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L'azione
svolta dal Governo dell'Ulivo in questi mesi si presta a una duplice valutazione:
ai risultati senz'altro positivi sul piano "straordinario" del risanamento
economico-finanziario si affiancano, infatti, motivi di preoccupazione
sul fronte della attività legislatoria che sta alla base della "gestione
ordinaria" del Paese.
Un'azione di governo seria ed efficace si caratterizza infatti per la volontà e la capacità di tradurre in iniziative legislative concrete quanto previsto nel programma di coalizione: la coerenza dei contenuti programmatici ed il rispetto delle tempistiche ad essi associati costituisce un prerequisito per la credibilità di una coalizione e di chi la rappresenta nelle sedi istituzionali.
I motivi
di perplessità a tal riguardo ci sono ed in abbondanza: né
l'una (coerenza dei contenuti), né l'altra (tempistiche) delle due
condizioni ci pare infatti che siano state, non diciamo conseguite (nessuno
è così folle da pensare che in meno di due anni si sarebbe
potuto fare !) ma neanche perseguite.
Ed
è questo il motivo della attuale amarezza per chi ritiene che un
Governo abbia l'obbligo di lavorare per realizzare il programma elettorale
ed i parlamentari della maggioranza il dovere di stimolarlo in tal senso.
Di seguito si riportano alcune considerazioni che ci paiono giustificare la delusione percepibile per il modo in cui si stanno affrontando quelli che per comune opinione costituiscono alcuni tra i maggiori problemi di questo paese. Ci preme ribadire che si tratta di un contributo, speriamo costruttivo, al dibattito odierno: spunti di riflessione per riprendere con rinnovata vigoria la "Via Maestra" che qualcuno ha probabilmente smarrito !
PREMESSO
CHE:
CI CHIEDIAMO
E CHIEDIAMO:
Gli
indirizzi di tipo legislativo e di politica industriale che il Governo
sta attuando nel settore delle comunicazioni - inteso come l'insieme della
gestione delle infrastrutture tecnologiche di telecomunicazione (i "carrier")
e degli elementi editoriali ed informativi di ogni tipo (i "contenuti")
ad essi associabili - sono motivo di crescente preoccupazione in chi è
convinto che le scelte riferibili a tale comparto travalicano il significato
puramente economico per impattare pesantemente i meccanismi di funzionamento
democratico di un Paese.
Due in particolare i temi che costituiscono ormai un vero e proprio "fronte di allarme":
Andando con ordine, si riportano di seguito sinteticamente quali sono a ns. avviso i punti di maggiore ritardo e/o "inadempienza".
Sfogliando Repubblica giovedì della settimana scorsa, ci si poteva imbattere nelle pagine interne in un sondaggio riguardante il pensiero degli abitanti del nord est sulla secessione dall’Italia. Bene, più del 50% dei contattati, si è detto favorevole a questa ipotesi e inoltre si è dichiarata disposta ad un congiungimento territoriale con l’area austro-tedesca.
Tutto questo ci lascia perplessi e attoniti per due semplici motivi:
L’unico suggerimento che ci sentiamo di manifestare è di applicare in maniera corretta il principio della sussidiarietà, dove questa sta, (in un suo significato), nell’attribuzione dei poteri non partendo dall’alto (come avviene ora), ma dal basso, o meglio in una loro equa redistribuzione.
Partendo quindi dai comuni, bisogna prima investire in tecnologia e risorse umane qualificate per poi valutare a quali compiti amministrativi e costituzionali riescono ad ottemperare.
Di conseguenza, ciò che non si riesce a svolgere in questi, passa a livelli amministrativi più alti per poi finire allo stato centrale.
Così facendo si portano i poteri vicino ai cittadini i quali possono così essere più partecipi alle decisioni delle quali sono primi usufruitori e controllare meglio l’operato di chi li amministra.
Nell'affrontare l'argomento Giustizia vogliamo richiamarci a quello che essendo stato il programma dell'Ulivo, è automaticamente diventato anche un preciso impegno d'ogni candidato.
