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La protesta ... e la musica
Il bastone e la carota
"Tutti buoni, tutti fermi. E vi toccherà la vostra carota quotidiana. Non domandate di meglio, o parlaremo un'altra lingua.......
"Mangia ananas, mastica fagiani, più non avrai borghese un domani.........." (Maiakowsky)
Siamo giusto alla fine degli anni `60. Agnelli aveva chiuso il bilancio della Fiat, commentando che era necessario produrre di più. A Roma 150.000 lavoratori del Meridione si riunivano in Piazza del Popolo per ricordare combattivamente la loro presenza. Centocinquantamila come l'Autunno Caldo. Nella musica l'ondata beat e protestataria all'acqua di rose, lasciava il posto alla canzone che parlava davvero dei problemi: " ...di chi lavorava in fabbrica, di chi andava all'università, di chi era figlio di contadini, di chi non accettava un ruolo passivo...".
In quegli anni qualcuno rispolverava i fantasmi del passato per mettere paura; le sirene della polizia; il meccanismo della repressione. I giovani che non si erano pentiti del `68 si chiedevano se ci fosse ancora tempo per l'amore, dopo le catene di montaggio. Ascolare una canzone d'amore a loro non bastava più.
La frase musicale di una canzone di lotta o di protesta "dovrebbe far saltare le coronarie al nemico", diceva Umberto Eco. Frase sposata a pieno da autori come Paolo Pietrangeli, Ivan Della Mea, Settimelli, Giuffrida e altri. La loro intenzione era quella di fare si musica, ma al servizio dei contenuti. Mai come in quegli anni dischi come ad esempio "Il bastone e la Carota" (del 1971), fornivano dei temi, delle contraddizioni, delle lotte, delle spinte presenti in Italia, rifuggendo dalla genericità degli autori di consumo, la cui presenza si esauriva in un discorso di tipo esistenziale e sentimentale, che non interessava a chi si collocava con coraggio dalla parte di chi non mangiava "nè fagiani, nè ananas".
I testi di alcune canzoni contenute in dischi come, appunto, "Il Bastone e la Carota", sono di tale "violenza", da rischiare l'apologia di reato. Esse sono il chiarissimo manifesto dei gruppi di ultrasinistra di quegli anni. Di lì a poco apparirrano sui muri scritte come "NAP" (Nuclei Armati Proletari) o stelle a 5 punte con la "BR".
Le drammaticità di quegli anni non sono ancora del tutto chiare; basti pensare che, forse, è anche per il contenuto di una canzone di questo disco ("La ballata per anarchico Pinelli") che un certo Sofri si trova attualmente in carcere. Offro quindi alla vostra riflessione i testi di due canzoni.
A voi il compito di leggere la storia fra le righe.
Ilaria Gentiluomo
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