«AVERE FISSO LO SGUARDO SU GESU'
AUTORE E PERFEZIONATORE DELLA NOSTRA FEDE»

(Eb 12,2)

Fin dal momento che Dio ci si è comunicato nel suo Figlio Gesù, «Parola Eterna del Padre», la nostra missione come discepoli del Signore, si concretizza nel fissare lo sguardo su Gesù, che il Padre ci ha dato come Fratello, Compagno e Maestro, Prezzo e Premio(1), affinché per la nostra configurazione in Lui, man mano riproduciamo nella nostra stessa vita gli atteggiamenti e i sentimenti che animarono Cristo Gesù, essendo così, nella sua unione «lode della gloria del Padre».

Perché Cristo é il nostro principio, la nostra vita e guida, la nostra speranza e il nostro termine, e perché il mistero dell'uomo si chiarifica soltanto nel mistero del Verbo incarnato, solamente «fissando lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede», potremo percorrere con fortezza la prova che ci viene proposta.

Tra le migliaia di uomini e donne che, incendiati dal fuoco dello Spirito Santo, hanno fissato lo sguardo su Gesù Cristo trovando in Lui i torrenti d'acqua viva che li hanno nutriti (cf Gv 7, 37-39), si trova Concepción Cabrera de Armida che ha sperimentato nel suo intimo quella spinta poderosa per intraprendere la strada della sua vita con lo sguardo fisso su Gesù. Sono molti i testi del suo Diario Spirituale che ce ne parlano, ma, ci fermeremo soltanto su alcuni di questi che ci fanno scoprire quella attrazione che il Padre dei cieli ha esercitato su di lei per portarla a Gesù.

Quando ha 32 anni ed ha percorso già tappe importanti nella sua vita spirituale(2), con un impegno rinnovato si decide a continuare la via di configurazione con Cristo iniziata fin dal momento del suo battesimo. In questa via scopre campi nuovi di perfezione:

«Vedo con nuova luce infiniti campi che il mio spirito deve percorrere. Mi si è aperto un velo; è come se qualcuno mi indicasse quel punto altissimo di perfezione che devo raggiungere. Con nuovo brio intraprendo la strada appoggiandomi in Gesù e in Voi(3); arde davvero la mia anima per la sete di santità, e voglio salire, salire, attaccandomi però a questi appoggi perché da sola non valgo niente e cadrei e mi perderei » (C.C. 4/104; 28 Agosto 1894).

Il mistero di Dio si conosce nella misura in cui si sperimenta. La conoscenza, nella sua accezione biblica, abbraccia l'uomo intero, implica la fedeltà di questo, giacché, così come Dio «si fa conoscere» all'uomo vincolandosi a lui tramite un'alleanza, così anche l'uomo «conosce Dio» mediante un atteggiamento che implica la fedeltà alla sua alleanza, il riconoscere i suoi benefici, l'amore (cf Os 2,22).

«Conchita» ha conosciuto per propria esperienza quello che significa vivere con «lo sguardo fisso su Gesù» (cf Eb 12,2). Lei sa bene che tutto è «dono» di Dio, perciò chiede a Gesù che le comunichi questo sguardo d'unione «perché possa conoscere Lui, la potenza della sua risurrezione, e la partecipazione alle sue sofferenze» (Cf Flp 3,10).

«Da poco tempo ho conosciuto con la luce divina ciò che vuole dire e ciò che significa quello sguardo semplice, puro e fisso in Dio solo... O Gesù! concedimi questo sguardo d'unione che mai distacca l'anima dalla tua divina presenza... questo sguardo che lega alla tua volontà sovrana, questo sguardo d'amore in tutti i sacrifici della vita. Esso porterà la pace alla mia anima, la fiducia, la fortezza. Ormai Signore, non voglio guardare alla terra nè alle creature, nè alle cose; voglio soltanto guardare a Te Sovrana Bellezza, sebbene fra le tenebre della fede; voglio guardare soltanto Gesù, un Gesù che non ha uguali e non soltanto nel suo aspetto esterno, nudo e insanguinato, ma nel suo intimo, amareggiato e addolorato, e nella sua desolazione e nel suo abbandono. Voglio, Gesù e Dio mio, oscurare ogni luce del mondo che non è altro che luce fatua, passeggera ed ingannevole. La mia Luce, Cristo, a questa voglio guardare; a Dio, a Dio solo nell'oscurità del mio nulla e con una vita di solitudine e nascondimento» (C.C. 7/58-61; 12 Febbraio del 1896).

