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![]() La Redazione dell'Opificio |
Un breve ma commovente stralcio di nostalgia per l'abbandono della casa in cui si e' cresciuti. Anche trattando di un argomento trito, riesce comunque a toccare e a comunicare particolari emozioni, forse perche' attinto in pieno dalla vita reale. A qualcuno (non ricordo chi, chiedo venia) ha dato l'impressione di aver traslocato anche se abita da sempre nella solita casa.
Monologo di un disperato, lucido, straziante. Per maggiori dettagli vedi commento del Frat sul NG. All'inizio ricorda qualcosa della trama di Trainspotting (e chissa' di quante altre storie del genere), ma senza ironia. Un grido che reclama giustizia, in un modo o nell'altro, anche se poi l'unico modo possibile e' sempre l'altro...
Raccontino molto semplice e anche un poco prevedibile, nella sua ingenuita'.
Si affida, guarda caso, al tema dell'amore, cercando di esaltarlo con grandi
immagini spettacolari e sfacciatamente pittoresche che a parer mio ne
deturpano l'intimita'. L'idea di fondo tutto sommato non era male, quella
della frase incompiuta... forse completata con un po' troppa fretta.
Tengo a precisare che non so ne' chi e' Gibson ne' sono appassionato di
cyber-racconti. La scrittura e la trama acchiappano fin dall'inizio
trascinando bruscamente il lettore in un mondo cyber-cliche' con tanto di
chip neuronici e poliziotti spietati.
E' la storia di un pirata dell'informatica impegnato in una creazione molto
particolare, che assurge a ricerca di un valore che non siano solo chip
squadrati e robotizzazione dell'umanita', ma allo stesso tempo a
esasperazione della tecnologia oltre i suoi stessi limiti.
C'erano i presupposti per tematiche di grande spessore, ma il racconto
rimane in sospeso, lasciando la sensazione di una storiellina buttata la'.
Ho scritto anch'io qualcosa del genere tempo fa, ma non credo valga la pena
di postarla. Magari gli do una riguardata, chissa'.