Pagina prec. Sommario Pagina suc.

L'intervista a...


Federico Romero
di Adamo Azzarello e Costanza Preti

Federico Romero (Torino 1953), docente presso il dipartimento di Studi di Scienze Sociali di Bologna, ha svolto attività di ricerca presso la Yale University, l’Istituto Universitario Europeo e la London School of Economics. Ha pubblicato “Il sindicato come istituzione” (1981), “Gli Stati Uniti e il sindacaliso europeo:1944-1951”(1989) e numerosi saggi in varie riviste storiche.

* * *

Abbiamo raccolto il suo parere su alcune problematiche della storia contemporanea e del suo insegnamento.

  • Quali sono i problemi che limitano lo studio del secondo dopoguerra; è una questione politica?
    - Credo che non vi siano più molti limiti ormai. Soprattutto dopo che la fine del bipolarismo e, da noi, della “Prima” repubblica hanno segnato uno spartiacque psicologico e culturale. La storia dell’Italia repubblicana o dell’Europa post bellica o della Guerra Fredda, stanno ormai diventando aree di studio ampie e continueranno a crescere.
  • E’ possibile stabilire un confine tra storia e politica, specialmente nel settore contemporaneistico?
    - Non è facile, ma è possibile. In fondo dipende dall’atteggiamento culturale del ricercatore: se gli interessa usare la storia come leva o clava politica (come fanno i media e i personaggi pubblici in genere) o se gli interessa comprendere le radici del presente, magari anche per le sue curiosità o idealità politiche contemporanee. La migliore cartina di tornasole credo sia la seguente: se uno storico \ ricercatore etc. impara dalla ricerca per modificare \ criticare la cultura della propria parte politica siamo nei confini della storia legittimamente intesa. Se impara solo quel che serve a criticare le culture politiche a lui avverse o distanti io sento puzzo di bruciato. Ed a quel punto, ciò che distingue un serio ricercatore da un pubblicista strumentale e interessato è solo il rigore professionale: fondamento indispensabile di cui non ce n’è mai abbastanza.
  • Cosa ne pensa delle cosiddette “fonti alternative” (cinema, fotografia...) utilizzate nello studio della storia?
    - Ne penso tutto il bene possibile per la ricchezza di informazione che contengono e comunicano. Non le ritengo fonti alternative ma complementari ad altre, tradizionali e non. Lamento la rigida lentezza delle nostre strutture universitarie che ne rendono più macchinoso l’uso, perchè i supporti tecnici di ui necessitano non sono così disponibili come le biblioteche cartacee. Immagino che con Cd-rom, Internet e computer, il loro uso si moltiplicherà. Infine constato che, per formazione, troppi studenti hanno scarsa familiarità con un testo scritto e la sua analisi: ciò può sospingere per compensazione verso un uso maggiore di immagini, ma il vero problema è di imparare ad analizzare queste e quelli, senza inventarsi gerarchie di importanza che hanno senso solo caso per caso.
  • Il processo di globalizzazione attualmente in corso ripropone, per altri versi, l’attenzione sui problemi dello sviluppo del Terzo Mondo, trascurati dall’analisi degli studiosi; non sarebbe opportuno adeguare l’insegnamento a tali prospettive?
    - Sarebbe opportuno si, e non solo per quel che riguarda l’ex Terzo Mondo. La dimensione mondiale della storia è cruciale e non da ora. Pian piano si allarga lo sguardo, ma le competenze sono quelle che sono, le resistenze tradizionaliste esistono e le lentezze istituzionali sono ovviamente un freno. Credo che una esplicita e robusta domanda di studi internazionali da parte degli studenti farebbe bene a tutti.
  • Ferma restando la necessità di studiare approfonditamente la storia d’Europa e d’Italia, quali sono le difficoltà ad allargare le prospettive dell’ insegnamento?
    - In parte quelle di cui sopra. Poi l’implicito schema mentale per cui storia d’Europa o d’Italia possano essere viste in separazione dalle altre. Infine le difficoltà materiali: le fonti per fare una tesi sull’Africa non sono dietro l’angolo. Pochi studenti leggono l’inglese, figurarsi il cinese o l’indonesiano.
  • Cosa consiglia agli studenti di storia?
    - Di essere terribilmente curiosi e altrettanto esigenti, con se stessi e con i loro insegnanti: altrimenti è meglio cambiare studi, vocazioni, mestiere.

    L'Orco HomePage Le Riviste E-mail indice Chi siamo download volume


    1