IL MESSAGGIO DELLA
CROCE
CONCEPCION CABRERA DE ARMIDA
INTRODUZIONE
Nel tribunale dell'areopago di Atene si incontrarono per la prima volta la sapienza umana e la Croce.
Paolo era consapevole dell'importanza del momento; cercò allora di introdursi gradualmente nel suo uditorio, gettare un ponte, intavolare un dialogo, cominciando col parlare nel loro linguaggio.
Finché l'Apostolo mantenne il discorso su un piano filosofico, l'assemblea lo ascoltò con attenzione. Molti dei suoi ascoltatori ricordavano di aver udito cose simili nei ragionamenti del loro divino Platone e dei pensatori stoici; ma appena Paolo tentò di passare alla parte centrale del suo annuncio, l'incanto si ruppe.
Quando affermò che Dio ordinava di convertirsi e diceva che un giorno avrebbe giudicato il mondo per mezzo di "un uomo che egli ha stabilito e ha approvato davanti a tutti facendolo risorgere dai morti", subito si diffuse tra i presenti la protesta. Alcuni si burlarono di lui, altri dissero: "Su questo punto ti ascolteremo un'altra volta" (At 17,31-32).
La spiegazione della vita di Gesù, della sua passione, della sua morte e della sua Croce, che Paolo pretendeva di esporre ai filosofi, rimasero nella mente e nel cuore dell'Apostolo disilluso. Non riuscì a completarla.
Questo fu il momento più critico della sua missione.
Paolo lasciò Atene e andò a Corinto, la città più corrotta di tutto l'Impero Romano. con quell'insuccesso aveva imparato una grande lezione: non ricorrerà più alla sapienza umana, ma cercherà solo di presentare con realismo e vigore Cristo, e Cristo crocifisso.
"Quando sono venuto tra voi, fratelli, -scriverà più tardi- per farvi conoscere il messaggio di Dio, l'ho fatto con semplicità, senza sfoggio di parole piene di sapienza umana. Avevo deciso di non insegnarvi altro che Cristo, e Cristo crocifisso. Mi presentai a voi debole, pieno di timore e preoccupazione. Vi ho predicato e insegnato non con abili discorsi di sapienza umana "... (I Cor 2,1-4).
E si realizzò così il prodigio di quella Chiesa di Corinto, famosa fra tutte per la pienezza dei carismi dello Spirito.
... "Cristo mi ha mandato ad annunziare la salvezza. E questo io faccio senza parole sapienti, per non rendere inutile la morte di Cristo in croce. La parola della Croce infatti è stoltezza per quelli che vanno in perdizione; ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio" (I Cor. 1,17-18).
"Parola della Croce", "Potenza di Dio". Questa parola della Croce è la parola che il Padre ha detto al mondo; parola che è l'espressione definitiva dal suo amore per gli uomini.
E' la parola diventata carne, il Verbo, suo Figlio che ci ha amato fino alla morte, e alla morte in Croce.
Parola della Croce, Parola di Dio, della quale Paolo è l'annunciatore.
Oggi questa "Parola della Croce" Dio vuole ripeterla al mondo per mezzo di Concepción Cabrera de Armida (Conchita).
Celebrando il 35 anniversario (la Serva di Dio, morì il 3 marzo 1937) della sua morte, conclusione della sua vocazione nella fase terrena, mi è sembrato opportuno esporre brevemente il punto centrale della sua vita, della sua spiritualità e della sua dottrina o, come si usa dire, "il suo messaggio": un messaggio che, d'altra parte, non è suo, non procede da lei che a sua volta lo ha ricevuto per comunicarlo e donarlo. Perché conchita è prima di tutto e soprattutto:
Una "Parola di Dio rivolta al mondo di oggi".
Qual è questa Parola?
E' Gesù, e Gesù Crocifisso.
La dottrina di conchita e la sua Opera nella Chiesa sono la Dottrina della Croce e l'Opera della Croce.
Non intendo, con questa semplice conversazione, addentrarmi nelle profondità della sua vita spirituale e neanche nelle meraviglie della grazia che Dio ha voluto realizzare gratuitamente in lei. Ancor meno voglio tesserne un elogio che, pur suscitando ammirazione, potrebbe farci sentire più lontani dalla sua persona. E' bello infatti contemplare le vette dei monti, ma non tutti ci sentiamo alpinisti e il contenuto di quell'elogio potrebbe rischiare di risultare estraneo alla nostra vita concreta.
Il mio obiettivo è perciò molto più semplice e pratico. Vorrei rispondere a queste domande:
1) Qual' è la sintesi, l'essenza del suo messaggio spirituale per noi, per tutta la chiesa, per il mondo?
2) E' possibile realizzarlo? Come possiamo incarnarlo nella nostra vita?
Il messaggio di Conchita al mondo è la Croce. Ciò è reso manifesto proprio dal suo nome di Grazia, nome nuovo che Dio le ha imposto e che indica il significato della sua predestinazione e della sua vita.
"Tu ti chiamerai Croce di Gesù, perché qui c'è la sorgente di tutte le grazie che hai ricevuto" (CC. 24/85).
Segno evidente, indiscutibile dell'azione di Dio nella storia è l'opportunità, la provvidenzialità del suo intervento.
Dio infatti non arriva mai né prima né dopo. Il tempo e il momento, il contesto (Kairòs) sono nelle mani del Padre.
