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L'ambito politico-sindacale



Finanziarie e
politiche scolastiche




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Prima attuazione della finanziaria '98

DECRETO INTERMINISTERIALE SUGLI ORGANICI

Pochi eventi nella scuola sono tanto emblematici quanto il Decreto Interministeriale sugli organici della “falsa autonomia” che il ministro Berlinguer sta realizzando nel corpo della scuola del nostro paese.

I non addetti ai lavori forse non sanno che prima che arrivasse l’attuale ministro gli organici nazionali degli insegnanti e del personale non docente della scuola erano determinati dalla somma degli organici delle singole scuole. Fino a due anni fa ogni capo d’istituto, sostenuto dalle delibere degli organi collegiali, disegnava un organico espressione delle necessità e delle capacità progettuali della scuola. Questo avveniva all’interno di parametri certi stabiliti dalle leggi: numero massimo e minimo degli alunni per classe, standard per l’assegnazione del personale non docente, canali e procedure per realizzare progetti e sperimentazioni specifiche e quant’altro poteva far arrivare alle scuole il personale e le risorse necessarie.

E’ pur vero che le risorse erano sempre limitate e che in molti casi i canali di accesso erano atrofizzati a tal punto che ormai la maggior parte delle sperimentazioni erano quelle decise dal ministero, ma non c’è dubbio che il processo si svolgesse in un contesto di certezze legislative valide per l’intero paese.

Negli ultimi due anni il processo si è radicalmente capovolto: il numero degli alunni per classe è stato delegificato, il numero degli insegnanti e del personale ATA viene determinato centralmente e ragionieristicamente dai i Decreti Interministeriali dettati dal Ministero del Tesoro. Quindi il Ministero del Tesoro stabilisce la quantità di personale per ordine e grado di scuola, il ministero della Pubblica Istruzione lo distribuisce ai provveditorati, i Provveditorati, in base a criteri sempre più aleatori e discrezionali, lo distribuiscono alle scuole.

Alla faccia dell’Autonomia: è la vittoria indiscussa del centralismo, del borocraticismo, della rigidità.

Se si tiene conto che questo fenomeno di determinazione e di distribuzione delle risorse costituisce il contesto generale e “strutturale” nel quale le scuole operano, i molti provvedimenti relativi all’AUTONOMIA che il ministro va introducendo per via amministrativa (Dirigenza ai presidi, regolamento sull’autonomia didattica e organizzativa, dimensionamento delle scuole per l’autonomia, ecc.) devo essere letti essenzialmente come misure atte a far fronte al continuo taglio di risorse. Come dire: “Le risorse non ci sono né ci saranno; l’autonomia serve a che le scuole si arrangino per funzionare”.

Analizzando il Decreto

Si Tratta quindi del taglio, complessivo in tre anni, di 33.691 posti di lavoro nella scuola. Tagli che si aggiungono ai 151.000 già realizzati dal 1994 al 1997.

Passiamo a vedere quale è l’effetto dei tagli nei vari orini di scuola.

Nella scuola materna il piccolissimo incremento dei posti, 701 in tre anni, assume la coloritura di un’amarissima beffa. Berlinguer ha presentato il DDL per il riordino dei cicli nel quale l’ultimo anno della scuola materna dovrebbe diventare obbligatorio in una situazione in cui le scuole materne pubbliche (statali e comunali) soddisfano appena il 70% del fabbisogno. Soltanto a Roma i bambini in lista di attesa che non possono essere accolti in scuole pubbliche per mancanza di posti supera il numero di 20.000. 700 posti non sarebbero nemmeno sufficienti a soddisfare un terzo della domanda a Roma. Si conferma quindi l’idea che l’obbligatorietà chiesta da Berlinguer altro non sia che un altro escamotage per finanziare le scuole materne private.

Nella scuola elementare i dati del decreto sono molto significativi per smantellare l’argomentazione che i tagli sarebbero dovuti alla diminuzione di popolazione scolastica.

Il numero degli alunni, negli ultimi due anni, è in continua crescita; solo per il prossimo anno l’incremento previsto è , nella fascia d’età delle elementari, di 24.000 bambini. I tagli i programmati quindi avranno l’esito della soppressione di altre centinaia di scuole, migliaia di classi affollamento delle classi; l’unica didatti consentita sarà quella trasmissiva e autoritaria, alla faccia della modernità e individualizzazione dell’insegnamento che pire il ministro dice di volere.

Nelle scuole medie si realizza il taglio più elevato in termini percentuali. In parte si tratta dell’esito di manovre precedenti che hanno colpito fortemente la didattica (i tagli delle cattedre di educazione tecnica e di educazione fisica) ma l’esito sarà violentissimo nel processo di desertificazione del territorio di questo ordine di scuola. Infatti con i nuovi parametri di dimensionamento per l’Autonomia, un ordine di scuola che raccoglie solo tre classi di età porterà all’estrema rarefazione delle scuole medie sul territorio e alla trasformazione dei ragazzini in pendolari precoci con esiti devastanti sulla dispersione e mortalità scolastica.

