GIORNO DEI MORTII
La nebbia finalmente
si arrende alle strade
di novembre iniziale.
Mi chiedesti perché
autunnale
come un thulle impolverato
mi filtra lo sguardo,
notando come sempre più spesso accada.
E domanda chiede risposta
che non conosco.
Questo bicolore segmento del tempo,
che ora si chiude,
è sconnesso e ammassato
come il terreno giallo
del campo da pallone
sotto milioni di scarpe di gomma
pomeridiane,
il disegno di un mare, roccioso,
isole aride i pochi ciuffi d'erba.
Di un'ineffabile essenza della vita,
distillato d'infimo martirio,
sono dispersi anche i vapori:
non immaginavo cosa fosse
nell'esilio
l'acuta nostalgia d'un grembo,
d'un luogo buio e d'assoluta quiete
che stia alla fine od al principio,
e la cui unica, intima differenza
è questione di temperatura.
II
Un insetto di specie sconosciuta
correva sul pianale del muretto
tra colonne, inni e cantici spirituali.
Correva ... per noi si muoveva appena.
La gente meditava intanto
sul Grande Ritorno
aiutata dall'omelìa.
Poco dopo
l'attesa del corteo fra i sepolcri
indusse miriadi di interrogativi
sul "come va", sugli anni passati,
su ricordi, figli, mestieri.
Testarda,
chiedevi un'indulgenza. Solo un mistico
richiamo
può innalzarsi sopra tanto rumore.
Il fumo, profumato d'oriente, si spandeva
sul sempre più forte vociare di piazza:
le litanie finiscono con un buongiorno
ed un arrivederci,
il corteo benedicente è passato,
lento
come l'insetto che correva sul muretto
spiegando, a chi fosse attento, l'eternità.