Per molti giorni sono stati lì,
sempre lì sulla Flaminia, con i trattori, con le bandiere… Sarà
un mese? Di più!
Si sa dai giornali, dalla televisione,
che stavano protestando per “le quote latte”: ma avevano torto o
ragione?… C’era sempre un presidio di Carabinieri che li sorvegliava: saranno
stati pericolosi, esaltati?…
La sera del 31 Dicembre andiamo a trovare
gli allevatori che presidiano la statale all’altezza di Vallelunga, andiamo
a fare gli auguri a loro che si apprestano a passare qui la notte di fine
anno e, diciamolo, andiamo a vedere che gente è…
Ci accolgono nella loro baracca di teli
di plastica, intorno ad un tavolaccio: grandi strette di mano, salame e
vino, che non si può rifiutare! Un’ospitalità rude e generosa
come queste facce segnate dalle intemperie e dalla fatica, quella fatica
che non conosce ferie e festività, ché il bestiame non si
può lasciare a governarsi da solo, mentre si va in vacanza.
Chi è abituato alle otto ore, alle
due settimane al mare, ai week-end, una vita così non la concepirebbe
neppure come una condanna! Invece qui incontriamo gente che non accetterebbe
mai un lavoro in fabbrica e (sorpresa!) anche alcuni giovani che hanno
intrapreso il mestiere dei genitori. Si, perché le aziende degli
allevatori dell’Alto Lazio, qui rappresentate, sono spesso a carattere
familiare o comunque con pochi dipendenti. E la tradizione,o forse l’amore
per questa vita, non conosce confini generazionali.
Vengono dai paesi vicini, da S.Oreste,
da Civita Castellana, da Collevecchio, da Magliano Sabina e da Rignano,
naturalmente. Sono qui, determinati a rimanere fin quando non avranno dato
ascolto alle loro richieste: restituzione delle multe pagate per aver superato
le quote di produzione loro assegnate e chiarezza sulle aziende che non
producono latte ma si limitano a commercializzarlo.
“Ci dispiace per i disagi che abbiamo
causato e ce ne scusiamo con la cittadinanza, ma non abbiamo alternative:
stiamo lottando per la sopravvivenza. - ci dice uno dei presenti - Fortunatamente
abbiamo trovato comprensione nelle forze dell’ordine e
non ci sono mai stati momenti di tensione.”
La questione che ha scatenato la protesta
è emblematica: le famose “quote latte” non sembravano in origine
un limite invalicabile, non c’erano verifiche sulla produzione. Poi l’Europa
è divenuta più vicina, le norme si sono trasformate in imperativi e nel giro di
2-3 anni ecco i controlli stringenti, la richiesta di pagamento di multe
salatissime, che si traducono nell’impossibilità di sviluppare la
propria azienda.
Questi uomini determinati, eredi dei butteri
della Maremma, forti come tori, sembrano improvvisamente deboli come agnellini quando si comincia a parlare
delle prospettive del loro lavoro. Il motivo è semplice: di prospettive
non ne vedono! La strada davanti a loro è sempre più ripida
e costellata di ostacoli, soprattutto di carattere burocratico: quello che era
consentito ieri non lo è più oggi.
“Come si può gestire un’azienda
nell’incertezza? - ci dicono- Senza sapere se quello che programmiamo oggi, con investimenti, lavoro e sacrifici,
potremo poi portarlo a termine…”
“Io penso ai miei figli.- dice un altro
- Un azienda, se non ha possibilità di svilupparsi, o comunque di
seguire in maniera elastica la produzione, è
destinata a chiudere ! Non possiamo dire alle nostre bestie di produrre
un quantitativo fisso: certi anni va bene,
certi va male. E’ sempre stato così ! Ma ora se una stagione produciamo di più ci multano e se produciamo
di meno ci tolgono le quote che potremmo coprire la stagione successiva!”
“Principalmente chiediamo maggior attenzione,
soprattutto da parte del governo, che faccia una seria politica agricola, perché il nostro problema
è un problema di tutto il Paese. Perché trascurare il settore
primario dell’agricoltura e dell’allevamento? Noi
produciamo quello che poi tutti mangiamo! E poi chiediamo un minimo di solidarietà, che la gente passi
e si fermi, non ci ignori… Qui sono venuti solo gli amici...”
Chi ha ragione? La ragione non è
mai da una sola parte: i governi passati sono giunti ad accordi comunitari senza entrare nel merito della questione,
senza sapere quali fossero i quantitativi effettivamente prodotti e non hanno chiesto l’applicazione delle norme
emanate; gli allevatori, basandosi su quello stato di cose, non si sono preoccupati di non essere sufficientemente
tutelati.
Ora l’Europa ci chiede ragione di ciò.
Il governo sta affrontando la situazione, ma è stretto fra la volontà
di venire incontro agli agricoltori e l’imposizione
della normativa europea. L’unica possibilità sarebbe andare a ricontrattare le quote nazionali in sede
comunitaria, quote che oltretutto risalgono all’83, ma i margini di azione sembrano molto limitati. Deve essere comunque
fatta piena luce nel settore per smascherare quelle “aziende” che esistono
solo sulla carta, mucche comprese, e che importano latte dall’estero e
rivendono poi in Italia.
Intanto gli allevatori hanno abbandonato
i loro presidi, si sono portati via la loro rabbia, le loro domande senza risposte, la loro solitudine rispetto
al resto del paese. Quel poco che possiamo fare è esprimere la nostrasolidarietà, nel rispetto delle
leggi e della collettività.
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