Fissando lo sguardo sul suo Dio, si sente nello stesso tempo bagnata da esso:

«Mi sento di giorno e notte come bagnata dal suo sguardo e che sguardo! (D.E 24/157-158; 8 ottobre 1906)

«Conchita» sente il bisogno di non perdere di vista l'Amato:

«Sento anche, da poco tempo a questa parte, la fame di vita interiore, il desiderio di non perdere di vista l' Amato, il bisogno di una specie di solitudine interna ed attiva dove non finisce quella corrispondenza divina, intima e santa in cui offrendo e crocifiggendo Gesù, io con Lui mi crocifiggo. Mi chiama, m'attira, mi trascina il Signore ad una vita come di contemplazione e d'amore in un modo che nessuno vede e la comincio a sperimentare con una forza irresistibile» (D.E. 28/207-210; 6 novembre 1907).

Lo sguardo di Dio purifica e salva, esso è principio e fonte della conversione. L'atto di fede del buon ladrone, afferma il P. Moliniè, fa cadere Sant'Agostino nello stupore e nell'ammirazione. Sant'Agostino stabilisce un dialogo con il buon ladrone per sapere come è riuscito a riconoscere la divinità del Messia nel momento in cui i nemici di Cristo trionfavano. Il vescovo d'Ippona mette sulle labbra di lui una risposta ammirevole: `No, io non avevo scrutato le Scritture, non avevo meditato le profezie, ma Gesù mi guardò e nel suo sguardo capìi tutto'(4).

Anche Conchita nello sguardo di Gesù capisce tutto: lì impara, lì contempla, lì adora. A questo si limita la sua preghiera: a guardarlo ed a lasciarsi guardare da Lui; questo sguardo le comunica calore, fuoco, ardore:

«Lo guardo e mi guarda... Così passiamo le ore di preghiera il mio Gesù ed io; in quegli sguardi dell'anima, silenziosi e muti che tutto si esprimono, che racchiudono mille mondi di tenerezza che si comunicano mutuamente calore, fuoco e ardori divini.

Lo guardo e mi estasio contemplando i suoi molteplici incanti, i suoi attributi e le sue bellezze, i suoi dolori e i suoi amori...Lo guardo e rimango presa nelle rete della sua Bellezza, dei suoi splendori, delle sue spine e della sua croce.

Lo guardo e la mia anima resta inzuppata nel suo sangue e nelle sue grazie, in un mare di carità che racchiude il suo Cuore adorabile. Lo guardo e mi avvolge con il suo alito, con i suoi profumi ed i suoi celestiali aromi. Lo guardo di nuovo e la sua purezza mi rapisce pervadendo tutto il mio essere. Lo guardo e la sua umiltà mi attrarre, mi domina, mi fa innamorare... Lo guardo e i suoi patimenti mi attirano in maniera irresistibile. e la sua Croce mi fa impazzire , e i suoi chiodi sono i miei chiodi e la sua passione la mia passione. Lo guardo e la sua divinità mi assorbe, mi rapisce, mi deifica, mi alza dalla terra e m'illumina le regioni celestiali. Lo guardo e il mio petto non può fare a meno di tremare d'amore, di purissimo, divino e ardente amore che mi brucia, che mi fa ardere, struggere, consumare e sparire in quell'incendio.

Lo guardo e perdono, lo guardo e mi umilio. Lo guardo e mi sacrifico e mi detesto e desidero vivamente il dolore con entusiasmo, con follia per assomigliare a Lui, lo guardo e ardo con fuoco celestiale.

Mio Signore e mio Dio! quante cose di più mi accadano guardandoti, di quelle che non hanno spiegazione perché si operano nella sostanza stessa dell'anima.

