Cristo in preghiera
La cristologia è la scienza teologica che, in modo particolare, studia quanto si riferisce alla persona di Gesù Cristo.
Fondamentalmente si può parlare di cristologia fatta dai credenti e di quella fatta da coloro che non credono in lui. L'aspetto interessante della cristologia è quello di esaminare l'insegnamento teologico offerto dalla vita di Cristo: studiare, cioè, Cristo così come si vede emergere, vivo e reale, dal Vangelo. Una ricerca di questo genere è importante per la vita del cristiano che può trarre spunti concreti per il proprio agire.
Lo studio della vita di Cristo si basa sulle fonti disponibili, in particolare dalle sacre scritture.
Da ogni Vangelo risalta un aspetto diverso di Cristo, che non entra in contrasto con gli altri, ma è dovuto alla diversa linea teologica adottata da ogni evangelista. Infatti, ognuno degli agiografi ha messo in risalto l'aspetto di Gesù che più si confaceva con il proprio carattere, senza per questo falsare minimamente la persona stessa del Cristo. Ecco allora che Marco insiste in modo particolare su Gesù amico, concreto, da vedere. Matteo presenta Gesù che parla che insegna: si tratta soprattutto di un Cristo da ascoltare. Luca mette in risalto l'agire di Gesù come uomo che si affida al Padre, così ogni azione di Gesù si fonda sulla preghiera. Giovanni elabora i fatti e i detti di Gesù sulle basi filosofiche a lui note.
Pero assumendo come fonte principale di studio le Sacre Scritture, non si può non tenere conto della Tradizione.
I Vangeli sono un resoconto esatto della vita del Cristo o vogliono piuttosto trasmettere un certo messaggio? Questo problema va ricondotto al tempo e alle finalità di composizione dei Vangeli: sappiamo, infatti, che essi hanno avuto una tradizione orale precedente e che sono stati messi per iscritto solo molto tempo dopo la resurrezione e l'ascensione di Gesù, proprio per non dimenticare nulla di ciò che i testimoni avevano visto e udito. Inoltre lo scritto è venuto dopo un ripensamento effettuato dalla comunità, alla luce più piena della rivelazione, così come esprime la Dei Verbum.
Per quanto riguarda poi l'interpretazione dei vangeli bisogna tenere conto della tradizione ebraica, dei "loghia", e dell'A.T., per questo il N.T. deve essere letto non dimenticando mai l'A.T. e non dimenticando che certe espressioni sono detti comuni del popolo. Gesù stesso lo dimostra, poiché nei suoi insegnamenti riporta spesso le parole già proferite dagli antichi.
Non bisogna dimenticare infine il problema dei generi letterari, cioè rivestimenti diversi dati all'unico messaggio.
Considerando tutto questo vogliamo studiare, in modo particolare, l'atteggiamento di Gesù nella preghiera.
Nell'antichità si concepiva la religione in una forma miracolistica o magica, quindi la preghiera era soprattutto di domanda o di propiziazione: ci si appoggiava alla preghiera per avere la pioggia o il sole, raccolti abbondanti o greggi fecondi, protezione contro le malattie e le disgrazie. Passando però a religioni più complesse, monoteistiche, anche la preghiera si apre a espressioni più ricche e più vere, come l'adorazione, il ringraziamento, la contemplazione, l'amore.
Nelle preghiere di Gesù abbiamo costatato che c'è un’unione di tutti questi elementi, per cui egli diventa, anche in questo particolare aspetto, il vero modello per il credente.
Ci proponiamo dunque di esaminare la preghiera di Gesù, sia dal punto di vista esteriore (quando prega Gesù ? Come prega ?) sia da quello interiore (che cosa dice Gesù ? A chi si rivolge ?).
Vogliamo prima di tutto collocare Gesù nell'ambiente in cui egli si è trovato a pregare e di conseguenza rispondere alle domande: "Quali sono i luoghi e i momenti in cui Gesù pregava ?", "Come pregava ?".