Il messaggio della Croce è di una attualità sempre viva, non perché il mondo sia disposto ad ascoltarlo, ma perché esso ne ha un immenso bisogno.
La Croce è il simbolo della Redenzione, è il segno dell'unica e vera salvezza del mondo. E' immagine sensibile e sintetica della nostra fede, segno misterioso e distintivo del cristiano, che tracciamo sopra di noi nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito.
E' di vitale urgenza avere una chiara coscienza di ciò che significa la Croce, di ciò che essa realizza nel mistero dell'uomo.
Ma in questo mondo nel quale si dice che "Dio è morto", la Croce di Cristo è diventata incomprensibile, assurda, senza significato.
Parlare di redenzione, di penitenza, di espiazione "è passato di moda e dà l'impressione di un mondo mitologico che deve essere superato".
Questo accade quando si parla molto di "liberazione" e ciò trova risonanza in una visione pseudo-teologica della realtà terrena.
L'idea di un "riscatto" dell'uomo che sarebbe prigioniero e alienato, colpisce l'"adulto" che è arrivato alla maturità e che si afferma sempre di più nel suo dominio dell'universo.
"L'uomo moderno -diceva Leòn Brunschvicg - non ha bisogno di redenzione".
E tuttavia la Croce è la "Sapienza e la Potenza di Dio", centro del suo disegno di salvezza, cuore dell'annuncio kerigmatico; ma è anche "scandalo e stoltezza" (I Cor. 1,23).
Come presentare in poche parole le ricchezze inesauribili che Dio
ha affidato a Conchita?
PRIMA PARTE
L'ESSENZA DEL MESSAGGIO
Sarebbe ridicolo pretendere di sintetizzare in poche parole la ricchezza dottrinale contenuta nelle migliaia di pagine scritte da Conchita. E' tuttavia necessario trovare una formulazione stringata, e in un certo senso intuitiva, tanto per la comprensione personale come per la proclamazione e la comunicazione agli altri della spiritualità della Croce.
Molte volte ho riflettuto su questo problema senza risolverlo; poi, all'improvviso, è arrivata la soluzione. E' una cosa tanto chiara, così evidente, che proprio per essere sotto i miei occhi non l'avevo notata.
Abbiamo detto che il messaggio di Conchita non è suo, è Parola di Dio: quindi dobbiamo considerare le circostanze storiche e concrete del messaggio divino.
Come parlò Dio a Conchita?
L'"esperienza spirituale" del contatto col Dio vivo è indicibile; è inutile tentare di ridurla in concetti o schemi che, necessariamente tradiscono la realtà. Perciò Dio parla all'uomo usando "simboli" che sono mezzi di comunicazione concreti, vitali, ed entrano in sintonia con l'uomo nella sua integralità perché coinvolgono allo stesso modo la sua intelligenza, ma anche l'emotività, la fantasia e la sensibilità.
Basta ricordare i grandi eventi della Rivelazione come la visione di Isaia: "ho visto il Signore. Stava seduto sul suo trono molto in alto e il suo mantello scendeva giù e riempiva il tempio. Attorno a lui stavano esseri simili al fuoco... Gridavano l'un l'altro: 'Santo, Santo, Santo è il Signore dell'Universo'(Is 6, 2-6)" o come la visione di Ezechiele: "Vidi un uragano venire dal Nord. In una grande nube, tutta circondata da bagliori, lampeggiavano fulmini... Al centro della nube vidi quattro figure che sembravano esseri umani...Quegli Esseri viventi sembravano carboni ardenti...Questo splendore era come il riflesso della gloriosa presenza del Signore" (Ez 1).
Anche Conchita ebbe una visione. La sua importanza è decisiva, non per il suo carattere carismatico, ma perché costituisce un intervento diretto, è il linguaggio e comunicazione di Dio.
"Questa mattina, dopo aver fatto la Comunione, mentre ero raccolta a pregare nella Chiesa dei Gesuiti, tutt'a un tratto ho visto qualcosa di cui non capivo il significato: era come un immenso quadro di luce vivissima, ancora più risplendente all'interno, addirittura accecante al centro. Era una luce bianchissima; e sopra questo splendore dai mille raggi d'oro e di fuoco, vidi una colomba bianca, con le ali aperte che abbracciavano, non so come, tutto quel torrente di luce. Vidi tutto ciò molto chiaramente, perché era luce, ma compresi che si trattava di una visione ancora oscura, troppo elevata" (Apost. d. Croce 1/1).
L'importanza di questa prima visione è determinante, come spiegherò poi. Ma ora continuiamo con il racconto:
"Due o tre giorni dopo questa visione - ero ancora, un pomeriggio, nella stessa Chiesa dei Gesuiti: che felice pomeriggio! - Improvvisamente vidi di nuovo una colomba bianca, come immersa in un grande fuoco, che emanava raggi splendenti, chiarissimi e scintillanti. Al centro di questa luce c'era la colomba, bianchissima, sempre con le ali spalancate, e sotto di lei, in fondo a questa immensità di luce, stava una grande Croce, molto grande, con un Cuore in mezzo che irraggiava splendore.. Sembrava fluttuante in un crepuscolo di nubi infuocate. Da sotto la Croce si dipartivano raggi di luce a migliaia; ma non si confondevano con la luce bianca della colomba né col fuoco delle nubi" (Apost. d. Croce 2/2).
