![]() ias yes yes home page |
![]() Torna al sommario |
![]() La Redazione dell'Opificio |
Un pensiero, un'emozione infantilmente espressa attraverso un lieve metafora colante.
Piu' che un racconto, sembrerebbero appunti presi durante una calda giornata al mare, sotto all'ombrellone con una birra vicino. Un ricco nuotatore raggiunge la riva, sembrerebbe da una barca ancorata al largo. Appena arrivato, importuna un ignaro bagnante indicando la bella moglie di questi, ma non sono riuscito a capire se il ricco nuotatore avesse intenzione di fargli una "proposta indecente" da un milione di dollari per passare una nottata con lei, e si sia poi suicidato per un rifiuto (ancorche' non espresso) o che altro sia successo. Sappiamo pero' che era dispiaciuto per qualcosa avvenuto dieci anni prima. Insomma, il tutto un po' tirato a scappar via. Forse faceva troppo caldo.
Breve racconto intriso di superficiale spiritualismo, che promette minacciose apocalissi divine se l'uomo moderno non retrocede dalla strada intrapresa e non riscopre le proprie origini divine (sic.).
Un uomo e una donna sconosciuti si ritrovano dentro una casa isolata in montagna durante una fredda sera d'inverno. Dopo i primi tre capitoli, chiesi al nostro Elvio (Elvis Big Onion, per gli amici), quando i due andassero al dunque, che' la situazione sembrava proprio ideale. Lui mi rispose. "Aspetta e saprai". Purtroppo ho saltato gli altri quattro capitoli, a cui vi rimando per togliergli la curiosita'.
Fatto sta che al settimo capitolo, ritrovo il protagonista (credo) in un quartiere di citta' afferrato da profonda nostalgia per la sua terra. Ma per fortuna e' solo un breve ricordo e il capitolo vola via in fretta.
Gia' a quello seguente, lo ritroviamo insieme alla donna nella casa in montagna.
E ora sembra proprio che la situazione vada nel verso dovuto. In men che non si
dica, li vediamo salire le scale verso la camera da letto, mano nella mano. Un
bacio d'assaggio tanto per scaldare gli ormoni, e gia' subito lei scende con la
mano "la' dove il fuoco divampa ed il sangue ribolle" (tra la meraviglia di
lui che non era mai stato prima con una donna che glielo carezzasse e ne
fosse contenta - ma che genere di donne frequentava, Elvio?) e in breve
danno vita a un aggrovigliamento (taciuto per pudore, presumo) che si
protrae per tutta la notte. Ma gia' di primo mattino, cominciano le note
dolenti. Mentre lei gironzola per la casa, sfogliando i pochi ma
fondamentali testi della piccola biblioteca, tra cui spicca il vangelo e la
divina commedia con cui il protagonista riscaldava le fredde e solitarie
serate (e forse non di rado usava per accendere il camino), viene afferrato
da gravi sensi di colpa, per non meglio specificati motivi (l'educazione
cattolica che gli impediva di avere rapporti prematrimoniali? Boh?).
Comunque, cio' non gli impedisce pero' di sbirciare di tanto in tanto i
capezzoli induriti e le belle nudita' di lei mentre sceglie un disco e lo
pone sul piatto. Dal che si desume che ci doveva essere un bel sistema di
riscaldamento in quella casa sui monti per girare senza neppure uno straccio
indosso cosi' di primo mattino. Mentre le tristi melodie di Tenco impregnano
le intristite pareti della casa, con gioia, i due scoprono di essere
bloccati da metri di neve. "E vaiii!" deve aver pensato lui, scacciando d'un
colpo anche il senso di colpa piu' remoto. Ma e' lei che prende in pugno la
situazione e lo riporta in camera, che' la nottata non le era bastata. Vi
dico subito che non saprete mai cio' che e' successo, a meno che Elvio non
decida di fare un'appendice.
