Alessio Gabbrielli

CONCETTO ED ESPERIENZA NEL PENSIERO SCIENTIFICO DI NEWTON

L’ostilità che Newton nutriva nei confronti delle ipotesi è un luogo comune, dal momento che si conoscono i passi dell’Opticks, nel quale Newton afferma di non voler spiegare le proprietà della luce per mezzo di ipotesi, bensì di provarle con ragioni e con esperimenti, o, l’ancora più celebre "hypotheses non fingo" dai Principia, nel quale dichiara che tutto ciò che non si deduce dai fenomeni, va chiamato "ipotesi", le quali dunque non sono ammesse dalla filosofia sperimentale.

Questa ostilità, fondamentalmente vera, è comunque da integrare con altre citazioni e, le suddette affermazioni, lasciano il dubbio riguardo a ciò che Newton volesse realmente dire.

Tale ricerca comporta dunque notevoli difficoltà di natura materiale e semantico-storica, dovute all’assenza di edizioni moderne delle opere di Newton (per esempio, dei Principia, che ebbe tre edizioni, non esiste una buona edizione critica che riporti le differenze tra le tre successive pubblicazioni) e ai numerosi errori di traduzione che possono celarci il reale significato dei testi e del pensiero dello scienziato-filosofo.

Per dimostrare le differenze tra le tre edizioni dei Principia, basta riportare un esempio; nella terza edizione (facciamo il percorso a ritroso), precisamente nel terzo libro, si trovano due proposizioni esplicitamente indicate come ipotesi: la prima circa la quiete del centro del sistema del mondo, la seconda circa il moto terrestre intorno al proprio asse e intorno al sole. Ebbene, tali proposizioni le ritroviamo invariate nella seconda edizione, ma nella prima sono diverse e poste insieme ad altre. La prima ipotesi enunciata fa parte di un gruppo di ipotesi, a dire il vero poco omogenee (nove in tutto), nelle quali si cerca di dimostrare la verità sull’ipotesi copernicana o del sistema astronomico copernicano-kepleriano; tutto ciò significa che Newton, almeno nella prima edizione dei Principia, intendeva l’ipotesi col comune significato nella sua accezione astronomica: ovvero una premessa o una proposizione basilare della teoria che si voleva sviluppare. Tornando adesso alla seconda edizione dell’opera newtoniana, si può notare la scomparsa del termine "Hypotheses" sostituito da "Regulae philosophandi", e le precedenti nove ipotesi sono adesso divise in "Rules" e "Phenomena". Newton afferma, come chiarimento, che egli non immagina ipotesi, non trovando queste posto nella filosofia della natura.

Ma per studiare il significato del temine "ipotesi", bisogna sicuramente tener conto delle innumerevoli sfumature che questo termine può accettare; è considerato comune a tutta la gamma di significati l’attenuazione (o soppressione) provvisoria (o definitiva) del carattere affermativo e del riferimento alla verità (o realtà) della proposizione ipotetica.

Questa caratteristica comune fa sì che un’ipotesi non sia propriamente un giudizio, bensì una supposizione o una congettura della quale si esaminano le conseguenze e le implicazioni, per stabilirne la verità o falsità (tali conseguenze o implicazioni possono poi essere "interne" o "esterne").

In altro significato di ipotesi, al quale si rifanno in special modo i matematici, è l’indicazione di essa come proposizione, o gruppo di proposizioni, posta con l’unico scopo di dedurne le logiche conseguenze; ma non è così che Newton adopera il termine "ipotesi", né per analizzarne le dirette conseguenze delle leggi di attrazione, né per studiare i movimenti dei corpi.

Un ulteriore significato di ipotesi è quello che si ha da parte di tutti gli astronomi, dal tempo di Tolomeo in poi, cioè quello di chiamare "ipotesi" una proposizione, o un gruppo di proposizioni, che consentono di ordinare e dedurre, cioè di prevedere, i fenomeni celesti (salvare i fenomeni)., purché si pensi che la verifica di tali proposizioni con dati dell’osservazione, non implichi assolutamente la verità ontologica o materiale dell’ipotesi stessa. Questo significato di ipotesi permise, per esempio, a Osiander di considerare il sistema astronomico copernicano, come un’ipotesi, artificio matematico puro e semplice, che non implicava affatto la sua verità e che poteva dunque andare d’accordo con la credenza dell’immobilità della terra; tale comportamento fu adottato, anche se in un altro modo, da Galileo.

In base a questa tradizione che dava all’ipotesi un carattere piuttosto fittizio, si arrivò persino a pensare che, essendovi diversi modi per arrivare a un’uguale conclusione, allo stesso tempo vi potevano essere più ipotesi contraddittorie, capaci ciascuna di "salvare i fenomeni", o errate tutte insieme; questo permise, ad alcuni astronomi cattolici, di insegnare teorie diverse da quella geocentrica, restando tuttavia fedeli alla tradizione.

