di norme concernenti procedimenti ammini-strativi.
In sede di prima applicazione l’allegato 1 della L. 59/97 indica 112
procedimenti semplificabili. II "Sole 24 ore" del 24 agosto (pag. 5) indica che
- al 14 luglio - erano definiti 23 regolamenti, 59 erano in fase di istruttoria,
per 30 non si era ancora iniziato I’iter.
La L. 127/97 (Bassanini bis)
Realizzata anche sotto la spinta delle scadenze referendarie da evitare, è
una legge piena di norme da interpretare (basti pensare che l’art. 17 ha ben
138 commi, peggio di una legge finanziaria!).
La legge ridisegna la struttura degli EE. LL.: la giunta adotta i regolamenti
sul funzionamento ed ordinamento degli uffici e servizi, nel rispetto dei
criteri stabiliti dal consiglio. Il consiglio è sempre più organo di controllo e di
indirizzo politico generale.
La legge precisa i termini della privatizzazione del P.I., chiarisce competenze
dei dirigenti e segretari (responsabili di uffici e settori nei comuni più
piccoli) presenta inediti come lo "staff" dei collaboratori del Sindaco ed il
Direttore Generale (City manager) per i comuni con più di 15mila abitanti o
per gruppi di comuni associati. Dà la possibilità al Sindaco di conferire
incarichi dirigenziali per obiettivi ed anche di avere dirigenti con contratto di
tipo privatistico.
Le "nomine" dirigenziali del sindaco decadono con il suo mandato.
Il CO.RE.CO. attua controlli:
- necessari (statuti, regolamenti votati dal consiglio, bilanci comunali, con-suntivi);
- eventuali (su richiesta di una minoranza qualificata di consiglieri su forniture
servizi ed appalti di importo superiore alla soglia di rilievo comunitario -400milioni
/ 10 miliardi - assunzioni e piante organiche).
- facoltativi (su richiesta del comune). Il controllo "prefettizio" collegato
alla prevenzione delle infiltrazioni mafiose resta sub judice. Ma il CO.RE.CO. diventa organo di consulenza dei comuni. Mentre si
amplia il ruolo del Difensore civico.
È innovato tutto il settore delle SPA a partecipazione comunale, si adottano
criteri per la trasformazione delle aziende speciali, si indirizzano le società
di trasformazione urbana.
Riflessi simbolici: giuramento in consiglio comunale, stemma su fascia
tricolore.
Cambia lo status del segretario comunale/provinciale:
- dipende da una apposita agenzia;
- è nominato/revocato dal Sindaco o Presidente della Provincia.
Se ne modificano le sue funzioni, da rappresentante dello stato a:
- compiti di collaborazione e assistenza;
- verbalizzazione di atti;
- funzioni notarili (rogatorie, certificazioni);
- garante della legittimità dell’azione amministrativa;
- gestore di funzioni attribuite dal Sindaco.
Ma la L. 127 / 97 farà discutere per la semplificazione delle norme sulla
documentazione amministrativa e sulle autocertificazioni:
- cambiano le denunce di nascita effettuabili - senza testimoni - in luoghi
anche diversi;
- hanno scadenza illimitata i certificati relativi a stati permanenti (nascita,
morte, titolo di studio, ecc.);
- gli altri hanno validità 6 mesi ma possono essere presentati con dichiarazione
in calce che lo stato dichiarato non è mutato (la firma non va
autenticata);
- la carta di identità può essere rinnovata nei sei mesi che precedono la
scadenza e non porterà più lo stato civile (a meno che non venga richiesto
dall’interessato);
- è abolito il nulla osta del distretto militare sul passaporto;
È abolita la firma autenticata per le autocertificazioni già in corso, cosi
come per le dichiarazioni temporaneamente sostitutive relative a situazioni
varie. Basta la sottoscrizione davanti all’impiegato cui si consegna l’atto, ma
va bene anche l’invio per posta e la consegna a mezzo terzi. Le pubbliche amministrazioni ed i gestori di servizi pubblici non possono
più richiedere certificati di dati già contenuti in documenti d’identità.
Anche per i concorsi pubblici, sparisce la firma autenticata sulle domande,
il limite di età (salvo rare eccezioni).