All'inizio del nono capitolo ritroviamo i nostri seduti su un malandato carretto che s'avviano per il villaggio vicino, ricoperti a malapena da una coperta di lana (qui ci vedrei meglio una bella tormenta, che darebbe piu' pathos al viaggio). E invece zitti zitti, s'avventurano per boschi e fratte, tra i pensieri di lui che ricorda tempi ancora piu' antichi (una specie di nostalgia della nostalgia), e senza incontrare anima viva. Improvvisamente in tutto quel "gelo" si sente spirare un "timida brezza" (tema sentito dall'autore e che ritroveremo anche nel finale), che scuote lui dallo stato di "contemplazione compiaciuta" ma fa restare lei nel torpore angoscioso che l'accompagna fin da quando erano partiti (evidentemente in camera qualcosa non doveva essere andato nel verso dovuto). Il succoso capitolo si chiude con l'arrivo al villaggio.
All'inizio del decimo capitolo, mi sembra di capire che i due si confessano
il loro eterno amore. Ma non sono sicuro se siamo ancora nella stessa
situazione o da altra parte e in un'altra epoca. Comunque lei dice: "Mi sei
piaciuto subito fino all'inverosimile", "fare l'amore con te, non ha
richiesto forzature", il che ci porta a domandarci anche lei chi abbia
frequentato fino a quel momento. Naturalmente tutte quelle cose gliele dice
in preda a (chissa' perche') un forte travaglio interiore. Ah, credo che sia
perche' lei, rimanendo con lui, avrebbe dovuto rinunciare a una certa, non
meglio precisata, "scommessa romana". In ogni caso, in un breve periodo di
auliche parole, decide infine di ridar vita alle antiche pietre della
piccola casa nel paesello natio (eh si', quello era il paesello natio anche
di lei) in memoria del padre che aveva vissuto gli ultimi strazianti anni
della sua vita in citta' (potrebbe essere lo stesso personaggio di cui si
parla del settimo capitolo, ma non avendo letto il sesto non mi sbilancio).
Lei, la "legittima figlia, la continuatrice formale e sostanziale della sua
vita sulla terra" decide di continuare quello che il padre non aveva mai
potuto finire. S'asciuga una "lagrima sfuggitale dal ciglio" e si rimbocca
le maniche. E visto che tutte le sue amiche di Roma "vivevano lontane dai
sentimenti", capisce che non le resta altro che unire la sua vita a quella
di lui. Prima di ripartire, si fanno uno spuntino e un goccio di vino
direttamente dal fiasco, poi riattaccano l'asino e ritornano a casa. Durante
il ritorno, c'e' pure tempo per qualche commento per il passato ventennio
(non quello fascista, ma quello dagli anni cinquanta ai settanta), "dominato
dalla speranza e dall'immaginazione, che stava spingendo verso la follia
buona parte delle nuove generazioni" (che vuoi fa', passata la speranza,
tocca anda' in campagna). Ah, ancora non ve l'avevo detto, perche' non mi
ricordavo, ma i fatti si svolgono nell'anno 1969.
Insomma, per farla breve, i due si sposano e vissero fino al duemila felici
e contenti e misero al mondo ben tre figli.
Mancandomi la parte centrale del lungo racconto di Elvio non ne posso dare
un giudizio definitivo, certo e' che mi e' sembrato un piu' punti un po'
barboso, specialmente quando il protagonista rinvangava il suo passato con
lei presente, tormentata da chissa' che cosa. Non ci scommeterei, ma mi
sembra che non abbiano riso una sola volta. Insomma, sara' stato pure
scoppiato un grande amore, ma con quelle facce perennemente lunghe, sai che
noia.
Due parole sulle stile, che oserei definire alquanto biblico in alcuni
tratti, aulico in altri e lagnoso, come ho detto in piu' punti. Quello che
emerge prepotente e' come un'impressione di retorica nostalgia verso un
mitico e felice (quanto mai distorto e falso) passato contadino e
un'altrettanta retorica critica della societa' moderna. Piu' che un
racconto, sembrano memorie o ricordi a cui l'autore ha cercato di dar forma
e morale, gettandoli fuori quasi per il bisogno di liberarsene. Scritti
pero' piu' con il cuore che con la mente.