Gli X-Files cercano spazio per allargarsi, di James Sterngold
LOS ANGELES
Il fumo fluttuava
intorno al volto impassibile e familiare di Fox Mulder, Agente speciale
dell’FBI, mentre si arrampicava fuori del crepaccio nel ghiaccio dell’Antartico;
poi liberava la sua collega, l’Agente Dana Scully, fradicia e ferita, mentre
la minaccia degli alieni, dei cospiratori del governo e delle navicelle
spaziali continuava a incombere, invisibile, su di loro.
«Tagliate!»
gridava Rob Bowman, regista non di un episodio della famosissima serie
televisiva, ma di un nuovo film, X-Files, che dovrebbe uscire a giugno
’98. Quindi discuteva un po’ con gli attori – David Duchovny, nel ruolo
di Mulder, e Gillian Anderson, che ha appena vinto l’Emmy per la sua interpretazione
del personaggio di Scully – e poi questi tornavano al loro posto, su un
enorme palcoscenico, e ripetevano la scena in mezzo a una distesa di neve
artificiale, più e più volte.
È chiaro
che fare un film può risultare noioso, ma, in quella giornata di
fine estate, la stanchezza e la noia erano più evidenti del solito.
E in effetti la stanchezza è una condizione che, al dire di diverse
persone, sta diventando sempre più presente sulle scene della serie
televisiva che ha reso famosi gli Agenti Mulder e Scully e ha fatto del
paranormale una parte integrante della produzione televisiva di questi
ultimi tempi. E questa è una delle motivazioni per cui il film,
che si è finito di girare la settimana scorsa sul set della 20th
Century Fox (la quinta stagione è in onda da 2 novembre in USA),
non rappresenta il solito sfruttamento di una serie televisiva di successo,
con attori e trama nuovi.
Secondo gli
ideatori, il film X-Files, costato circa sessanta milioni di dollari, vuole
essere essenzialmente un prolungamento della serie televisiva, e non una
sua imitazione, ma qualcosa di unico. Chris Carter, creatore e produttore
esecutivo della serie “X-Files”, nonché produttore e sceneggiatore
del film, ha annunciato che la quinta stagione televisiva terminerà
la prossima primavera con una situazione di suspense, e che quindi il film
avrà il compito di partire dal punto in cui erano stati interrotti
i telefilm della serie (anche il film del 1966 “Batman” impiegava
Adam West e Burt Ward, le stelle della serie televisiva, ma le trame non
avevano alcuna connessione). Il film X-Files, perciò, è basato,
almeno in parte, sulla promessa che gli spettatori pagheranno un biglietto
per assistere, per due ore, a uno spettacolo cui assistevano, gratis, davanti
alla televisione per un’ora alla settimana. Gli ideatori della pellicola,
però, dicono che esiste una differenza. «Non si tratta
di un telefilm più lungo,» promette Bowman, regista di numerosi
episodi televisivi della serie “X-Files”. «La sostanza rimane la
stessa, ma si verificheranno molti più eventi di quanto non ci sia
possibile mostrarne nei telefilm, e ovviamente anche la grandezza dei set
e delle sequenze sarà molto più ampia.» Ancora più
importante, pare che gli ideatori degli “X-Files” abbiano intenzione di
infrangere un tacito accordo con gli spettatori rispondendo ad alcune delle
domande riguardanti gli invasori alieni e il misterioso complotto ordito
dal governo per tenerli segreti, domande che hanno catturato l’attenzione
degli spettatori di settimana in settimana per ben quattro anni; questo
nella speranza di rinvigorire la serie, non solo per il pubblico, ma anche
per gli insoddisfatti e annoiati membri del cast.
Si tratta
di una missione pericolosa, perché molto del grande successo degli
“X-Files” è sicuramente legato a tutte quelle informazioni che finora
il pubblico non aveva avuto modo di conoscere. Siamo di fronte a delle
storie di fantascienza, comprendenti il paranormale e il paranoico, che
si limitano ad accennare gran parte degli eventi senza mostrarli troppo,
accennando ugualmente, ma quasi mai spiegando, gli intenti di misteriose
entità del governo volti a tenere segreta la presenta degli alieni.
Che stiano usando gli Agenti Mulder e Scully come pedine di uno schema
più ampio, oppure li stanno ostacolando? La questione è sempre
stata lasciata deliberatamente aperta.
«Il
film risponderà a numerose domande, ma ne porrà anche di
nuove,» afferma Carter. «Ora avremo la possibilità di
rivelare alcuni di questi misteri, esaurendo parte di queste domande. In
un certo senso si tratta di un passaggio a un altro livello.» Carter,
di solito piuttosto reticente, non ha intenzione di rivelare quasi nulla
circa la trama del film, che, in codice si chiama Blackwood. Le note di
produzione dicono soltanto che Mulder e Scully vengono “coinvolti in una
ragnatela di intrighi” in seguito alla “misteriosa esplosione di un edificio
pubblico di Dallas”. Nel visitare il set, si possono ottenere altre
informazioni: su un piano c’era scritto “interno o navicella spaziale”;
su un altro “lancio con gruppo di creature” (un agente pubblicitario asserisce
che i produttori stiano deliberatamente facendo circolare delle false informazioni
su Internet in modo da depistare eventuali curiosi). Il film è,
ovviamente, un tentativo di sfruttare la popolarità della serie
televisiva, ma è indubbio che, così facendo, si rischi di
offuscare la straordinaria fama degli X-Files. Carter ha detto che in questo
rischio deliberato, c’era anche la voglia di tentare qualcosa di nuovo
ed eccitante. Si tratta di quel desiderio di sperimentazione dal quale
invece gran parte dei produttori televisivi rifuggono non appena raggiungono
il successo, ma è facile capire i motivi per cui Carter sia disposto
a correre così tanti rischi con X-Files. Duchovny, ad esempio, non
si mostra reticente nel confessare la sua insoddisfazione.