La L. 191 del 16 giugno 1998 (Bassanini ter)
I punti salienti del terzo documento sono costituiti da:
- delega al governo per una addizionale comunale sull’Irpef. I comuni -entro
il 31 ottobre - dovranno decidere la variazione locale della quota
(max + 0.5% in tre anni);
- nuovo impulso alla semplificazione, con soppressione - ad esempio -dei
procedimenti che comportino per amministrazione e cittadini, costi
superiori ai benefici;
- carta di identità magnetica con funzioni pluriuso ( codice fiscale, ecc.);
- eliminazione dell’autenticazione delle firme per validità documenti inviati
via fax o telematica;
- ampliamento funzioni dirigenti e responsabili dei servizi negli enti locali;
- una serie di norme relative al personale (uffici di staff del sindaco,
concorsi interni, sistemazione inquadramenti difformi);
- riduzione di funzioni di controllo dei revisori dei conti (eliminazione del
parere di "legittimità", l’attendibilità e ridotta al significato contabile
- acquisizione donazioni e alienazione di proprietà comunali senza auto-rizzazione
prefettizia;
- coinvolgimento amministrazioni dello stato nelle conferenze locali dei
servizi;
- estensione alle Ipab delle normative sui controlli degli Enti Locali
- introduzione del telelavoro ed impiego flessibile delle risorse umane.
Ma i "Bassanini" contengono anche altro
Dentro le norme, soprattutto nella L. 59 / 97 c’è anche altro, per esempio:
- trasferimento alle Regioni delle competenze in materia termale;
- la semplificazione per acquisti nonché per accettazioni di eredità e donazioni
per gli enti morali; - la semplificazione delle imposte per la cessione dei beni culturali;
- l’informatizzazione complessiva della pubblica amministrazione e la rea-lizzazione
della rete di sistema;
- obbligo della comprensibilità delle leggi;
- cessione gratuita di beni immobili ( inutilizzati da 10 anni ) dello stato
agli enti locali;
- firma delle convenzioni per il servizio civile delegate al rappresentante
locale del governo.
Ma vi sono anche autentici "lavori in corso" di ampia portata.
Nel settore dei servizi sociali per fare una prima analisi, il D. Lgs, 112/
98, quello del conferimento di funzioni agli enti locali, all’art.128 e seguenti,
definisce la sostanza di "servizi sociali" cambiando la definizione già del
D.P.R. 616/77. Ma - soprattutto - anticipa i contenuti delle proposte di legge
quadro dell’on. Signorino del 23.9.1997 (unificante tutti i disegni di legge
presentati in parlamento) e del ministro Turco del 28.5.1998.
Poiché dalla legge Crispi di oltre un secolo fa, nel nostro paese non si è
piu riusciti a realizzare una legge - quadro delle politiche sociali, se i disegni
di legge citati dovessero non produrre esiti, la normativa del D. Lgs. 112/98
apre comunque scenari inediti e significativi sul fronte degli "ultimi della
fila" e della qualità della vita delle persone nella comunità locale. E questo
mentre la produzione di altre norme arricchisce il panorama complessivo.
Ancora più articolata la realtà in movimento relativa al sistema scolastico.
Le Province sono alle prese con le competenze - assegnate completamente a
Loro - in materia di edifici scolastici della scuole superiori di cui alla L. 23/
96... Con il D.P.R. 233 del 18.6.1998 viene pubblicato il "Regolamento"
attuativo dell’art.21 della L. 59 / 97.
Esso indica le norme per il dimensionamento ottimale delle istituzioni
scolastiche, per la determinazione degli organici, per i processi di conferimento
di personalità giuridica ed autonomia organizzativa, didattica e di ricerca. Il
piano pluriennale provinciale definito entro il 31.12.1998, approvato dalla
Regione entro il 28.2.1999 produrrà effetti dal 1 settembre 2000.
La programmazione dell’offerta formativa è devoluta al sistema delle
autonomie locali. La Regione è il soggetto di indirizzo progettuale e di sintesi,
la Provincia ha la responsabilità della redazione dei piani di dimensionamento,
i Comuni - specie per la scuola dell’obbligo - partecipano al lavoro
istruttorio.