Nel pensiero di Cartesio possiamo trovare un significato ancora più fittizio del termine ipotesi. Egli professò un vero e proprio divorzio tra verità e premesse ipotetiche, affermando di formulare diverse ipotesi che riteneva false, sebbene la loro falsità non implicasse che ciò che se ne poteva dedurre non fosse vero.

E’ comprensibile, dunque, che di fronte ad una tradizione di questo tipo, che invitava la scienza a porre il falso per dedurne il vero, Newton si distaccasse e rifiutasse tale metodo come non scientifico. Ecco allora l’affermazione assai famosa "Hypotheses non fingo" che assume il significato di: «non ricorro a espedienti fittizi, non adopero proposizioni false come premesse o spiegazioni».

La traduzione di questa frase di Newton è stata oggetto di alcuni errori interpretativi, che hanno portato a pensare il "non fingo" (don’t feign, in inglese) come "non immagino" (don’t frame); però la differenza che si nota è grande: difatti "fingere" implica "falsità, mentre "immaginare" non la implica necessariamente.

Analizzando adesso i significati che Newton da al termine ipotesi, è necessario dividerli in due categorie, oltre al significato classico di derivazione astronomica che troviamo nella prima edizione dei Principia, già trattato. Esistono infatti per Newton due tipi di ipotesi: il primo è di carattere positivo, il secondo di carattere deteriore.

Il significato positivo prevede per ipotesi una concezione plausibile anche se indimostrabile, ed egli si dimostrò disposto a farne uso. Il significato deteriore, invece, come in Cartesio, Hooke, Leibniz, considera l’ipotesi una finzione, per di più gratuita e necessariamente falsa, e il suo utilizzo porta obbligatoriamente a quel divorzio tra scienza e realtà considerato inaccettabile da Newton, Keplero e altri ancora; infatti l’ipotesi come finzione significa completo scetticismo, se essa fosse concepita e presentata distinta dalla realtà, una pseudorealtà basata su proprietà immaginarie e fantastiche.

Obiettando circa l’impiego di spiegazioni false, indimostrabili o irriducibili all’esperienza, Newton preferiva presentare le proprie esperienze in forma "bruta" o "spoglia", senza trascendere i dati dell’esperienza stessa.

Scartate dunque le ipotesi, Newton dovette ricorrere ad altri termini: pose allora una distinzione tra le regole astratte, logico-metafisiche, del filosofare, gli assiomi e le leggi del movimento, e i dati dell’esperienza e dell’osservazione, che, assieme alle loro implicazioni immediate, chiamò "phenomena".

Come spiegazione di tutto ciò è utile aver presente le parole di Newton rivolte a Cotes, nelle quali lo scienziato-filosofo inglese afferma che nella geometria è possibile attribuire al termine ipotesi un significato vasto tanto da comprendervi anche gli assiomi e i postulati, ma nella filosofia sperimentale ciò non è possibile, e quindi, egli chiama leggi del movimento, e non ipotesi, gli assiomi e i principi primi, Infatti tali principi primi sono dedotti dai fenomeni e resi generali per induzione, risultando così la massima evidenza che una proposizione possa raggiungere in questo tipo di filosofia.

L’ipotesi invece, non è dedotta da nessun fenomeno, ma è assunta e supposta senza alcuna base sperimentale; perciò nella filosofia sperimentale non trovano posto le ipotesi sia metafisiche che fisiche, sia di qualità occulte che meccaniche. Questi ultimi quattro tipo di ipotesi destano molto interesse per quanto riguarda l’interpretazione che Newton ne diede, ma, allo stesso tempo, sono molto difficili da analizzare.

Probabilmente, per "ipotesi metafisiche", Newton intende la deduzione cartesiana della conservazione del movimento dall’immutabilità di Dio, per "qualità occulte" le qualità dell’alchimia, per "ipotesi meccaniche" quelle ipotesi di Cartesio e dei cartesiani che, secondo Newton, non consentivano di spiegare i fenomeni astronomici e, per di più, portavano all’esclusione di Dio dall’Universo e per "ipotesi fisiche", il fraintendimento di Bentley, Huygens e Leibniz, secondo i quali la teoria dell’attrazione universale di Newton prevedeva una forza fisica o una qualità primaria di tutti i corpi.

Soprattutto quest’ultimo genere di ipotesi (le ipotesi fisiche) rientrano nella categoria delle ipotesi deteriori, delle quali, come già detto, Newton cerca bene di non fare uso.

Per concludere possiamo identificare alcune ipotesi positive, che Newton così classificò, per il semplice motivo che tali ipotesi potevano essere plausibili, ma pur sempre dubitabili poiché egli non poteva darne una certa dimostrazione: esse sono l’immobilità del centro del mondo e l’equivalenza tra il movimento di un involucro liquido o rigido e quello di un globo terrestre solido.

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