Questa immagine simbolica, linguaggio del Dio vivo, è l'espressione sintetica di tutto il messaggio della Croce. Una Croce strana, senza Cristo - con al centro solo un cuore trafitto - coronata da una colomba bianca.
In questo simbolo, che ci è stato presentato col nome di "Croce dell'Apostolato", si trova allo stesso tempo come in un germe, tutto il messaggio, tutta la vitalità e tutto lo Spirito della Croce.
Qual'è il significato di questo simbolo di Dio?
"Questa Croce...è molto ricca, a tal punto che nessun mortale arriverà a comprenderne il valore..."
Gli elementi che la compongono sono:
Lo Spirito Santo
La grande Croce
Il Cuore trafitto
La piccola Croce che incorona il cuore, e tutto questo nello splendore della Gloria.
Importanza della prima visione
Il simbolo dello Spirito Santo al centro degli splendori della luce è il fondamento che ci dà la chiave di tutto.
Il messaggio della Croce è prima di ogni cosa Amore, solo amore, sempre amore. Amore del Padre e del Figlio. Amore personale di Dio. Lo Spirito Santo è il motivo per cui Dio agisce "ad extra", verso l'esterno; è il motivo che lo fa agire e lo fa "uscire da Sé", per diffondere la sua bontà. Lo Spirito Creatore - "Veni Creator Spiritus", Vieni Spirito Creatore invocato nel canto liturgico - creò l'universo aleggiando sul caos come un vento impetuoso. Così il libro della Genesi racconta la formazione del mondo.
Lo Spirito di Vita torna a creare l'universo distrutto dalla mancanza di amore dell'uomo mettendolo alla prova sulla croce di Cristo.
La storia dell'uomo è una "storia di salvezza".
Questo presuppone necessariamente che l'uomo sia decaduto, che gli manchi l'essenziale; chiudendosi volontariamente all'amore di Dio, egli si è condannato alla propria miseria, alla propria finitezza separandosi dalla vita si è condannato alla morte.
Ma "l'amore è forte come la morte. E' una fiamma ardente come il fulmine (fuoco del Signore)" (Ct 8,6).
"Dio, infatti, ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito" (Gv 3,16).
Lo Spirito Santo, Amore Personale di Dio, è la spiegazione e la chiave di tutta la storia della salvezza. Al centro di questa storia si eleva una Croce grande, molto grande.
La Grande Croce
Questa Croce, che abbraccia il tempo e lo spazio, è simbolo della "condizione umana" storica.
La Croce non è opera di Dio.
La Croce è opera dell'uomo.
Che senso ha l'esistenza umana?.
"L'uomo si affligge al pensiero del dolore che si avvicina, della morte con la dissoluzione del corpo. Ma il suo massimo tormento è il timore che il tempo finisce per sempre" (G.S.18).
Tutte le filosofie che escludono l'immortalità, prima o poi arrivano a scontrarsi col muro della morte e devono concludere, insieme ad un certo tipo di esistenzialismo contemporaneo, che l'uomo è un assurdo, che è un "essere-per-il-nulla".
Comunque sia, che lo voglia o no, l'uomo s'incammina verso la Croce, segno di morte, segno dell'assurdo.
"Al centro della Croce, un Cuore"
"Un Cuore non dipinto, ma vivo, palpitante, di carne; come glorificato, superiore ad ogni virtù, calore e vita".
Questo aspetto del simbolismo è particolarmente suggestivo.
Una Croce strana, una Croce senza Cristo.
Questo fatto suscitò inizialmente delle perplessità in alcuni specialisti che giunsero a dubitare della sua ortodossia e della sua credibilità, invece, il linguaggio di Dio è trasparente. Chi non comprende il significato del Cuore? Chi, vedendolo, non intuisce che è il Cuore del Verbo fatto carne? Il Cuore di Gesù? Al centro della nostra Croce è l'espressione della sublime semplicità dell'estetica divina, della profondità del mistero della nostra liberazione. Solo l'amore autentico scende fino nell'abisso della miseria dell'essere amato.
E Gesù "avendo amato i suoi, li amò fino alla fine" (Gv 13,1).
L'aspetto indescrivibile di questo amore è che Cristo si "compromette" di persona e definitivamente nel nostro destino. "Cristo, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile all'uomo" (Fil 2, 6-7).
Cristo abbracciò la condizione umana ridotta alla miseria perché si era allontanata da Dio. Il Cuore al centro della Croce è il mistero dell'incarnazione (Kenotica).
Gesù è pienamente uomo perché sperimenta il dolore, e questo rimanda ad un'unica spiegazione: l'amore, che lo conduce alla perfetta comunione e alla più profonda solidarietà con l'uomo.
Nella sua libertà di amore, Cristo decide di scendere nella perdizione del mondo. Gesù non è venuto per eliminare il dolore, ma per illuminarlo, per trasfigurarlo.
Il Cristianesimo non è una religione che vuole eliminare il dolore da questo mondo, o una filosofia che invita a vedere nel dolore "in quanto tale" una valore positivo, o che addirittura invita a cercarlo o predica di compiacersi in esso.
Il cristianesimo è la religione che "trasfigura il dolore".
Solo l'amore è capace di conferire al dolore un significato e un senso diverso.
Solo l'amore del Figlio di Dio può trarre la vita dalla morte.