La sede del lavoro è la conferenza provinciale di organizzazione della
rete scolastica. Le soglie di riferimento per il dimensionamento - con alcune deroghe
specificate - tenuto conto delle attuali dimensioni medie degli istituti: 780
alunni per i circoli didattici, 330 per le scuole medie, 685 per le superiori, si
ritengono ottimali.
La banda di oscillazione è tra 500 e 900, con qualche evidente sofferenza
per le scuole medie. II dimensionamento potrà proporre verticalizzazioni
e aggregazioni orizzontali. L’obiettivo è una scelta sostanziale dell’autonomia,
con la ricerca delle condizioni ottimali per il funzionamento (strutture adeguate,
risorse professionali e competenze, know-how, capacità di sviluppare
imprenditorialità e progettazione educativa, gestione ad alto livello dell’offerta
formativa, interazione efficace con il territorio).
Se la scuola diventa azienda, ed il ministero le garantisce i finanziamenti
per i servizi essenziali, significa che diventa protagonista della vita di relazione
locale, non più una realtà chiusa, autoreferenziale, ma aperta, in "rete",
interagente con il comune e la comunità (anche per la necessita di reperire
risorse...). Essa richiede una dirigenza adeguata.
La questione del dimensionamento pone la domanda del riordino dei
cicli scolastici attuali.
Essa è in discussione dal 24 febbraio scorso alla Camera, dove è approdato
anche l’innalzamento dell’obbligo scolastico con l’animata discussione
tra istruzione scolastica e formazione professionale.
Del resto all’istruzione sono già dedicati anche gli artt.135-139 del D. Lg.
112 / 98 ed alla formazione professionale gli artt. 140 - 147 dello stesso
testo. (A proposito di "parità" la 112/98 attribuisce alle Regioni il compito di
versare contributi alla scuola non statale...).
Riguarda le realtà locali anche il disegno di legge licenziato dal Senato
con il quale il personale di comuni e province operante presso le scuole
statali e trasferito allo stato. Si spera con le funzioni annesse ( pulizie ...).
In tale contesto il disegno di legge 1388/97 al Senato, noto come
"Napolitano - Vigneri", di riforma della L. 142/90 non può che attendere che i
paletti si fermino per riscrivere la legge base delle autonomie locali eliminando
pasticci ed evidenziando i punti di forza.
La fatica del cambiamento
È ben vero che:
- ci si muove in una massa normativa gelatinosa e capace di garantire ogni
impunità possibile (questo riguarda sia il funzionamento dei servizi, esigibilità dei diritti ma anche certezza dei doveri compiuti, ma anche -per
esempio - il sistema dell’elusione fiscale);
- la normativa "Bassanini" costituisce una "rivoluzione" di rilevante entità,
espressa in una forma talvolta scoordinata e premessa di difficoltà
interpretative peraltro già evidenziate dalle numerose circolari esplicative
prodotte ed in produzione;
- i Sindaci dei piccoli comuni vivono il duplice effetto della perdita diretta
della gestione (che significa anche contatto diretto con la gente) e del
non aver un organico adeguato alla norma;
- ci sono oggettive situazioni diverse:
1. sia tra comuni di certe dimensioni e comuni di piccole dimensioni. Questi
ultimi sono notevolmente in difficoltà per capacità di risposta ai cambiamenti.
Si pensi alla Provincia di Padova dove i Comuni sopra i diecimila
abitanti sono solo il 16,34% e nessuno - a parte il capoluogo - supera i
20mila abitanti, mentre i comuni sotto i 5mila abitanti sono il 50,96% con
entità anche piccolissime come Barbona (790 abitanti). Gli spazi della L.