Osserviamo innanzi tutto che Gesù preferisce pregare da solo: "Ma Gesù si ritirava in luoghi solitari a pregare." (Lc 5,16) e di notte "Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava." (Mc 1,35). Alcune volte Gesù cerca la compagnia degli apostoli, come al momento della trasfigurazione: "Gesù … prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare." (Lc 9.28), oppure quando si ritira sul Getsemani prima della passione. Ma in questo momento i suoi discepoli si addormentano, vinti dalla stanchezza, e Gesù, anche se in compagnia, è di nuovo solo nel suo colloquio con il padre.
La preghiera sul monte degli Ulivi avviene di notte e su un'altura che, nella lunga tradizione biblica, è il luogo dell'apparizione e della presenza dell'Altissimo. Infatti, nall’A.T. il monte è il luogo solito del colloquio con Dio: è in questo particolare ambiente che Mosè dialoga con il Signore ed è qui che da lui riceve le tavole della legge.
Il Vangelo ci dice: "In quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione." (Lc 6,12) e anche: "Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù." (Mt 14,23).
Gesù ripete più volte, nel corso della sua predicazione, che egli non è venuto ad eliminare le cose del passato, ma a trasformarle e completarle. In effetti, notiamo come anche in questo particolare momento che è la preghiera, muti le abitudini ebraiche tenute vive nell’A.T.. L’atteggiamento ebraico della preghiera consisteva, per esempio, nel rivolgersi a Dio cogli occhi rivolti verso il tempio di Gerusalemme, considerato il luogo sacro per eccellenza; Gesù invece rivolge sempre gli occhi verso il cielo, a indicare che ora il nuovo vero tempio è lì, presso il Padre. "Allora egli prese i cinque pani e i due pesci e, levati gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero alla folla." (Lc 9,16); "… guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: <<Effatà>> cioè: <<Apriti!>>." (Mc 7,34).
Leggiamo poi nell’A.T. che la preghiera si svolgeva generalmente in piedi (I Re 8,22), ma in casi particolari, cioè quando era più umile e intensa, ci si poneva in ginocchio (Sal 95,6). Questo atteggiamento è notato dagli evangelisti particolarmente durante la preghiera di Gesù sul Getsemani, ma questo doveva essere un suo atteggiamento usuale poiché Matteo e Luca mettono in rilievo come siano gli ipocriti o i farisei a pregare in piedi: "Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa." (Mt 6,5) e "Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano." (Lc 18,11).
In precedenza abbiamo notato come Gesù, prima di compiere alcuni miracoli, alzi gli occhi al cielo e preghi. I miracoli sono momenti importanti nella vita di Gesù perché egli si serve di questi non solo per spiegare la sua divinità, quanto piuttosto per farsi comprendere, per rendere più accessibile il suo messaggio alla folla che lo ascolta e per mostrare la sua condiscendenza.
Così Gesù, nei momenti più importanti e decisivi della sua vita, si ferma a pregare come per attingere un nuovo impulso, una nuova forza, dal dialogo con il Padre.
Ecco allora che la preghiera diventa estremamente importante; lo notiamo durante il Battesimo di Gesù: "Quando tutto il popolo fu battezzato e mentre Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì …" (Lc 3,21); nella scelta dei dodici: "In quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede il nome di apostoli." (Lc 6,12-13). Anche prima della fondamentale professione di fede di Pietro a Cesarea Gesù pregava: "Un giorno, mentre Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare e i discepoli erano con lui, pose loro questa domanda: <<Chi sono io secondo la gente?>>." (Lc 9,18) o poco prima della trasfigurazione: "Circa otto giorni dopo questi discorsi, prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. E, mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante." (Lc 9,28-29).