«È
un impegno troppo lungo,» dice Duchovny, 37 anni, riguardo il suo
ruolo nella serie “X-Files”. «Si arriva a un punto in cui non c’è
più entusiasmo. Vorrei che introducessero un personaggio nuovo –
non più popolare di me, naturalmente, ma altrettanto interessante
– in modo da permettere che l’attenzione degli spettatori possa rivolgersi
anche altrove».
«Non
è che voglia interrompere la serie,» continua, «però
ho bisogno di spazio per poter pensare anche a qualcos’altro.» Gillian
Anderson, 29 anni, afferma di essere grata a Carter e alla serie televisiva,
ma ammette anche di sentirsi frustrata e di aver voglia di fare qualche
film che sia imperniato sul mondo interiore dei personaggi, piuttosto che
sull’azione e sul mistero. «Abbiamo caratteri diversi,» diceva
la Anderson parlando del suo personaggio, l’Agente Scully, un tipo scettico
e cervellotico. «Ho bisogno di essere meno razionale di quanto non
lo sia lei.» L’origine del successo degli “X-Files” è il dubbio
e il mistero, e a quanto pare su questo non ci saranno cambiamenti. Carter
si descrive come uno scrittore motivato principalmente da un intento morale,
e forgiato dalle agitazioni politiche vissute in gioventù. «Ho
quarant’anni,» dice Carter. «Il mio universo morale si è
creato nel periodo del Watergate. Fu questo fatto a far affiorare il mio
mondo dalle acque e a dare vita a tutto il mio modo di pensare.»
Aggiunge anche di essere essenzialmente pessimista, nella sua visione del
mondo, e questo atteggiamento ha influenzato le sue storie (è anche
il creatore di “Millennium”, che, come gli “X-Files”, è stato prodotto
dalla Fox, e sta lavorando a un’altra serie ambientata nel periodo immediatamente
successivo alla seconda guerra mondiale).
«Sono
sinceramente convinto che il mondo stia girando alla rinfusa, privo di
controllo,» dice. «Non c’è più alcun lavoro eticamente
valido, né un autentico codice morale.
E io sto cercando
delle immagini in grado di rappresentare tutto questo.»
E in effetti,
Carter, negli “X-Files”, ha sviluppato tre differenti categorie d’immagine,
corrispondenti a tre diversi tipi di storie. Il primo genere di episodi
è costruito attorno alla consapevolezza della presenza sulla Terra
di creature aliene e dall’ossessione del governo di mantenere segreta questa
notizia. Carter, parlando di questo tipo di storie, le definisce “mitologiche”;
e, a suo dire, il film rientrerà in questa categoria. Un pizzico
di paranoia non è assente da questi episodi mitologici; uno di essi
pretende persino di spiegare gli assassini di John F. Kennedy e del reverendo
Martin Luther King imputandoli a un’unica persona, un accanito fumatore
conosciuto come L’Uomo che Fuma, che cerca in tutti i modi di frustrare
gli sforzi dell’Agente Mulder di scoprire la presenza degli alieni.
Un altro genere
di episodi hanno come protagonisti dei criminali dotati di poteri paranormali
– uno scienziato, ad esempio, che, dopo aver assorbito radiazioni in un
laboratorio, è in grado di vaporizzare le persone con la propria
ombra, oppure un giovane che, dopo essere stato ripetutamente colpito da
fulmini, può uccidere i propri nemici soltanto con la forza del
pensiero.
Ci sono poi
degli altri episodi, più insoliti, che rappresentano essenzialmente
la parodia degli altri due generi e rivelano una vena umoristica di Carter,
così come le doti comiche dei due attori, Duchovny e la Anderson.
In uno, un custode rende gravide numerose donne trasformandosi misteriosamente
in modo da assomigliare ai rispettivi mariti; cerca perfino di sedurre
Scully, assumendo le sembianze di Mulder. In un altro episodio, due ufficiali
dell’aeronautica, spacciandosi per due alieni, rapiscono una giovane coppia
coinvolgendola in un complotto del governo, per poi trovarsi a loro volta
rapiti da una strana creatura proveniente dalle viscere della Terra, Lord
Kinbote, e divenire, in seguito, protagonisti del romanzo di uno scrittore
convinto dell’assurdità dell’intera storia. Il filo conduttore
comune è che i personaggi principali, Mulder e Scully, siano in
grado di ridere di loro stessi senza per questo perdere di vista la propria
missione, smascherare non dei semplici criminali, ma delle creature ciniche
e perverse. A guidarli, sono quella sincerità e quelle convinzioni
che Carter dice di aver perso in gioventù. «In un’epoca
dominata dal cinismo, loro non sono cinici,» dice Carter delle sue
creature. «Questi due personaggi non sono al passo con i tempi in
cui vivono. Sono dei romantici. Degli ingenui, forse.» E questo è
anche il punto di vista dello stesso Carter, ancora abbastanza romantico
da nutrire il desiderio di fare il giro del mondo in surf, e la speranza
rimane un punto centrale del film, anche quando devia dalla consuetudine
degli “X-Files” offrendo delle risposte oltre alle solite vaghe allusioni.