Nel caso in cui qualcuno n'avesse smarrito il ricordo, crediamo sia opportuno rileggersi la Piattaforma programmatica dell'Ulivo, e in particolare la tesi n° 11 - L'indipendenza della Magistratura e la tesi n° 15 - Far lavorare meglio i magistrati.
Ora, noi riteniamo, in ciò suffragati, purtroppo, da quanto accaduto in questi venti mesi di governo dell'Ulivo, che all'interno della coalizione di maggioranza siano rappresentate anche delle forze che spingono in direzioni diverse.
Il
primo segnale era avvenuto con la nomina di Ottaviano
del Turco alla presidenza della Commissione
Antimafia, nel cui passato di sindacalista d'area socialista non si riscontrava
alcuna conoscenza in materia, a scapito di Pino
Arlacchi, la cui esperienza è stata
da un prestigioso incarico similare all'ONU.
Un secondo passo è stato compiuto con la proposta di riforma dell'art. 513 del codice di procedura penale che, sebbene necessario di un riequilibrio tra i poteri della difesa e dell'accusa, non ha tenuto conto della specificità dei processi mafiosi nei quali la norma ora modificata riguarda al 99% i collaboratori di giustizia. In questo campo, oltre ad una certa miopia di tutti i partiti della maggioranza, si è distinto l'On. Boato reagendo istericamente a tutti i pareri che provenivano dalla magistratura.
Quale sia il vero indirizzo che l'On. Boato vorrebbe assegnare alla giustizia è al momento alquanto confuso… A meno che non si voglia consultare l'organo dell'associazione "Convenzione per la Giustizia - Il Foglio" (finanziato da fondi pubblici) dove assistiamo alla felice convergenza tra Boato, Marcello Pera di Forza Italia, ed un noto moderato come Giuliano Ferrara.
Non ci soddisfa e ci inquieta, inoltre, la proposta della separazione delle funzioni dei magistrati e quella di modifica del CSM, possibile preludio a manovre future che possano portare in seguito ad un controllo politico, più o meno velato, della magistratura.
Riteniamo tuttavia che l'acme sia stato toccato con la vicenda di Cesare Previti.
Pur rispettando il responso di Montecitorio, è lecito tuttavia porre il quesito: è sostenibile che la magistratura milanese perseguiti l'onorevole Previti per tutta quella attività precedente che evidentemente non aveva nulla a che fare con la sua attività politica e parlamentare? Oppure è più verosimile che l'on. Previti, come del resto tanti altri deputati e senatori nella Prima Repubblica, abbia scelto di fare attività politica ed entrare in Parlamento proprio per essere coperto retroattivamente dall'immunità?
In questa occasione sono venuti alla luce numerosi e valorosi combattenti che hanno rivelato una volta di più la loro stoica natura ipergarantista. Ha cominciato l'indomito Boato che ha subito strillato - ancora prima di leggere un solo foglio della richiesta di arresto - contro questa "giustizia ad orologeria"!
A questo si sono accompagnati i voti di una parte cospicua della maggioranza che ha preferito seguire una politica labirintica; alcuni ispirati da Ciriaco De Mita, (vedi i Gargani e gli Zecchino, quest'ultimo autore di un emendamento sulla depenalizzazione del finanziamento illecito dei partiti), altri (Schietroma, Boselli, ecc.…) spinti dal desiderio di rivincita e supportati da un indelebile corredo genetico.
Infine, fulgido esempio di rappresentazione di un voto di coscienza, coloro i quali si sono astenuti (RI ed altri) testimoniando così l'eterno istinto pilatesco di chi probabilmente desidera non schierarsi…
Tutti
costoro hanno giustamente
deciso di opporsi alla pretesa assurda da parte dei giudici di Milano,
di voler applicare la legge anche ai potenti contravvenendo così
ai principi della Costituzione non scritta !
Sappiano
però tutti costoro che, grazie al voto palese, gli elettori li hanno
potuti guardare in faccia e che sapranno ricordarsene al momento opportuno.
Noi non vorremmo che incassato il risultato elettorale, raggiunti i traguardi
economici, alle soglie del nostro ingresso in Europa, rispuntino, appena
rivedute e corrette, le consuete manovre di antica memoria.
P.S. : I Popolari dei collegi XIX e XXI hanno ritenuto di non aderire a questa tesi