Prima della passione Gesù attinge forza dalla preghiera: "Uscito se ne andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: <<Pregate, per non entrare in tentazione>>. Poi si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e, inginocchiatosi, pregava:" (Lc 22,39-41).
In tutti i versetti citati e ripresi da Luca è messo in evidenza l’atteggiamento di preghiera di Gesù. Abbiamo confrontato tali passi con quelli paralleli di Matteo e Marco e abbiamo notato che è Luca il solo a insistere sull’aspetto di Gesù che prega: gli altri evangelisti non ne tengono conto. Forse la preghiera è meno importante per Matteo e per Marco? Il fatto dipende dalla linea teologica che gli evangelisti hanno voluto dare al proprio Vangelo.
Il tema della preghiera è molto caro a Luca, per lui Gesù è infatti l’uomo della preghiera, è colui che nei momenti importanti della sua vita sente il bisogno di rivolgersi al Padre.
Alla preghiera di Gesù, nel Vangelo di Luca, segue poi sempre una risposta: nel Battesimo si "aprì il cielo", nel Getsemani appare un angelo … Questa è la risposta di Dio, che accetta e accoglie le richieste del Figlio.
Gesù sente la necessità di pregare perché non può cominciare, o proseguire, la sua missione senza il dono dello Spirito Santo. Quando Gesù sceglie i dodici apostoli prega per una notte intera, insistentemente, e poi appare il dominatore della situazione tanto da poter scegliere i discepoli che formeranno il nucleo centrale della sua Chiesa. Luca mette dunque in evidenza l’aspetto umano di Gesù e così diventa esempio per tutti i credenti, i quali devono comunicare con il Padre, con insistenza per ricevere il dono dello Spirito.
La preghiera non è però un atteggiamento esteriore, ma essa esprime una particolare tendenza dell’animo umano di rivelare tutto se stesso. La preghiera è un linguaggio in cui il credente mette a nudo il proprio io, e nel silenzio impara a vivere della vita del Padre.
La preghiera assume questo aspetto anche e soprattutto in Gesù, dove diventa veramente incontro e presenza di Dio. La preghiera è per Gesù un momento profondissimo e realmente trasformante in cui egli è direttamente illuminato dal cielo. Gesù nella sua silenziosa e solitaria preghiera, chiede a Dio Padre di compiere la sua missione salvifica.- Gesù perciò si è rivolto spesse volte a Dio, riconoscendolo Padre, Signore e Sovrano di tutto il creato, Artefice della nuova vita e da lui ha spesso preso la forza necessaria per affrontare le prove della vita.
La preghiera appare dunque ringraziamento e, nello stesso tempo conferma che Gesù è "Figlio" per eccellenza del Padre: "In quel tempo Gesù disse: <<Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare." (Mt 11,25-27).
La preghiera è anche il mezzo per un rapporto permanente con il Padre che non lascia mai solo Gesù, come esprime anche Giovanni nel suo Vangelo: "Colui che mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo, perché io faccio sempre le cose che gli sono gradite" (Gv 8,29).
Attraverso la preghiera Gesù contempla il piano del Padre che, come abbiamo letto, si rivela agli umili e proprio in questa visione egli trova la forza di trionfare sulla suo esitazione; così troviamo Gesù che prega per se stesso: "E avanzatosi un poco, si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: <<Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!>>. … E di nuovo, allontanatosi, pregava dicendo: <<Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà>>." (Mt 26,39-42). Qui ci è rivelata tutta l’umanità di Gesù, tanto simile alla nostra che sente l’orrore delle sofferenze, sente lo spavento che la morte incute; ma, pur provando ed esprimendo il desiderio di sfuggirvi, la accetta perché quella è la volontà del Padre.