"Gesù rende viva questa stessa Croce, perché - mi ha detto - Egli non può separarsi né dal suo Cuore, né dalla sua Croce" (Apost. d. Croce 40/38).
"Un Cuore Trafitto".
"Su questa Croce c'è il Cuore che più ama e più soffre. Io non compaio sulla Croce, ma vi lascio tutto il mio amore, tutto il mio dolore, entrambi infiniti, rappresentati dal mio Cuore, sorgente di tutto il bene, di ogni luce, grazia e misericordia" (Apost. d. Croce 45/43).
Amore è donarsi, darsi totalmente fino alla completa consumazione.
"Uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua" (Gv 19,34).
L'abbandono completo coincide con la fecondità inesauribile. Dal cuore trafitto di Gesù sgorga l'acqua viva dello Spirito Santo e il sangue che è espiazione, purificazione e comunione della vita di Dio, sangue dell'alleanza definitiva.
"Secondo la prospettiva biblica, ma anche in una prospettiva umana, il cuore è il vero centro dell'uomo corporeo e spirituale, ed è, per analogia, il centro di Dio che si apre all'uomo.
Aprire il cuore vuol dire allora mettere a disposizione quanto c'è di più intimo e personale. Tutti possono entrare in questo ambito aperto e vasto."
"La Croce del Cuore"
"La Croce era in alto, sullo sfondo del cielo, e al centro di questa Croce c'era un Cuore circondato di fiamme; e sopra questo Cuore era conficcata una piccola Croce all'interno di un fuoco fiammeggiante (St. RR. d. Croce, p.25).
Se la Croce grande è la nostra che Gesù ha fatto propria per solidarietà d'amore, la Croce piccola è quella propria ed esclusiva di Cristo, ed in essa è rinchiuso il mistero della Redenzione.
La Croce piccola è la Croce interiore spirituale.
Cristo è l'evento centrale e decisivo di tutto il disegno con il quale Dio vuole attrarre l'uomo nella comunione con sé.
Cristo è l'alleanza di Dio con il mondo, manifestata nell'attività del Dio-Uomo.
Dal momento che la Persona del Figlio di Dio ha fatto sua una natura umana concreta, storica, un cuore perfettamente filiale ha palpitato per Dio nel mondo.
Non basta che Cristo si sia fatto solidale con l'uomo; è necessario che l'uomo corrisponda all'amore del Padre, assumendo l'atteggiamento fondamentale della creatura davanti al suo Creatore, del figlio di fronte al Padre.
Se il peccato è stato un NO dell'uomo, la salvezza è un SI' incondizionato di obbedienza nell'amore, nella fiducia assoluta, nell'abbandono, nel dono totale.
Cristo pronuncia il SI' che ci salva a favore dell'uomo che si è allontanato da Dio. Ma questo SI', che sgorga dalla pienezza dell'amore filiale, è misterioso e profondamente intriso di dolore.
E' la Croce del suo Cuore.
"La Croce che trafigge il mio Cuore simboleggia la Croce interiore di cui mi sono caricato fin dal primo istante della
Incarnazione nel seno di mia Madre. Entrambe sono preziose e la Croce grande attrarrà le anime alla Croce interiore conosciuta e gustata solo da pochi" (Apost. d. Croce 42/40).
Gesù soffre perché ama veramente, perché questo dolore è semplicemente una forma di amore.
Egli ama suo Padre e soffre vedendolo offeso dall'uomo.
Ama l'uomo e soffre perché il peccato, la privazione di Dio, è il male unico e vero dell'uomo.
Solo per amore Gesù ha voluto sperimentare l'esistenza umana "dal di dentro", per redimerla e sanarla "dal di dentro"; ed ha voluto porre l'accento decisivo sul punto nel quale l'uomo peccatore e mortale giunge al momento terminale: la morte.
Cristo la chiamò "la sua ora".
Egli affrontò liberamente la propria morte - "Nessuno mi prende la vita; sono io a donarla" - un perfetta obbedienza al mandato di suo Padre. La sua missione può essere compiuta solo nell'incontro risolutivo e tragico con la morte e nella consegna totale nelle mani del Padre col dolore del suo misterioso abbandono: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Mt 27,46).
"La Redenzione si realizzò soprattutto per mezzo della Croce interiore".
E questa libertà, questa fedeltà, questo amore, fanno della sua morte un sacrificio che è l'atto supremo della relazione dell'uomo con Dio; sacrificio vero e unico che sigilla l'alleanza definitiva tra suo Padre e gli uomini.
La Croce del Cuore è una Croce eminentemente Sacerdotale.
La Gloria
"Questa Croce l'hai sempre vista elevata in gloria tra nubi di luce e di fuoco".
La Croce dell'Apostolato è una Croce gloriosa. "Cristo si fece obbediente fino alla morte e alla morte di Croce, per questo Dio l'ha esaltato". La gloria è la presenza della maestà luminosa del Signore nella sua alleanza.
E' l'amore di Dio che risplende sul volto di Cristo. La gloria di Dio, infatti, non consiste nell'autoglorificarsi, ma nel dare, comunicare, diffondere la propria bontà.
La gloria che avvolge la Croce dirige il nostro sguardo verso lo Spirito che la incorona e la completa.
Se l'amore è il fondamento della Croce, al medesimo tempo ne è il compimento. Se Cristo muore è per darci la vita. Se "per lo Spirito Eterno si è offerto immacolato a Dio", è per diffondere in tutto il mondo lo Spirito Santo.