142/90 che favorivano le fusioni tra comuni non hanno prodotto risultati,
ma siamo ancora ben lontani anche da soluzioni tipo gli arrondissement
francesi cioè municipalità piccole con servizi di pronta risposta ai bisogni
della comunità (sportello immediato) e funzioni strategiche per aree
sovramunicipali... Anche se accordi di programma, patti territoriali, piani
di zona, si muovono in questo senso;
2. sia tra istituzioni locali e uffici statali, siano essi ministeriali o terminali
locali dei ministeri (per esempio istruzione, poste, finanze, ecc.). I servizi
comunali sono molto più immediati nelle risposte, più in sintonia con
il cittadino, più efficienti nelle procedure di quanto possono fare - al di
la dello loro volontà - gli uffici statali. Inoltre gli uffici statali hanno
personale mal distribuito tra nord e sud;
3. sia tra aree geografiche. L’Italia è infatti un paese per culture, tradizioni
amministrative, modalità di intendere il rapporto con i servizi pubblici,
molto eterogeneo e difficilmente unificabile. Oggi il Nord è fortemente
motivato ai processi di autonomia, il centro e più ancora il Sud vivono la
cultura opposta.
Ogni iniziativa di cambiamento presuppone competenze professionali
ed efficienza dell’apparato amministrativo - burocratico.
Contro ogni resistenza o rinvio dei cambiamenti, la comunità ha - oggi,
con cittadinanza attiva ed istituti di partecipazione sanciti - degli strumenti
eccezionali: - il potere di valutazione di efficienza ed efficacia;
- il potere di verifica e di controllo;
- il potere di denuncia;
- il potere di confronto tra situazioni ed enti.
Un nuovo circuito virtuoso nel paese parte da informazione, responsabilità
e consapevolezza, coscienza civica. Perché ciò avvenga è necessario
l’incrociarsi di due tendenze nuove.
Da parte del legislatore e della dirigenza:
- deve essere portato avanti - con determinazione e nonostante momentanee
difficoltà - un processo sistematico di delegificazione, semplificazione,
efficienza dell’apparato dei servizi pubblici;
- va attivata una cultura positiva dello stato che "si fida" dei cittadini;
- vanno messe in connessione tutte le banche dati di cui già dispone
l’amministrazione senza vessare continuamente i cittadini;
- vanno attivati meccanismi veri di controllo sull’uso scorretto che il cittadino
può fare di questa fiducia dello stato.
Da parte del cittadino e delle comunità locali:
- deve essere ricostruita l’identificazione della comunità nello stato, contro
la cultura della "furbizia" individuale;
- va alimentata la coscienza che i propri diritti cessano là dove cominciano
quelli degli altri. Soprattutto se "gli altri" sono i più deboli, i più poveri,
i non tutelati...;
- va imposta l’attenzione prioritaria all’uso etico di tutte le risorse in quanto
bene non inesauribile di tutta la comunità locale e mondiale (sobrietà
degli stili di vita, sviluppo equo e solidale,...);
- la democrazia - a tutti i livelli - deve diventare più autentica, più capace
di progetto e di controllo;
- non vada chiesto alle istituzioni quanto la società civile è in grado di fare
da sola. È tempo di riscoprire la capacità della comunità di autorganizzarsi;
- va dato tutto il sostegno possibile a quanti - nelle istituzioni - si muovono
con caratteristiche di servizio autentico, sottraendo tempo a se stessi ed
agli affetti familiari, ed innescando processi innovativi.
Lo scenario di fondo:
- lo stato, le regioni, gli enti locali siano sempre più capaci di programmazione, regolazione, armonizzazione, progettualità attorno ai temi complessi
dello sviluppo;
- le gestioni dei servizi pubblici inalienabili sia fatta dalle istituzioni, quella
dei beni meritori sia lasciata all’intervento integrato, senza logiche di pre-varicazione
o di monopolio; quella dei beni di mercato, torni al mercato;
- il "pubblico" (palazzo e società civile) abbia capacita di valutazione,
verifica, qualificazione della spesa, economicità di gestione non fine a
se stessa.
Quanto tempo per vivere i primi frutti?
Il ministro Bassanini ha chiesto alle Prefetture l’invio di tutta la modulistica
adottata dagli enti locali a seguito della semplificazione amministrativa.
Lo ha fatto perché in molti enti, per dare il via al cambiamento, si era
scelta la strada di ... esaurire i vecchi moduli esistenti!
È questo piccolo, ma significativo episodio, che ci dice come il "tempo"
di realizzazione dei cambiamenti sarà direttamente proporzionale alla capacita
dei cittadini di appropriarsi di queste novità e di quelle che verranno nei
prossimi mesi.
Sergio Dugone
Esperto Fondazione "Zancan"