Preghiera cittadina mensile - 12/3/2000
Da pacem Domine in diebus
nostris
Kitgum: donne di frontiera nella periferia del mondo
In Israele un esperimento unico al mondo
A SCUOLA DI PACE
Nella comunità di Neve Shalom
ebrei e arabi
tentano da vent'anni una difficile convivenza.
In Israele e in Palestina larga parte della popolazione sembra ormai convinta della necessità di un futuro di pace, a costo delle rinunce che ogni trattativa di mediazione comporta. Le cose si complicano, purtroppo, quando arabi ed ebrei tentano di ipotizzare il tipo di convivenza possibile tra due popoli che da una parte sono separati da un muro di diffidenza - nella migliore delle ipotesi - e dall'altra si trovano in una condizione di stretta dipendenza reciproca. E' dunque facile capire l'importanza di quell'esperimento straordinario ed ormai perfettamente rodato che è la Comunità di Neve Shalom-Wahat al Salaam (dal libro di Isaia: "E il mio popolo vivrà in un'oasi di pace").
Su una collina coperta di olivi, a metà strada tra Gerusalemme e Tel Aviv, arabi e israeliani vivono e lavorano insieme, per libera scelta e su basi rigorosamente paritarie. Quando, alla fine degli anni Settanta, il frate domenicano Bruno Hassar arrivò sulla collina, l'idea di far nascere un villaggio del genere sembrava pura follia. Ora a Neve Shalom abitano 35 famiglie, altre 15 sono in arrivo, e presto, non appena verranno terminate le nuove case, ci sarà posto per ben 150 nuclei familiari.
Neve Shalom ha una scuola per bambini (in cui si studiano sia l'arabo sia l'ebraico, e dove si festeggiano le ricorrenze islamiche, ebraiche e cristiane) e «una scuola di pace» per adolescenti e adulti. Lì i ragazzi imparano che le ragioni del conflitto non stanno da una parte sola: i piccoli ebrei hanno capito che gli arabi non sono tutti terroristi e infidi, i piccoli arabi hanno capito che gli ebrei non sono tutti oppressori.
Da
pacem Domine in diebus nostris
MESSICO, 19 FEB 2000
La gente di Tepatepec (Messico centrale) reagisce allarresto di 810 studenti,
sequestrando e mi-nacciando di uccidere 65 agenti di polizia. I giovani avevano occupato 4
settimane fa la scuola agraria della cittadina per protestare contro la sua chiusura
definitiva disposta dalle autorità.
ITALIA, 22 FEB 2000
A Malanje, una cittadina angolana martoriata dalla guerra civile, è stata posta la prima
pietra del villaggio "Cera una volta", destinato ad ospitare circa seimila
bambini, molti dei quali orfani di guerra. Il villaggio nasce grazie alle offerte raccolte
a seguito di un reportage trasmesso da rai3.
SPAGNA 22 FEB 2000
Almeno due persone sono state uccise oggi nei Paesi baschi per l'esplosione di un'auto a
Vitoria, capitale della regione autonoma. I primi sospetti si indirizzerebbero verso
l'Eta.
NIGERIA, 22 FEB 2000
Almeno 7 persone sono morte nei duri scontri tra cristiani e mu-sulmani scoppiati ieri
nello stato di Kaduna, durante una marcia organizzata dai cristiani per pro-testare contro
la proposta di in-troduzione della legge islamica, ritenuta lesiva del diritto di libertà
religiosa
ERITREA/ETIOPIA., 23 FEB 2000 L'esercito etiopico ha rotto la tre-gua che durava da otto mesi, attaccando l'Eritrea sul fronte di Buria. Secondo Asmara sono almeno duecento i soldati etiopi uccisi dalle truppe eritree
STATI UNITI, 24 FEB 2000
Mentre sempre più Paesi aboliscono la pena di morte (ultima lUcraina, il 22
febbraio), in Texas (che con la Florida è ai primi posti per numero di esecuzioni)
stasera è stata messa a morte Betty Lou Beets, 63 anni, psicolabile.
CECENIA, 28 FEB 2000
Si scoprono prove di torture e sevizie contro civili e combattenti. Intanto proseguono i
bombardamenti dell'aviazione e dell'artiglieria russe contro le posizioni degli ultimi
ribelli ceceni nelle montagne del sud.
ALGERIA, 8 MAR 2000
Almeno 17 persone sono morte e 11 sono state ferite in atti di violenza in Algeria da
domenica ad oggi.
FONTI: MISNA, Internazionale
Dedicato alle donne
dellUganda.
KITGUM: DONNE DI FRONTIERA NELLA PERIFERIA DEL MONDO
Mary è una ragazza ugandese di 22 anni. Ha
trascorso tre anni e mezzo con gli Olum, i ribelli che da più d'un decennio seminano
morte e distruzione nel nord Uganda. "Non ne potevo più di quella vita e un giorno
decisi di fuggire dal campo. Le violenze che ho subìto non voglio raccontarle. Dico solo
che non è più possibile tollerare questa barbarie. Perché nessuno si preoccupa delle
migliaia di ragazzi come me sequestrati e costretti con la forza a combattere questa
dannata guerra?". Le responsabilità sono note ai benpensanti, sia nella capitale
ugan-dese, che nei circoli dellONU a New York. Eppure, il dramma dei sequestri
continua.
In questo inferno di dolore, altre donne lavorano a ricostruire. Una pakistana, una
americana, una italo-belga e una inglese, insieme stanno lavorando in un progetto di
reinserimento dei minori fuggiti dalla guerriglia: "Si tratta di ragazzi e ragazze
che hanno avuto il coraggio di fuggire rischiando la vita - spiega una di loro - Il nostro
compito è quello di aiutare la comunità locale a superare il pregiudizio e ad accogliere
il loro ritorno non come una disgrazia, ma co-me unoccasione di riscatto e
rinascita. Nel nostro lavoro siamo affiancati da circa 350 volon-tari locali: la società
civile ha voglia di dire basta alla guerra!"