Nelle scuole superiori i dati evidenziano intanto una elevatissima percentuale di insegnanti precari, che non si vogliono assorbire, con esiti gravissimi sulla scuola sempre più precaria discontinua casuale. Ma si sa un insegnate precario costa allo stato 15 milioni in meno l’anno di uno assunto a tempo indeterminato. Anche qui l’azione del ministro ha il gusto amaro della beffa. Proprio in questi giorni Berlinguer ha recitato nuovamente il suo peana sull’innalzamento dell’obbligo e sulla dispersione in questa fascia di scuola. Come intende risolvere l’incremento di classi ed alunni tagliando i posti e sovraffollando le classi? Forse conta sul contratto predisposto dai sindacali confederali che chiedono delegificazione flessibilità e migliaia di miliardi per il salario aggiuntivo. Questo consentirà al ministro di utilizzare, sulla base di stipendi di base sempre più immiseriti, il ricatto salariale ed imporre agli insegnanti di ruolo il “tempo maggiorato”, gli straordinari, la flessibilità e quant’altro si utile per risparmiare e....degradare ulteriormente la scuola pubblica.

Una analisi più approfondita meritano le conseguenze del Decreto Interminsteriale sugli organici sul Sostegno e sugli ATA (personale Amministrativo Tecnico e Ausiliario).

Per gli ATA sembra incredibile che si riescano a concepire tagli di personale proprio mentre si sta realizzando l’autonomia amministrativa che porterà le segreterie ad assumersi tutto il lavoro che fino a pochi mesi fa veniva svolto dai provveditorati, dalla ricostruzione delle carriere ai calcoli per il pensionamento e le mille altre incombenze inerenti la nuova autonomia didattica ed organizzativa. Eppure gli organici degli ATA sono quelli che soffrono dei tagli più pesanti: ben 8.681(il 6% circa dell’intero organico) nei tre anni a fronte di un aumento esponenziale del lavoro delle segreterie e l’attribuzione di nuove mansioni assai più complesse ed onerose delle precedenti.

Questo non è che un aspetto della “disattenzione” totale del ministro alla scuola nel suo farsi quotidiano. Un altro aspetto connesso al personale ATA ,e soprattutto ai tecnici, è il loro numero assolutamente insufficiente e la loro totale assenza dagli ordini di scuola sia elementare che medie. In tutte le scuole manca il personale che possa gestire i laboratori di qualsiasi tipo per cui, ad esempio, i laboratori di informatica per i quali lo stato sta spendendo centinaia di miliardi rischiano, nel volgere di pochi mesi, di ridursi ad un ammasso di ferrivecchi e mentre si pensa di informatizzare le scuole mancano completamente i bibliotecari.

Anche per gli insegnanti di sostegno il taglio supera il 6% dei posti funzionanti quest’anno con l’aggravante che mentre le finanziarie degli ultimi due anni dovrebbero impegnare il governo ad attuare maggiori garanzie per gli alunni portatori di handicap il ministro giocando abilmente con i numeri riesce a realizzare il taglio di ben 3.653 posti nel triennio.

Quali sono i giochi di numeri del Ministero? In primo luogo ai comuni mortali, attraverso la stampa, si è fatto credere che sarebbero aumentati i posti mentre invece si tagliano.

E’ pur vero che, doverosamente, una parte dei posti che venivano istituiti in organico di fatto vengono consolidati in organico di diritto ponendo fine, quindi, al vorticoso cambio degli insegnanti di anno in anno, ma mai si è detto che una parte consistente di posti viene cancellata.

La misura più grave che viene attuata nei confronti dei bambini e ragazzi portatori di Handicap è sicuramente quella inserita nei criteri di formazione delle classi. Fino all’anno scorso non si potevano formare classi con alunni portatori di handicap con più di 20 alunni. Il Decreto sancisce che in ogni ordine di scuola bisogna stipare il numero massimo di alunni per classe, poi consente: “le classi e le sezioni che accolgono alunni in situazione di handicap possono essere costituite con meno di 25 alunni ”, ma conclude: “tenuto conto delle risorse di personale”. E’ questa una misura gravissima che rischia di ricacciare negli “istituti” (esclusivamente privati) i bambini portatori di Handicap a partire dai più gravi. E’ facile da capire come classi meno numerose costituiscono un ambiente, una situazione più accettante più disponibile all’integrazione di ogni diversità. Don Milani avrebbe detto che “non vi è nulla di più ingiusto che fare parti uguali tra chi ha diversi bisogni” ma questo non scalfisce punto il ministro. Questa è una misura che può mettere in moto, anche nella scuola, una spirale negativa che poterà all’esclusione.

A conclusione non si può ignorare che le regioni più penalizzate da questo ennesimo piano di tagli sono le regioni del mezzogiorno.

A titolo d’esempio, In un quadro di sostanziale stabilità della popolazione scolastica a Bari si tagliano 454 classi nella scuola dell’obbligo (elementare e media), a Napoli se ne tagliano 850, a Palermo 401. Sono le città nelle quali è più elevata l’evasione e la mortalità scolastica, nelle quali l’indice di affollamento delle classi è 1 o 2 alunni superiore alla media nazionale, città nelle quali vi è il maggior numero di disoccupati e nelle quali, con tutta probabilità i Comuni dovranno inventarsi il maggior numero di posti per i Lavori Socialmente Utili.

Piero Castello

Insegnante elementare - Roma

 

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