Lo Spirito Santo può regnare solo per mezzo della Croce di Gesù.
Per questo S.Giovanni, con un'espressione oscura, ci dice che quando Cristo inclinò il capo, emise, trasmise, comunicò il suo Spirito.
La Croce è la fonte di acqua viva che sgorga fino all'eternità.
"Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me" (Gv 12,32).
L'amore comunicato a tutti gli uomini riuniti nella sua Croce, è la gloria di Dio.
Dopo queste brevi riflessioni, possiamo allora interrogarci: qual'è l'essenza del messaggio della Croce che Dio ha comunicato a Conchita?
Cosa significa questa Croce grande con il suo Cuore al centro, coronata col simbolo dello Spirito?
Significa:
1) Che la Croce ha mutato significato, che il dolore e la morte non sono più maledizione, condanna, assurdità.
Che la sofferenza umana ha un valore positivo, un valore di salvezza. Che la Croce costituisce "l'origine prima" della liberazione definitiva per l'uomo e per l'universo.
Che il regno dell'amore di Dio, il regno dello Spirito Santo può essere raggiunto solo attraversando un unico percorso: la Croce di Gesù.
"L'Opera della Croce viene a rinnovare la devozione allo Spirito Santo e ad estenderla su tutta la terra.
Quando lo Spirito Santo regna nella anime, il Verbo sarà conosciuto e onorato: ciò avverrà dopo che la Croce avrà impresso un nuovo impulso alle anime, rese più spirituali dall'Amore divino.
In proporzione all'avvento dello Spirito, il secolarismo che oggi domina la terra, andrà scomparendo; nessuno abbraccerà la Croce se prima lo Spirito Santo non avrà preparato il terreno.
Per questo lo Spirito ti è apparso prima della Croce; per lo stesso motivo Esso è posto sopra la Croce dell'Apostolato" (C.C. 35/70, 1911).
2) Significa poi che la Croce dell'Apostolato, la Croce della "missione del Figlio", inviato dal Padre, è il simbolo di Cristo che con la donazione di sé nell'obbedienza filiale ha ottenuto la nostra salvezza.
La Croce del Cuore è il simbolo di Gesù Sacerdote e Vittima "che con uno Spirito Eterno offrì se stesso senza macchia a Dio" (Eb 9,14).
3) Significa, infine, che questa Croce ha un solo scopo: "la gloria di Dio nella salvezza degli uomini". Si tratta, pertanto, di una croce che è essenzialmente apertura, dono, oblazione "a favore di tutti". Una Croce "estatica" che fa uscire da sé stesso; relazione pura con Dio e con gli uomini.
Questa Croce ci invita e ci impegna a realizzare nella nostra vita
ciò che essa rappresenta.
SECONDA PARTE
VIVERE IL MESSAGGIO
Il dialogo che il Dio vivo intrattiene con l'uomo non si limita a illuminare la sua intelligenza, ma si propone di suscitare la risposta del suo amore.
Il Cristianesimo non è soltanto una dottrina, è anzitutto vita.
Il messaggio chiede, esige di essere vissuto.
La scoperta della Croce di Cristo e del valore della sofferenza coinvolge l'uomo nel seguire la strada di Gesù.
L'amore non attende altra ricompensa che l'amore reciproco; perciò Dio, come risposta al suo amore, pretende solo che noi gli diamo il nostro amore "non a parole, né con la lingua, ma coi fatti e nella verità" (1 Gv 3,18).
Così tutta la vita di Conchita non ha fatto altro che realizzare in se stessa il mistero della Croce di Gesù: "Io sarò la tua Croce".
E'interessante vedere come gli asceti e i mistici usino simboli per esprimere le proprie esperienze e il loro cammino spirituale verso Dio.
S.Teresa di Gesù, ad esempio, parla di un palazzo di cristallo composto da diverse dimore che vanno interiorizzandosi; S.Giovanni della Croce usa l'immagine della salita alla santa montagna del Carmelo e della trasformazione in una Fiamma Viva.
Per Conchita il cammino verso Dio consiste nel realizzare in se stessa la Croce dell'Apostolato, seguire il sentiero della Croce con l'illuminazione e la spinta dello Spirito Santo, riuscire ad essere una Croce vivente per potersi trasformare nel Cuore che si trova al suo centro.
Un cammino: essere Croce vivente.
Una meta: essere Gesù nell'intimo.
Un fine: continuare l'opera di Gesù.
"Io penso che le anime sarebbero perfette se assomigliassero a questa Croce, sempre protette dallo Spirito Santo. Essere simili al Cuore di Gesù, avere nel cuore i medesimi sentimenti di amore, dolore, volontà ...salvando le anime!" (Apost. d. Croce 40/38).
Ogni forma di santità è una "imitazione di Cristo" o, meglio - poiché la parola imitare può far pensare all'idea esteriore di una semplice copiatura - è "una trasformazione in Cristo".
Gesù è un ideale trascendente, irraggiungibile, e per questo nel seguirlo ci possono essere numerosi stili con diversità di sfumature. I molti misteri di Cristo suggeriscono altrettanti ideali di santità: Betlemme, Nazaret, il Cenacolo, il Calvario danno origine a svariate scuole di spiritualità.
Quale dei misteri di Gesù costituisce l'ideale di Conchita?