Fin qui, «Conchita» ha parlato di quello che le accade quando `lo guarda'. In seguito, esprime come, quando il Signore la guarda, la trasforma, la purifica, le comunica vita, fortezza, felicità, pace:

«E, quando Tu mi guardi che mi succede? che mi trasformo, mi struggo, e sento chiaramente `un anima che se ne va, un altra che viene'. Cioè, che le mie miserie bruciano, che il mio spirito si purifica... che la mia debolezza si rinforza.. che mi sono facili le virtù... che vorrei essere martiri... che la croce mi ubriaca... che le spine sono fiore.. che mi allontano dalla terra.. che una sostanza divina mi impregna... che tocco il cielo!

Mi succede tutto questo guardandolo e quando mi guarda» (D.E. 29/53-57; 23 Gennaio 1908)(5).

Se l'anima cerca Dio, afferma Giovanni della Croce(6), molto di più il suo Amato cerca lei. Conchita desidera amare il suo Dio, però, sa bene che amare vuol dire in primo luogo essere sedotta da Dio (cf Ger 20,7), Lui esercita questa seduzione essenzialmente attraverso la preghiera. E lì dove la Serva di Dio sperimentando gli effetti che in lei lascia lo sguardo di Dio, comprende cosa è amare:

«Che farò per imparare ad amarlo?...

Mi guarda e la mia anima si scuota como toccata da una corrente elettrica rimovendo le fibre più nascoste del mio cuore. Mi guarda e mi fa svenire d'amore, ma, non d'un amore qualunque, ma di una specie d'amore con il quale ardono i serafini e credo che si squagliano le pietre stesse, ed io invece no, tanto insensibile e vile!

Lui mi guarda e mi communica vita, calore, felicità, pace!

La santità di Dio esige che l'uomo sia santificato per partecipare della sua stessa santità. Egli stesso comunica questa santità attraverso quello sguardo che `è un bagno di purezza che purifica per avvicinarsi' (cf D.E. 23/84-89):

«Uno sguardo suo comunica purezza, sostanza di angeli, uno sguardo di Gesù rende santi...

Quelle pupille guardando ritraggono il cielo... Lì sta Maria, il Padre, lo Spirito Santo, lo stesso Verbo! Uno sguardo del Signore convertì la Maddalena, commosse San Pietro i santi... un solo sguardo di Gesù convertirebbe mille mondi!

E' lo sguardo di Dio che mendica l'amore della sua creatura: «Ecco, sto alla porta e busso...» (Ap 3. 20):

«Anche Gesù guarda con sguardo supplicante, e questo non si può sopportare, è un peso che annichila, che però spinge contemporaneamente a qualunque martirio per suo amore» (D.E. 29/67-71; 25 Gennaio 1908).

Chi potrà intravedere il segreto dello `Sguardo di Dio'? Mentre Conchita è pellegrina sulla terra, non può «vedere il volto di Dio e continuare a vivere' (cf Es 33.20), però, il 19 ottobre 1935, il Signore le svela in qualche modo l'essenza di quello `Sguardo':

«Dio è luce... In quella Luce non creata ci sono tutti gli sguardi in un solo Sguardo; tutto ciò che tutte le cose nella loro essenza, nel loro principio, tutte le luce in una sola Luce, tutti gli arcani in un solo Arcano, tutti gli amori in un solo Amore.

Quella Luce, racchiude tutti gli attributi di Dio; la sua Sapienza, il suo Potere, la sua eternità e tutte le sue perfezione, la sua pluralità in una sola essenza, la sua Infinità in una sola sostanza.

Dio vede sempre, ascolta sempre, sente sempre, abbraccia sempre tutte le cose che esistono e che esisteranno. E' uno Spazio che contiene tutto; è una Scienza che sa tutto; è una Fecondità che produce tutto, è un Abbraccio nel quale entra tutto, da eternità a eternità; è un Principio senza causa, è una Causa che racchiude tutto; è una Fecondità divina che iniziando a produrre eternamente nel suo Verbo, non smette di irradiare, riempiendo mondi e anime e vite, e creazione, riflettendosi in tutto il creato e tutto ciò che sarà creato»

E' uno sguardo che abbaglia, che acceca, che appanna la terra e illumina il cielo, come quella luce venuta dall'alto che fece cadere Paolo in terra sulla strada di Damasco (cf Att 9,3):

Rivolgendosi al suo direttore spirituale(7) scrive:

«Il Signore mi fece vedere e sentire il fondo senza fondo del suo Infinito Amore in tutte le creature, nei cieli e negli spazi e nell'eternità.