Gesù accetta sempre la volontà del Padre; dice Gv 12,27-28: "Ora l'anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora! Padre, glorifica il tuo nome>>. Venne allora una voce dal cielo: <<L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!>>.". Questo passo in parte evoca la preghiera del Getsemani: angoscia davanti all’ora che si avvicina, appello alla pietà del Padre, accettazione del sacrificio, conforto venuto dal cielo. Vi è però una grossa differenza: qui Gesù rimane in piedi, il suo appello alla pietà resta allo stato di combattimento interiore, di cui non vi è traccia nella preghiera del Getsemani: "Così parlò Gesù. Quindi, alzati gli occhi al cielo, disse: <<Padre, è giunta l'ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te. Poiché tu gli hai dato potere sopra ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sopra la terra, compiendo l'opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse.!" (Gv 17,1-5).
Sul fatto che Gesù-uomo abbia patito e si sia appoggiato nella sofferenza al Padre, ritorna anche l’autore della lettere agli Ebrei: "Proprio per questo nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà;" (Eb 5,7).
Ma Gesù non prega solo per se stesso: egli non dimentica, e ci insegna a non dimenticare il prossimo. Prega infatti per le persone che gli sono più vicine come Pietro: "ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli>>." (Lc 22,32) e i suoi discepoli: "Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi." (Gv 17,9); Gesù non dimentica neppure coloro che lo hanno crocifisso: "Gesù diceva: <<Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno>>. Dopo essersi poi divise le sue vesti, le tirarono a sorte." (Lc 23,34).
Come abbiamo già accennato Cristo non rifiuta le tradizioni del popolo ebraico, ma le completa, perciò da buon ebreo partecipa pienamente alla vita religiosa. Leggiamo spesse volte nei vangeli che Gesù leggeva e insegnava nella sinagoga: "Si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere." (Lc 4,16). Frequentare la sinagoga di sabato era un’abitudine comune per gli Ebrei e, durante la funzione religiosa, erano letti passi dell’A.T. e commentati.. Inoltre la scuola di "catechismo" consisteva nell’insegnare ai bambini passi delle Scritture. Un buon ebreo sapeva perciò citare a memoria molti passi dell’A.T.. E’ normale allora se poco prima della morte Gesù grida: "Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: <<Elì, Elì, lemà sabactàni?>>, che significa: <<Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?>>." (Mt 27,46). Queste sono le parole del salmo 21; anche Lc 23,46: "Gesù, gridando a gran voce, disse: <<Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito>>. Detto questo spirò." Riferisce alcuni versetti del salmo 31.
Gesù ci insegna le principali qualità della preghiera: la tenacia e la fiducia. La preghiera, secondo Gesù, deve essere infatti insistente e tenace e questo non solo è insegnato mediante la parola, ricordiamo la parabola dell’amico importuno, ma anche attraverso i fatti, l’atteggiamento stesso di Gesù; alla resurrezione di Lazzaro: "Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: <<Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato>>." (Gv 11,41-42), egli esprime la certezza di essere udito.
E’ fondamentale infine esaminare la preghiera sacerdotale in Gv 17. In essa Gesù prega dapprima il Padre per se stesso, per essere da Lui glorificato; quindi per gli apostoli; perché siano protetti nella loro futura missione; infine per tutti coloro che crederanno in lui. E’ la preghiera più lunga di Gesù tra quelle che appaiono nei Vangeli ed è la più alta lode pronunciata dopo la cena Pasquale.
Con l’esempio della preghiera come con l’insegnamento Gesù ha inculcato ai discepoli la necessità e la maniera esteriore di pregare: "Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa." (Mt 6,5). Inoltre Gesù fornisce ad ogni credente una traccia di preghiera nel Padre Nostro, nel quale si compendiano tutti i vari aspetti del suo dialogo con il Padre: "Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: <<Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli>>. Ed egli disse loro: <<Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; …" (Lc 11,1-2).
Attualmente, nella gloria, Gesù continua ad intercedere per tutti coloro che lo amano e lo seguono: "Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, essendo egli sempre vivo per intercedere a loro favore." (Eb 7,25), come ha promesso: "Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre," (Gv 14,16).