A prima vista sembra che si tratti di Gesù Crocifisso e che il Calvario sia la santa montagna su cui Conchita avrebbe desiderato rimanesse per sempre stabilendovi la sua tenda.
Invece c'è qualcosa di ancor più caratteristico. I misteri possono essere diversi, ma Gesù è sempre lo stesso. C'è qualcosa che racchiude in sé il segreto di Gesù ed è la sua attitudine a donare e offrire se stesso al Padre; questa attitudine è il riflesso nella sua psicologia umana di ciò che costituisce la sua stessa essenza di Verbo nella Trinità, perché il Verbo è una Relazione Sussistente, un'apertura assoluta.
Il Figlio è per natura "tutto-per-il-Padre".
Ebbene: secondo il disegno salvifico in questo ordine storico, l'unico efficacemente voluto dal Padre, si richiede che questo dono e questa offerta assumano i modi della immolazione e del sacrificio che si consuma sulla Croce.
L'ideale che Conchita propone ai cristiani è la trasformazione in Cristo Sacerdote e Vittima per l'azione dello Spirito Santo, verso la gloria di Dio, nella salvezza degli uomini.
Il mistero di Cristo Sacerdote è insondabile.
La spiritualità della Croce cerca di penetrare e far suo, in modo essenziale, l'aspetto più intimo di questo mistero, che Dio stesso ci rivela con la sua parola.
Cristo, secondo la lettera agli Ebrei, è l'unico e vero Sacerdote perché non offre qualcosa di sostitutivo o di rappresentativo, ma offre proprio se stesso (Eb 10, 5-9), e si dona immacolato a Dio nell'amore.
Cristo è nel medesimo tempo il Sacerdote e la Vittima che, "esercitando il sommo e unico sacerdozio mediante il dono di se stesso, superò, dando loro compimento, tutti i sacerdozi rituali e i sacrifici dell'Antico Testamento, incluso quello dei gentili"
(Sinodo '71, Il Sacerdozio ministeriale I,1).
Questo atto di donazione, di abbandono incondizionato, di risposta al Padre nell'obbedienza e in umiltà, espressione della sua assenza di figlio integrata nella psicologia umana, a favore degli uomini, è il fondamento, l'esempio e il modello del "vivere la Croce".
Pertanto la Croce non costituisce un caso di abbandono fatalistico al dolore, né l'accettazione della sofferenza come se fosse un valore per se stessa, né l'aspetto puramente negativo della morte del Signore, ma è "l'amore spinto fino all'estrema conseguenza".
Per arrivare a questa meta esiste una sola strada. Per giungere al cuore è necessario salire con fatica sulla croce. Dopo la Pasqua di Cristo una illusione minaccia tutti noi: se Cristo ha preso su di sé i nostri peccati e ha pagato con un prezzo infinito i nostri debiti, non è più necessario soffrire né morire, e noi possiamo limitarci a essergli grati godendoci i frutti del suo sacrificio.
L'uomo è istintivamente ("nemico della Croce di Cristo") e al giorno d'oggi cerca sempre più di negarle valore e di svuotarla di senso. E questa mentalità si diffonde contaminando il clima spirituale.
Con il pretesto di una falsa "spiritualità pasquale" si pone un velo sul valore della sofferenza e si mette in discussione il senso del sacrificio, svuotando così il Vangelo della sua sostanza e della sua efficacia.
La spiritualità della Croce viene a liberarci della nostra meschinità e della nostra vigliaccheria.
La Fede Pasquale non consiste nell'addolcire, aggirare, svuotare il senso della Croce, ma nel percepire il suo significato, nel superare lo scandalo che essa suscita a prima vista. Avere una corretta mentalità da discepolo del Risorto significa essere capaci di predicare la morte e la Croce di Cristo, nella convinzione di aver vinto il timore dell'insuccesso. E scoprire la vittoria nella disfatta, e contemplare la gloria che s'irradia dalla Croce.
Questo è il grande insegnamento di Gesù risorto: "Bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella gloria, così è scritto" (Lc 24, 26-46).
Essere discepoli di Gesù comporta la disponibilità all'offerta della propria vita: "Rinunciare a se stesso" e portare la Croce.
"Poi, a tutti diceva: se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua" (Lc 9, 23).
Cristo parla con un realismo che atterrisce. Qui non si tratta di partecipare con figuranti penitenziari ad una processione del venerdì santo; si tratta di una realtà tragica. Gesù si riferisce al momento in cui il condannato alla morte in croce si carica sulle spalle il legno del patibolo e inizia il terribile cammino attraverso la folla che grida e impreca, che lo aggredisce con insulti e maledizioni.
L'amarezza di questo cammino sta nella sensazione di essere condannato senza che nessuno abbia pietà di te e nell'esperienza di essere esposto indifeso all'aggressione e al disprezzo.
Tutti quelli che vogliono seguirmi - dice Gesù - bisogna che attraversino una vita difficile come il cammino della passione di chi marcia verso il supplizio.
La Croce è scandalo, provoca rifiuto ed opposizione all'uomo di mentalità borghese ed egoista.
Cristo è terribilmente "impegnativo" e nessuno può evitare il dovere di riprodurre se stesso a sua immagine - poiché Cristo e il cristianesimo sono una medesima realtà - nella consapevolezza che probabilmente sarà considerato come un nevrotico superato e fuori moda.
