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1- Racconto della puttana
2- Racconto del pazzo
3- Racconto della barbona
Vorrei parlare di questi racconti in un unico commento, perche' mi sembra
facciano parte di una storia sola, anche se sono stati postati
separatamente, con titoli diversi.
Una storia di solitudine e voglia di essere altrove.
L'ordine che Ulderico ha dato ai tre frammenti mi sembra quello piu'
opportuno: infatti il cammino di Andrea, il protagonista, si fa via via piu'
vicino al narratore, fino a passare, verso il finale dell'ultimo pezzo,
dalla terza persona alla prima, anche se per un breve tratto, ed e' il
momento piu' coinvolgente, dove il lettore entra nella storia, e sembra
sentire le sensazioni descritte.
Nel racconto della prostituta Andrea e' un osservatore distaccato,
imparziale. In quello del pazzo la descrizione e' ancora neutrale, ma non
indifferente. Ma nel terzo racconto, piu' intriso di fisicita', si chiarisce
molto bene il posto che il protagonista assume nella storia, e il finale di
questa e' il finale di tutti e tre i racconti.
Che devo dire, mi sono piaciuti tutti e tre. Mi e' piaciuto lo stile
sommesso, sussurrato, e le descrizioni del paesaggio, evocative di uno stato
d'animo, e il crescendo emotivo. Mi e' piaciuta l'idea del giornale come
filo conduttore, e la prospettiva insolita di una citta' che si immagina
sempre calda e soffocante (o forse e' il mio ricordo personale di Madrid). A
patto pero' di considerarli tre parti di un tutto, perche' altrimenti i
primi due, presi singolarmente, perdono di efficacia e faticano a
comunicare: alla prima lettura, quello della prostituta mi aveva lasciata
indifferente, e quello del pazzo mi aveva appena incuriosita, come se
mancasse loro qualcosa. Mancava il finale. Solo dopo averli riletti, ne ho
apprezzato la lentezza e l'apparente noncuranza, il distacco, insomma.
La scrittura e' buona, senza incertezza ne' cadute stilistiche. Si sente che
non e' improvvisata, anche per la ricerca lessicale.
Se io fossi l'autore (che spero si faccia vivo su ias, almeno a ritirare gli
applausi), ne farei un unico racconto in tre movimenti, e lo intitolerei
*Incontri*.
Un [EDS] sulla crisi di governo, recita l'introduzione. E' dell'anno scorso,
ma come i corsi e ricorsi storici insegnano, e' buono anche quest'anno.
Divertente e malizioso, ogni senso e' un doppio senso, come vuole la satira
politica in ogni tempo e in ogni dove. E' letteratura? Domanderebbe la mia
severa maestra. Che importa! Ci si puo' anche divertire giocando con le
parole, e non sempre dobbiamo toccare le alte vette dell'espressione
artistica. Potrebbe essere un buon monologo televisivo, di quelli recitati
da personaggi straniati, ma non chiedetemi di che programma, perche' io sono
rimasta a *Drive in* . Pero' l'ho letto con piacere, ho riconosciuto chi
dovevo riconoscere, quindi la fase comunicativa e' stata assolta, ho riso
quando dovevo ridere, quindi anche la fase comica ha funzionato, e l'unica
cosa che non ho capito e' perche' non lo avevi postato ai tempi, cioe'
quando avevo lanciato la sfida, agli albori di ias.
Che cosa si puo' chiedere di piu' a un esercizio di stile?
virtuali candele......
tengono illuminate stanze di parole scritte con pennini tratti da calamai
bollenti di desideri.........
o pergamena senza gocce alcune, trasudante inchiostro secco.....
ed intanto tratteggiano sottili fili d'aracnici creati........
Prosa poetica o poesia con versi molto lunghi?
Di certo questo non e' un racconto, ma qualcosa che vorrebbe evocare, con
poche parole, metafore d'altro.
Per prima cosa noto i puntini di sospensione, di numero imprecisato ma
sicuramente abbondanti. Qualcuno potrebbe prenderlo come un gioco che si
gioca solo su ias, ma invece la storia dei puntini di sospensione che sono
tre e non piu' di tre e' una regoletta della nostra ortografia. L'eccedenza
dei puntini non rende la pausa piu' lunga o pregnante.
La reiterazione della fila a ogni fine di frase mi fa pensare a una parte
mancante perche' omessa, piuttosto che a una sospensione sintattica.
Insomma, non sono riuscita a entrare in sintonia con questo pezzo.
Forse le virtuali candele sono i nostri monitor accesi nella notte, e i fili
d'aracnici creati le nostre parole, volteggianti nella caverna di ias? Di
piu' non ho capito, mi dispiace. Ti consiglio di orientare piu' decisamente
la forma espressiva, verso la poesia o verso il racconto, nel secondo caso
esplicitando un po' di piu'.
La brevita' non nuoce a questo microracconto.
Certo il tema non e' nuovo: l'incontro con la morte, raffigurata come una
bella donna che sorride. E per questo il finale non sorprende, non folgora.
Pero' in poche righe si riesce a raccontare una piccola storia, con anche un
secondo piano di lettura.
Anzi, secondo me si potrebbero addirittura togliere un paio di righe ancora,
e il messaggio risulterebbe piu' forte. Io toglierei:
Quando li riapri', lei era scomparsa.
E anche
Che cosa nascondeva? Chi era?
Queste due righe per me sono superflue, anzi dannose. Provate a leggerlo cosi', mi saprete dire...