La prima pagina de "Gli arancini di Montalbano"
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La nottata era proprio
tinta, botte di vento arraggiate si alternavano a rapide passate d'acqua tanto
malintenzionate che parevano volessero infilzare i tetti. Montalbano era tornato a casa da
poco, stanco perché il travaglio della jornata era stato duro e soprattutto faticante per
la testa. Raprì la porta-finestra che dava sulla verandina: il mare si era mangiato la
spiaggia e quasi toccava la casa. No, non era proprio cosa, l'unica era farsi una doccia e
andarsi a corcare con un libro. Sì, ma quale? A eleggere il libro col quale avrebbe
passato la notte condividendo il letto e gli ultimi pinsèri era macari capace di perderci
un'orata. Per prima cosa, c'era la scelta del genere, il più adatto all'umore della
serata. Un saggio storico sui fatti del secolo? Andiamoci piano: con tutti i revisionismi
dì moda, capitava che t'imbattevi in uno che ti veniva a contare che Hitler era stato in
realtà uno pagato dagli ebrei per farli diventare delle vittime compatite in tutto il
mondo. Allora ti pigliava il nirbùso e non chiudevi occhio. Un giallo? Sì, ma di che
tipo? Forse era indicato per l'occasione uno di quelli inglesi, preferibilmente scritti da
una fimmina, tutto fatto di intrecciatì stati d'animo che però dopo tre pagine ti fanno
stuffare. Allungò la mano per pigliarne uno che non aveva ancora letto e in quel momento
il telefono sonò. Cristo! Si era scordato di telefonare a Livia, certamente era lei che
chiamava, preoccupata. Sollevò il ricevitore. |