Arianna Fiorini, Cristina Bartolozzi

VITA DI ISAAC NEWTON

Nato nel castello di Woolsthorpe in una cittadina del Lincolshire, Newton è considerato uno dei maggiori geni del genere umano e può essere paragonato, grazie alle sue numerose e importanti opere, ad Archimede e ad Einstein.

Le sue ricerche lo portarono a interessanti scoperte nel campo della matematica, della meccanica e dell’ottica e fu il primo ad affrontare con successo il problema della gravitazione.

Oltre alla matematica e alla filosofia Newton volse il suo interesse anche verso la chimica e la teologia .

Dopo il vano tentativo della madre Hannah di condurre l’ interesse del figlio verso gli affari, Newton concluse gli studi superiori e a diciotto anni venne ammesso all’Università di Cambridge, dove rimase per circa quaranta anni, prima come studente e poi come docente.

A Cambridge studiò l’ aritmetica e la geometria sugli "Elementi" di Euclide e la trigonometria ed ebbe come tutore Isaac Barrow che lo indirizzo verso le scienze e la matematica .

Newton progredì nei suoi studi algebrici per approdare alle nuove forme di geometria analitica e di trigonometria nel 1664 .

Gli appunti di questi anni comunque testimoniano il suo interesse per i calcoli relativi alla grandezza delle lenti e alle loro aberrazioni . Questi calcoli si rivelarono poi di fondamentale importanza per affrontare il problema della luce .

Nel 1665 Newton si laureò a Cambridge , ma dovette lasciare per circa due anni l’Università a causa della terribile peste che imperversava in tutta l’ Inghilterra.

Durante questo periodo di lontananza forzata da Cambridge scrisse delle monografie sulla nuova applicazione delle serie infinite e trovò un metodo generale per risolvere la proprietà delle linee curve e delle aree da esse delimitate.

Newton non si preoccupava eccessivamente di divulgare i risultati delle sue scoperte al contrario degli altri scienziati dell’epoca che rivendicavano la paternità anche di ricerche non rigorosamente verificate.

Piuttosto egli rivelava con grande entusiasmo i suoi risultati scientifici ad amici e colleghi attraverso un carteggio privato.

Leibniz approfittò di questo atteggiamento riservato di Newton a tal punto che sembra che il matematico tedesco non fosse in grado di dimostrare il teorema della successione per il cerchio di cui si era arrogato la paternità, ma che in realtà gli era stato comunicato da Newton in privato.

Da un’ altra lettera si capisce che Leibniz non conoscesse il calcolo infinitesimale prima di esserne informato da Newton.

Certo è che in una monografia di Leibniz del 1684 compare il metodo per differenziare ogni specie di quantità razionali ed irrazionali, intere e frazionarie e un’ ottima notazione della derivata che lui riteneva essere molto diversa da quella adoperata da Newton .

Nella seconda monografia del 1686 definiva invece le regole fondamentali del calcolo integrale.

L’opinione di Newton relativamente alle scoperte di Leibniz, invece era che il suo collega tedesco avesse trovato un metodo di calcolo molto simile al suo.

Leibniz ebbe perciò le lodi di tutto il mondo scientifico, ma la sua gloria durò poco perché un altro scienziato, Wallis, affermò di aver studiato la successione del cerchio e la volta quadrabile attraverso le teorie di Newton e indirettamente accusò Leibniz di plagio invitandolo per discolparsi ad evidenziare le differenze tra il suo procedimento scientifico e quello di Newton.

Una successiva accusa fu rivolta al tedesco nel 1699 dallo scienziato Fatio de Duillier alla quale Leibniz rispose che al momento della pubblicazione del suo calcolo non conosceva le scoperte di Newton, affermazione che sappiamo falsa dal carteggio precedentemente esaminato.

Come già detto nei due anni passati lontano dall’Università Newton si dedicò agli studi sui prismi, le lenti, gli specchi, approdando alle prime scoperte sulla luce bianca.

Lo scienziato inoltre si dedicò al taglio delle lenti non sferiche concludendo che l’ adatta sezione di una lente può eliminare l’ aberrazione della sfericità ma non quella cromatica.

Infatti gli esperimenti sulla dispersione dimostravano che per la lente ad ogni colore corrispondeva un fuoco diverso.

Newton si dedicò perciò alla costruzione di telescopi e riflettori.

Il suo primo strumento fu realizzato nel 1668 ed era un piccolo telescopio a specchio metallico che non è stato conservato.

Nell’ambiente scientifico l’ invenzione di questo telescopio venne accolta con molto favore tanto che Newton nel 1671 dopo averne donato uno simile alla Royal Society venne eletto membro dell’onorevole società, la più antica società scientifica inglese.

Dal 1669, dopo una breve interruzione, riprese le ricerche sulla luce e nello stesso periodo Barrow cedette la carica della cattedra lucasiana al suo discepolo.

Per dimostrare la sua gratitudine alla Royal Society nel 1672 Newton presentò una relazione sui suoi studi sulla luce condotti dal 1666 al 1667.

La tarda pubblicazione delle sue scoperte fu di nuovo causa di numerose controversie.

Tale relazione infatti fece del suo autore un uomo celebre fino al momento in cui Hooke lo sperimentatore della Royal Society e autore della legge di elasticità giudicò la monografia di Newton.

Hooke mosse delle critiche riguardo all’ipotesi formulata da Newton del carattere complesso della luce bianca come spiegazione del fenomeno dei colori, essi non erano sufficienti a giustificare la sua ipotesi.

Le critiche di Hooke, gonfiate dal segretario della Royal Society e amico di Newton, fecero emergere il carattere ombroso dello scienziato che approfondì gli studi sulla luce e arrivò alla conclusione della natura corpuscolare della stessa.

Nel settembre del 1675 Newton mandò alla Royal Society un manoscritto che si basava sullo studio su sottili lamine di vetro o d’aria già trattato da Hooke.

Hooke rivendicò la priorità della scoperta ma nello stesso tempo ammise che Newton aveva fatto un passo avanti.

Dal 1675 in poi Newton non mandò più manoscritti alla Royal Society ma prosegui gli studi sulla luce che vennero pubblicati dopo la morte di Hooke avvenuta nel 1703.

L’ "Ottica" fu pubblicata nel 1704 assieme a due trattati di matematica scritti in latino.

Nel 1680 riprese l’esame del problema dei movimenti planetari e delle orbite interrotto dopo il 1667 .

Nel 1703 fu eletto presidente della Royal Society e nel 1704 pubblicò la sua ultima grande opera "Il trattato di Ottica" .

Negli ultimi anni della sua vita si dedicò agli studi teologici e morì nel 1727 dopo un lungo periodo di malattia.

Fu sepolto nell’abbazia di Westminster ove sulla tomba furono incise le parole:

«SIBI GRATULENTUR MORTALES TALE TANTUMQUE EXSTITISSE HUMANI GENERIS DECUS»

(Si rallegrino i mortali perché è esistito un tale e così grande onore per il genere umano).

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