E' come un torrente straripato, quella luce si lasciò venire verso il mio cuore abbagliandomi e accecandomi, ma tuttavia mi faceva vedere di più, mentre più si avvicinava alla mia anima.

Quella Luce appanna la terra e illumina il cielo» (D.E. 64/40-42; cf 6/102).

Dio si fa incontrare di chi lo cerca con semplicità di cuore. E' Lui che ci amò per primo (cf 1 Gv 4,19). Il 4 maggio 1900, il Signore faceva capire alla Serva di Dio:

Ti ho scelto dall'eternità e ti ho sempre protetto. Amami e siimi riconoscente perché in te ho posto i miei piani» (D.E. 13/34).

Il famoso autore della logoterapia, Vicktor Frankl, che attraverso la propria esperienza(8) ha illuminato il senso della vita umana afferma: chi sa di avere uno scopo nella vita, una missione da compiere, ha nelle sue mani un valore ineguagliabile, tanto dal punto di vista psicoterapeutico come dal punto di vista della igiene mentale. Assegnare un incarico ad un essere umano, è la cosa più adeguata che si può fare perché vinca ogni difficoltà intima e ogni angustia. Tanto meglio si quest'incarico lo ha scelto la stessa persona: tanto meglio se si tratta di una missione(9).

Nella nostra vocazione umano-cristiana, Dio stesso ci ha assegnato quest'incarico: «ci ha predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo» (cf Rm 8.29). Pero, l'azione di Dio nella storia degli uomini rispetta sempre la libera volontà del io umano. ( cf Lc 1,26-38; Mt 19, 21-22).

Concepción Cabrera de Armida mossa dal azione misteriosa dello Spirito Santo, ha riconosciuto nella sua vita la Signoria di Cristo Gesù (cf 1 Co 12,3). In Lui ha incontrato la sua `ragione ultima'. Da lì ha compreso e vissuto la sua missione di «Croce di Gesù». Stabilendo la sua dimora nel Cuore di Cristo e ancor più, nella croce di quel Cuore, ha affrontato con coraggio la prova della sua vita lasciandosi bagnare dallo sguardo del suo Dio, essendo così, attraverso la sua unione con Gesù, fonte di vita per gli uomini.

A cura di Clara Eugenia Labarthe RCSCJ

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1. cf SAN GIOVANNI DELLA CROCE., «Salita» 2, 22 núm 5.
2. cf GUTIERREZ GONZALEZ J., «Una mística en el interior de la Iglesia Madre», Madrid (Encuentro) 1991.
3. Il suo direttore spirituale in questo periodo era il P. Alberto Mir y Cuzcó S.J. E' importante far notare come Conchita cerca sempre la volontà di Dio tramite il discernimento del suo direttore spirituale.
4. cf. MOLINIE. M.D., «El coraje de tener miedo», Madrid (Encuentro) 1979 p.16
5. Nella sua ultima enciclica, «Veritatis Splendor», il Papa Giovanni Paolo II afferma: «L'opera di discernimento della Chiesa, trova il suo punto di forza, il suo «segreto» formativo non tanto negli enunciati dottrinali e negli appelli pastorali alla vigilanza, quento nel tenere lo sguardo fisso sul Signore Gesù» (VS n 85)
6. cf San Giovanni della Croce «Fiamma d'amor viva» 3, 28.
7. cf la citazione n.3
8. cf VICKTOR E. FRANKL., «El hombre en busca de sentido». Barcelona (Herder) 1989
9. cf VICKTOR FRANKL. E., «Logoterapia e analisi esistenziale», Morcelliana, Brescia, 1975 p. 92

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