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Il riferimento poi del c. 1680 alla "malattia mentale", con il relativo obbligo di perizia,
sembra includere tutte le ipotesi comprese nel c. 1095, nel senso che l'incapacità a
contrarre non corrisponde a uno stato di normalità della persona, bensì ad una
alterazione, infermità, disturbo o anomalia delle sue facoltà spirituali "di carattere più o
meno permanente e patologico"5, fatto questo che deve essere accertato mediante
un'indagine medica nisi inutilis evidenter appareat.
2.- Sull'aspetto processualevorrei soltanto ricordare qui che la perizia è legata al
tema della ricerca della verità, ma anche a quello dell'interpretazione giuridica dei fatti,
che spetta al giudice6.
La perizia è il mezzo di prova con il quale, tramite le specifiche conoscenze
scientifiche, artistiche o tecniche del perito, si accerta l'esistenza di un fatto, le sue cause,
la sua natura, il suo valore o effetti7, impossibili da verificare e valutare con le comuni
conoscenze e percezioni.
Come per ogni mezzo di prova, si tratta di stabilire in maniera certa determinati fatti
collegati all'oggetto del processo, questa volta però mediante un esperto.
Nel caso nostro con la perizia si tratta di accertare e valutare direttamente, non
l'incapacità consensuale del soggetto in alcuna delle trefattispecie giuridiche previste
dal legislatore, e nemmeno se un certo dato psicologico rientra oppure no in una di tali
ipotesi legali, bensì il disturbo o anomalia psichica che ne sarebbe l'origine, la cui
esistenza e portata non possono essere giuridicamente acquisite se non tramite
l'indagine e la spiegazione di esperti8.
La perizia è dunque un'indagine tecnica specifica mirante alle finalità del processo,
non è una diagnosi qualsiasi, né può essere sostituita (in via ordinaria almeno) da un altro
referto psicopatologico operante in atti, che invece sarà utile per la realizzazione della
5Joan CARRERAS, Commento al c. 1680, in AA.VV., Comentario exegético al Código de Derecho
Canónico,vol. IV/2, Pamplona 1996, p. 1897.
6Qui si possono richiamare quegli indirizzi dottrinali e legislativi che vedono il perito più come
consulente tecnico del giudice; comunque il suo ruolo attuale rimane nell'ambito della prova (per
quanto specifica) non in quello decisorio; e nemmeno in quello istruttorio che spetta
irrinunciabilmente a chi esercita la potestà giudiziaria (giudice o uditore). Cf. B. GIANESIN, Perizia e
capacità consensuale nel matrimonio canonico, Padova 1989, p. 49-51; S. MARTÍN, La perizia nelle
cause matrimoniali secondo la dottrina più recente, in AA.VV. «Perizie e periti nel processo
matrimoniale canonico» (a cura di S. Gherro e G. Zuanazzi), Torino 1993, p. 122-127; I. ZUANAZZI,
Il rapporto tra giudice e perito secondo la giurisprudenza della Rota Romana, ivi, p. 161-167; P.
BIANCHI, Il c. 1095, con particolare riferimento al valore di prove delle perizie, in «Palestra del clero»
75 (1996) p. 364.
7CAPPELLO, Summa iuris canonici, Romae 1940, p. 162. Non interessa qui la qualifica di teste che
attribuisce al perito. Cf. L. DEL AMO, Valoración jurídica del peritaje psiquiátrico sobre neurosis,
psicopatías y trastornos de la sexualidad, in «Ius Canonicum» (1982) p. 651-706.
8Si è anche discusso se al perito spetta accertare l'esistenza di un certo fatto o solo di valutarne la
portata; comunque il c. 1574 sembra chiaramente ammettere le due possibilità.
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