Rispondere alla richiesta di Cristo di prendere la Croce comporta due tappe, due momenti:
- capire il suo valore positivo, il suo valore salvifico, e accettarla di conseguenza
- scoprire che questo valore scaturisce dalla donazione sacerdotale di Gesù nell'amore e nell'obbedienza e quindi tendere ad una "identificazione progressiva" col suo cuore, con i suoi sentimenti più intimi.
1) "L'azione salvifica della Croce ha come fine spirituale quello di far conoscere il valore del dolore, le ricchezze e l'unica reale felicità che si genera solamente nella profondità del sacrificio volontario, disinteressato e amorevole, insegnando ad unirlo alla sofferenza salvatrice del Cuore Divino di Gesù".
"La vocazione dell'Apostolato comporta anzitutto che si prenda la Croce, seguendo il suo itinerario".
"Mi espresse il suo desiderio: che le anime non sprechino il significato delle proprie pene e dei dolori, ma gli restituiscano valore unendoli ai suoi".
Tutto ciò è di una vitale attualità. Mai il mondo ha sofferto come oggi e mai come adesso tutta questa sofferenza si rivela inutile.
"Il mondo attuale è posto sotto il segno della Croce, ma disgraziatamente non è la Croce di Gesù, perché si tratta di una Croce senza amore"
Ogni dolore umano deve essere trasfigurato facendogli assumere un valore salvifico.
Questo è il Vangelo, la "Buona Novella" della Croce.
La Croce da sola non può essere accettata, e tanto meno desiderata e amata; per questo "si presenta con un cuore".
"Il mondo rifuggiva la Croce perché la vedeva solo con l'aspetto del dolore e della ripugnanza che esso suscita. Perciò oggi si presenta la Croce dell'Apostolato, vale a dire la Croce col mio Cuore: per mostrare che la Croce non è mai sola, ma che porta sempre, inchiodato in modo inseparabile il cuore di un Dio, la sua misericordia, il suo amore".
"Il mio Cuore in Croce, attirerà le anime alla sofferenza per mezzo dell'amore".
"Il dolore è un tesoro nascosto che finalmente va rivelato al mondo, ingannato e sommerso dall'edonismo, dalla ricerca del piacere".
"La Croce, da sola, spaventa e fa tremare, ma il cuore fissato in Essa attrarrà soavemente le anime facendole innamorare del dolore".
"Voglio mostrare al mondo che la Croce non è mai sola, ma che è inseparabile dal cuore di un Dio-Uomo".
"Il Cuore è sulla Croce...per insegnare al mondo che se desidera arrivare al Cuore di Gesù non basta un amore di tipo umano, ma occorre unire l'amore al dolore, come è caratteristico dell'amore vero".
Solo lo Spirito Santo fa maturare l'intelligenza della Croce dandole un significato pieno; infatti "l'uomo naturale non comprende le cose dello Spirito di Dio; esse sono follia per lui" (1Cor 2,14).
"Gesù mi ha spiegato come e perché lo Spirito Santo rivaluta questa Croce: perché l'anima, che è stata creata per la felicità, istintivamente rifiuta il dolore che è castigo per il peccato, e solo con l'aiuto e la grazia dello Spirito Santo può amare e santificare la Croce e perfino farsene carico con gioia ad imitazione di Gesù (Sp. RR. della Croce, p.25).
2) La spiritualità della Croce non si esaurisce nella percezione "del valore salvifico" della sofferenza accettata per amore, ma va oltre, fino alla stessa sorgente da cui è scaturita la meravigliosa trasformazione: il Cuore di Cristo Sacerdote dal quale il cristiano riceve nell'intimità del proprio essere la chiamata della conversione in Cristo, per continuare il suo "dono di sé" a favore degli uomini.
"Cristo Signore fece del nuovo popolo 'un regno e sacerdoti per il Dio e Padre suo'.
Infatti, per la rigenerazione e l'unzione dello Spirito Santo i battezzati vengono consacrati a formare un tempio spirituale e un sacerdozio santo, per offrire, mediante tutte le opere del cristiano, spirituali sacrifici...i discepoli di Cristo offrano se stessi come vittima viva, santa, gradevole a Dio (Lumen Gentium, 10).
Il Cristiano esercita il suo sacerdozio con la donazione di sé con la vita quotidiana: consegna al Padre, con Cristo, nello Spirito Santo, la propria persona, il proprio lavoro nel mondo, secondo uno stile di vera fraternità umana che unifica a Cristo nell'amore.
Questo sacerdozio spirituale è caratterizzato da:
* un principio: l'amore
* un'essenza: la donazione di sé
* un fine: la gloria di Dio nella salvezza del mondo.
"Il fondamento esistenziale di questo sacerdozio è costituito dalla donazione che Cristo ha fatto di sé e che con Cristo facciamo di noi stessi".
Perché ciò si avveri come un fatto autentico e non si mortifichi in un semplice gioco di parole, occorre che il cristiano si identifichi realmente con Gesù, perché Cristo è il Sacerdote Unico e l'Unica Vittima accetta al Padre.
Il Battesimo realizza una trasformazione radicale che esige da noi una identificazione progressiva, finché arriviamo "allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo" (Ef 4,13).
Questa identificazione si attua avendo "gli stessi sentimenti che furono in Gesù Cristo" (Fil 2,5); diventando "vittima con Lui" nella purezza e nel sacrificio; essendo "sacerdoti con Lui" con lo stesso amore, nell'unità e nell'obbedienza.
Questa unione diventa perfetta quando si realizza una "Mistica Incarnazione" in virtù della quale Cristo prende possesso definitivo dell'uomo continuando così il suo sacrificio per la salvezza del mondo.
E' una spiritualità essenzialmente aperta perché donata, impegnativa e oblativa.
L'Incarnazione Mistica è la grazia fondamentale nel caso di Conchita.
"Incarnandomi nel tuo cuore, ti trasformo in Me sofferente. Devi vivere della mia vita, e così sapere che il Verbo si è incarnato per soffrire".
"Da quando mi sono incarnato nel seno purissimo di Maria ho acquistato grazie e allora desidero che tu, trasformata in me, e vivendo della mia vita, ottenga le medesime grazie. Devi dimenticare te stessa. Offri ogni cosa per la salvezza delle anime.
Donati alle anime come io mi sono donato con amore, con sacrificio e incessantemente" (C.C. 22/203).
Non si tratta di una spiritualità basata sul sentimentalismo, sui sensi di colpa, consolatoria su un piano puramente emotivo; ma è una spiritualità che ci associa e ci compromette rischiosamente nella missione redentrice di Cristo. E' una spiritualità prevalentemente apostolica a favore di tutti, ma specialmente dei preti perché sono loro "che insegnano ai fedeli ad offrire al Padre la Vittima Divina nel sacrificio della Messa ed a fare unità con Essa, donando la propria vita" (P.O. 5).
Chi non si rifiuta di guardare il panorama della vita terrena con i suoi profondi abissi di odio, disperazione, infamia, e chi, pertanto, non si chiude di fronte alla realtà, difficilmente cercherà di crearsi un cammino di salvezza puramente individuale, a proprio uso e consumo, senza preoccuparsi del destino di tutti gli altri.
Poiché Gesù ci ha amato fino a dare la sua vita per noi, allora noi possiamo salvarci solo insieme ai nostri fratelli; e nessuno può rinunciare alla parte di dolore e di patimenti che gli tocca soffrire a beneficio degli altri.
"In unione con me, offri te stesso e offrimi in ogni istante all'Eterno Padre, per la sua gloria e la salvezza delle anime".
Un'ultima questione: esiste qualche relazione tra la Spiritualità della Croce e la Vergine Maria?
Se la Spiritualità della Croce orienta alla perfetta identificazione con Cristo, Sacerdote e Vittima, per collaborare con Lui nell'opera di glorificazione del Padre per la salvezza delle anime, è evidente che la Vergine Maria costituisce modello perfetto di questo spirito, perché nessuno meglio di Lei è così intimamente associato a Cristo ed alla sua azione di salvezza.
(Maria - dice il Concilio Vaticano II - acconsentendo alla Parola divina, diventò Madre di Gesù, e , abbracciando con tutto l'animo senza peso alcuno di peccato, la volontà salvifica di Dio, consacrò totalmente se stessa quale Ancella del Signore alla persona e all'opera del Figlio suo, servendo al mistero della redenzione sotto di Lui e con Lui, con la grazia del Dio onnipotente" (L.G. 56).
Maria fu la prima ad esercitare il sacerdozio spirituale; fu la prima che offrì Cristo al Padre celeste.
Conchita vede espresso questo atteggiamento spirituale di Maria nel mistero della Presentazione: Maria offre suo Figlio e offre se stessa in unità con Lui.
"Il mistero che oggi si celebra è un momento concreto della tua missione che consiste nell'offrire costantemente la vittima nel tuo cuore perché sia immolata a favore del mondo".
"Maria mi offrì all'Eterno Padre per essere crocifisso. Anche tu devi offrirmi sempre all'Eterno Padre".
Nessuno come Maria partecipò ai sentimenti più intimi del cuore di Cristo e penetrò nel mistero del suo amore e del suo dolore.
Nessuno come Lei poteva offrire Gesù al Padre, perché era suo, era suo figlio; e ai piedi della Croce lo offrì sostenuta dallo Spirito Santo, con amore immenso, e per i medesimi motivi per i quali Gesù aveva offerto se stesso: la Gloria di Dio e la salvezza degli uomini.
Dopo l'Ascensione di Cristo al cielo, Maria raccolse come eredità preziosissima la Croce interiore del Cuore di suo Figlio, ed Essa, per prima, "completò in se stessa ciò che mancava alle sofferenze di Cristo, a favore del suo Corpo Mistico, della sua Chiesa".
Alla fine di questa semplice conversazione qualcuno potrebbe chiedersi: qual'è la novità, cosa c'è di originale in questo messaggio, in questa spiritualità?
Non si tratta forse di contenuti fondamentali della vita cristiana?
Questa stessa domanda se l'è posta anche Conchita pensando che l'Opera della Croce e il suo fine non fossero altro che il Cristianesimo o il Vangelo, e, interrogando il Signore per sapere come questa opera potesse costituire una novità, mentre scriveva le rispose: "questo Spirito è mortificato in alcune anime, oscurato in altre, e distorto in molte, ma l'Opera della Croce viene a risuscitarlo, a illuminarlo, a orientarlo" (17 p.323).
Sta in questo il significato più alto dell'"autenticità" del messaggio di Conchita.
E' il messaggio del Vangelo e Conchita è una "Parola di Dio per il mondo di oggi".
E questa Parola è la "Parola della Croce".
Roberto de la Rosa, M.Sp.S.